giovedì 1 aprile 2021

Not bad, di Claudia Zironi: una preziosa opera di alta poesia

 “So quel che c’è da sapere”, recita Claudia Zironi in un suo testo poetico compreso nella raccolta “Non bad” che qui presentiamo brevemente. È un verso perentorio, laconico, direi rassegnato, in cui però la nostra brava autrice concentra a mio parere gran parte del suo progetto poetico, un progetto basato essenzialmente sul tentativo di descrivere tutta la realtà epurata da visioni ortodosse e fuorvianti, vedendovi in effetti quello che veramente serve a dare un senso alla vita e al creato. Not bad, che tradotto dall’inglese significa non male, è dunque una raccolta complessa e intensamente elaborata e prodotta con la piena consapevolezza di una grande maturità artistica e filosofica, sia per quanto concerne la visione delle cose nell’insieme, sia per la sua particolare modalità poetica.
In tutto questo, cardine fondamentale è la parola poetica, che, come sempre, deve caricarsi di quello spessore, di quel peso specifico particolare che la distingue in altri contesti discorsivi e informativi. Dice Claudia Zironi, ancora: “ci vorrebbe una parola per aggiustare, per trasformare, per realizzare una perfetta creazione”: una parola talmente potente, così universale, da poter essere essa stessa rappresentativa del tutto: è un avvicinamento asintotico, certo, per piccole approssimazioni, finché la “parola” aderisca poi come un involucro trasparente sulle cose da contenere e da indicare, in un modo sempre più “vero”, sempre più vicino alla propria visione e alla propria filosofia di vita.
È da qui che scaturisce la veemenza del dire poetico di Claudia Zironi: vedere la realtà e descriverla scientemente o limitandosi all’esteriorità e a quel minino di sensazioni che emana la superficie delle cose, non sarebbe alta e profonda poesia, ma costituirebbe un filone poetico normale se non addirittura ovvio, come avviene in gran parte della scrittura poetica odierna. Claudia Zironi ci indica una strada impervia, diversa dalle solite, perché la sua poesia è in effetti un’opera di vivisezione del creato, e dell’uomo, nei suoi molteplici contesti. È un viaggio di esperienze, il suo, di considerazioni e di riflessioni, condotto attraverso quadri e costruzioni poetiche che pungono e sollecitano direttamente l’emotività del lettore. L’organicità dell’intera raccolta è sostenuta e avvalorata dalla disposizione in quattro parti interconnesse (“Quando si spegne il cielo”, “Not bad”, “Nuda carne” e “Il ritorno degli uccelli”) ed inoltre arricchita dalle fotografie artistiche di Emiliano Medardo Barbieri.
La struttura poetica di Claudia Zironi, in questa raccolta, trova la sua massima armonia e perfezione stilistica, con un percorso costituito da corpi poetici generalmente senza titolo (a parte alcuni testi e quelli della sezione “Not bad”, nella quale la stessa Autrice spiega di aver preso a riferimento alcuni termini normalmente usati nei social, come “tag” e altre didascalie…). Tutta l’architettura poetica, compresi i segni grafici, la punteggiatura ed altri preziosi accorgimenti, fa di questa raccolta di Claudia Zironi una ragguardevole e preziosa opera letteraria di alta poesia.




di cosa hai bisogno – mi chiedevi. forse di un’intera
vita? una vita splendida e giusta. forse di un corpo
nuovo, appena nato, di una mente brillante, di un talento
che lasci tutti senza fiato. di cosa hai bisogno? – mi dicevi.
di dimenticare? di tanto futuro, di un altro padre o
della vista bella del mare, di riempire gli occhi
di sorrisi e di bambini, di parlare, di scoprire
un riccio timido tra l’erba, una margherita colorata.
o forse hai bisogno di un mio sguardo, di una carezza?
di uno di quei baci che fermano la pioggia, intenso
come una caduta, lungo come una guerra, improvviso
come il momento in cui ci si innamora.



***

so quel c’è da sapere, ore e ore
di parole, anni di inutili dati
ricordi miei importanti svaniti
per lasciare posto a memorie ininfluenti.
so più di quel che c’è da sapere di ciò
che non mi importa conoscere, che vorrei
non avere mai sentito, che non posso
cancellare, nemmeno se chiudo gli occhi
nemmeno quando si spegne il cielo.


***


ci vorrebbe una parola per aggiustare
per trasformare, per realizzare
una perfetta creazione, che fosse
rotonda e accesa, di giusta lunghezza
che assomigliasse un poco al nome
del mondo conosciuto e lasciasse intravedere
l’inimmaginato. ci vorrebbe una parola puro suono
un battito, una eco, un sentimento, un’ultima parola
che contenesse il senso
di tutto questo struggimento.



***

                            # hole in my soul

perché in fondo come si definisce un buco?
ciò che non è pieno, un vuoto, un tronco cavo
un nido abbandonato, l’abisso, il pozzo, il gorgo
che tutto inghiotte, nero e dirompente nello spreco
illusorio e fallace, della vita, il viaggio senza destino
della luce, che parte e non si sa dove si frange
dove riposa come buio, con tutti i suoi colori
ai margini del tempo, la mancanza
di progetti e aspettative appigliati a un domani
che non ci appartiene, la resa della terra
e del muro e di ogni altra nobile materia
alla sua asportazione dal contesto, il silenzio
che ci chiude anzitempo nella tomba, il lutto
della memoria, la demenza, la follia, l’oggettiva
inefficacia della perseveranza, l’archiviazione
di ciò che avrebbe potuto e non è stato, un passaggio
dal perimetro regolare o frastagliato, un foro.


***


come il cane, come il padre di un altro
come un vestito-spazzatura consumato
come la notizia di un eccidio in Siria
attenendomi alla metafora del lutto
ho scelto per te di spargerti al vento
come ceneri, di non avere un luogo
per le rose, di non avere immagini
per toglierti il tempo, sei un nome
asceso ai cieli scoloriti del rimpianto
pensieri di morte a mio carico
– benedetto sia il virus che arriva
galoppando rosso per il mondo
senza credo, senza colpa –
una meccanica perversa di abbandono
come un albero caduto per il vento
come un ponte crollato, come il pianto
come un amore irrealizzato.


***

                             a E.

gli uccelli neri sono tornati, lucidi
come il passato. dalla cima più alta
hanno cantato ricordando i caduti
lungo il viaggio, ricordando le carni giovani
le correnti del cuore. hanno portato notizie
da paesi inesistenti, inutili dettagli di rovine.
gli uccelli hanno detto che non c’è luce
oltre i confini della nostra esistenza
che è inevitabile il gioco del fuoco
bruciarsi, soffrire, perdere piume
che in questa vita solo una volta si nasce
solo una volta si muore e solo una volta
si può amare. tutto il resto è dolo.

Brani tratti da: Claudia Zironi, Not bad (2019 – 2020), Arcipelago Itaca, 2020; prefazione di Francesco Tomada.


Claudia Zironi, bolognese, opera dal 2012 nel mondo della diffusione culturale con l’associazione Versante Ripido (www.versanteripido.it) dedicata alla poesia e della quale è uno dei fondatori e Presidente. Collabora anche con altre realtà associative rivolte alla cultura, all’arte e al sociale. Fa parte della redazione della rivista Le Voci della Luna. Ha fatto parte di giurie di premi di poesia a rilevanza nazionale.
È alla sesta pubblicazione poetica in Italia, delle quali Eros e polis, nel 2016, è stata riproposta in USA in traduzione di Emanuel Di Pasquale.
Nel 2019 è uscita, per i tipi di Marco Saya Edizioni, l’antologia a cura di Sonia Caporossi Claudia Zironi – Diradare l’ombra – antologia di critica e testi – 2012-2019.
Altre notizie si possono trovare nel sito claudiazironi.wordpress.com





1 commento:

  1. Talvolta, tra tanta poesia o piuttosto pseudo poesia in circolazione, trovi il gioiello, lo riconosci subito. Ne avverti subito la bellezza autentica. Grazie Claudia. Ho acquistato poco fa su Amazon il tuo "Not Bad". Con prime mi arriverà domattina. Mi sono fatta il regalo di Pasqua. Ti auguro ancora tanta tanta bella poesia. Che nasca anche dalla serenità. Ciao. Rosanna

    RispondiElimina

Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà