Le parole peregrinano
nella mente dei poeti: così scrive Carol Guarascio a pagina 21 della sua
raccolta "Fiori scompagni in acqua cruda". Mi piace iniziare così
questo breve viaggio all'interno del mondo poetico di Carol, autrice residente
a Campobasso ma di origine catanzarese; questa affermazione sibillina può
infatti, a mio avviso, sintetizzare molto bene la linea poetica della nostra
autrice, alla base della quale la parola si fa essa stessa peregrina (e aggiungerei pellegrina con una modesta allitterazione
del termine) transitando e suscitando continuamente nella mente del poeta
immagini sempre nuove, sempre diverse, sempre originali, da utilizzare e da
restituire artisticamente al lettore. La creatività del poeta è tale da generare situazioni e immagini suggestive manipolando la materia a
disposizione, nella fattispecie la parola, nel caso degli scrittori e, maggiormente,
nel caso dei poeti. Lo scrittore crea una storia utilizzando una sequela di
termini e di parole, ma un poeta riesce a creare un mondo, plausibile e
verosimile, reale o immaginario che sia, partendo dalla sua pietra d'angolo,
che è costituita appunto dalla parola: il suo "spessore", la sua amplificazione sono necessari perché si
parli di parola "poetica".
Con questo, naturalmente, non si giustifica l'uso
incontrollato della parola, supponendo che al poeta tutto sia permesso, e che
ogni parola e verso e brano poetico possa liberamente essere scritto, in base
ad un capriccio sconclusionato dell'autore! Ci sono tecniche, stili, forme,
canoni da rispettare; ci sarebbe ancora molto da dire al riguardo, ma non in questa sede.
Quello che è certo, è che Carol Guarascio dimostra di saper
percorrere, con padronanza della materia e con determinazione, l'erto sentiero
poetico, manipolando le parole in modo aggraziato e scherzoso ma sempre
interessante, riuscendo a spiazzare il lettore con figurazioni simboliche e
levitazioni oltre i significati stessi e al di là dell'intero brano
poetico. Un modo senz'altro originale di creare poesia, una poesia che fonda la
sua essenza, come dicevamo, soprattutto sulla parola, e come attrezzi
particolari in mano ad un abile prestigiatore, queste acquistano forza e
impeto propri, trasformandosi di volta in volta in luci immagini suoni e
significati diversi: "Divertimi,
parola, / come un aneddoto / dopo una cena, / fuori da un locale, / mentre
pestiamo / vita e sigarette / sul selciato." È quanto afferma anche
Antonio Bux nella sua puntuale introduzione al libro, e cioè che, al di là dei
contenuti e dei significati, la poesia, e in particolare la poesia di Carol
Guarascio, è soprattutto commistione di
senso, di suono, di immagini e di tensioni del pensiero. In effetti,
leggendo attentamente i testi della nostra autrice, in questa sua pregevole
raccolta, è evidente il risalto e la intima autonoma vitalità della parola
poetica indipendentemente dal contesto descrittivo: espressioni come "fiori scompagni in acqua cruda",
verso che costituisce anche il titolo, originalissimo, della raccolta, non può
che avallare questa peculiarità della Guarascio poetessa; nell'esempio citato,
il verso evoca immagini e sensazioni selvatiche, quasi primitive (acqua cruda),
molto al di là di una essenzialità di scrittura poetica volta a sintetizzare il
pensiero, il fatto descritto dall'intero brano (pag. 36).
Carol Guarascio, pur mantenendo integra la sua linea poetica
fondata sulla parola e sul gioco delle parole nei versi, ha un dettato poetico
variegato (una sezione comprende persino alcuni haiku) e brillante, sempre
scorrevole e in grado di mantenere desto l'interesse emotivo del lettore.
Come è ormai nostra consuetudine, riportiamo dunque qui di
seguito alcuni brani della nostra Autrice, tratti dal libro "Fiori
scompagni in acqua cruda", attendendo dai nostri affezionati lettori qualche
ulteriore gradito commento o riflessione in merito. E con questo, auguriamo a
Carol Guarascio futuri e sempre meritati riconoscimenti, avendo riscontrato in
questo suo recente e pregevole lavoro davvero una poesia di alto livello
qualitativo.
I.
Il mio cuore
a zampe aperte
è un geco imobile
che misura lo spazio
e adatta i desideri
al vetro ruvido dell'aria
di luglio
scalzato
scomodato
batte i pollici sul muro
bulbi di tulipani respirano al buio
bisognerebbe cambiare cielo
traslocare su un terrazzo più soffice
potendo avere indietro i versi
dipanando ragnatele
consultare la banda dei pensieri
– nuvola di talco cucina a mano –
mentre il vento fa le fusa sulla mia pancia
e la chiave nella toppa mi dice qualcosa
di te
entri interrompendo
la lama luminosa
del pulviscolo
e mi porti l'estate.
VIII.
I gatti non piangono mai
(non dite sciocchezze)
togliete la crosta
alle parole
noi amanti
siamo sacerdoti
del disordine
intingiamo le sillabe
nei fiumi
del senso doppio
andiamo per bicchieri
con la lingua impastata
di ipotesi
i poeti mi vengono
all'orecchio
col cappotto macchiato
d'immaginazione
m'insegnano a fare
la pelle al destino
i poeti non piangono mai
(non dite sciocchezze)
con la crosta delle loro lacrime
si fanno le volte celesti.
(Testi tratti dalla sezione "Quoi de neuf")
III.
Voi portate anche i denti a quella festa
e gli unguenti, i sorrisi delle barbie,
i mozziconi di sigari spenti,
i monconi di parole giallognole
con le spore sempre aperte e puntute,
pelle acida e perdente di sali
state rotti, su basamenti alati
come fiori scompagnati in acqua cruda.
(Dalla sezione "Madrigali")
ZTL del cuore
Tutto è cambiato, ma non ti dirò
che i minuti sono morti di pioggia,
o le vigne sono rosse di terra
se mi piace l'arpeggio dei colli.
T'ho lasciato un bouquet di sogni
sul comodino
e la porta aperta d'una chiesa.
Lettera
Qualcuno ha morso la luna stasera
il vento ha dita di brezza
e l'evasione non ripaga il cuore
allora scrivo
di questo tempo in cui la storia non si scrive
la nostra dignità sta alla roulette
i valori sono sassi scomodi
su un lastricato di fandonie
facciamo bucati di certezze
mentre qualcuno ci insudicia i sogni
solerti silenziamo questeore
come se nulla possa accadere
e siamo bravi a sgomitare
a vendere teorie guaste
parole come vino
sbriciolando promesse
o lo stupro di poesie.
(Dalla sezione "Pelle
e zucchero")
Waiting for
Senza occhi di corallo
né polpastrelli soffici
la lingua rassicura
invano
il morso furente
ho una bolla nel petto
digiuno
ho una scarpa slacciata
un respiro stupito
pochi soldi da dare al destino
ma so come si va
da quella parte
senza mani che tengano
i sogni e il filo
so di saper cercare
la criniera del cielo.
(Dalla sezione "Senz'ali")
Elettrica
Da sotto le coperte pesantissime,
ma soltanto al brillare nel pomello
di spiriti d'ottone e spiritelli,
sentivo tintinnare il portapranzo,
quello ovale d'acciaio di mio padre.
Era il fiore dell'alba ed io provavo
a superare il freddo del metallo
annusando il suo pasto quotidiano.
Quando sentivo un ronzare di phon,
s'incollava un solletico al mio sonno
che mi portavo addosso fino a scuola.
Mio padre si pettinava i capelli,
sulle spalle la mantellina rosa
di mia madre, con grazia, ogni mattina.
Spesso mio padre s'alzava di notte
e andava a premere qualche bottone
nella centrale bordata di querce
così tutti potevano dormire
tranquilli, ché la luce c'era sempre.
Esser ricchi di luce non è poco,
per chi vive da sempre d'astrazione.
(Dalla sezione "Il
tempo dei pavoni")
Testi tratti dal libro "Fiori scompagni in acqua
cruda", di Carol Guarascio, RPlibri, 2019. Collana di poesia
"L'anello di Möbius" diretta da Antonio Bux. Introduzione di Antonio
Bux.
Carol Guarascio è
nata a Catanzaro nel 1976, risiede a Campobasso. Laureata in lettere classiche
a Perugia, attualmente è docente di italiano e latino nei Licei. Ha pubblicato
la raccolta di poesie Il cassetto dei
foulard (Talos Edizioni, 2015) e il romanzo per le scuole Il diario di Sulpicia (Cosmo Iannone
Editore, 2017).
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