mercoledì 27 marzo 2024

Lia Manzi e la sua poesia d'amore in "E' quasi primavera"

 

Ritorna, Lia Manzi, con questa sua silloge corposa, E' quasi primavera, ad offrirci la sua freschezza, il suo anelito di levità e di libertà che ha sempre costituito il fondamento del suo dire poetico.
Il suo è innanzitutto un mondo pervaso dal bene e dall’amore, filtrato dall’attenta analisi del suo giudizio critico che travalica, in un certo senso, va al di là delle negatività e delle oscurità che purtroppo invischiano la natura umana, per scendere nel cuore delle cose e dell’uomo, cogliendovi il seme della bontà e dell’equilibrio armonico di tutto il creato. Non è una visione semplicistica o addirittura ingenua, quella di Lia Manzi, bensì rappresenta quasi, anzi lo è, un invito a considerare il buono e il bello dell’universo, per poter dare un senso positivo all’esistenza, per viverla fino in fondo così come ci è stato concesso fin dall’origine.
Ed è per questo che la poesia, e in particolare la poesia di Lia Manzi, specialmente in questa silloge, diventa veicolo, tramite, di un canto ineffabile da rivolgere a Dio, per i credenti, o comunque a quell’Entità trascendentale che ha dato origine al Creato.
Lia Manzi ha un canto autentico e schietto, diretto, non fa uso di sovrabbondanze, giri di parole, metafore particolarmente artificiose: la semplicità del suo dire è insita nella sua stessa natura di donna e di poetessa quando esprime i sentimenti, quando descrive i panorami della natura, quando espone le sue riflessioni sul vero senso dell’esistenza, volto al bene e alla bellezza in tutte le loro forme.
Di conseguenza, il suo verso non ha bisogno di prolungarsi in altri meandri lirici che possano solo e semplicemente costituire una ripetizione di quanto ella intenda manifestare. Molti suoi testi sono brevissimi, anzi si fermano alla semplice enunciazione di un pensiero, una sola frase in cui però è racchiuso tutto il cuore del suo afflato poetico.
È un mondo luminoso e illuminato dalla bellezza, quello di Lia Manzi, un mondo pervaso dall’amore, che la poetessa esprime con grande trasporto di sensi e di sentimento, nella gran parte dei testi della raccolta; un amore che, anche con un delicato ed elegante erotismo, riluce nei momenti di maggiore intimità e nelle descrizioni degli stati d’animo e persino ambientali, quasi ad invitare tutta l’umanità a seguire percorsi di pace e di amore universali.

Rapimento

 

Mi troverai bagnata

sulla riva di una spiaggia

conchiglia.

 

Raccoglimi

ascolta il canto del mare

onde.

 

Toccami il dorso

apparirà il mio corpo.

 

Guardami

avvolgimi col tuo mantello.

 

 ***

 

Notturni

 

Piove, resto nel tuo corpo.

 

 

 ***

 

"Quasi autunno"

 

Ho acquistato un piccolo corallo rosa

un dono per me.

Se chiamo disordine le mie armonie

le parole serviranno a raccontarmi.

 

A settembre il vento presenta la sua allegria

potrei sognare il suo volto tutte le notti

dormendo fino al crepuscolo

all'alba svegliarmi.

 

Ho guardato il suo corpo

fin dove riuscii a raggiungere

quel folto cespuglio.

 

Siediti qui accanto al mio seno siamo solo noi due

non c'è più nessuno in questa nuova stanza

stendo a terra le lenzuola rosa come il mio corallo:

ti respiro.

 

 ***

 

 

"Autunno"

 

Ho raccolto foglie secche

è autunno

il vento le travolgerà

portandole via

con il tuo ricordo.

 

Profumano di pioggia le mattine

e nelle sere ancora qualche grillo

incontra nel canto la cicala

io, resto immobile all'ascolto

poi il silenzio.

 

 

 ***

 


Fiori

 

A maggio sono sbocciate le mie rose

il vento le tocca, profumano.

Sono nata anch'io

ritorno a sorridere al tempo.

Ondeggio respirando piano

mi spaventa la brezza, l'attendo.

Una primula gialla

vive nel suo nuovo viaggio.

È ancora primavera.

 

 ***

 

 

Teorema

 

Un poeta resta legato alle parole, vive e si nutre di esse.

Un poeta si disseta di attenzioni verbali

in assenza s'inaridisce.

Un poeta pone importanza alle parole,

sono come parti di un corpo.

Un poeta soffre e gioisce in maniera accentuata.

Un poeta non è mai una comparsa.


Brani tratti dal libro:

E' quasi primavera, di Lia Manzi, IoD Edizioni, 2023; prefazione di Stefano Taccone.

Lia Manzi è docente, laureata in teologia e filosofia, è Teacher Philosophy for Children.Nel 2010 ha pubblicato il suo primo libro di poesie Sogni d'amore, Phoebus edizioni. Nel marzo del 2015 pubblica il suo secondo libro di poesie dal titolo Qualcosa sul vento, IOD Edizioni. Nel settembre del 2015 ha ideato La Marcia Poetica delle donne e degli uomini scalzi, radunando molti poeti e poetesse, da cui è nata l'antologia poetica dal titolo, "Coro poetico per la pace, La marcia dei poeti, donne ed uomini scalzi”, IOD Edizioni. Nel 2017, pubblica il suo terzo libro di poesie dal titolo Come hai fatto a trovarmi, deComporre edizioni. Ancora nel 2017 è curatrice ed autrice di un'antologia poetica sul tema della Pace dal titolo Vestiamoci di pace, deComporre Edizioni. Nel 2018 pubblica il suo quarto libro di poesie, Il Canto di un nido, IOD edizioni. È creatrice ed autrice di eventi poetici, tra i quali, "Il silenzio di Dio", arrivato alla sua terza edizione. Ultimamente ha creato assieme ad altre due poetesse, un trio poetico, chiamato nel "Nel tempo poetico", dedicato a reading poetici a tema.





domenica 10 marzo 2024

"La parola in ascolto", di Lucianna Argentino

Il silenzio. Sembra strano, rimanendo in ambiente poetico, prendere in considerazione questo termine, che in un certo senso appare addirittura ossimorico, cioè opposto alla parola, al suono della parola, a ciò che la parola produce in chi l’ascolta. In effetti non è proprio così, e Lucianna Argentino ne è ben consapevole, tanto da, esperta poetessa qual è, approda, avvertendone l’intima necessità come afferma anche nella sua introduzione, ad un lavoro intenso e dettagliato sul silenzio, che intitola proprio La parola in ascolto. Non è un libro di poesie, ma tratta sicuramente di poesia perché solo un poeta, solo un creativo, un artista, sa cosa è il silenzio e soprattutto come questo sia intimamente legato alla poesia.
Non poteva esserci titolo più appropriato, dunque, perché per un poeta il silenzio è fondamentale: a parte i molteplici interessanti esergo con i quali Lucianna Argentino introduce il suo lavoro, ritengo peculiare la prima definizione che apre l’intero saggio: "L’ascolto è il terreno da cui nasce la parola poetica perché il silenzio è per l’anima ciò che lo spazio è per il corpo. Apertura. Esercizio. Intimo movimento di ciò che dà voce all’essenziale."
L’idea davvero singolare di Lucianna Argentino è stata quella di raccogliere, in questo libro, riflessioni e commenti intorno al concetto del silenzio, esprimendosi però con brani in prosa che hanno tutta l’atmosfera e la valenza della forma poetica. Certamente, sono riflessioni personali e condivisibili, e certamente hanno anche un contenuto filosofico considerevole, ma sono soprattutto moduli poetici autentici che indagano in profondità sui molteplici aspetti del silenzio, in tutte le sue articolazioni e relazioni con il mondo personale e con la quotidianità della vita di ognuno. "Il silenzio è"…: così inizia ogni modulo, con la susseguente definizione che ne completa il brano.
La parola in ascolto, dunque: non può esserci creazione poetica se non si attingono proprio dal silenzio quei brani, quei lacerti di mistero e di incomprensibile razionalmente, che siano poi in grado di formare una struttura propositiva poetica interessante e originale, che sia anche valida e condivisibile per tutti. Lucianna Argentino ha voluto donarci, con questa sua opera, un interessante contributo alla comprensione del mondo della poesia: da dove nasce e su cosa si fonda.

La parola in ascolto, di Lucianna Argentino, Manni Editore, 2021.

Libro presentato in occasione del secondo incontro 2024 della Rassegna "Poesia è... Rinascenza", di Melania Mollo e Giuseppe Vetromile. 

Pollena Trocchia (Na), 9 marzo 2024




 

 

 

mercoledì 6 marzo 2024

I "Futili arpeggi" di Antonio Spagnuolo

Non è affatto facile entrare nel mondo poetico di un autore come Antonio Spagnuolo: è un mondo complesso e articolato, dove la creatività si nobilita assumendo forme, contenuti e armonie poetiche di altissimo livello, e l’uomo-poeta non è più scindibile in uomo e in poesia, ma è e rimane un tutt’uno, un solo luminosissimo raggio, una sola incommensurabile Parola fatta di carne, di spirito e di pura Poesia, lungo tutto il percorso della sua vita. E Antonio Spagnuolo è Poeta, con la “p” maiuscola, perché nella sua persona è la poesia, quella vera, quella seria, quella sofferta e sperimentata attraverso anni di lavoro e di impegno, di ricerche e di studi, con una frequentazione assidua del mondo letterario, con pubblicazioni e saggi critici di grande spessore, con la fondazione e direzione di riviste letterarie importanti e collaborazioni con case editrici rinomate.
Dice giustamente Carlo Di Lieto nel suo saggio critico che completa, in appendice, la raccolta Futili arpeggi: “Antonio Spagnuolo, poeta di squisita finezza, prosciuga nella sua essenzialità il “pensiero iconico”, facendo emergere echi di un oltre inattingibile e cifre inquietanti di un’inconscia pulsione scopica”. E a rinforzare tale affermazione del Di Lieto, è lo stesso Spagnuolo quando ribadisce, nella sua nota introduttiva intitolata proprio “Cos’è la poesia?”, che la poesia è legata all’inconscio e l’inconscio è il luogo della poesia. Sappiamo benissimo che è veramente arduo definire cosa sia la poesia: molti non si esprimono in proposito, per non cadere nella banalità o nell’ovvietà, ma Antonio Spagnuolo può permetterselo, perché lo fa e lo può fare, con cognizione di causa, e nessun altro, o pochissimi, possono, a mio giudizio, proporre una definizione per la “poesia” che abbia un senso profondo, come da lui suggerito.
Ma veniamo a Futili arpeggi: brevemente, perché, come dicevo più su, il mondo poetico di Antonio Spagnuolo è vastissimo e non basterebbero pagine e pagine di commenti critici per circoscrivere esaurientemente la sua poetica. Il titolo, che sempre in qualche modo cela il segreto nocciolo significativo di una raccolta ben strutturata, evidenzia la ricerca quasi spasmodica, incessante e sovente infruttuosa (futile!...) di un altrove esistenziale e sentimentale, che soltanto con la poesia (arpeggi!...) può essere sperimentato, intuito e (asintoticamente) raggiunto. È quel pensiero iconico, ben sottolineato dal Di Lieto, che si configura nella poesia di Antonio Spagnuolo, quando travalica i confini della quotidianità per cantare un mondo di pura armonia, intriso di afflati emotivi e sentimentali, ricordi, memorie.
La poesia è un modo per scrutare nell’inconoscibile, per riportare in questa vita lacerti di quell’altra realtà, fatta appunto di ricordi, di sogni e anche di illusioni, tuttavia necessari ad alimentare l’anima. Un lavoro continuo e strenuo, che il poeta deve necessariamente compiere, perché, come declama Spagnuolo, “Fare poesia è attingere chimere, / ipotesi di azzardo e di speranze / con ritmo serrato oltre il silenzio.”

Riportiamo qui di seguito alcuni brani tratti dalla raccolta Futili arpeggi:


Fili

 

Ho appreso il canto argentato della sera

con la semplice follia delle mie nostalgie

ricamate con fili d’argento

alle pareti.

Ripetono un sussurro fianco a fianco

nel tepore della malinconia,

tra le porte che si affacciano sul nulla

e gli armadi ormai vuoti.

Fra la nuda verità che si attorciglia

su se stessa

e il profilo che esclude confini

riprender fiato è come spaccare il cuore!

 

 ***


Dentro la poesia

 

Governare i marosi delle idee,

per sostenere il flusso di parole

iridescenti al raggio di chimere

e ricamare al gioco come il vento,

così la penna scivola irrequieta

stregata dall’incanto di un pensiero.

L’altrove è come anelito sfiorato,

inquieto alla ricerca del sussurro

che anela ad una sorta di abbandono.

Sfugge realtà strumenti e vibrazioni

cercando quel filone colorato

che rinnova nel segno ogni pulsione.

Ecco il poeta inquieto e delirante

nel sentimento che trema per le attese,

proteso come il filo di aquilone,

o clown cadenzando l’infinito.

Fare poesia è attingere chimere,

ipotesi di azzardo e di speranze

con ritmo serrato oltre il silenzio.

 

 ***

 

Rapinando alfabeti

 

La chiave non è più segreta,

inquieta per quel diamante incompiuto

che ci riavvolge nel diverso rischio

di una rimessa in gioco.

Pulsa parole lasciando margini addensati

e simboli da decifrare al tocco.

Altro impegno ha il pulsante e la figura

si staglia nelle coordinate, o in slash,

affollando emozioni irrazionali,

delineando esplosioni colorate

per un diagramma colto di sorpresa.

In questo eterno scorrere a mezz’aria

punta trepidazioni ed esplorando

immagini si affollano

nel canovaccio di sottile incisione.

 

 ***

 

Catene

 

Inseguo confuso la tua assenza

quasi fantasma lieve al palpeggiare,

per riaccendere il sesso corrusco

che devastava richieste più scomposte.

A spargere rimpianti come carne

è un travisamento ad ogni segno,

perché rispondi tra mirti d’argento

con labbra in un debito peccato,

ritornando a tempeste fuori meraviglie.

Dissolta ogni incognita un sanguinario

fedele prestigio riprende occulte catene

e mi impaura ogni dubbio.

 

***

 

Galassie

 

Eri dolce nel sogno

tempo che scorreva indelicato

per le mammole scalze

e il passo lieve del midollo.

Ti voglio bene fu soltanto un sussurro

al bivio di galassie ormai smarrite.

Lento ruotare di pupille e ciglia

naufrago incespicando tra macerie

quasi impotenti ai riflessi

che erano allora ultimo messaggio.

Perdute traccia compromesse agli zigomi,

bianca e dorata in mille segmenti

ripeti giravolte e ritornelli.

 

***


Conteggio

 

È giunto il tempo di chiudere i conteggi

e affido il mio bagaglio di poeta

all’illusione dell’eternità.

Le virgole, i puntini e sospensioni

che bloccavano spesso il mio sussurro

pungono a piena pioggia nei ricordi.

Il brusio, poi ingoiato dal silenzio,

prometteva la landa desolata

o un cenno di splendente infinità.

Nel dubbio della fine che sorprende

tracce di gemme e di immortalità,

oggi è il frammento di un ultimo demonio

che declama il mio esitare vano

nell’ardente supplizio d’intervalli.


Antonio Spagnuolo, Futili arpeggi, La Valle del Tempo Ediz. 2024, con un saggio critico di Carlo Di Lieto.

Antonio Spagnuolo è nato a Napoli nel 1931. Ha fondato e diretto negli anni ottanta la rivista “Prospettive culturali”, alla quale hanno collaborato firme autorevoli. Redattore della Rivista “Realtà” al tempo di Aldo Capasso e Lionello Fiumi. Ha fondato e diretto la rivista “Iride”.
Ha fondato e diretto la collana “L’assedio della poesia”, dal 1991 al 2006, pubblicando Autori di interesse nazionale.
Presente in numerose mostre di poesia visiva nazionali e internazionali, inserito in molte antologie, collabora a periodici e riviste di varia cultura. Attualmente dirige la collana “Frontiere della poesia contemporanea” per La Valle del Tempo edizioni e la rassegna “Poetrydream” in internet. Presiede il premio “L’assedio della poesia”.
Tradotto in francese, inglese, greco moderno, iugoslavo, spagnolo, rumeno, arabo, turco.
Ha pubblicato più di 40 libri di poesia, quattro volumi di narrativa e due per il teatro.



Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà