Abbiamo già avuto modo di parlare della poesia di Gerardo Aluigi, autore che vive a Pagani, in provincia di Salerno (Transiti Poetici, 9/1/22), presentando il suo ultimo lavoro poetico dal titolo “Rebecca”, RPlibri, e sottolineando la sua vena di nostalgia nel riproporre, soprattutto a sé stesso, ricordi e memorie intrisi di un accorato sentimento di rimpianto.
Quella vena poetica si è un po’ attenuata, forse esaurita nel compendio di un’opera meritoria finalizzata a far emergere simili sentimenti, dando però maggiore enfasi a stati d’animo equilibrati e consapevoli, capaci di gestire al meglio, attraverso i corpi poetici, il dolore e la sensazione della fine. E in effetti è ciò che si può evincere leggendo i versi de Il camaleonte, l’ultima raccolta poetica del nostro autore, sempre edita da RPlibri, la pregevole casa editrice di San Giorgio del Sannio che annovera ormai, nel suo ricco catalogo, autori illustri ma soprattutto autori seri e impegnati, che amano la poesia, la seguono e la scrivono dedicandovi studio, ricerca e costante frequentazione.
Notiamo dunque in questi versi che, nonostante l’ordine sparso dei vari testi, essi costituiscono comunque un unicum complessivo e articolato; ma leggendo bene in filigrana, viene a nudo l’ansia e il timore della morte, forse ancora residui di un dolore che non è stato del tutto metabolizzato e che, come dicevo, appare in primo piano in Rebecca.
Sono immagini varie e riflessioni sul senso dell’esistenza, rapportato alla natura e al mondo circostante. Una poesia che emerge autentica dal profondo, maturata attraverso l’esperienza della vita e capace di suggerire, di proporre a tutti che, al di là delle mestizie, è ancora possibile cedere lo scettro all’alba perché rimanga mattina.
Così, come il camaleonte si adegua all’ambiente mimetizzandosi in esso a seconda delle circostante, il nostro Gerardo Aluigi cerca, con questi versi de Il camaleonte, di adattarsi, quasi di rassegnarsi alle situazioni emotive ancora derivanti dalle ferite e dalle esperienze di vita trascorsa.
Si vive
Vivi nell’abbandono
di quell’istante
quando il suo passo
frettoloso nasconde
il desiderio.
Ma ciò rimane
nell’aria come fuoco
nutre e divora
il tuo mondo.
Salirai i gradini
del cuore
e gli dirai di zittirsi
gli dirai
che è una follia
amarla.
***
Parla della purezza
Come la neve pallida
è il tuo viso
che cuce il vestito
sulla tua pelle
con un forte ricamo
della mano, della tua mano
che vuol far conoscere
il colore vissuto,
il bianco pudore, che scende
prima della morte.
Se è quando verrà
i tuoi occhi l’hanno
già vista
nel supremo dolore
del giorno.
Tu, strapperai dal petto
il tuo cuore
il tuo cuore di neve
di terra, di respiro.
Il tuo corpo vuoto
leggero nelle ali
sarà del cielo
ed è lì per te solo
tu, che sei appena nato.
Tu, divorato dal nostro tempo.
***
Nell’aria sciogliersi
Sciolgo le mie radici
dal lungo albero
che in me viveva.
Le sciolgo con pallide mani,
con tremanti mani
perché ogni ramo
è qualcosa appartenuta al tempo.
Furono gli anni che permisero
a quel legno di carne
di amare o odiare
essere
giardini proibiti
giardini bruciati
dal sole del cuore.
Ho radici, radici
vi stenderò sulla strada
che vi vide fiorire.
Vi stenderò come un carnefice
ammassandovi tutti insieme
per fare un falò
e quando le fiamme toccheranno
le dita del cielo
sarete aria fumosa
impazzita nebbia.
Il grigio del vecchio si smarrirà
nello spazio
osserverò le ultime scintille
color d’oro fermarsi
per un attimo
davanti ai miei occhi.
***
Dove andranno
Dove andranno le lacrime ora
dove andranno a posarsi?
Quale terra verrà bagnata
dai tuoi occhi?
E il cuore li seguirà?
Lui è folle senza te
lui è folle.
Dove andrà a cimentarsi
in quale arena?
In quale corpo
troverà rifugio
dove godrà?
Il piccolo cuore
il violento cuore
dove andrà?
Sarà temerario
ucciderà la solitudine.
Dimmi, dove andranno
lacrime e cuore?
***
Un giorno in riva al
mare
La luna è una flebile luce
sulle acque buie del mare
polverose sono le onde
trascinano l’estate stancamente
verso un autunno frammentario
come i cocci trovati da mani inesperte
bambini, i bambini padroni della riva
infiniti gli occhi che osservano
quella mancanza.
Egli rigira il corpo nel gesto lento,
di spalle andrà lontano, lontano
nel suo tempo
donando le ossa al mare
per essere mistero
o colpo d’ala per dimorare nello spazio:
un’effimera gioia?
***
Io e la luna
L’aria di fine agosto
ingloba la notte sul filo del rasoio,
il riparo sorvola la noia
ti aggrappi al domani
sperando che non sia fumoso
d’asfalto.
Le rime nella testa
risuonano come ebrei erranti
che cercano la terra promessa.
Chiedi alla luna il sospirato riposo
la vedi nel suo kimono giallo limone
tagliata a metà dal tempo e dagli uomini
scontenti, sembra cadere nella sua luce.
Ultimo avviso al torrido agosto:
alla figlia alba
cederà
lo scettro per
rimanere mattina.
***
Fermeranno la vita?
La mia vita
i pensieri
sono sul muro
ghiacciato
degli indifferenti.
Come luoghi comuni
vanno e vengono
con strane culle
che dondolano
bambini
che moriranno,
questi non hanno tempo
non lo conoscono
hanno solo fame
dov’è la balia?
Il suo seno sconfina
solo nelle bocche d’oro.
Ella è dura come l’ora che passa,
ella è al soldo di chi paga,
paga.
Raderanno l’infanzia che corre
raderanno i sogni
raderanno il bambino
che ancora vive?
(Brani tratti da: Gerardo Aluigi, Il camaleonte, RPlibri, 2022)
Gerardo Aluigi è nato nel 1950 e vive a Pagani (SA).
Appassionato di poesia ha pubblicato nel 2008 la raccolta Gli argini del
silenzio, LietoColle; nel 2015 Nudi, come il dolore, Guida Edizioni e nel 2021 Rebecca, RPlibri. È presente in
alcune antologie poetiche nazionali. I suoi testi partono da una profonda
ferita, così come lui stesso ama ribadire.
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