venerdì 22 luglio 2022

Gabriele Marturano, "L'anfibio"

Suddiviso in tre corpose sezioni (“Tundra brianzola”, “Mia cara Zeus” e “L’anfibio”, che dà anche il titolo dell’intera raccolta), il testo poetico del brianzolo Gabriele Marturano rappresenta l’ingresso ufficiale nell’attuale panorama letterario italiano, e con ottimi e lodevoli risultati. Si nota subito che L’anfibio non è un libro scritto solo in base ad una improvvisa “ispirazione” dell’autore (sebbene questa benedetta ispirazione possa costituire il necessario e arduo incipit per poter bene incamminarsi lungo l’interminabile percorso del fare poesia), ma è sicuramente ben progettato, minuziosamente lavorato, cesellato e rifinito dal talento artistico del poeta. La padronanza della materia appare evidente, nella costruzione dei versi, nella scelta dei termini, nell’uso indovinato di figure retoriche, specialmente l’iperbole (“nella vertigine d’un embolo emergo, / m’intasco afelio e perielio").
Lo spezzettamento dei significati lungo il percorso dei testi poetici, che nell’insieme delle tre sezioni si mantengono coerenti e aderenti al tema di fondo, che è la solitudine, anzi lo sperdersi nella realtà quotidiana (“Io sono lo zero / tra i miei pari”), rende tutta l’architettura della raccolta verosimile e propositiva, pur riferendosi essenzialmente a propri stati d’animo, a proprie congetture esistenziali. L’anfibio, il titolo della raccolta, è dunque l’io narrante che si immedesima in uno stato di ambiguità inferno / paradiso, realtà / sogno, amore / odio, speranza / rassegnazione, capace dunque di vivere, anzi di sopravvivere, in ogni circostanza, e tenendo comunque stretti a sé quei pochi valori, simboli, radici, tracce di sentimento che, nonostante tutto, sono necessari all’esistenza.
Una struttura poetica nervosa, e pur tuttavia fluida, capace di sorprendere e di impressionare, il che denota una già matura esposizione. Ma lasciamo ora ai nostri lettori il compito di aggiungere, se lo vorranno, altre interessanti e gradite riflessioni sui versi di Gabriele Marturano che qui di seguito riportiamo.


Il crepuscolo mi evoca,

sciamano. Appaio.

Le occhiaie, campi

ai confini del giorno.

Mi spoglio della divisa

quotidiana.

Per confondersi bisogna

sembrare uguali

all’eccedenza di eccetera

che si ripete.

Io sono lo zero

tra i miei pari.

 

***

 

Viviamo sugli allori

della nostra malattia,

aspettando un’inattesa sincerità.

Questa birra è un rito abbreviato

che mi stana dal mio pozzo

arredato. La vita è un’istantanea:

più passa il tempo più capisci

cosa c’è dentro.

Metto elio nelle vene,

ogni zavorra di certezza la lancio,

come monete sul tavolo per il conto,

nella vertigine d’un embolo emergo,

m’intasco afelio e perielio.

 

(dalla sezione “Tundra brianzola”)

 

 

***

 

Lucifera t’addentri

nelle mie meningi,

mute d’ogni luce,

con amore snodi gli intrichi,

nei tuoi palmi

le mie cellule

diventano Soli,

rameggia in galassie l’organismo

si spande.

Entrata da una ferita,

burella naturale,

di ghiaccio e di strazio

di pece e di tenebre

il paesaggio. Da allora

albeggia il mio universo.

Ti sei mossa

nell’interiora dell’interiorità

senza timore, e ora

i ghiacciai sono il mare

che ospita la vita

di demoni diventati sirene.

 

***

 

Il padrone punisce il servo

per sentirsi signore

d’un mondo che non gli appartiene.

E così nel sesso:

se tu avessi occhi solo per me,

saresti un ciclope.

Eppure te ne vai impudica,

grano che ondeggia le anche,

e mi incateni al ruolo del padrone,

mi accoltelli dalla parte del manico.

 

(dalla sezione “Mia cara Zeus”)

 

 

***

 

Di Milano adoro il dono

dell’anonimato, la sinonimia

delle andature, l’ossimoro

degli sguardi. Milano mi manchi

perché io, nel tuo seno, mom manco a nessuno.

Ti sento lontana

perché non posso allontanarmi in te.

Mi hai visto imbruttirmi, non mi hai giudicato;

la mia carriera di Hyde è nata nel recinto

delle tue cosce. Hai portato a me il mondo

e quasi m’ha ucciso. Milano ti amo

perché se non reggo l’umano

mi accolgono le tue catacombe:

nutrici che saziano il mio pozzo

di ombre.

Milano sei dove

posso essere immondo

senza terrore.

La tua filosofia degli opposti,

i tuoi vetri che non riflettono,

il tuo fiorire in boschi imprevisti,

imbrigliati da cancellate

che fanno sembrare possibile

perimetrare il selvaggio.

Sei metropoli che sa farsi

monumentale, che sa rendersi

paesino silenzioso che accoglie

chi si fisa delle tue ambage.

Milano ad ogni tua fermata

vive una vita propria

ogni indigeno che mi popola.

Milano sei il punto di ritrovo delle fughe.

Milano

intossichi e benedici,

illudi, spaventi,

e perdoni.

Milano sei il luogo ideale

per imparare a non idealizzare.

Ti studio

per apprendere come aprire spiazzi nell’intrico

dentro me improvvisi,

capolavori inattesi.

 

Milano m’insegni

che non serve segretare

la Bellezza, l’ignoranza

dei nemici la preserva.

 

 

***

 

Slow life

 

Live fast, die young.

 

Credevo l’amore fosse

impossessarsi dell’altro

chiedendo permesso.

Ho imparato a condividere per intero,

senza risparmio.

L’arraffare il possibile

nel poco tempo, e poi polverizzarsi

è il motto di chi dà alla paura la parola,

di chi vive da ostaggio

e muore di freddo

a due passi da casa.

 

(dalla sezione “L’anfibio”)


Testi tratti da L'anfibio, di Gabriele Marturano, Fucine Editoriali di Niccolò Rada, 2020; illustrazioni di Susanna Guaglianone

Gabriele Marturano vive a Verano Brianza. Laureato in Lettere Moderne, ha scritto per una rivista di musica. L’anfibio rappresenta il suo esordio editoriale.

martedì 19 luglio 2022

Le "Luci, ombre e arcobaleni" di Antonio Simone

Proponiamo oggi la lettura di alcuni testi poetici di un Autore campano che ha iniziato il suo percorso letterario solo da pochi anni, ma che già sta riscuotendo notevoli apprezzamenti. Parliamo di Antonio Simone, musicista e docente di pianoforte presso un liceo musicale di Capua, città in cui vive. La sua professione non gli impedisce di dedicarsi anche alla poesia, anzi, forse proprio questa sua dedizione è maggiormente incoraggiata se non addirittura integrata dal bagaglio professionale ed esperienziale che gli deriva dalla frequentazione del mondo della musica. Caleidoscopica e armonica è infatti la sua produzione in versi, nella quale profonde lo stesso impegno, la stessa ricerca e l'uguale dedizione con le quali svolge la sua attività di docente.
I brani che proponiamo in lettura sono tratti dal suo recente libro Luci, ombre e arcobaleni, prefato da Mariateresa Verona, docente di Lettere, e con una puntuale postfazione di Anna Ruotolo, valente poetessa casertana e nota in ambito nazionale.
Il libro si presenta come un mosaico di preziose riflessioni modulate variamente per stile, forma e significati: ogni testo vive di luce propria, naturalmente, ma nell’insieme si intravede un filo conduttore che unisce intimamente i trentasei componimenti, fino a creare un quadro complessivo compatto, coerente, seppur variegato nei vari temi ed elementi trattati. E sono considerazioni e riflessioni sui rapporti con gli altri e sui propri stati d'animo, sovente soggetti, appunto, a variazioni di umori e di sentimenti (metaforicamente luci, ombre e arcobaleni...), sull’amore, ma anche sul senso della (propria) esistenza, ed inoltre vi troviamo segreti impulsi che muovono in direzione di realtà altre, più schiette ed autentiche umanamente e socialmente.
Ma lasciamo ai lettori affezionati che ci seguono, il compito di aggiungere, se lo vorranno, altri interessanti commenti dopo aver letto i brani qui proposti.


OLTRE LE NUVOLE

 

Come un’oasi, insperata fonte

nel deserto delle mie inquietudini.

 

Nell’alba silenziosa, fresca rugiada

posata sui fili d’erba dei miei giorni.

 

Luce sorridente all’imbrunire,

voce rassicurante a notte fonda.

 

Se ad occhi chiusi giro in tondo

e mi perdo tra memoria e oblio

riesco ancora a sentire la voce del cuore

che riporta i miei passi lenti e stanchi

sul sentiero sicuro che a te conduce.

 

 ***

 

LE COSE CHE NON VEDI

 

Ho camminato in lungo e in largo

sotto i plumbei cieli d’inverno,

sull’arida terra d’estate,

col canto d’uccelli in primavera,

tra le cadenti foglie d’autunno.

 

Ho cercato invano

la luce e il calore del sole

finché stanchezza ha stretto

le sue spire intorno a me.

 

Solo allora, chiudendo gli occhi,

ho trovato il sole dentro di me

e, col viso nel sorriso,

ho capito che non quattro

ma una soltanto son le stagioni

quando sei tra le braccia della pace

e pura è l’aria che respiri.

  

***

 

PRELUDIO (ANDANTE CON MOTO)

 

A quelli che mi dicon di seguire

di Poesia le regole e ubbidire

rispondo che io no, non me ne curo

e scrivo versi sciolti in chiaroscuro.

 

Voglio seguir l'istinto ed il mio cuore

pur sembrando forse un oppositore.

Ai miei pensieri devo dar la voce

come ogni fiume cerca la sua foce.

 

Ben altra cosa il vero poetare...

questo lo so, ma che ci posso fare?

Quello ch'io scrivo è scritto con amore,

se non poeta sono un minatore.

 

Scavo nel fondo dei miei sentimenti

cercando le parole confacenti.

E' questo tutto ciò che posso offrire

a chi mi legge e coglie il mio sentire.

 

***


PASSAGGIO NOTTURNO


Hai bussato alla mia porta

anche stanotte, t'ho sentita.

 

Nel mio sonno però

non hai potuto entrare

poiché, in balia di Agripnia,

ancora intento ero a contare

lunghi secondi di silenzio.

 

Non sei riuscita ad avvolgere

il tuo liso mantello intorno a me,

a trascinarmi via nel tuo regno,

per farmi lì continuare il sonno.

 

Così ho rivisto l'alba, il primo sole

e un nuovo giorno stiracchiarsi,

mentre sentivo la tua ombra

che da me si allontanava

e il rumore dei tuoi passi inesistenti

dissolversi nel nulla lontano.

 

So che un giorno tornerai

e so già che toccherà a te vincere

l'ultima partita a scacchi.

 

Ma fino ad allora, io proverò

a guadagnare altro tempo

e ad aggiungere nuovi soli

e nuove lune a ciò che mi resta.

 

***

 

PULVISCOLO

 

Padre Sole, madre Luna,

dei miei giorni e delle notti

immagine di rinnovate presenze,

parole che riempiono silenzi,

movimento nella fredda stasi.

 

Ma dei giorni senza sole

e delle notti senza luna,

di questa vita e del mio pensare,

nessuna scelta, né colpa, né rimedio.

 

L’enigmatico vuoto dell’anima

vola alto sulle ali dell’arcobaleno

mentre io dondolo nell’infinito.

 

(Brani tratti da: Antonio Simone, Luci, ombre e arcobaleni, Youcanprint 2021; prefazione di Mariateresa Verona; postfazione di Anna Ruotolo).

ANTONIO SIMONE è un musicista, compositore, docente di pianoforte presso il Liceo Musicale Statale “Luigi Garofano” di Capua, sua città natale. Ha al suo attivo la pubblicazione di cinque CD con musiche per pianoforte da lui composte ed eseguite. Partendo dalla musica il suo interesse si estende anche verso altre forme d’arte, principalmente poesia e fotografia. Non ama definirsi poeta ma piuttosto un inventore di testi poetici o anche, metaforicamente, un minatore che scava “nel fondo dei sentimenti, cercando le parole confacenti”, così come descritto nel testo Preludio (Andante con moto), una sorta di manifesto della sua modalità di scrivere in versi. Il suo esordio letterario risale al 2020 con la pubblicazione di una breve raccolta di componimenti poetici dal titolo “L’albero di gelso”.

venerdì 8 luglio 2022

Mariafrancesca Mela, poetessa che indica l'oltre

La poesia è un fiume che lambisce le sponde di cuori attenti e sensibili ai minimi particolari della realtà, laddove altri trascurano misteri, sogni e aneliti per un precipitarsi nella quotidianità spesso asettica, meccanica, abitudinaria e piatta. Con una marcia in più, i poeti, gli artisti, i creativi di ogni epoca e luogo, osservano, indagano, ricercano, guardano oltre le cose, e ricostruiscono contatti con la natura, la ricreano, la valorizzano. E c’è bisogno di nuova linfa, per alimentare il fiume. Nuovi talenti, nuove proposte. Uno di questi nuovi talenti è senz’altro la giovane poetessa Mariafrancesca Mela, che si fa apprezzare per il suo dettato poetico già maturo, consapevole e deciso. La nostra nuova Autrice sa benissimo che la poesia è da trattare con delicatezza ma anche con impegno, dedicandovi quello studio e quella ricerca personale di un’impronta netta di originalità che possa caratterizzare la sua linea espressiva. I contenuti, come è possibile notare nei brani poetici che l’Autrice qui propone, sono essenzialmente improntati ad un anelito di evasione dal grigiore e dalla staticità della vita, che impediscono visioni altre e trattengono l’uomo su una superficie di monotona e ripetitiva quotidianità. La poesia di Mariafrancesca è dunque un invito ad innalzare i toni, a rivestire di nuova luce i propri sogni e i propri progetti, tendendo per quanto possibile a quella sfera di trascendenza, a volte anche utopistica ma necessaria all’anima che non vede mai inutili e irrealizzabili i sogni, le speranze, i tentativi di rinnovamento dello spirito, le nuove idee per ri-costruire il mondo: “Assecondo sogni e desideri, / circoscritti in una bolla di sapone, eternamente mia”.
Un esordio molto incoraggiante e sicuro, una poesia e una poetessa da seguire e che senz’altro ritroveremo tra gli autori più affermati e impegnati dell’attuale panorama letterario.
Ai lettori che ci seguono chiediamo di aggiungere, se lo vorranno, altre gradite riflessioni o commenti in merito.



Assecondo sogni e desideri,
circoscritti in una bolla di sapone,
eternamente mia.
Il rischio è la mia valvola cardiaca,
l’imperativo etico del mio cuore,
l’essenza di vita che fiorisce
negli atomi più interni dell’anima.
Penso, rielaboro,
riorganizzo, stravolgo
infiniti inventari di sogni.
Sono io l’astronauta che volge
al pianeta del domani
pilotando il timone dell’ora.
Non temo scontri di nubi
o tempeste di pioggia.
Raccolgo fiori,
valico fiumi di grandine che ostacolano
la meta fissa del vagare;
solco l’infinito e cavalco l’aria
nella navicella del cuore
dentro lo spazio temerario.


***



Tu sei per me l’unica al mondo
e conosci dal primo istante
della nostra vita insieme
il linguaggio della mia anima,
i complicati nodi della mente,
i sospiri del cuore,
il moto curvilineo del pensiero,
il suono stanco dei miei passi.

(Poesie edite nella raccolta I Poeti di Via Margutta)


***


Ti sento

In questo solstizio il tuo volto non più nuovo
ha un suono familiare:
di quel corpo non più estraneo
ora conosco ogni tratto,
di quei passi prima assenti
conosco ora il rumore
di quel cuore ieri straniero
oggi sono abitante.

(Inedita)


L'Autrice si presenta

Sono Mariafrancesca Mela. Le mie radici sono in Salento e la mia famiglia è a Montoro (Av). Ho studiato lettere classiche all’Università di Salerno ed ora sono laureanda in Italianistica all’Università di Pisa, dove vivo da due anni. La poesia è l’unica forma di comunicazione che conosco e già da adolescente i tentativi di esprimermi si realizzavano in versi.
Ho pubblicato le mie prime poesie a giugno 2022 nella collana “I Poeti di Via Margutta” e sul mio sito web della casa editrice Dantebus.

venerdì 1 luglio 2022

"Ed oltre ancora": il canzoniere di Hernàn Rodriguez Vargas

L’amore è sempre stato uno dei principali temi considerati ed espressi dai poeti. Senza nulla togliere ai tantissimi contemporanei che l’hanno trattato, potremmo dire che Petrarca, nei tempi più lontani, e Neruda, in quelli più prossimi a noi, siano dei veri capisaldi, dei riferimenti sicuri e autorevoli in questo campo. Tuttavia, parlare, trattare l’amore in poesia, sia pure in termini molto ampi, è cosa piuttosto ardua e persino pericolosa, in quanto vari e numerosi sono i trabocchetti in cui facilmente l’autore può cadere: dall’ovvietà alla banalità, alla superficialità, alla povertà stilistica nel descrivere argomenti usuali e a volte strettamente personali.
Non così si comporta certamente il buon Poeta, che nel costruire progetti poetici incentrati su questo grande e complesso argomento che è l’Amore, utilizza strumenti particolari, come figure retoriche,
rimandi, allegorie e simbolismi, che hanno l’effetto di rinnovare, di ricreare, di riproporre in modi diversi e originali, l’argomento, facendo apparire altri orizzonti, altre aspettative e altri spunti di riflessione su tale tema. Così è anche il nostro bravo Hernan Rodriguez Vargas, che dalla Colombia porta qui da noi il suo doppio canzoniere “Ed oltre ancora”. Dico doppio, perché ce lo offre sia nella sua lingua originale che in italiano, la lingua che sta ora utilizzando per la sua attività professionale presso l’Università di Salerno e anche per la sua quotidianità qui in Italia. È dunque un canto, in spagnolo, con un perfetto e sincronico controcanto in italiano, due lingue che hanno in comune una grande e armoniosa musicalità, entrambe hanno in sé il calore del sole e i colori del mondo, entrambe sono in grado di offrire le caleidoscopiche visioni che un sentimento forte ed ampio come l’amore può suscitare.
Ma, come dicevo più su, l’intuizione e la bravura di Hernan in questo suo appassionato e nello stesso tempo intelligente canzoniere, dove l’amore è al centro della sua tematica poetica, sta proprio nell’articolare questo argomento in varie riflessioni e considerazioni, anche filosofiche, e comunque fortemente propositive e originali nel pensiero, il che esclude a priori la facile caduta nell’ovvietà e nella melensaggine.
Ci sono infatti molte novità in questo lungo percorso sull’amore, suddiviso in quattro sezioni (Inverno, ancora; Ancora la primavera; Oltre l’autunno; Ed oltre ancora, più un epilogo). Una di queste è senz’altro concentrata in questi due versi: "Ti amo senza punti o virgole / ecco quanto è lungo il mio amore", dove il poeta vuol significare un sentimento incondizionato e indipendente dal tempo: la metafora della mancanza di punteggiatura, "ti amo senza punti o virgole", è esplicita.
Un altro aspetto della visione dell’amore in Vargas è la consapevolezza dell’immensità della realtà circostante e quindi della solitudine, del silenzio: “Vivo su un’isola deserta con te, / con ogni ricordo di te, / il mare è pieno di solitudine / e il vento non dice il tuo nome”: è un amore che si districa in questo isolamento, consapevole di tutta la materia che lo circonda, ma resistente e salvifico proprio in virtù del grande valore umano di cui è intriso, un amore che lega e che unisce cuori e pensieri nonostante lo sconforto che suscita l’immensità, qui metaforicamente considerata come isola deserta in mezzo ad un oceano vastissimo e silenzioso.
Un amore che si distende nel corso del tempo, che alimenta ed è alimentato lungo le stagioni: inverno, ancora la primavera, oltre l’autunno… Ed oltre ancora? Cosa ci sarà, oltre, cosa dobbiamo aspettarci dall’amore? Una linea sentimentale ed emotiva senza interruzioni, che vada oltre ogni confine temporale e materiale?... La poesia di Vargas è questa certezza, è questa speranza, è questa necessità!

Hernàn R. Vargas, Ed oltre ancora, Delta3 Edizioni, 2021

Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà