martedì 23 febbraio 2021

Laura D'Angelo e le distanze non colmate

Proseguendo il nostro viaggio nel mondo della poesia contemporanea, ci soffermiamo su una giovane autrice molisana, di Montenero di Bisaccia, una cittadina in provincia di Campobasso, tra Vasto e Termoli. Si tratta di Laura D’Angelo, poetessa che già si è distinta in diversi e importanti concorsi letterari nazionali, e che inoltre dedica molto impegno nello studio e nella ricerca letteraria, con saggi ed articoli vari.
La sua è una poesia del rimpianto, quasi del dolore; la sua acuta sensibilità di poeta e di persona incline alla creatività artistica, le suggerisce una visione d’insieme del mondo e della società, avvolta da un velo di nostalgia, per tutto ciò che di bello e di buono potrebbe essere e che invece è continuamente degradato dall’indifferenza e dall’abbandono dell’uomo. C’è un dolore sordo nelle distanze non colmate, riflette la nostra autrice, ed è questa la constatazione che, al di là di un mero pessimismo universale, si fa vera e propria denuncia, grido di allarme rivolto alla storia e alla società attuale, troppo dedita a coltivare interessi egoistici e personali, aumentando così le distanze affettive e incrementando il vuoto, il prolungamento dei silenzi e l’assenza di una rete salvifica d’amore e di fratellanza. Anche il lockdown, necessaria cautela per difendersi dal contagio, diventa qui metafora di una chiusura più grave, di una tendenza dell’uomo a chiudersi in se stesso ulteriormente, sotto il gravame di input negativi e oppressivi che provengono da una società ormai omologata e saldamente indirizzata a mete di mero benessere materiale, a discapito di valori etici ben più importanti ma purtroppo meno appariscenti e immediati.
Il verso della D’Angelo è immediato, diretto, e offre diversi spunti di riflessione. Proponiamo qui di seguito alcuni suoi testi.


Nel tempo

C'è un dolore sordo,
nelle distanze non colmate.
Negli addii senza mani,
senza abbracci, senza parole
– quale parola si può mai dire –
per riempire il mare enorme
di possibilità e speranze,
per svuotare dagli abissi il dolore
a poco a poco, come una lunga
cantilena, un caro nome,
una preghiera che ci resta
a coprire il silenzio
di un dialogo ininterrotto
con i miei morti
un affogare nel tempo
che precipita in avaria
e non ci offre approdo.


***

Era d’estate

E così, quello che era il nostro mondo,
se ne va a poco a poco. Ho guardato
il tramonto fino all'ultimo istante, e
non sapevo, il senso di un tramonto
d'estate. Pioggia, non so fermare
queste mie lacrime. Congelami
il cuore, quella estate è lontana,
quando piove ho freddo
e tu non ci sei.


***

Pianto antico, un amore

Piango il tempo che fugge,
una ruga sul viso, un sorriso.
Piango il tempo perduto,
sprecato, il tempo
incompreso, perché
non ero capace, non sapevo.
Piango gli alberi in inverno,
i rami inchinati, il vento,
i passi gelati.
Piango i tetti delle case
vuote, chiuse, disabitate,
piango le strade deserte,
le piante assetate.
Piango il campanile solitario,
dall'alto della sua altezza,
piango il tempo passato,
un bianco e nero sfuocato.
Piango la bambina che ero
e non sono più, il filo
di un aquilone spezzato,
un girotondo lasciato.
Piango i sogni perduti
lungo il percorso,
la strada più lunga,
gli errori, i lupi del bosco.
Piango gli autobus vuoti,
i binari di una stazione,
i pomeriggi di paese,
la panchina su cui
un anziano siede,
piango i vecchi giornali,
dimenticati, accartocciati,
le parole di un tempo,
il silenzio,
un treno ormai fermo.
Piango le donne che
non sono mai stata,
i riflessi allo specchio,
una doccia gelata.
Piango il troppo presto,
il troppo tardi,
i perché senza perché,
la vita che ti piove addosso,
senza un preavviso,
senza alcunché.
Piango gli errori dispersi,
i battiti incerti, la paura
e la promessa,
l'ombra di una qualche felicità,
senza certezza.
Piango la plastica
lungo la spiaggia,
il balenottero abbandonato,
nella rotta sbagliata,
nell'onda improvvisata.
Piango il lamento del cane
abbandonato,
la foglia accartocciata
il paese inquinato.
Piango la terra che non dà frutto
la terra che fa guerra,
che muore.
Piango l'amore che pure resiste,
in questo pianto di stelle,
antico, un amore


***

Lockdown

Nella conta dei lutti, in questi
giorni di nulla e silenzio, dimmi
amico mio, si può dare una ragione
al dolore? Il dolore che riempie
il silenzio copre tutto, è il mio cuore
senza voce, senza una parola,
il mio cuore che si spezza.
Un paese straziato è la crepa
del mio cuore.
Ci sarà un posto per il dolore,
per l'amore che piange,
per la vita incurabile.
L'amore che rimane,
lasciandoci soli.

Laura D’Angelo, nata nel 1986, si laurea con lode in Lettere classiche e Filologia classica, e consegue un Dottorato di ricerca in Studi Umanistici. Pubblica articoli e saggi critici in riviste scientifiche e collabora con riviste culturali online e quotidiani. Partecipa a convegni, concorsi letterari e di poesia, ottenendo riconoscimenti e premi, tra cui il primo posto sezione “Poesia”, al Premio letterario “Putignano racconta”, Storie dalla pandemia (ed. 2020), Menzione speciale al Concorso Internazionale di Poesia “Ut pictura poesis”, (ed. Fuerteventura 2020), secondo posto al Premio Internazionale “Lettera d’Amore” Torrevecchia teatina, edizioni 2017 e 2020. I suoi interessi spaziano dalla letteratura alla poesia, dalla scrittura creativa a quella scientifica. Suoi testi poetici sono raccolti in antologie. Ha pubblicato il volume Sua maestà di un amore (Scatole Parlanti, 2021), e articoli scientifici inerenti al mondo di Gabriele D’Annunzio e alla ricezione del classico in Letteratura.

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