martedì 24 settembre 2019

Federica Giordano: "La luna è un osso secco"


Con grande piacere riproponiamo i versi recenti di una giovane poetessa napoletana che ha sicuramente raggiunto vette molto alte in questo spigoloso ambito letterario, distinguendosi per la sua determinazione, per i suoi studi, per le sue puntuali traduzioni dal tedesco, e per la sua particolare e originale fisionomia poetica. Parliamo di Federica Giordano, della quale alcune sue poesie furono già pubblicate su questo Blog nel lontano 2012, quando lei era ancora agli inizi ma già il suo timbro poetico si annunciava forte e deciso, e il suo impegno letterario intenso e proficuo (http://transitipoetici.blogspot.com/2012/07/musica-e-poesia-nei-versi-di-federica.html).
La luna è un osso secco: già il titolo di questa sua recente raccolta, edita da Marco Saya, Editore che non ci stancheremo mai di elogiare per la sua alta professionalità e competenza nelle scelte degli autori, dà un'idea della notevole capacità di Federica nel riassumere, in modo laconico e allusivo, come è giusto che indichi un buon titolo, il suo programma, il suo intendimento poetico: giacché una buona raccolta di versi non è mai composta a caso, prendendo corpi poetici qua e là, disseminati sulla scrivania e anche nel tempo, bensì deve avere il classico filo conduttore, quel quid che possa alla fine lasciare il lettore soddisfatto per aver appreso, tramite tutto il libro e non attraverso una sola semplice poesia, un senso compiuto, una costruzione, un'idea, anche filosofica, che possa fare propria, che possa condividere e che possa suscitargli qualche emozione intensa. Altrimenti il libro, la poesia, resterebbe opaco, asciutto, limitato.
Orbene, cosa fa risaltare questo titolo, quale sentiero, o strada, o viaggio, o idea, vuole proporci Federica donandoci queste poesie, in modo più o meno palese, o piuttosto in modo più o meno obliquo, se non sotterraneo?... La poesia, forse, non è da tutti e non è per tutti: se i versi fossero chiari, propositivi, aperti, resterebbe solo il gusto di una mera emozione; ma la poesia, la vera poesia, è scavo senza fondo, è ricerca senza risposte, è viaggio senza ritorno: bisogna farsi accompagnare dal poeta senza remore, senza se e senza ma, abbandonarsi allo spessore delle sue parole, ascoltare bene il suo silenzio, ascoltare quello che c'è dietro, sotto e sopra la sua costruzione poetica. La poesia non è per tutti. Federica Giordano lo sa, ne è consapevole, e per questo la sua grande intuizione produce l'effetto desiderato. Vediamo di ricavarne qualche minima indicazione, qualche piccolo dettaglio.
C'è un qualcosa che allude all'uomo, alla società, che si perde irrimediabilmente nella sua mera fisicità, materialità, se non addirittura nella sua malvagità, nei versi di questa raccolta. L'essenzialità, direi la "secchezza" delle cose, del mondo, mette a nudo l'"osso" del creato, deturpato e spogliato da ogni velleità di amore, di comprensione e di pietà: "L'innocenza non viene riconosciuta – asserisce Federica a pag. 30 – / Sulla testa la luna è un osso secco. / Gli astri bruciano da noi / sempre più lontani". Non è rassegnazione, non è distacco né lontananza, il canto poetico di Federica, bensì il severo osservare in profondità lo stato delle cose e della società odierna, scrutandole fino in fondo con la sua grande sensibilità, e la poesia, la sua poesia, diventa strumento efficace di descrizione, parola icastica capace di suscitare in tutti noi la realtà di un mondo disgregato, asciutto, secco, ma pur sempre aperto alla luce della speranza, specialmente quando la nostra poetessa si rivolge agli affetti amicali e familiari: "Ben oltre te e me, / più lontana dal nostro sangue, / sta alta come un faro, / la quiete della stella fissa" (pag. 29). E ancora: "Tutto ciò che vorrei dire è in quello strappo. / Ci si arriva all'improvviso, uno spazio ebbro. / Sai che dovrò morire e tu potrai guardarmi. / Ti si anticipa nel fiato d'infante il petto di madre / e io mi sento tanto consolata…" ("L'abbraccio della figlia", pag. 18).
Del resto anche Mario Fresa, nella sua attenta e dettagliata postfazione, ritrova nella poesia di Federica Giordano un impeto incontenibile a tenere insieme le forze dell'esaltazione e della perdita… dell'accumulazione e della deflagrazione: si tratta della consapevolezza, da parte della nostra brava autrice, di vivere in un continuo stato di precarietà, di pericoloso equilibrio, dove sovente è probabile la "caduta" e la "perdita" nel gran mare omologante che tutto vanifica e rende indifferente, frustrante, fino all'osso, fino alla consumazione del tempo: "Il tempo è un volto che invecchia, / mai interrompendo il lavoro. / Deformandosi, si allontana anni luce / dalla prima sua fattezza…" (pag. 14). Ma ecco, nel contempo, la speranza: "La ruga corre profonda nella carne del mondo. / Il tempo nelle mani dei poeti sgorga a fiotti da quel solco. / Siamo qui, accucciati in una valva, / cercando la curvatura magica / che dà i natali al cerchio" (pag. 26).
Anche Vanina Zaccaria, nella sua interessante nota in appendice, individua nei versi della Giordano una sorta di equilibrio nel conflitto insanabile degli opposti… un equilibrio che non è armonia ma coscienza esatta delle meccaniche che pervadono lo spazio-mondo…; dice infatti ancora la Giordano: "Mentre noi abitiamo le nostre gabbie quotidiane, / prepotente l'esistenza fa una rivoluzione: / continua ad essere dov'è…" (pag 9).
Poesie dunque che si susseguono interlacciate una all'altra, a dire le cose mostrando i diversi reconditi risvolti di quest'equilibrio precario e ineludibile: giacché la vita e il tempo del nostro mondo hanno perso spessore e lucentezza; sono diventati "ossi secchi".
Proponiamo qui di seguito alcune poesie tratte dal libro di Federica Giordano, affinché i nostri cari lettori possano aggiungere, se lo vorranno, altre interessanti e gradite riflessioni.


1


Gli oceani intonano distanze sopra il fuoco
e le lontananze asiatiche cambiano la mente.
Gli uomini camminano, si parlano, si annientano:
un animale deforme con milioni di teste
che fa confusione e che sporca e che si fustiga da solo.
Invece nel verso dell'orso polare resta una pietà
dopo che ha macchiato di un sacrificio rosso
la santità del ghiaccio.


6

Mentre guardo il nostro porto,
col monte che custodisce una paura antica,
su noi tutti aleggia un colosso
assente e osservatore.

Gli dimostriamo esaltati
che l'uomo è capace di ogni cosa.
Quando lo attacchiamo, una bestia in noi ride.

Intanto in Irpinia, sotto una felce,
si ripara la spora dal moscerino,
innocua navicella da guerra.


8

Il tempo è un volto che invecchia,
mai interrompendo il lavoro.
Deformandosi, si allontana anni luce
dalla prima sua fattezza.
Infinitamente si allontana
ma conserva un appiglio di costanza,
qualcosa che lo rende riconoscibile e fido,
un'illusione di comprensione
e di anticipo sul futuro.
Ma repentinamente, quel volto riserva espressioni
che non si lasciavano presagire
e amaramente l'uomo, senza merito e tardi,
le comprende.
La maschera del vecchio
era già piazzata sul bambino
come un accampamento che attende.


13

Il sonno dei figli è un'apnea,
una resurrezione momentanea di chi si era.
Per poco il cumulonembo annidato sulla fronte
come in una valle bassa
si dirada
e la vista si riammala di quella cecità tanto adatta a vivere.
I giorni erano stati, una volta, leggeri come aquiloni.
Si torna indietro e sembra di riavere quella dote misteriosa
che è solo il poco tempo, il non aver fatto della carne
materia da banchetto, non aver premuto fuori una creatura
come un precisissimo macchinario.
Chi si era resta lì a guardarci da un punto
sempre più lontano, dallo spioncino chiuso degli occhi
dei figli quando dormono.


17

Mi chiedo dove finisca il silenzio
che mi regna in casa quando taccio.
Dove sia il suo perimetro e dove
le sue porte.
Provando ad abitare casa nostra,
noi, i grandi assenti,
viviamo di lacerti e dei richiami
indecifrabili delle nostre cose.
La tenda esibisce un'immobilità di marmo.


24

L'innocenza non viene riconosciuta.
Sulla testa la luna è un osso secco.
Gli astri bruciano da noi
sempre più lontani.


32

La parola perfetta è il canto del gallo
a dire che il giorno
è il torso della mela che non mangiammo.
La voce lancinante che proviene dagli ovili
solo i morti la intendono.


Testi poetici tratti da "La luna è un osso secco", di Federica Giordano, Marco Saya Edizioni; nota di Vanina Zaccaria, postfazione di Mario Fresa.


Federica Giordano è nata a Napoli nel 1989. Si è laureata con 110 e lode in letteratura tedesca.

Ha curato per la nota rivista Poesia un servizio sulla raccolta "Porcellana – Poema sulla distruzione della mia città" di Durs Grünbein, con un'ampia sezione di testi in traduzione.
Ha curato la sottotitolazione dei lungometraggi di Cynthia Baett: "Cycling the frame" e "The invisible frame", presentati nell'ambito delle rassegne cinematografiche del Goethe Institut di Napoli.
Una selezione di sue poesie inedite è stata pubblicata nel numero di novembre 2016 di Poesia.
Si occupa di critica letteraria e collabora a varie riviste italiane tra le quali Nuovi Argomenti e Poesia di Crocetti.
Dal 2019 è tra i collaboratori del blog di poesia della RAI, sul sito di Rainews curato da Luigia Sorrentino.
La sua raccolta di poesie "Utopia Fuggiasca" (Marco Saya Editore, 2016), ha vinto il Premio italo-russo "Bella Achmadulina"  (2017), sezione "Tonino Guerra", il Premio "L'Iguana" (2017) ed inoltre il premio speciale alla XV edizione 2017 del Premio Nazionale di Poesia "Città di Sant'Anastasia". Ha ricevuto inoltre la menzione di merito al Premio Lorenzo Montano e la menzione speciale al Premio Frascati.
La silloge inedita "Una Suite dell'Innocenza" è stata pubblicata sulla rivista Gradiva nr. 53 con un commento critico di Mario Fresa.


1 commento:

  1. Scrive Vanina Zaccaria:
    Grazie per questo spazio di confronto! L'opera di Federica Giordano è complessa e oscura come una sostanza primigenia, eppure filosoficamente evidente, nitida nel pensiero, esatta nella cornice. Emotività e concetto sono sorretti da una parola capace di generare sia suggestioni che asserti e questa ambivalenza, questa capacità duplice, è una delle doti più interessanti della poetica di Federica!
    Vanina Zaccaria

    Grazie, Vanina Zaccaria, per questo tuo ulteriore contributo sulla poesia di Federica.

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