martedì 4 gennaio 2022

Gli "Incerti confini" di Stefano Vitale e Albertina Bollati

La poesia non è sempre soltanto parola e l’immagine non è sempre mero disegno, fotografia, dipinto. Voglio dire che, spesso, le due arti, quella poetica, fatta di versi, e quella visiva, fatta di immagini, possono unirsi andando a sconfinare l’una nell’altra, in un reciproco rafforzamento di resa emotiva e artistica. È questo il caso di Incerto confine, un’opera di poesia che è anche un’opera grafica di indovinata ed eccelsa fattura, dovute all’intuito e alla maestria dei suoi realizzatori: Stefano Vitale, per la parte poetica, e Albertina Bollati per la parte grafica.
Opere del genere ce ne sono e ce ne saranno tante, anche pregevoli e interessanti, ma mi preme far notare che, in questo caso, la grafica non è a corredo o a completamento della poesia, né la poesia è didascalicamente abbinata alle immagini: sono un tutt’uno, sono effettivamente una riuscitissima integrazione parlante del tema, o dei temi, espressi nel libro, e si nota l’evidente intenzione, da parte dei due autori, di procedere ad un progetto in comune intesa, senza giustapposizioni o adeguamenti successivi dell’uno rispetto all’altro. Un progetto elegante e molto significativo, dunque, che va “letto” e interpretato nell’insieme, avendo le pagine certamente un potenziale espressivo in più rispetto ad un testo di soli brani poetici.
Purtroppo per motivi tecnici non è possibile riportare qui anche le grafiche, e per questo si consiglia l’opportunità di reperire il libro materialmente.
Le poesie e le immagini formano quindi, in questo libro, un corpo unico, in cui i versi sono a volte anche in sovrimpressione, “disegnati” calligraficamente a mano, ma non in didascalia come appunto dicevo prima. Il tema preponderante è lo straniamento da certe situazioni e da certi stati d’animo acuti e spiacevoli, derivanti dall’osservazione di una realtà ipocrita e chiusa, restia egoisticamente a concedere spazi umani e sociali a ciascuno: l’incerto confine tra il bene-essere di tutti e il bene-essere del singolo in una società che mira essenzialmente all’isolamento, al “chiudere i porti”, per salvaguardare la propria identità, divenuta incerta a causa della cosiddetta “globalizzazione” che tende invece ad unificare e a omologare comportamenti, idee e valori. Incerto confine è dunque questo indagare nell’animo umano cosa possa impedire la rottura o il superamento di questi limiti, di questi fili spinati che ancora la fisicità e la materialità dell’uomo si porta dentro, per timore di perdere il proprio oceano, la propria casa, in un oceano ancor più grande, dove è arduo riconoscersi.
E in questo perdersi, la parola poetica è e rimane, sempre, un riferimento preciso, un’ancora di fermezza, da cui ragionare e ripartire: tutto il libro di Stefano Vitale è questa indagine lirica, questo gradevole mostrarci possibilità di riscatto oltre gli “incerti confini”.



Chiudere i porti

Chiudere i porti e lasciar riposare
le nere coscienze marce di rabbia
merce di scambio di triste rancore
mentre grasse risate bruciano l’aria
nelle sudice piazze deragliate ragioni.

Chiudere i porti per non incontrare
l’orrore di occhi naufraghi in mare
di corpi salvati piagati dal sole
stremati da guerre monete sonanti
del nostro silenzio di barbari stolti.

Chiudere i porti alla fuga smarrita
sul mare-sepolcro di cenere e sangue
le ombre dei morti sono gelate
scure radici senza più storia
deserto di mani e orecchie mozzate.

Chiudere i porti del mare che un tempo
fu Nostro onda di luce
ora muro che cresce abisso di sale
specchio scheggiato dal pianto di pietre
posate sul fondo del cielo d’estate.


***


Strisce

Il confine del corpo
è il filo spinato della paura
da qui si deve cominciare
tra le pagine bianche brunite

dalle ferite fioriscono cicatrici
solchi di giorni magri
cenere e chiodi da attraversare
ancòra terra da masticare

nell’ombra che ci segue
è il presagio della notte
a passeggio sulle schegge
di lingue sconosciute

di naufraghi smarriti
senza le chiavi d’una casa
in un ventre di balena
buio dove affonda

la lama del presente
strisce di fuoco sulla pelle
sono zattere di silenzio
attimi dove non siamo mai stati.*

*verso di Mark Strand da “Mappe nere”

 

***

Alfabeto muto

Cerchiamo la parola esatta, àncora
che viene dal bene
che ci afferri come un destino.

Cerchiamo la parola esatta, luce
nella piega delle labbra
nel gesto lieve delle dita.

Cerchiamo la parola esatta, argine
che ci renda lo splendore del silenzio
senza vergogna né rassegnazione.

Ma quel che abbiamo è
un alfabeto muto
passo senza cognizione
pieno d’errori
distrazioni, omissioni.


***


Passare il confine
è un viaggio verticale
volo d’airone disteso nel grigio
senza rimorsi varca l’argine
nel buio della lingua
silenziosa e lucida
col suo suono di cometa
torna al punto di partenza
oltre il labirinto delle cose
resta nascosta la scienza
di questa povera arte
vita che si cerca
nei silenzi turbolenti
entra in se stessa
rinasce sprofondando.

 

***



Perché non essere
come le nuvole?
Poter cambiare forma
luce, colore e direzione
nel disordine del vento
imparare il controcanto
segreto delle cose
viste da lontano
scolpite nel marmo dell’istante
senza altre distrazioni
ruotare a vuoto su se stessi
imprevedibile necessità
d’una anima sottile e d’aria
che, sorridendo o bestemmiando,
dobbiamo sopportare,
liberare.


 ***



Non c’è orologio
che batta il tempo in modo esatto
avanzano le lancette seguendo
un ritmo dissonante
lontano dalla giusta cognizione
d’una palpabile certezza
il tempo è altro tempo, fuori dal calcolo
della presunta precisione,
passo sbilenco sull’orlo di un cornicione
sentiamo che qualcosa sfugge
e s’apre una ferita da dove sgorga
il sangue d’una domanda:
sono io il mio tempo?

a Laura R.


Testi tratti da:

Stefano Vitale, Incerto confine, L’Artistica Savigliano, 2019; immagini di Albertina Bollati; introduzione di Vittorio Bo.

Stefano Vitale è nato nel 1958. Vive e lavora a Torino. Nel 2003 ha pubblicato (con Bertrand Chavaroche e Andy Kraft) la plaquette di poesia Double Face (Ed. Palais d’Hiver, Gradingnan); nel 2005 Viaggio in Sicilia (Libro Italiano, Ragusa) e Semplici Esseri (Manni Editore). Per le Edizioni Joker ha pubblicato Le stagioni dell’istante (2005) e La traversata della notte (2007). Nel 2012 ha pubblicato Il retro delle cose presso le edizioni Puntoacapo; nel 2015 ha partecipato con 24 sue poesie all’allestimento della mostra di Ezio Gribaudo “La figura a nudo” presso l’Accademia di Belle Arti di Torino. Nel 2017 ha pubblicato presso La Vita Felice la sua nuova raccolta La saggezza degli ubriachi. In collaborazione con l’illustratrice e artista Albertina Bollati, ha pubblicato nel 2013 per Paola Gribaudo Editore la raccolta di poesie Angeli, nel 2019 Incerto confine e nel 2020 Il colore dei gatti (Ventura Edizioni) con filastrocche per bambini. I suoi libri hanno ricevuto molti premi e riconoscimenti, le sue poesie sono pubblicate in riviste ed antologie oltre che sul web e riviste e sono state tradotte in inglese e tedesco. Cura sulla rivista on line www.ilgiornalaccio.net le rubriche critiche dei libri di letteratura e la rubrica “Oggetti smarriti” dedicata alla poesia. Appassionato di musica, è Direttore Artistico dell’Ass. Amici Orchestra Sinfonica RAI.

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