mercoledì 26 maggio 2021

Le poesie "senza indicazione di tempo" di Angela Suppo


Il tempo è stato e sarà sempre oggetto di indagine e di riflessione da parte di coloro che sicuramente hanno in sé, innato, il dono di saper scrutare oltre le pochezze e la confusione del mondo e delle cose. Mi riferisco ai creativi, e in particolare ai poeti, che del tempo ne hanno fatto sempre il fondamento, il punto di partenza delle loro considerazioni e sviluppi tematici in versi. Comunque lo si consideri, tiranno o dimensione ineluttabile, complice e compagno di viaggio verso la speranza e la felicità, o verso l’utopia, il tempo è dunque al centro dei progetti poetici di tantissimi autori.
Anche Angela Suppo non ne rimane indifferente, anzi affronta la tematica del tempo in un modo del tutto singolare e personale, lasciando che questa dimensione così tanto evocata e chiacchierata, così tanto temuta, rispettata e considerata, in ambiti emotivi ma anche scientifici, storici, filosofici, compaia in trasparenza, velatamente e delicatamente in sottofondo, un sottofondo “temporale” che permea tutte le composizioni poetiche di questo bellissimo libro, intitolato appunto “Senza indicazione di tempo”. Ed è in effetti così: il tempo c’è, ma non c’è, ovverossia è rappresentativo solo di uno scenario, di un fondale paradossalmente immobile, sul quale si sviluppano le costruzioni, le ideazioni e le memorie dell’autrice, lungo un percorso circolare fatto di andirivieni, di richiami, di visioni, di didascalie. Allora “Senza indicazione di tempo” è un percorso significativo e propositivo che vuole dimostrare l’indipendenza dal tempo di ogni emozione e sentimento che il mondo, sia esso esterno o interiore, possa suggerire, nonostante il flusso ineluttabile di questa fatidica dimensione, in cui ogni cosa e ogni individuo è immerso.
Con le sei sezioni in cui è suddiviso il libro (Stagioni, Amori, Costumi, Dei poeti, Dialoghi e Altre stagioni), Angela Suppo ricostruisce dunque in qualche modo il percorso della sua esperienza di vita toccando i vari aspetti “chiave” della sua costruzione (o meglio ri-costruzione) poetica, in cui si concentrano maggiormente i punti cardinali del suo dire. Ne risultano brani intensi, a volte persino lapidari, dotati di uno spessore semantico veramente notevole, in cui si alternano, a seconda delle sezioni, aspetti legati al sentimento, all’amore, alla religiosità, alla condizione umana, ai ricordi, persino al modo di vivere e cioè alle abitudini e all’uso della moderna tecnologia.
Un excursus di grande pregio, che denota la grande competenza poetica dell’autrice nel saper abbracciare, comprendere e significare ogni quadro e ogni aspetto della propria esperienza umana e sociale, sapendo ben estrinsecare i valori contingenti dal flusso del tempo che, spesso, deteriora e sfilaccia visioni, ricordi, riflessioni, concetti.

Proponiamo qui di seguito alcuni brani tratti dal libro, chiedendo ai nostri lettori e agli amici che si seguono di esprimere loro graditi commenti e riflessioni in proposito.



Adolescenza

Come è audace
il papavero
che, a marzo,
alza la testa!

Adolescente impudente,
frettoloso di vita,
inquieta il prato
di primavera.

(dalla sezione “Stagioni”)

***

Anziani

Sulla panchina
i vecchi stupiscono
del mondo
e di essere vivi.

Sulla panchina
non si stancano di osservare
le nuvole
e le nuvole gli fanno compagnia.

Insieme come ragazzi
ridono di nulla,
per non pensare.

Il pensiero che rode è sotto,
come il baco della mela,
la canottiera nascosta
per pudore,
la grinza della pelle
che ieri non c’era.

(dalla sezione “Stagioni”)

***

Separazione

Te ne sei andato.

Le tue cose raccolte dal cassetto,
nelle valigie delle vacanze,
(più non saranno:
bagagli e luoghi diversi – io spero –
ci attendono).

Dopo ho spostato il tavolo,
le sedie.
Dopo ho spostato mobili
e disappeso quadri.

Potrei, oggi, rivoltare la casa,
come se anche la mia anima,
leggera, componibile,
io potessi rovesciare,
e cancellare,
e cancellarti.

(dalla sezione “Amori”)


***

Prima dell’Alzheimer

In offerta
un’espansione di memoria:
40 giga,
e una barcata di minuti.

Non in offerta:
quanto ricordare,
quanto vivere,
con chi parlare.

Certo non sono comprese
le parole da dire,
i fatti da raccontare.

E la rubrica è da riempire:
raccattare amici,
a chi telefonare,
con chi chattare.


(dalla sezione “Costumi”)


***

Reading

Si scrive quasi tutto.
Qualcosa, se non tutto,
qualcuno leggerà.

La voce sapiente che si alza,
o sussurra
– lasciando fuori i sordi,
che si voltano di lì,
o di là,
nell’etere inseguendo la poesia –
ti tocca, se vuole e se tu vuoi,
anche fa invidia.

Ma quello che ti sfugge,
non puoi dire,
o non sai,
quello è davvero un infinito.

(dalla sezione “Dei poeti”)

***

E noi, Signore?
Senza fronde di salici,
o strumenti,
senza una capanna,
un rifugio per la notte,
così lontani
dalla cima del monte,
dove non vuoi le tende.

In un tempo senza Parola,
affollato di parole,
dacci oggi ancora
il palpitare delle stelle,
un anticipo di Te.

(dalla sezione “Dialoghi”)


***

Il treno delle quattro

Il treno delle quattro non passa più,
quando l’alba schiarisce il mare,
e si esce dal sonno della notte.

Carichi e misteriosi i treni merci,
vuoti, a volte, diretti verso il nulla,
un percuotersi di ferro su ferro,
un diverso fragore dei vagoni
che si scioglieva, e subito era via.

Sui binari scivola ora l’assenza
dei viaggiatori del mondo oscuro,
un silenzio senza destinazioni,
insonnia muta senza compagnia.


(Dalla sezione “Altre stagioni”)

Angela Suppo, Senza indicazione di tempo, La Vita Felice Edizioni, 2019; prefazione di Giuseppe Conte.

Angela Suppo è nata e vive a Torino. Laureata in Filosofia, si è dedicata all’insegnamento e successivamente ha svolto, per ventidue anni, il ruolo di preside nei licei. Ha sempre amato leggere e scrivere poesia: questa è la sua prima raccolta pubblicata. Collabora al foglio di poesia «Amado mio» e partecipa attivamente, presso il Circolo dei Lettori di Torino, al gruppo di letture poetiche Tempo di Parole



venerdì 14 maggio 2021

Carmelo Cutolo e la sua "Spuma del tempo"

Una parola chiave, spuma, riesce a riempire di significati un’intera opera poetica: spuma è la classica pietra d’angolo con la quale il suo giovane autore, il napoletano Carmelo Cutolo, costruisce la sua casa di parole, parole buone e squadrate, parole capaci di sostenere un tempio, il tempio della poesia.
E in effetti, La spuma del tempo è una materia quasi indefinita, latente, quasi sottintesa, ma onnipresente, e la sua consistenza non è data dalla corposità, ma piuttosto dall’idea, dal concetto, dall’astrazione che essa spuma può rappresentare, nel contesto generale della poetica di Cutulo, e anche come sostanza legante, substrato o filo logico che sia, che permette all’autore di tenere insieme tutta l’architettura poetica del suo dire.
Ottima intuizione poetica, dunque, quella di Cutolo, autore che dimostra di aver acquisito una buona padronanza della materia poetica, avendo realizzato una raccolta dotata di grande omogeneità, offrendo nel contempo ai lettori svariati spunti di riflessione sul senso dell’esistenza: è in effetti un percorso, un cammino, quello dell'autore, dove questa spuma è dovunque, sotto forma di reticolo o nebbia, refolo di brezza od opacità di cieli, arenili e granelli di sabbia, onde e marosi. Ed è appunto il mare a rappresentare, metaforicamente, la vastità delle in-decisioni, dei possibili cammini alternativi nella vita. Un mare che però è teatro multiforme e variegato, dove l’unico spettatore è lo stesso attore, il poeta, che racconta a sé stesso e agli altri la sua ipotesi di utopia.

Qui di seguito alcuni brani tratti dal libro.



Ho sognato le candide mani,
avide, fragili, luminose,
nelle libiche sabbie. Ho sognato
le mani nude dentro al tuo ventre.

Uscite dalla spuma di Venere,
hanno sorbito nettare d’ambrosia,
mani intrecciate a mani
arse nel deserto della nostra
voluttà, al chiarore della luna
hanno ghermito luce per gli occhi.

L’alta marea sobbalza nel sangue,
lambisce labbra rosse di fuoco.

Le ho viste contorcersi e tremare
e respirare a fatica. All’alba
hanno destato con tenerezza
il viso e il furore della notte.

Hanno appiccato
il fuoco, ustione dell’anima mia.

(dalla sezione “Amori”)



***


Annega nella spuma
un pensiero ribelle,
lo abbatte un’onda furiosa:
sogno che s’erge infranto
sconquassato dal turbinio del mare.

Un voluttuoso canto di sirene
m’allieta tra le cime
marine, giunge nei profondi anfratti,
in luminose oceaniche miniere,
libere prigioni della mente.

(dalla sezione “Onde”)



***

Il cemento attraversa
i granelli di sabbia,
tra la distesa azzurra e gli avidi occhi
arbori nudi svettano,
torri imperiose e scarne
che come un’ombra docile s’irradiano.
Da lungi vedo lumi
sempre più fitti e densi
accendersi come il cielo e pescatori
che forse al crepitante
focolare ritornano.

Mi è dolce, come il mare,
la notte che già attende
un nuovo rosseggiare.

(dalla sezione “Onde”)


***

Cielo nero e stellato,
s’inerpica il mio sguardo
lungo il pendio scosceso
della cima celeste
franata sulle membra
esili frantumate
straziate ormai stanche.

Le opache fiaccole, crepe notturne
che fendono le rocce
diroccate del cielo,

l’opaca pallida danza lunare
e lo scrutare senza meta
son solo luminosi buchi neri.

(dalla sezione “Tempo”)


***

In un lembo di oceano
si frantuma la nebbia,
si squarcia l’eco lontana di un raggio.
La notte già accoglie
nella sua terra il gracile frastuono
delle pagaie che aravano
il giogo del mare.

Che sa di questo mare
la morte che siede al focolare
ardente e all’orbo talamo?
Che sa la terra affamata dei mari
solcati e di occhi gonfi?

(dalla sezione “Tempo”)


***

Eclissi

Quasi si ode un’eclissi
che batte lieve l’antro luminoso
e sbircia ombre affettuose e curiose
verso la notte nuova e misteriosa.

Scorgo una luce che sporge e scintilla
e già si spinge nei sogni più arditi,
e lungo affilate falci
si figge e si nasconde,
e traccia, infine, un cerchio.

(dalla sezione “Tempo”)

Carmelo Cutolo, La spuma del tempo, Oèdipus Edizioni, 2020.

Carmelo Cutolo è nato a Napoli nel 1985. Ha conseguito il dottorato in filologia classica presso l’Università di Messina e insegna latino e greco nei Licei. La spuma del tempo è la sua prima raccolta di poesie.

martedì 11 maggio 2021

PUBBLICATO IL VOLUME DEDICATO AL PREMIO DI POESIA CITTA’ DI SANT’ANASTASIA XVIII EDIZIONE

 


Una tappa molto importante è stata finalmente raggiunta, nell’ambito organizzativo del Premio Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia”, diciottesima edizione 2021, a partire dalla quale, come già ampiamente annunciato, il tradizionale evento che ebbe origine nel lontano 2002 nella cittadina vesuviana, ha ora diversificato la sua struttura, denominandosi “Premio Città di Sant’Anastasia”. Si tratta dunque del volume ad esso dedicato e intitolato, edito da RPlibri, nel quale sono riportati gli atti di questa diciottesima edizione del Premio, nonché gli accuratissimi studi che ciascun membro della Commissione Cultura ha dedicato all’Autore selezionato e premiato: Rita Pacilio per Piero Marelli (Premio alla carriera), Vanina Zaccaria per Giovanni Ibello (Premio opera prima), Giuseppe Vetromile per Mariano Ciarletta (Premio Campania), Francesco Terracciano per Julian Zhara (Premio Lermontov) e Federica Giordano per Ian Bostridge (Premio alla cultura, sezione esteri).
In attesa di una cerimonia di premiazione ufficiale, al momento non ancora programmabile con l’opportuna serenità e sicurezza, dovendo tener conto delle norme di sicurezza in materia di prevenzione e limitazione del contagio da Covid-19, sarà dato ampio risalto al Premio attraverso gli organi di stampa e i social, ribadendo in particolare che il Premio Nazionale di Poesia Città di Sant’Anastasia, con questa nuova struttura, si è voluto distinguere dalle numerose altre iniziative del genere per lo studio dettagliato e approfondito sugli Autori prescelti, studio che è poi confluito nella pubblicazione del Volume dedicato al Premio e che sarà donato ai premiati.
Nel libro sono esposti i motivi del cambiamento di struttura del Premio, il nuovo assetto organizzativo, costituito dal polo letterario denominato Osservatorio Letterario Permanente, nato dalla collaborazione tra Circolo Letterario Anastasiano di Giuseppe Vetromile e Fondazione Lermontov di Vanina Zaccaria, i membri della Commissione Culturale che ha il compito di individuare gli Autori da premiare, in ambito nazionale e internazionale, i saggi critici sui premiati, le interviste ad essi effettuate.
Un’opera letteraria di grande pregio, dunque, pubblicata grazie alla fattiva collaborazione di una Casa Editrice, la RPlibri di Rita Pacilio, di tutto rispetto e ben nota in ambito nazionale per l'accuratezza e la qualità delle pubblicazioni.

G.V.
11/5/2021


domenica 9 maggio 2021

La poesia "riunificatrice" di Maria Grazia Palazzo in "Toto corde"

In un mondo come quello attuale, in cui predomina un senso di non appartenenza alla natura, al creato, distratti (e voglio usare il termine più addolcito) come si è generalmente dalle incombenze prettamente materiali e sovente da quelle futili e ludiche, pervasi da un egoismo strisciante e da una generale superficialità, quale spazio e quale messaggio può avere la poesia?
Sembrerebbe cosa vana pensare alla poesia come una possibilità, e un’opportunità, di gestire la quotidianità confusa e sparpagliata, priva di un senso profondo dell’esistenza, priva di quelle congetture filosofiche che offrivano comunque qualche spiraglio d’orizzonte, qualche minimo scopo da darsi, per raggiungere un più o meno ambìto nuovo eldorado.
Ma la creatività artistica non si arresta, per fortuna, neanche quando si è immersi in una società che ti rende numero fra numeri, che ti omologa e ti costringe, volente o nolente, a seguire schemi e moduli preconfezionati e validi per tutti e per ogni cosa, dall’offerta di programmazioni televisive più o meno scadenti, agli iter burocratici più o meno contorti in ambito scolastico, lavorativo e sanitario. Siamo in una società cosiddetta globalizzata, dove la cultura sovente è sottoposta a spietate leggi di mercato, in conseguenza delle quali un banale “talk show” televisivo può suscitare più interesse rispetto a una rappresentazione teatrale o ad una conferenza su Dante. Siamo in una società globalizzata ma frammentata, suddivisa, dimidiata, indecisa, indifferente, specie nei confronti della Cultura.
La poesia può dunque ancora reggere le briglie di questa società che non va da nessuna parte. Toto corde, di Maria Grazia Palazzo, è senza alcun dubbio un’opera letteraria, di alto livello, che contribuisce con la sua corposa testualità alla ricerca di un filo conduttore che possa tenere insieme i patemi dell’umanità, che possa dare un senso d’insieme al groviglio esistenziale composto da materia e spirito in perenne tensione e contrasto tra di loro: toto corde, con tutto il cuore, ma anche con la perspicacia e l’intuito che si origina dalla vera e profonda nostra umanità, e con la poesia ben modulata su di essa: così forse si riesce a dipanare la matassa dell’inanità di questa società senza orizzonti, forse si riesce a trovare un senso giusto alla vita e alla morte.
La poesia con la sua audacia e con la sua potenzialità espressiva (quando è buona e alta poesia), riesce a trarre l’uomo dal suo stato (più o meno consapevole) di appiattimento e di superficialità, lasciandogli intravedere, intuire, stratificazioni superiori di più ampio respiro, orizzonti più elevati su cui fissare le proprie aspettative e persino i propri aneliti. Toto corde, in un certo senso, raccoglie i quadri sparsi dell’autrice e di ogni uomo, rappresentati da dubbi, incertezze, indecisioni, incostanze, dissidi quotidiani, patemi che interrompono il filo emozionale della vita e appannano gli orizzonti: “Dove vi siete rifugiate / sconosciute altre me, riflesse / nel passaggio segreto allo specchio, / in un battito prima di svanire?”, recita Maria Grazia Palazzo a pagina 11, e qui appare tutta la sua concezione di un mondo sparpagliato, dove l’identità rischia di perdersi in mille falene che vivono una vita effimera per poi dileguarsi inevitabilmente.
Ma questo reiterare quasi disperato del canto alla ricerca di una stabilità definita e salda, questo suo tentativo di riunire i brandelli disuniti e dispersi della vita e dell’uomo, trova conforto, accoglienza e sostegno in una poesia fortemente propositiva, a volte persino di denuncia e comunque di esortazione, in quanto dimostra di possedere un contenuto etico esemplare, di grande importanza ed efficacia, quello cioè di riunire gli ideali e i valori fondanti in un sol corpo anima-mente, acquisendo finalmente l’identità unica della persona, al di là di ogni tentativo di sminuire e banalizzare l’uomo da parte della società in continuo livellamento: “Cento volte partorita, e mille volte morta / con una chiave arrugginita e storta, / residuo di vernice sopra / una porta senza serratura.” La poesia, e certamente anche la poesia di Maria Grazia Palazzo, ha questa grande e nobile funzione: quella di saper individuare il segreto rovello, l’imbarazzante stato tensionale che è in ciascuno di noi, pressato dalla vita e da una società sempre più invadente, e trarne i motivi e le ragioni per una redenzione, per una rinascita.

Proponiamo ai nostri lettori qui di seguito alcuni brani tratti dal libro.



Cento volte partorita, e mille volte morta
con una chiave arrugginita e storta,
residuo di vernice sopra
una porta senza serratura.

Nel carapace di spoglie madri,
il sole che matura farina e vermi,
coi denti nel morso di grecale
di una memoria avida di carezze,
di ciglia nere, di sorrisi,
in un riverbero di onde.
S’impigliano a reti dissepolte
fuochi d’artificio, fluttuante
fuocomemoria di una trama
in forma di conchiglia, lisa
sublimata materia.

Dove      vi siete rifugiate
sconosciute altre me,      riflesse
nel passaggio segreto allo specchio,
        in un battito prima di svanire?
Vi cerco in mare aperto, ormai
allo stremo delle forze, caparbiamente
per non dover morire, cercando

approdo      o nuovo abbandono.


***


Per ora mi godo il giro di boa del sole e dei venti,
l’apparente maturazione di anni discendenti,
la meridiana impressa in controluce.
Nei destini di desiderio e di memoria
consegne in avanti, oltre l’arenile,
disegnano lutti avvenire, con lucida bava
preparano il vuoto o il salto nel vuoto.

Non so dove si attinga coraggio, se
nell’abbraccio che non si può più abitare
o nel feroce orgoglio di un silenzio scelto,
di un vivere dignitoso in polvere e spavento.
Ho armato il vuoto. L’ho disarmato.
Bellezza imprendibile...          Mi arrendo!
E a mani nude su pareti scrostate percorro

un calco in ombra di vertebre di giorni,
nelle notti dei risvegli, brevi litanie
di laude all’approssimazione dell’amore.
Da un’apnea si scioglie una trama d’intrecci
per ciò che si deve a noi stessi, contro
ogni miseria antica. Resiste una
bellezza che nasce, muore guerriera.


***  

Bisogna ripartire
da un caffè settimanale,
e rifiorire in azioni prêt-à-porter
tra sfide quotidiane uscire dal letargo
di mondo, tenendo stretto almeno
un bandolo di aggrovigliata materia.
Ad ogni costo l’animale sociale dovrà
spaziare tra il serio e il faceto, intorno alla curva
del desiderio e discendere nell’infero quotidiano.

Essere sé non chiede un colpo di genio
ma l’imperfetto esistere comunicante
in vasi rotti di Pandora e spellarsi
e raccogliere cocci fin dentro
l’utopia di sogni plananti.
Questo si chiede,
procedere verso
una semplice destinazione,
rivelazione di viaggio
di coscienza universale.


***


Toto corde nei piccoli gesti
risvegliare in noi rizomi,
modificare il corso degli eventi,
ridurre in frammenti passaggi di stato.

Segni inavvertiti, battiti minimi, precipitati
nel paradosso di riso e pianto, sguardo e teatro.
Con il corpo e la voce, esposti a ogni intemperia
in una specie di caduta continua, antidiluviana.

Proviamo a praticare una sorte differente
a ponderare i controtempi della mente
dentro la vena lirica di un tempo
della resa e del vuoto.


***


Dicono esista l’autodeterminazione,
con il surriscaldamento del pianeta
firmeremo l’autodistruzione e presto,
presto, ci verranno assegnati dei loculi
dove gratuitamente distribuiranno
pacchi di ossa indifferenziati,
per l’ultima combustione a Km 0.

Anche noi sottovuoto nella catena
alimentare dell’ultimo inceneritore.
Torneremo, prima o poi, all’era glaciale
o alla festa patronale primordiale.
Dissotterrando l’animale segreto
torneremo all’acqua e al fuoco,
al disabitato pianeta, all’ignoto.

A ricordarci il viaggio sulla luna
ci penserà un refrain in replica
inviata da un artefice cyber stratega.
Una corda rotta di tartaruga sarà
la batteria che non si rigenera.
E torneremo all’albero senza
la mela di Adamo ed Eva.


***

Se viviamo nei desideri
sogni improvvisi verranno a svegliarci
con spine, spore, radici da eradicare
nel procedere per strappi ostile,
solo così ci si potrà involare
nel verde e bianco di certi meriggi,
nell’inazione di volontà di potenza
tra spazi e azioni minime di conquista.

Il fatto è che viviamo e moriamo così
senza prestare quasi mai il consenso.
Nello scarto di acquiescenza appresso
ombre di generazioni, la strada a togliere
superfluo dalla maschera di bravura.
L’arte della sopravvivenza è tutta lì,
nel posare ogni fardello
sulla soglia di un viaggio poderoso

nello spaziocarne, ospitale convento,
oltre le scorie di una guerra persa.
Solo se viviamo profondamente in noi stessi,
in rivelazioni sensibili... ecco apparire
dei già e non ancora, potenti déjà vu respinti,
ancora incompiuti, in punta di lancia.

(da Toto corde, di Maria Grazia Palazzo, La Vita Felice, 2020, prefazione di Rita Pacilio)

Maria Grazia Palazzo è nata nel 1968 in Valle d’Itria. Avvocato civilista, ha esercitato la professione fino a pochi anni fa. Negli ultimi anni ha intrapreso lo studio della teologia e delle questioni di genere. È mamma adottiva. È socia di Stati Generali delle donne di Bari. Insegnante precaria, la sua più grande ambizione è riuscire a tenere insieme il piano della quotidianità e quello dell’extra quotidiano. Ha pubblicato: nel 2012 Azimuth per LietoColle editore. Nel 2013 in collettanea: Chiedici la Parola per Stilo editrice; nel 2015 Sulla carta del tempo per Terra d’Ulivi, e Libertà, Semi di Poesia in Azione, Secop Ed., a cura di S. Kuhtz. Nel 2017 In punta di Piedi per Terra d’Ulivi edizioni. Alcuni suoi inediti sono stati pubblicati sul sito web di Cartesensibili, a cura di F. Ferraresso. Nel 2017 è stato pubblicato online il testo di prosa poetica Da Dove, da Spagine, a cura di M. Marino. Nel 2018 ha pubblicato il suo terzo libro di poesia, Andromeda, un poemetto sul femminile, destinato anche al teatro, per iQdB di S. Donno. Nel 2020 è stato pubblicato il suo ultimo libro di poesia Toto corde per la casa editrice La Vita Felice.




giovedì 6 maggio 2021

"Gli idoli sbagliati" di Alberto Barina

C’è uno scardinamento del falso perbenismo dall’etica pura giornaliera, nell’intento poetico di Alberto Barina, una sua puntuale filosofia del vero e dell’essenziale che intelligentemente intuisce, vede, nelle cose e negli andamenti della vita: gli Idoli sbagliati, sono appunto questi falsi obiettivi, queste erronee tendenze, prospettive di apparenze e di inconsistenze che normalmente costituiscono gli orizzonti dell’uomo comune. Il suo è un discorso diretto, che si sostanzia sull’incapacità dell’uomo di riconoscere quello che è celato oltre la materialità e la corposità della vita, in una società frantumata, scomposta, che ha perso ogni riferimento valoriale, dimidiata tra egocentrismo e recupero di sentimenti. La poesia, per Alberto Barina, ha dunque il nobile scopo di indicare una via giusta possibile, fra le tante che porterebbero invece alla dissipazione umana e sociale: “i poeti mietono il cielo, transitano come nomadi sulle sabbie, in silenzio, verso le città dell’infinito”. In questi versi, presumo, ritroviamo il nocciolo fondamentale del dire poetico di Alberto Barina, un poeta che afferma e indica, denuncia e suggerisce, sovente con arguzia e anche con un velo di sottile ironia, il che rende la sua architettura poetica una costruzione solida ed esemplare, assolutamente propositiva.

Proponiamo qui di seguito alcuni brani tratti dal suo libro “Gli idoli sbagliati”, invitando i nostri lettori ad aggiungere eventuali graditi commenti e riflessioni in merito.


Rododendro (Per Antonia Pozzi)

Si può decidere
un giorno
di essere neve
o collina,
rododendro impaziente
nelle vene,
parola
parte limpida
e scoscesa d’amore.

I poeti come te
incarnano,
mietono il cielo,
transitano come nomadi
sulle sabbie, in silenzio,
verso le città dell’infinito.


***

Predestinazione

Un cucchiaio per la tosse
comperata al mercato.
Avanzo della predestinazione
e dell’innocenza, da secoli.

Dicono
si scriva
quando gli Dei sbattono la porta,
o Narciso
rompe uno specchio.

Sono devoto all’irreparabile
al rifugio del sogno
al demone rovescio della vita.


***


Breve anatomia per poeti

Conosco così poco del mio corpo,
la schiena
straniera al peso
disabitata da ogni sguardo
la pianta del piede
atlante di terra
le conchiglie dei gomiti
la nuca-gheriglio
spirale dell’inferno
le tempie
che siano tempio del tempo
il tallone
dimentica di essere quercia
il chiostro
delle mani.

Suppongo l’esistenza di una rotula
mitrale
che si diverte a farmi da fermacarte.


***

Atlantide

Stonehenge d’acqua
precipita Platone
portalettere degli Atlantidei.
In una notte
il mare ha spalancato la bocca.

Isola
o plesso solare
alchemica misura celeste
geografia sacra
utopia dello spirito.

Nei giardini delle virtù,
profezie
imbrigliano i secoli
e gli uomini,
a monito
della propria autodistruzione


***


Fotosintesi notturna (II) - Reincarnazione

Ci sarà un riapprocciarsi
uno strabuzzare degli occhi,
come il seme impaziente che scardina la terra
farà trigono dei contorni incerti
dello stare in piedi di una foglia.
E mi vedo come parola
appesa, eremita,
nella didascalia di un erbario
torre, imperatrice
nella chimica degli oggetti
che chiedono infantili un’ombra.

Sarà navigazione nuovamente priva di colpe,
immacolata attesa del lampo
che poi tutto silenzia con una pioggia.
Anima
con non più indirizzo,
mano che si lascia sedurre ancora
dalle distanze ipogee di un sogno.


***

Cronaca di paese

            Sono corrente che manca d’inverno
                 sono ruota finita in un fosso
                sono quello che tende la mano
                al semaforo rosso...


                (G. Testa “Tela di ragno” da “Da questa parte del mare”)


Ci sono rose
che galleggiano sul naviglio
sono rose di colore,
rose del Bangladesh,
i fiori del rifiuto
quelli che ai tavoli del ristorante
con un gesto di diniego
vengono allontanati
spesso
senza dire una parola.

Semplicemente
un immigrato
per gioco, per noia
per ipotesi d’odio
è stato gettato in acqua
da due esseri
di probabile buona famiglia
nell’indifferenza della movida milanese.
Ripescato
da mani che non spingono,
in caserma, poi
lui non parla,
dice nulla,
forse minimizza sull’accaduto.
Non denuncia.
Non dirà nemmeno
“Ho avuto paura di morire”.

È una storia di paese
come tante,
in quest’Italia senza etica di vergogna da sempre,
in quest’Italia di Pepponi e Don Camilli
alla rovescia.


(Brani tratti da: Alberto Barina, Gli idoli sbagliati, Placebook Publishing & Writer Agency Srls, 2020. Prefazione di Mario Saccomanno).


Alberto Barina è nato a Dolo (Ve) e scrive versi sin dall’età di sedici anni. Ha partecipato , nel corso della sua carriera a numerosi concorsi di poesia ed ha ricevuto molti premi.
Ha ricevuto il suo primo riconoscimento letterario nel 1997, a cui ne sono seguiti altri, tra i quali il premio “David di Michelangelo” nel 2002 a Fiuggi, un secondo premio al concorso “De Palchi – Raiziss” di Verona, nel 2004, uno dei premi più importanti in Italia dedicati alla scrittura poetica “under 35”, presieduto dal poeta Franco Loi.
E’ stato finalista nel 2009 al concorso “Coopforwords 2009” e nel 2010 finalista all’ottava edizione del “Premio nazionale Città di Forlì”.
Nel 2013 ha ricevuto il premio speciale “Provincia di Venezia” assegnato dalla giuria del premio artistico “Stella & Norbiato” di Spinea (VE).
Nel 2014 risulta tra i sette finalisti della prima edizione del premio internazionale “Altino”, promosso dalla rivista letteraria “7lune” e dal museo archeologico nazionale di Altino (VE).




lunedì 3 maggio 2021

Premio Silloge Transiti Poetici: i risultati

 



La Giuria del Premio “Silloge Transiti Poetici”, composta da Marco Bellini, Cosimo Caputo, Stefania Di Lino, Rita Pacilio e da Giuseppe Vetromile, presidente segretario e organizzatore del concorso, dopo attenta lettura dei 140 lavori pervenuti, in forma anonima, si è soffermata sulle seguenti sillogi (in ordine alfabetico):

“A di appartenenza”. “Alle spalle delle cose”. “Buio dentro”. “C’è un sacco di spazio là in fondo”. “Come lucciola appesa all’alba”. “D’amore e dintorni”. “Diritto d’invenzione”. “Dispiegarsi”. “È solo pioggia”. “Karma”. “Il mondo abitato”. “Il senso e il sortilegio”. “Il sentiero per Wivenhoe”. “Il tempo negato”. “La dottrina delle stelle”. “La somma imperfetta delle parti”. “La stanza dei fili”. “Matres”. “Nella cenere dei giochi”. “Nell’incostante andare”. “Nightmares”. “Padri”. “Parole prossime”. “Poesie da una stanza”. “Poesie per la gente sola”. “Raccolta dal mare”. “Sillabari dal cortile”. “Sempre libera”. “Sotto esitante arcobaleno”. “Stanze vuote”.

Dopo attenta rilettura, analisi e confronti delle 30 sillogi selezionate, la Giuria si è ulteriormente soffermata sulle seguenti opere:

“Alle spalle delle cose”. “La somma imperfetta delle parti”. “La stanza dei fili”. “Nightmares”. “Padri”. “Poesie da una stanza”. “Sillabari dal cortile”.

Successivamente, all’unanimità la Giuria ha deciso di assegnare:

1° premio alla silloge “Alle spalle delle cose”, autore Sandro Pecchiari.

2° premio alla silloge “Nightmares”, autrice Claudia Zironi.

3° premio ex-aequo alla silloge “Padri”, autrice Alessandra Corbetta.

3° premio ex-aequo alla silloge “Sillabari dal cortile”, autore Fernando Della Posta.

Menzione di merito alle sillogi: “La stanza dei fili” (di Maria Elena Danelli); “La somma imperfetta delle parti (di Giuseppe Carlo Airaghi); “Poesie da una stanza” (di Nadia Chiaverini).

Risultano segnalate le rimanenti 23 sillogi.

Si ringraziano i 140 Autori, provenienti da tutte le regioni d’Italia e anche dall’estero, per la loro partecipazione.

Come previsto dal Bando, non ci sarà pubblica cerimonia di premiazione, ma sarà data ampia diffusione dei risultati ed inoltre sarà realizzato un Quaderno virtuale in pdf della collana “I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano”, contenente i dati del concorso e uno stralcio delle opere premiate e segnalate. A ciascuno dei quattro vincitori (1°, 2°, 3° e 3° ex-aequo) sarà dedicato un Quaderno Speciale contenente la loro silloge e una approfondita motivazione, oltre all’inserimento sul sito di “Transiti Poetici”.

Madonna dell’Arco, 3 maggio 2021


Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà