Le tematiche del libro convergono comunque in un concetto di tempo che ineluttabilmente trascorre nel silenzio e nella staticità delle cose, che pure si susseguono, ma come su uno scenario distaccato, lontano, quasi indifferente. E qui ritorniamo ai versi citati all’inizio, dove c’è da notare una cadenza solenne ed epigrammatica, purtuttavia dolce e non fatalista. Si tratta di lavorare con la memoria, con i ricordi, con le immagini buone e malinconiche del passato, per una “riproposta” costruttiva di quei valori colmi di significato emotivo e educativo utili per l’arricchimento della persona e per meglio indagare il mondo. Sfogliare il tempo, dunque, come le pagine di un libro che sia maestro di vita, che suggerisca nuovi orizzonti a partire da quelli ben saldi già guadagnati e sperimentati nel passato.
Proponiamo qui di seguito alcuni brani tratti dal libro di Gabriella Paci, invitando i nostri lettori ad esprimere altri graditi commenti in proposito.
A mio padre
Come pianta cresciuta senz’acquasei restato in disparte sui bordi
evitando strade larghe ai passaggi
nel timore d’un tempo indomabile.
Ombroso e assorto lo sguardo
anche nello sfolgorio del sole africano
a scansare gli eccessi di troppa
vita che, liquida, sfugge dalle dita.
Silenzi le tue parole d’amore
affacciate negli occhi e nei gesti
nel pudore di un sentire fanciullo
avvezzo alla perdita della conquista.
Eri semplice e contorto come
ulivo dai sapidi frutti
cresciuto in fretta su pendii
ma che dona paesaggi di pace
anche se la pietra è dei luoghi regina.
***
Anche i papaveri sanno
Ho le mani piene del tempo immobile
dell’assenza mentre si allarga l’orlo umido
di una sera senza stelle e non si placa
il frinìo impazzito sui pini svettanti
sotto un sole che infuoca dietro
un grigio lenzuolo di nuvole dense.
Anche i papaveri sanno del bruciare
rosso sulla pelle senza il balsamo
delle carezze e dei baci che sono
tramontati all’orizzonte, nel brusìo della
notte che cavalca le ombre lunghe della
disillusione là, dove si perde il giorno.
***
Resurrezione
Attendiamo in giorni silenti e fermi
la resurrezione. Attendiamo che
il sepolcro s’apra alla vita e risvegli
quella luce che non ci illumina più
negli abbracci mancati e nelle ferite
delle perdite mentre vento dell’insipienza
strappa ai rami i fragili fiori della ragione.
Attendiamo un segno di resurrezione
per poter disperdere petali di speranza
sui pendii della paura e ritrovare dietro
le maschere della falsa sicurezza,
la luce impavida di un sorriso nuovo.
Sarà allora la primavera in un’alba
di rinascita in mani che trovano mani.
***
La curva del tempo
Vernice di luce stordente sulle facciate crepate
delle case di città alta a rendere ammaliante
la solitudine ombrosa di stradine cercate
nell’intreccio mistero di giorni e di passi:
avverti lieve quel donarsi al silenzio dei sassi
che bisbigliano forte del tempo di prima.
Senti il profumo segreto di orti a quietare
picchi di fuoco di amori acerbi e a regalare
al tempo del domani il ricordo di un refolo
di dolcezza inviolata nelle ali del sogno…
Ma già declina la luce negli occhi del giorno
carezza rosata d’addio che scende le ombre
sulla salita di ieri e sul crinale del ritorno:
si colora di malinconia la quiete incompleta
di un giorno qualunque nel salmodiare la meta
dell’oggi nel cammino sulla curva del tempo.
***
Gocce di malinconia
Piove. Ed è una pioggia obsoleta e spenta
che cade senza entusiasmo ma non allenta.
Sembra una litania senza convinzione alcuna
detta per penitenza o magari per afflizione.
È come un ricordare di tanto tempo fa
che ha lasciato solo cicatrici sparse:
non fanno più male ma segnano la pelle
e sono costrizione a non dimenticare.
Si posa sulle ciglia la stanchezza di notti
a cercare il sole mattutino e trovare
albe senza risveglio ma solo ombrelli
sotto una pioggia che inumidisce il cuore…
nel suo richiamo al pianto lieve,
per malinconia, senza troppo rumore.
per malinconia, senza troppo rumore.
***
Brani tratti dal libro Sfogliando il tempo, di Gabriella Paci, Edizioni Helicon, 2021; prefazione di Fernanda Caprilli.
Gabriella Paci, fino al 2020, è stata docente di lettere in un istituto superiore di Arezzo, città nella quale vive. È del 2015 la sua prima pubblicazione di poesie Lo sguardo oltre… edita da Aletti, raccolta che si è classificata seconda al Premio Tagete ed ha ottenuto una segnalazione di merito al Premio internazionale “Cumani-Quasimodo”.
Nel 2017 ha pubblicato Onde mosse, edita da Effigi, risultata prima al concorso Tagete. Infine è del 2019 la sua terza silloge Le parole dell’inquietudine, edita da Luoghinteriori.
Quest’ultima silloge, Sfogliando il tempo, raccoglie poesie vincitrici di concorsi, come Numeri, classificatasi al terzo posto al premio mondiale Nosside 2020.
Gabriella Paci è presente su molte antologie di premi letterari ed è membro di “Wikipoesia” e di “Poetas du mundo”.
Sono chiodi le parole
Sulla croce dei pensieri
sono chiodi le parole stasera.
Nel silenzio aspetterò
che la luna confonda
tra le ombre della notte
le inquietudini moleste
e ne limi le punte aguzze
regalandomi un cuscino.
Ma il tarlo continua nel buio
a scavare gallerie al suo cammino
con il rumore molesto di un dolore
che crocifigge il cuore e mette
tra le mani un rosario di spine.
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