Quando la letteratura affronta temi inquietanti o al limite della cosiddetta “normalità”, quando l’argomento è un
qualcosa che è inerente alle sfere del paranormale, o quasi, agli ambiti che stanno un po’ oltre il confine della
razionalità, allora possono solo accadere due cose, diametralmente opposte: o si
cade nella banalità e nella favola, nella frivolezza, oppure si raggiungono vette altissime di qualità narrativa e poetica, in cui il contesto semantico assume grande
importanza, singolarità e originalità propositiva. Mi piace
riportare qui due esempi di grandi autori, entrambi americani, uno per la
poesia (soprattutto) e l’altro per la narrativa: Edgar Allan Poe e Howard
Phillips Lovecraft. È chiaro però che qui ci addentriamo in un territorio estremo, misterioso e popolato di mostri, di deità aliene raccapriccianti, di incubi inimmaginabili,
sebbene, almeno in Poe, la chiave poetica e lirica sia predominante rispetto al
tema lugubre e arcano trattato (vedi ad esempio “Il corvo”). Direi quindi che questa stupenda e davvero singolare raccolta di
Claudia Zironi, Nightmares, sia molto vicina alla poetica del grande Allan Poe, per le caratteristiche di indiscutibile resa lirica, per il sotterraneo
pathos o sentimento angoscioso che fa da sfondo ai versi, per la struttura
portante su cui si basa l’intera silloge.
Nightmares, incubi, è pertanto un interessante poemetto scritto con intelligenza e
coraggio, dimostrando tra l’altro come il ragguardevole talento poetico raggiunto
dall’autrice, la sua consapevole elevata attitudine all’ideazione e
all’intuizione letteraria e poetica, le permetta di trattare argomenti al
confine, temi come questo degli “incubi” per i quali è necessaria
una grande attenzione e cura di indagine introspettiva e oggettiva. Perché qui
non si tratta del mero incubo che può essere “inventato” e raccontato, anche
poeticamente, con la libertà di immaginare e di ipotizzare ciò che si vuole, tanto l’incubo in fin dei conti, è un sogno incontrollato e divagante, per quanto spaventoso, strano, o sconclusionato che possa essere. No: qui l’incubo è sotto il pieno controllo
dell’arte poetica dell’autrice, che sa
imbrigliarlo e incanalarlo lungo solchi davvero di alta poesia.
In effetti in Nightmares non c’è nulla di veramente orrendo, inquietante e sconvolgente: non si
tratta qui di mostri o di entità aliene o soprannaturali che vengono ad agitare
il sonno: sono altresì descrizioni
accuratissime di stati d’animo, di tensioni e di angosce che, verosimilmente,
possono essere benissimo manifestazioni non oniriche, ma attinenti alla vita di
tutti i giorni, quella reale, quella dura e piena di problemi esistenziali, di
rimorsi, di paure, di sensi di colpa e di quant’altro possa colpire la sfera
emotiva di una persona. Nightmares può essere, e forse effettivamente lo è nelle intenzioni della Zironi, la
metafora spinta al massimo grado di una vita in subbuglio, di una quotidianità
oppressa e repressa da regole e omologazioni non sempre condivise. Il che
genera uno stato d’animo espresso molto bene in questi versi in cui in filigrana si nota l’affanno, il terrore, la
corsa trafelata, come trafelata è la cadenza ritmica che ben restituisce l’idea
poetica dell’autrice.
Nightmares
I
Non riesco a svegliarmi | ho paura
Qui | c’è qualcosa che ci consuma
Non possiamo fuggire | non sappiamo
Non sappiamo neppure come ci siamo arrivati | qui
E c’è qualcosa | qualcosa che ci consuma
Consuma tutto ciò che entra, lento, quasi senza dolore |
inesorabile | che sia organico o inorganico
Che sia aria o che sia luce
È impossibile vederlo | quello che ci consuma
Che sia un essere senziente, spietato e insaziabile | o che
sia un dispositivo | o un ambiente fisico
O che sia come un
dio
Consuma
Ci consuma
Ci fa consumare
Progressivamente ogni cosa assume un’aria stantia, opaca,
disfatta | gli oggetti si rompono | gli organi rallentano | le ossa si sfaldano
| la pelle si raggrinza | cambia stato la materia
Si macchia | ho paura
È orribile venire consumati
Incurvarsi, farsi lenti, perdere la memoria e i denti
Ma lui non smette | mai | e ci consuma
Il mostro | ci consuma
E noi con lui
Consumiamo
Anche noi | mostri | siamo
Mostri
Non lo vediamo | non possiamo sfuggirgli | ci circonda | ci
pervade | non c’è uscita
Non c’è un luogo diverso dove andare
Ho sognato di nascere
Sono in questo stato da quando ho sognato
Non riesco ad aprire gli occhi per svegliarmi | ho paura
Manca poco ormai | vi prego, aiutatemi
II
Sono nata senza i cinque sensi
Senza occhi, senza laringe, senza denti, senza alcun
epitelio o mucosa per sentire
odori e sapori, carezze e calore, pressione. Non ho il nervo
acustico né altro mezzo
per scambiare dati con l’esterno. Sono una cosa
abbandonata su un letto
Respiro
e penso
penso in una lingua tutta mia fatta di buio
sogno il nulla
sorrido al silenzio
III
Ho sognato che eri morta
Tu, vita mia, eri morta.
E io stavo lì senza vita | senza sapere che fare
IV
Nel sonno parlo con i vivi
mentre da sveglia parlo con i morti
Da morta parlerò con dio | forse
e gli chiederò conto
V
Mi copro il viso e esco
Incontro gente, coperta
Attorno le persone muoiono
non le vedo, ma lo so | lo so che muoiono
L’aria è grigia
I giorni si compiono tra notizie di disastri
Verso in un profondo stato d’ansia
Cado
Nessuno si ferma ad aiutarmi.
Mi sveglio |di soprassalto | sudata
Respiro
Mi alzo
Controllo le nuove rughe allo specchio
Sospiro
Mi copro il viso e esco
VI
È notte fonda | è buio | c’è silenzio fuori
Sono sveglia | mi sono appena svegliata
Sto sul fianco destro | immobile | con gli occhi sbarrati
Sono sola in casa | la mia casa
Sono sola nel letto | il mio letto | grande | ormai vuoto,
da tempo | sto immobile su un fianco | dalla mia parte del letto | ho paura
Mi sono svegliata impaurita | un incubo, forse
Il letto è gelato
Sto ferma | coperta | impaurita | nel mio letto | nella mia
casa | sono sola
La coperta si muove | non io | la coperta | si muove
Si muove | come se ci fosse qualcuno nel letto | nel mio
letto | dalla parte vuota del letto | dalla parte fredda del letto | del grande
letto ormai vuoto | da anni
Sto ferma
Sto immobile
Smetto di respirare | smetto di pensare | guardo nel buio |
smetto di guardare
mi fingo | morta | la coperta
Si muove | si è mossa | ancora
Sto ferma | ho paura | sto ferma | sto ferma | mi fingo
VII
Compongo un numero di telefono | lo sbaglio
Ho urgenza di parlare al telefono | lo sbaglio ancora
Ho bisogno di aiuto | c’è poca luce | lo sbaglio di nuovo
Devo comporre il numero | lo ricordo | ma non riconosco i
simboli sulla tastiera | non so qual è lo zero | scelgo il due al posto dello
zero
Devo | sbaglio | cancello | non posso | riprovo
È urgente | devo fare in fretta | ho nelle orecchie un suono
cupo | il tre non c’entra | perché appare solo il tre sulla tastiera?
Compongo il numero ancora e ancora | lo sbaglio | sempre |
ho un groppo in gola
Un’ombra nera mi sovrasta veloce | non è un sogno
Non è un sogno
VIII
Lurido sporco scrostato incrostato maleodorante virulento
nauseante malsano desolato chiazzato impolverato scheggiato divelto melmoso
squallido vuoto brulicante silenzioso morboso infetto asfittico.
Come? come ci sono finita in questo bagno pubblico abbandonato
| tana di topi, ragni e scarafaggi.
C’è poca luce, qui | fa caldo
le finestre sono rotte | ma manca l’aria
qualcuno ci deve essere morto
manca l’acqua | manca la corrente | mancano le porte
manca l’uscita
IX
Volo | precipito | cado | mi sveglio
di soprassalto, impaurita
Mi guardo intorno | sollevata
Mi sgranchisco le ali | distendo la coda
X
A
Cetta per i discorsi che facemmo
Disponevo pietre d’inciampo nel deserto
| nel bel mezzo del Sahara
Su ciascuna un poema.
Nessuno in vista, neppure per saltarci
| neppure per sputarci –| sopra
Consumavo così ogni mio giorno
Claudia Zironi, bolognese, opera dal 2012 nel mondo della diffusione culturale con l’associazione Versante Ripido dedicata alla poesia e della quale è uno dei fondatori e Presidente. Collabora anche con altre realtà rivolte alla cultura, all’arte e al sociale. Fa parte della redazione della rivista Le Voci della Luna. Ha fatto parte di giurie di premi di poesia a rilevanza nazionale. È alla sesta pubblicazione poetica in Italia delle quali Eros e polis, nel 2016, è stata riproposta in USA in traduzione di Emanuel Di Pasquale.
Nel 2019 è uscita, per i tipi di Marco Saya Edizioni, l’antologia a
cura di Sonia Caporossi Claudia Zironi – Diradare l’ombra – antologia di
critica e testi – 2012-2019.
Nel 2020 è uscito il
libro di poesie Not bad (2019-2020) con la casa editrice Arcipelago
Itaca (vincitore Premio Città di Grottammare 2021).
Altre
notizie si possono trovare nel sito claudiazironi.wordpress.com
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