Elementi primari di vita quotidiana, di storie e geografie insolite benché attuali, orlature di immagini inusuali, compaiono in questa silloge originalissima di Fernando Della Posta, dall’indovinatissimo titolo Sillabari dal cortile, meritevole del terzo premio ex-aequo. La silloge, solo apparentemente sembra disarticolata in vari spezzoni autonomi e inerenti a quadri di tematiche diverse, ma a ben vedere esiste un sotterraneo filo conduttore che tiene uniti i vari contesti, e si tratta dell’ambiente romano generico, immerso però in una luce quasi canzonatoria e ironica. La struttura poetica utilizzata dall’autore è poi un secondo aggancio opportuno, un collante eccezionale per dare unità logica all’intera silloge.
Si parte dal basso, dagli elementi primari, come dicevo, e le parole
del Sillabario prendono corpo a formare quadri e situazioni quasi surreali, pur
rimanendo nel contesto dell’osservazione diretta, molto verosimili
se non addirittura effettivi. Certo, la poesia per sua natura dona un velo di
mistero o perlomeno di indeterminazione, con il quale riesce ad arricchire di
significati e a moltiplicare le interpretazioni degli enunciati, altrimenti sarebbe
solo mera cronaca o semplice riporto narrativo. L’enfasi poetica è importante,
perché nel detto dice anche altro, vola oltre le dichiarazioni belle e buone, e
le parole devono essere aerei che volano oltre
le normali costruzioni dell’uomo.
Sillabari dal cortile è tutto questo, rappresenta tutto questo. Muovendosi dalle cose di tutti i giorni, dal cortile dove la vita è, ed è stata, quella più spinosa ma anche più autentica,
immediata e senza troppi fronzoli o inutili e sterili sofismi, l’autore tocca il vivo della storia, di quello che era stato uno scenario
ben frequentato, un ambiente casalingo, l’interno di un’osteria, adoperando il
suo intelligente e sagace sillabario per descrivere, giustamente trasfigurando poeticamente, gli
atteggiamenti, le piazze, le situazioni, i volti, i sentimenti.
Ogni cosa è nella giostra della poesia, che ruota attorno alla realtà di un mondo non sempre concepibile con la semplice
logica della mente, ma ci vuole il volo descrittivo ed
emotivo della poesia per afferrarne appieno i meccanismi, a volte astrusi,
che muovono le cose e il mondo attorno a noi, attorno alla città.
E Fernando Della Posta è maestro, nel descrivere questo suo mondo
particolare, che è poi il mondo di tutti, con versi che prendono
immediatamente, che fanno vedere e sentire ciò che la vita
di superficie banalmente e laconicamente nasconde.
SILLABARI
DAL CORTILE
Gioca per sé, come tutti
un rialzo massimo
la sfinge del convolvolo.
Scommette meno di un soldo
per una vita brevissima,
ma ugualmente sentita.
***
Dalla finestra pendolare si mostravano in cinepresa
di
Caravaggio l'alto campanile a lanterna
e
quei cascinali riempiti dagli amori tra pari,
tenaci
nei gruppi che sceglieranno i sobborghi.
Sanissimi
nel corpo e addestrati all’esodo,
hanno
affilato le unghie come tigri del Borneo,
hanno
addolcito brutture e abbellito le vesti,
hanno
cresciuto figli come stolidi cipressi
destinati
alla saturazione infine al declino.
***
Quando Roma graziosa sonnecchia,
rumorosa di ninne nanne e arrosti,
anche l’inverno può essere bello,
leggero come un vetro soffiato.
***
Cinecittà
Cinecittà scimmiotta le città rinascimentali,
ideali, le mura che la cingono sono ponti
dov’è l’acqua che scavalca le persone.
Le torri hanno nomi esattoriali, da solido
apparato assolutistico. Cupole moderne,
caserme, reiterate missioni pastorali e campi
da calcetto, testimoniano un lavoro secolare,
perseverante, di educazione borgatara.
Confinate in un gran recinto di cemento
scenografie mirabolanti giacciono
come un Carnevale permanente.
Zingari e giostrai riempiono gli spazi ai margini.
Sgomberi e bonifiche li hanno ricacciati nel verde,
demolizioni e dismissioni di lussi proibiti.
Al Quadraro, suo nucleo primitivo
il Quadraretto è il cammeo della collana
che va a posarsi tra i seni della dea, Roma!
Don Bosco e padre Sardelli mettono
a segno le cime irraggiungibili, come Rosa e Stelvio.
La materia della più delusa periferia si palesa
schiacciata, in sprazzi di abbacinante
bellezza, i graffiti di quegli adolescenti che hanno
lo stesso stallo di coloro che non hanno
un’identità accettata, una statura riconosciuta.
La paccottiglia benestante invece si accatasta
in palazzi tutti uguali dove si ripetono
storie di vita da catene di montaggio
capillari, fino al più intimo frammento di tessuto
stretto nel proprio incanalarsi regolare.
Ma nel ritmo semaforico, ipnotico del traffico
riconosco volti col mio stesso peso piuma
sul cuore, che un giorno si fa lancia verso il cielo,
l’altro punta ventre a terra la durezza del selciato.
Tra gli antichi acquedotti passa un treno
come un dardo, ma fa un rumore di caldaia,
più che di sfrecciante oggetto dell’aria.
Forse fuori dallo schermo avrà un castone
tutto suo, dove fare da tassello naturale.
Ma passa e va, come tante storie dimenticate.
***
Centocelle
Nuova periferia non
nasce un poeta
che ti canti, né un
pubblico disposto
ad ascoltarti. Se
prima una ferita
ti slegava dagli
stemmi, oggi una frattura
ti separa dai quartieri
identitari.
Penisola che un
fragile istmo attacca
a un cuore morto,
nel tedio domenicale
il silenzio, un
vuoto senza nome avvolgono
i tuoi stradoni
solitari. Nell’osteria turca
ben quattro dico
quattro signore slave
onorano un pranzo
festivo; due ragazzini
guance nodose,
tessuti scolpiti nel teak
bevono un espresso
nazional-popolare;
la stessa magrezza
di mio nonno giovanotto
appare nel
levantino che esce dal locale.
Una bambina indù si
rassicura sul mio resto,
mi propone
stuzzicadenti cinesi. Esco contando
le persone su sei
dita. Sui Gerani sta piovendo sole.
***
Fanno
chiasso i girasoli sotto il sole,
un parlottare muto nella stessa lingua
della specie, un fragoroso muoversi
di venti, odi bambini gridare fra gli steli.
***
Malinteso?
Gli
umori dei nostri corpi nudi
dopo
che si sono amati sfregati scorticati,
li
rimettiamo a concisi lavatoi. Da lì, attraverso
un
lungo sentiero di passaggi sommersi,
giungono
al mare a diluirsi nel sale.
Ma
chissà se tutto questo pudore
una
volta posato sulla bilancia del Creatore
salverà
questo mondo o se non sia
il
principale motivo di questa dannazione
nera
che ci mena dentro i nostri
sempre
più asettici e solitari appartamenti.
Gli aeroporti spediscono lettere
alle nuvole.
Il salto metalinguistico è
vertiginoso.
Un banco di cirri può essere un
nastro
trasportatore, le destinazioni vanno
decifrate.
Babele è cresciuta come un intrico
nei cieli.
***
Paterson*
Il turista giapponese dice che vive
di poesia.
È venuto a Paterson per il poeta
locale dal nome simpatico
e per il poeta ebreo amico di Dylan.
Sa anche del Bresci, l’italiano che
uccise il re,
ma lo considera un fatto secondario.
Paterson,
cittadino di Paterson, ogni mattina
annota poesie
sul suo taccuino prima di partire
con l’autobus
che guida otto ore al giorno per
guadagnarsi da vivere,
per sé e sua moglie. Come molti suoi
colleghi
di penna condivide il pensiero che
tradurre
sia un po’ come smontare i ciliegi.
*film di Jim Jarmusch del 2016.
***
Giovani
costruiamo un mondo per giovani
illusi di poterci conservare,
ma gli anni ci stringono alle lusinghe
dell’inganno di una stasi felice.
Ma torni ogni deluso dalla vita
a chiedere un futuro che non sia
rovina di un cortile abbandonato!
Fernando Della Posta è nato
nel 1984 a Pontecorvo in provincia di Frosinone. È laureato in Scienze
Statistiche, vive a Roma e lavora nel settore informatico. Numerosi sono i
premi letterari ottenuti e numerose sono le sue recensioni e le sue sillogi
reperibili su diverse riviste e diversi blog letterari, come Neobar, Poesia del Nostro Tempo, Words
Social Forum, Viadellebelledonne, Poetarum Silva, L’EstroVerso, La poesia e lo
spirito, LaRosainpiù, Perigeion, Poesia Ultracontemporanea e Il Giardino dei Poeti. Ha pubblicato le
raccolte di poesie L’anno, la notte, il
viaggio per Progetto Cultura nel 2011, Gli
aloni del vapore d'Inverno per Divinafollia nel 2015, Cronache dall’Armistizio per Onirica nel 2017, Gli anelli di Saturno per Ensemble nel 2018, Voltacielo per Oèdipus nel 2019 e Sembianze della luce per Giuliano Ladolfi nel 2020.
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