domenica 26 giugno 2022

La velata ironia nei versi di Simone Consorti in "Voce del verbo mare"

Non si scherza con la poesia. La poesia è una cosa seria. La poesia è qualcosa da maneggiare con cura, con attenzione estrema. La poesia, è materia destinata a coloro che la sanno trattare con delicatezza e con sicurezza, come l’esperto ballerino sa ballare bene il tango, o l’esperto scalatore sa come arrampicarsi lungo una parete per raggiungere la cima; o come l’esperto funambolo sa mantenersi in equilibrio su una fune tesa da un balcone all’altro. Mestieri pericolosi, attività fuori dalla portata di tutti. Pure il poeta è così, dovrebbe essere così. Attenzione nel maneggiare le parole, col pericolo di cadere per un nonnulla, di farsi male sul pavimento della banalità o della ovvietà.
Simone Consorti, a prima vista, anzi a prima lettura, sembra uno di questi sportivi estremi che osano sfidare l’impossibile. Lui ne è perfettamente consapevole. Ma le sue poesie, che, appunto a prima vista sembrano essere un gioco, in realtà non lo sono affatto. Sono una cosa seria, serissima, per quanto sostenuta da un’ironia a fior di pelle, sottile, adombrata dallo “scherzo”, ma ben efficace, potente.
Voce del verbo mare, titolo quanto mai esplicativo, è dunque una raccolta poetica di grande respiro, dove i testi si susseguono liberi di raccontare visioni, riflessioni sulla vita, sullo stato dell’essere, sullo stesso senso del fare poesia, sostenuti da un’architettura del tutto originale, che mostra una grande padronanza del lessico e dell’infinita possibilità di gestire la parola poetica in modo che “dica” non solo il significato intrinseco ma anche ciò che sta oltre, o, come preferisce l’autore stesso, dietro: “Dietro questa poesia ce n’è un’altra / che tu non sei in grado di leggere / e il cui significato / non potresti reggere”.
Abilissimo “funambolo” della parola poetica, Simone Consorti si destreggia tra ritmi, cadenze, allitterazioni, improvvisazioni, bisticci semantici e tanti altri virtuosismi espressivi che, si badi bene, non sono affatto proposizioni basate su sperimentalismi vuoti di significato, ma al contrario testimoniano l’indovinata forma stilistica, del tutto personale, propria di un dire poetico originale e colto, che accompagna ed integra contenuti importanti, anche sociali e civili, oltre che attinenti alla quotidianità di ognuno di noi.
Ma leggiamolo qui, in questi pochi ma ben rappresentativi brani tratti dalla sua raccolta “Voce del verbo mare”. I nostri lettori sapranno sicuramente, se lo vorranno, aggiungere altri interessanti commenti in proposito.



Dietro questa poesia ce n’è un’altra

Dietro questa poesia ce n’è un’altra
che tu non sei in grado di leggere
e il cui significato
non potresti reggere

Dietro questa poesia c’è una cosa
che non è nemmeno poesia
Spiegarlo a parole è impossibile
Mi servirebbe un Dio
capace di mostrare alla marmaglia
che perfino nella notte più buia
c’è un cane che abbaglia

Dietro questa poesia c’è una sorpresa
una corda impiccata
alla sua attesa

Dietro questa poesia
è inutile che giri di colpo
Non intendo la pagina sotto



***


In ogni bara lasciateci un buco

In ogni bara lasciateci un buco
per farci entrare il mondo
oppure un bruco

In ogni bara lasciateci un buco
per fare uscire almeno un po’ di buio

C’è tutto ciò che han veduto
negli occhi di ognuno
quando si chiudono

In ogni bara lasciateci un buco
a forma di nuvola


***


Un’altra poesia dei doni

C’è questo signore che all’alba
porta tutti i giorni il padre al mare
Prima di tutto gli dice
di respirare
poi pianta il suo bastone sulla sabbia
come sul suolo lunare

Una volta seduti sul tronco
gli toglie le scarpe e i calzini
sostituendoli con universi
di minuscoli granelli
Stanno un’oretta così
a vedere avvicinarsi l’orizzonte
e venirgli incontro il mondo
in un risveglio tutto loro
prima che l’uomo gli tolga i granelli
scoprendo un tesoro



***

Pessoa

L’imprevisto era previsto per le quattro
Io sarei arrivato in ritardo in anticipo
e tu in anticipo in ritardo

Io sarei tornato
a riprendermi una mia impronta
e tu a recuperare una tua orma

Io avrei avuto un’intuizione
e tu
un déjà vu

È tutta la vita che ci presentiamo
là dove non ci siamo
Che ci presentiamo
anche se ci conosciamo
“Piacere Fernando Pessoa”

L’imprevisto era previsto per le quattro
ma per uno sciagurato contrattempo
si è dovuto rimandarlo



***

Mentre Dio faceva il suo dovere

Per consolarmi penso a chi sta peggio
al ragazzo senza braccia per esempio
a cui di continuo prudeva l’orecchio

Non so se fossero pidocchi
o scabbia o lebbra
o una furia psicologica
che lo rodeva come un tarlo
ma doveva per forza grattarlo
grattarlo grattarlo grattarlo

A pochi passi dalla cattedrale
aveva eletto uno spigolo in basso
da un muro diverso da tutti gli altri muri
che un giorno avrebbe consumato
se non si fosse consumato prima lui

Trovava il suo sollievo torturandosi
sempre allo stesso modo
sempre allo stesso ritmo
sempre allo stesso posto
mentre Dio faceva il suo dovere
restare nascosto




***

Il mare intanto attende

Attracca una barca
e un uomo saldamente poggia il piede
sull’orma che lo segue
e lo precede

Il mare intanto attende
la restituzione di tutte le onde



***


Voce del verbo mare

“Il vero infinito è il passato remoto
perché per l’eternità
nessuno potrà toglierci
ciò che è terminato già”
disse lui con un tono un po’ rude
“Semmai il passato prossimo
perché è iniziato ma non si conclude”

Poi riuscirono a litigare
perfino su come coniugare
l’infinito del verbo mare


Brani tratti da:

Simone Consorti, Voce del verbo mare, Arcipelago Itaca Edizioni, 2022

Simone Consorti è nato nel 1973 a Roma, dove insegna in un liceo. Ha esordito con L’uomo che scrive sull’acqua ‘aiuto’ (Baldini e Castoldi 1999, Premio Euroclub 2000, Premio Linus). Ha pubblicato i romanzi Sterile come il tuo amore (Besa 2008), In fuga dalla scuola e verso il mondo (Hacca 2009), A tempo di sesso (Besa 2012), Da questa parte della morte (Besa 2015), Otello ti presento Ofelia (L’erudita 2018), La pioggia a Cracovia (Ensemble 2019). Ha pubblicato diverse raccolte di poesia, tra cui Nell’antro del misantropo (L’arcolaio 2014) e Le ore del terrore (L’arcolaio 2018). Le sue piéces Berlino kaputt mundi e Sterile come il nostro amore sono andate, con successo, in scena rispettivamente al Teatro Agorà e al Teatro Antigone di Roma tra il marzo e il giugno del 2018. Si occupa di street photography. In questo ambito ha tenuto mostre personali in Italia e partecipato a collettive in Francia e Russia.


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