"Sei vivo, dunque, nel mondo di tutti i mondi
dei viventi: il multiverso". Così afferma Carlo Di Legge in un
brevissimo testo, quasi un aforisma, incluso nel suo recente libro "Multiverso",
Puntoacapo Edizioni.
Un titolo che è
davvero significativo, emblematico, evocativo addirittura: infatti, al di là
del richiamo, quasi ovvio e immediato, al mondo della fisica e forse anche della
metafisica, volendo riferirsi ad un sistema cosmologico che proprio in questi
anni si sta via via sviluppando grazie alle ricerche e agli studi di fisici,
astrofisici e matematici, e che riguarda la complessità di un universo dalle
dimensioni multiple o forse infinite (universo di universi), il
"Multiverso" poetico di Carlo Di Legge è possibile, è accettabile, è
immaginabile, proprio in virtù della poesia. Perché è proprio grazie alla
poesia che è possibile ricreare situazioni verosimilmente ai limiti della
normalità, della razionalità persino e del flusso abitudinario della quotidianità.
Le stesse parole, infatti, molto spesso non si limitano a specificare e a
individuare il significato, a circoscriverlo entro i confini del "voluto
dire", ma hanno un'eco, una ridondanza che allude ad altro, che provoca
nel lettore immagini e significati altri, seppur generati dalla parola e dal
verso originari. Un multiverso poetico, dunque, nel vero senso della parola.
Ma qui il multiverso
è inteso come una sorta di contemporaneità accidentale: è l'apparire, quello
che ci riguarda, almeno ad una prima analisi della realtà, dice l'autore, e non
la profondità autentica delle cose prese e considerate una alla volta:
l'apparire del mondo è multiverso, perché è vario e variabile in continuazione,
ed è verosimile in ogni istante, anche contemporaneamente. "E poi / cosa è questo che appare, e come /
non dubitare delle cose che sfilano / nell'ordine del tempo? / Anche se
l'apparire fosse tutto, / cose discontinue si presentano, / in luce
d'esistenza, si oscurano, / compaiono e dispaiono come su scena di teatro, /
roteano si disperdono come vortice di foglie." Sono questi i versi
essenziali che connotano tutta la raccolta, tutto il progetto poetico
dell'autore, il quale dimostra una particolare sensibilità e originalità di
osservazione del mondo frammentato, apparente e superficialmente scollegato, in
un certo senso, nelle sue multi-parti. La poesia, anche qui, aiuta a capire.
Aiuta a indagare, a vedere oltre le cose e le apparenze, a scendere nel perché
o perlomeno a collegare l'anima alle cose, emotivamente e senza l'obbligo di doverne
spiegare o trovare i motivi!
Ma tornando al
libro, vorrei ancora soffermarmi sul sottotitolo, davvero emblematico: "Di
quel colore che soccorre, a volte", sottotitolo che è poi anche il titolo
della quinta sezione del libro (il quale è infatti suddiviso in sei parti o
sezioni: "Multiverso", "Noi siamo qui", "Versioni
d'inverno", "Passaggi dell'incerta luce", "Di quel colore
che soccorre, a volte", e "Conseguenze"). Avrebbe potuto
scegliere come sottotitolo una sezione diversa, invece Carlo Di Legge ha
preferito questo "Di quel colore che
soccorre, a volte". Io credo che questa scelta sia stata peculiare e
indicativa, in quanto compendia e completa in modo davvero esplicativo il
progetto, l'idea originale che ha permesso all'autore di sviluppare poi
l'intera raccolta. Il colore come
elemento redentore, salvifico, in un mondo multiverso
dove non è possibile la risposta certa alle domande profonde che ognuno di noi
si pone, come dicevamo, perché assistiamo a delle apparenze, a delle immagini
superficiali, specchi lontanissimi e opachi di una realtà ben più profonda; ma
i colori della vita si stemperano nella visione delle apparenze, contornano di
un alone di dolcezza e direi quasi di amore le cose, i fatti, le persone, il mondo:
di quel colore che soccorre, a volte!
Concludiamo qui
queste brevissime note di lettura dedicate ad un libro davvero singolare,
proponendone una piccola selezione di testi e invitando i nostri lettori ad
esprimere ulteriori graditi commenti.
Notte incantata
Notte incantata.
È il
germogliare silenzioso dei ricordi,
a musica ferma,
ma più ancora
l'incontro di cose sperate.
Voci senza corpo,
menti attente, aperte.
E un vestito nuovo
di luna.
***
Il passo successivo
I gatti nel garage
lasciano zampe di pioggia
sul cofano dell'auto.
Remoto gira il
motore del mondo
per te come per
l'anima dei giusti.
Sta in attesa il
passo successivo.
Cos'ero
Dunque, cos'ero?
Intanto,
quel che non ero,
un vuoto che a sua
volta guarda l'altro,
ma dalla prospettiva
dell'assenza.
Quindi, ancor
meglio, nulla,
paradosso
dell'essere che sono,
come se, pur
essendoci, non fossi:
un nulla traversato
da lampi secchi e
silenziosi, nei viaggi
in auto e in treno,
nei trasferimenti
di sentimenti.
A volte la memoria è
come certa luce:
si riverbera in
pace.
Nell'esperienza
d'ogni giorno si tratta di circolazione
dal multiverso al
qui e ora, e viceversa. È circolare an-
che quello scambio
continuo dei piani, in poesia, per
cui il poeta, pur
essendo partito e pur tornando ogni
volta ad una specie
di salvataggio della propria sin-
golare esistenza,
non è più solo se stesso, ma può
farsi cifra
dell'intera umanità.
I viali senza fine del pomeriggio
Il pomeriggio è
profondo e impraticabile,
ricco di fascino e
spaventoso.
Non t'impedisca
la paura di
perderti.
Possa tu, come
allora,
ribellarti e fuggire
nello strepito rosso
degli ulivi.
Per quanto guardi,
non vedi la fine.
S'aprono viali di
parola.
Poi
niente.
Fuoco
Quando esco per
strada in questa città che s'apre
verso il mare:
è certo, non posso
incontrarti.
Ma in tempi diversi,
negli anni, parole come rizomi
sprofondarono nei
vecchi muri.
Grani
precipitati a terra
da un disastro
d'aria, vogliono vivere.
Fuoco sempre vivo,
incendio, incenso che brucia
tra le ceneri del
tempo.
(Testi tratti da
"Multiverso", di Carlo Di Legge, puntoacapo edizioni, 2018)
Carlo Di Legge è nato a Salerno nel 1948. Vive ed opera a
Nocera (Sa). Dopo il contributo al volume "La polifonia estetica"
(Milano, 1996), ha pubblicato i saggi filosofici "Il signore delle due
vie" (Salerno, 1999), "Eros e paradosso" (Napoli, 2007, 2014), e
"Ontologia. Elenchi della terra e una specie di oceano (Napoli, 2014).
In poesia, i lavori
più importanti sono: "Momenti d'amore" (Angri, 2002) e "Il
candore e il vento" (Napoli, 2008). Un campione rappresentativo delle sue
poesie si trova nel volume "Poeti e Pittori di Secondo Tempo"
(Napoli, 2013, Marcus Edizioni).
Sull'esperienza del
tango ha pubblicato il libro, a carattere letterario-epistolare, "Sentire
il tango argentino" (Napoli, 2011).
Altre notizie sul
suo sito: www.carlodilegge.it
Credo che tu abbia colto bene alcuni caratteri del mio libro.
RispondiElimina«Il Multiverso poetico di Carlo Di Legge è possibile, è accettabile, è immaginabile, proprio in virtù della poesia. Perché è proprio grazie alla poesia che è possibile ricreare situazioni verosimilmente ai limiti della normalità, della razionalità persino e del flusso abitudinario della quotidianità».
Certo, grazie alla poesia noi possiamo “ricreare” e riscoprire un mondo nei suoi più impercettibili nessi e aspetti, più che grazie alle formule della fisica teorica. Quelle, almeno in qualche accezione, presumono di descrivere come il mondo sia, e non entro nel merito. Ma a noi perlopiù sta a cuore dire come il mondo ci appaia, e questo è un dire e un ricreare colmo di sensi per noi, non un solo senso, non un solo mondo; la poesia, grazie al quantum di filosofia sempre presente nella vera poesia, non si è mai distaccata dal mondo, ma ha sempre tentato e ritentato il compito di renderlo in parola:
«Un multiverso poetico, dunque, nel vero senso della parola.
Ma qui il multiverso è inteso come una sorta di contemporaneità accidentale: è l'apparire, quello che ci riguarda, almeno ad una prima analisi della realtà, dice l'autore, e non la profondità autentica delle cose prese e considerate una alla volta: l'apparire del mondo è multiverso, perché è vario e variabile in continuazione, ed è verosimile in ogni istante, anche contemporaneamente. "E poi / cosa è questo che appare, e come / non dubitare delle cose che sfilano / nell'ordine del tempo? / Anche se l'apparire fosse tutto, / cose discontinue si presentano, / in luce d'esistenza, si oscurano, / compaiono e dispaiono come su scena di teatro, / roteano si disperdono come vortice di foglie." Sono questi i versi essenziali… »
Perché ho già detto: la descrizione del mondo come si appare è continua riscoperta di un mondo che ha senso per noi, è creazione e ricreazione continua di sensi. Tu lo cogli bene:
«La poesia, anche qui, aiuta a capire. Aiuta a indagare, a vedere oltre le cose e le apparenze, a scendere nel perché o perlomeno a collegare l'anima alle cose… »
In questa terra rinascita in descrizione del mondo, affonda radice il mondo delle emozioni, perché sta insieme, indistinguibile se non in descrizione, al mondo delle immagini e dei significati che queste assumono per noi. Amore per le cose è amore e sentimento quindi per la vita:
« I colori della vita si stemperano nella visione delle apparenze, contornano di un alone di dolcezza e direi quasi di amore le cose, i fatti, le persone, il mondo: di quel colore che soccorre, a volte!»
Per questi motivi concordo che, nell’universo dei libri di poesia a cui ho avuto accesso, questo mio sia un «libro davvero singolare». E ringrazio.
Carlo