Silvia Bove, poetessa romana molto apprezzata, autrice di
diversi testi come si evince nella nota biografica riportata in calce,
manifesta la sua poesia attraverso testi brevi ma pregni di significato, come
del resto accade sovente, in tante produzioni poetiche di pregio: l'essere
capaci di sintetizzare il concetto, il nocciolo essenziale del dire senza
dispersioni e senza divagare, è prerogativa di tanta buona poesia. E Silvia
Bove rientra senz'altro in questa categoria. Ma la sintesi non deve penalizzare
la profondità del discorso poetico, e Silvia Bove ne è consapevole, tanto che
nei suoi testi, ovunque si vada a leggerli, traspare subito il moltiplicarsi
dell'idea di base, come se da una matassa ben stretta ne venissero dipanati i
molteplici fili; è il cuore che parla e va ben oltre il confine dei primi
enunciati, fino a estenderli e a "risuonarli" per tutti.
Silvia Bove parte dalla conoscenza di se stessa e della
terra a cui appartiene, terra non in senso geografico ma in senso naturale,
determinando con i suoi versi una sorta di distacco, un tentativo di
astrazione per ambire a luoghi e momenti più alti, forse più puri. Per questo,
le poesie dell'assoluzione, ma anche
in altri inediti, rimarcano un fervore particolare di libertà, di
estraniamento, di genuinità al quale il corpo, legato alla materia, non sempre
può aspirare: "Se, oltre questi
luoghi di ristagno / lascio andare il mio corpo / una premonizione / d'amore mi
porta lontana". L'assoluzione, o anche la redenzione, avviene mediante
la parola poetica, una confessione intima ma anche testimonianza per gli altri,
indicazione salvifica del percorso di realizzazione del proprio essere, che
ognuno dovrebbe compiere. La poesia, come pure la poesia di Silvia Bove, così
perentoria e illuminante, ha dunque anche questa funzione ontologica, traendo
l'uomo dalle mere sorti di una quotidianità troppo spesso vassalla della
materia, inconsapevole del cielo e dei puri sentimenti, come l'amore.
Nel proporre qui di seguito alcuni testi (editi e inediti) della nostra Autrice, invitiamo com'è consuetudine gli affezionati lettori ad esprimere
ulteriori graditi commenti.
Chiaroveggenza
Se non penso mi accade
perfino la chiaroveggenza.
Se, oltre questi luoghi di ristagno
lascio andare il mio corpo
una premonizione
d’amore mi porta lontana.
***
Varco
L’anima mia selvaggia
porte spalanca e mie finestre
a ridere d’una donna che ondeggia
bambina e Circe. Chiede acqua
a lenire la rabbia, pane
a sedare astinenza, ad invocare
riposo un letto.
Ragione naturale
Piangono le poesie la dipartita
della natura, l’abbandono
di un candido pensiero.
Ci attardavamo bambini nei campi
usi all’inconsueto paghi e di questo
frementi, tu che tendevi le mani
ed io a raggiungerle, poi d’altalena
un cambio, e ancora tesi all’infinito
gioco di vita massimale mai
profanata: Nuova t’attendo
sul prato. Forse non è ragionevole
adesso raggiungermi?
Ad un’amica
Quando io ho te che mi riveli affreschi e
mi annunci le poesie che non conosco,
e m’offri quel mondo che è tuo
poi mio, poi nostro,
quando incompleta ti pensi, ma
sveli le tue vere parole,
tu non sai che il tuo intelletto in me
si riversa pieno, e mi nutri
come una vera madre
mai fu feconda.
Nei miei versi
Qui nei miei versi rovinosi accade
la Rivoluzione, l’incontro
fatale col mio volto.
Paradisi infantili e sogni orfani
qui, in attesa m’adagio in comoda
distesa e dichiaro le libertà.
In musica ricanto i miei
giorni, qui incontro l’anima
fedele dei miei amori, alzo il velo
e ne rischiaro i volti.
Qui sono madre e qui
non perdo, vinco certe verità,
Qui sono quella prediletta.
Ritaglio frazioni d’amore
e innalzo alti rituali.
Non soffro se mi accade Conoscenza.
(Testi tratti da "Poesie di assoluzione", Onyx
Editrice, 2011)
La parola.
Non so dove vada la parola sgusciata
sembrerebbe restare quando è muta
e tu la dici per altro non dire.
Non so al contempo come fare a restare,
mia ondeggiata straripata e illusa.
Quali mani nel sesto giorno dovrò toccare.
Non so l’asfalto, necessita le mie memorie
a piombarmi infinita.
Non so infine quale bersaglio abusare perchè termini la
notte,
sul confine.
(inedito, 2018).
La mezzaluna
Portando al mondo le mie
braccia
e le mie galere
ho una mezzaluna sulla testa
per essere stata io deviata
ad Oriente.
I miei cento poemi
li ho enunciati alla polvere
del tuo nome.
Così ad infiammare la
cortesia
del mio volto riarso, resuscitato
a volte il riso difende la
mia statura.
Nel riflesso del
vino non riconsegno
il tuo volto a Dio,
i tuoi baci inviolati.
Per render trono il mio racconto
di fiele, cerco un fiore,
che ribattezzi gli altri rei
che non si sono dati al tempo.
(inedito, 2018)
Silvia Bove è nata a Roma dove vive e lavora. Laureata in
Antropologia Culturale presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”,
ha svolto attività di ricerca presso il Dipartimento di Studi
Glottoantropologici della stessa Università.
Nel 2005 pubblica la sua prima raccolta Anima Sottile (Edizioni Graphisoft), cui segue Immaterialità, (Edizioni Graphisoft) nel 2007, con prefazione del
poeta Vito Riviello.
Nel 2008 partecipa col gruppo “Le Donne della Stanza” alla
silloge poetica SvolgiMenti,
Ellegraphica, Gaeta.
Nel 2009 esce la plaquette Sette (Edizioni Signum, Milano) e partecipa all’opera della
fotografa Vincenza Salvatore Portaits,
ritratti foto-poetici. Sempre nel 2009 è corale protagonista del film Poeti, di Tony D’Angelo, presentato alla
66a Mostra del Cinema di Venezia nella sezione “Controcampo Italiano”.
Nel 2010 pubblica la plaquette Rapida ma floreale, (Edizioni Signum, Milano).
Nel febbraio 2011 esce la raccolta Poesie di assoluzione (Onyx Editrice), con postfazione del poeta
Dante Maffia.
Nel 2018 esce la plaquette poetica Discreta la lontananza, edita da EscaMontage.
Sue poesie sono presenti in antologie poetiche, come ad
esempio Poeti e Poesia curata da Elio
Pecora; l’Isola dei Poeti, a cura di
Francesca Farina e Roberto Piperno; Oltre
la coltre del silenzio, con il movimento Poeti Viandanti; Il sole nero di Auschwitz, Editore
Bertoni; e su riviste d’arte come EQUIPèCO.
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