sabato 5 giugno 2021

Claudia Zironi, "Nightmares", silloge vincitrice del 2° premio Transiti poetici 2021

 

Quando la letteratura affronta temi inquietanti o al limite della cosiddetta “normalità”, quando l’argomento è un qualcosa che è inerente alle sfere del paranormale, o quasi, agli ambiti che stanno un po’ oltre il confine della razionalità, allora possono solo accadere due cose, diametralmente opposte: o si cade nella banalità e nella favola, nella frivolezza, oppure si raggiungono vette altissime di qualità narrativa e poetica, in cui il contesto semantico assume grande importanza, singolarità e originalità propositiva. Mi piace riportare qui due esempi di grandi autori, entrambi americani, uno per la poesia (soprattutto) e l’altro per la narrativa: Edgar Allan Poe e Howard Phillips Lovecraft. È chiaro però che qui ci addentriamo in un territorio estremo, misterioso e popolato di mostri, di deità aliene raccapriccianti, di incubi inimmaginabili, sebbene, almeno in Poe, la chiave poetica e lirica sia predominante rispetto al tema lugubre e arcano trattato (vedi ad esempio “Il corvo”). Direi quindi che questa stupenda e davvero singolare raccolta di Claudia Zironi, Nightmares, sia molto vicina alla poetica del grande Allan Poe, per le caratteristiche di indiscutibile resa lirica, per il sotterraneo pathos o sentimento angoscioso che fa da sfondo ai versi, per la struttura portante su cui si basa l’intera silloge.

Nightmares, incubi, è pertanto un interessante poemetto scritto con intelligenza e coraggio, dimostrando tra l’altro come il ragguardevole talento poetico raggiunto dall’autrice, la sua consapevole elevata attitudine all’ideazione e all’intuizione letteraria e poetica, le permetta di trattare argomenti al confine, temi come questo degli “incubi” per i quali è necessaria una grande attenzione e cura di indagine introspettiva e oggettiva. Perché qui non si tratta del mero incubo che può essere “inventato” e raccontato, anche poeticamente, con la libertà di immaginare e di ipotizzare ciò che si vuole, tanto l’incubo in fin dei conti, è un sogno incontrollato e divagante, per quanto spaventoso, strano, o sconclusionato che possa essere. No: qui l’incubo è sotto il pieno controllo dell’arte poetica dell’autrice, che sa imbrigliarlo e incanalarlo lungo solchi davvero di alta poesia.

In effetti in Nightmares non c’è nulla di veramente orrendo, inquietante e sconvolgente: non si tratta qui di mostri o di entità aliene o soprannaturali che vengono ad agitare il sonno: sono altresì descrizioni accuratissime di stati d’animo, di tensioni e di angosce che, verosimilmente, possono essere benissimo manifestazioni non oniriche, ma attinenti alla vita di tutti i giorni, quella reale, quella dura e piena di problemi esistenziali, di rimorsi, di paure, di sensi di colpa e di quant’altro possa colpire la sfera emotiva di una persona. Nightmares può essere, e forse effettivamente lo è nelle intenzioni della Zironi, la metafora spinta al massimo grado di una vita in subbuglio, di una quotidianità oppressa e repressa da regole e omologazioni non sempre condivise. Il che genera uno stato d’animo espresso molto bene in questi versi in cui in filigrana si nota l’affanno, il terrore, la corsa trafelata, come trafelata è la cadenza ritmica che ben restituisce l’idea poetica dell’autrice.


Nightmares

I

Non riesco a svegliarmi | ho paura

 

Qui | c’è qualcosa che ci consuma

Non possiamo fuggire | non sappiamo

Non sappiamo neppure come ci siamo arrivati | qui

E c’è qualcosa | qualcosa che ci consuma

Consuma tutto ciò che entra, lento, quasi senza dolore | inesorabile | che sia organico o inorganico

Che sia aria o che sia luce

È impossibile vederlo | quello che ci consuma

Che sia un essere senziente, spietato e insaziabile | o che sia un dispositivo | o un ambiente fisico

O che sia come    un dio

Consuma

Ci consuma

Ci fa consumare

Progressivamente ogni cosa assume un’aria stantia, opaca, disfatta | gli oggetti si rompono | gli organi rallentano | le ossa si sfaldano | la pelle si raggrinza | cambia stato la materia

Si macchia | ho paura

È orribile venire consumati

Incurvarsi, farsi lenti, perdere la memoria e i denti

Ma lui non smette | mai | e ci consuma

Il mostro | ci consuma

E noi con lui

Consumiamo

Anche noi | mostri | siamo

Mostri

Non lo vediamo | non possiamo sfuggirgli | ci circonda | ci pervade | non c’è uscita

Non c’è un luogo diverso dove andare

 

Ho sognato di nascere

Sono in questo stato da quando ho sognato

Non riesco ad aprire gli occhi per svegliarmi | ho paura

Manca poco ormai | vi prego, aiutatemi

 


II

 

Sono nata senza i cinque sensi

Senza occhi, senza laringe, senza denti, senza alcun epitelio o mucosa per sentire

odori e sapori, carezze e calore, pressione. Non ho il nervo acustico né altro mezzo

per scambiare dati con l’esterno. Sono una cosa

abbandonata su un letto

Respiro

e penso

penso in una lingua tutta mia fatta di buio

sogno il nulla

sorrido al silenzio

 

III

 

Ho sognato che eri morta

Tu, vita mia, eri morta.

E io stavo lì senza vita | senza sapere che fare

 

IV

 

Nel sonno parlo con i vivi

mentre da sveglia parlo con i morti

Da morta parlerò con dio | forse

e gli chiederò conto

 


V

 

Mi copro il viso e esco

Incontro gente, coperta

Attorno le persone muoiono

non le vedo, ma lo so | lo so che muoiono

L’aria è grigia

I giorni si compiono tra notizie di disastri

Verso in un profondo stato d’ansia

Cado

Nessuno si ferma ad aiutarmi.

 

Mi sveglio |di soprassalto | sudata

 

Respiro

Mi alzo

Controllo le nuove rughe allo specchio

Sospiro

 

Mi copro il viso e esco

 

VI

 

È notte fonda | è buio | c’è silenzio fuori

Sono sveglia | mi sono appena svegliata

Sto sul fianco destro | immobile | con gli occhi sbarrati

Sono sola in casa | la mia casa

Sono sola nel letto | il mio letto | grande | ormai vuoto, da tempo | sto immobile su un fianco | dalla mia parte del letto | ho paura

Mi sono svegliata impaurita | un incubo, forse

Il letto è gelato

Sto ferma | coperta | impaurita | nel mio letto | nella mia casa | sono sola

La coperta si muove | non io | la coperta | si muove

Si muove | come se ci fosse qualcuno nel letto | nel mio letto | dalla parte vuota del letto | dalla parte fredda del letto | del grande letto ormai vuoto | da anni

Sto ferma

Sto immobile

Smetto di respirare | smetto di pensare | guardo nel buio | smetto di guardare

mi fingo | morta | la coperta

Si muove | si è mossa | ancora

Sto ferma | ho paura | sto ferma | sto ferma | mi fingo

 

VII

 

Compongo un numero di telefono | lo sbaglio

Ho urgenza di parlare al telefono | lo sbaglio ancora

Ho bisogno di aiuto | c’è poca luce | lo sbaglio di nuovo

Devo comporre il numero | lo ricordo | ma non riconosco i simboli sulla tastiera | non so qual è lo zero | scelgo il due al posto dello zero

Devo | sbaglio | cancello | non posso | riprovo

È urgente | devo fare in fretta | ho nelle orecchie un suono cupo | il tre non c’entra | perché appare solo il tre sulla tastiera?

Compongo il numero ancora e ancora | lo sbaglio | sempre | ho un groppo in gola

Un’ombra nera mi sovrasta veloce | non è un sogno

Non è un sogno

 

VIII

 

Lurido sporco scrostato incrostato maleodorante virulento nauseante malsano desolato chiazzato impolverato scheggiato divelto melmoso squallido vuoto brulicante silenzioso morboso infetto asfittico.

Come? come ci sono finita in questo bagno pubblico abbandonato | tana di topi, ragni e scarafaggi.

C’è poca luce, qui | fa caldo

le finestre sono rotte | ma manca l’aria

qualcuno ci deve essere morto

manca l’acqua | manca la corrente | mancano le porte

manca l’uscita

 

IX

Volo | precipito | cado | mi sveglio

di soprassalto, impaurita

Mi guardo intorno | sollevata

Mi sgranchisco le ali | distendo la coda

 

 

 

X

 

A Cetta per i discorsi che facemmo

 

Disponevo pietre d’inciampo nel deserto | nel bel mezzo del Sahara

Su ciascuna un poema.

Nessuno in vista, neppure per saltarci | neppure per sputarci –| sopra

Consumavo così ogni mio giorno

 

Claudia Zironi, bolognese, opera dal 2012 nel mondo della diffusione culturale con l’associazione Versante Ripido dedicata alla poesia e della quale è uno dei fondatori e Presidente. Collabora anche con altre realtà rivolte alla cultura, all’arte e al sociale. Fa parte della redazione della rivista Le Voci della Luna. Ha fatto parte di giurie di premi di poesia a rilevanza nazionale. È alla sesta pubblicazione poetica in Italia delle quali Eros e polis, nel 2016, è stata riproposta in USA in traduzione di Emanuel Di Pasquale.

Nel 2019 è uscita, per i tipi di Marco Saya Edizioni, l’antologia a cura di Sonia Caporossi Claudia Zironi – Diradare l’ombra – antologia di critica e testi – 2012-2019.

Nel 2020 è uscito il libro di poesie Not bad (2019-2020) con la casa editrice Arcipelago Itaca (vincitore Premio Città di Grottammare 2021).

Altre notizie si possono trovare nel sito claudiazironi.wordpress.com

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