giovedì 6 maggio 2021

"Gli idoli sbagliati" di Alberto Barina

C’è uno scardinamento del falso perbenismo dall’etica pura giornaliera, nell’intento poetico di Alberto Barina, una sua puntuale filosofia del vero e dell’essenziale che intelligentemente intuisce, vede, nelle cose e negli andamenti della vita: gli Idoli sbagliati, sono appunto questi falsi obiettivi, queste erronee tendenze, prospettive di apparenze e di inconsistenze che normalmente costituiscono gli orizzonti dell’uomo comune. Il suo è un discorso diretto, che si sostanzia sull’incapacità dell’uomo di riconoscere quello che è celato oltre la materialità e la corposità della vita, in una società frantumata, scomposta, che ha perso ogni riferimento valoriale, dimidiata tra egocentrismo e recupero di sentimenti. La poesia, per Alberto Barina, ha dunque il nobile scopo di indicare una via giusta possibile, fra le tante che porterebbero invece alla dissipazione umana e sociale: “i poeti mietono il cielo, transitano come nomadi sulle sabbie, in silenzio, verso le città dell’infinito”. In questi versi, presumo, ritroviamo il nocciolo fondamentale del dire poetico di Alberto Barina, un poeta che afferma e indica, denuncia e suggerisce, sovente con arguzia e anche con un velo di sottile ironia, il che rende la sua architettura poetica una costruzione solida ed esemplare, assolutamente propositiva.

Proponiamo qui di seguito alcuni brani tratti dal suo libro “Gli idoli sbagliati”, invitando i nostri lettori ad aggiungere eventuali graditi commenti e riflessioni in merito.


Rododendro (Per Antonia Pozzi)

Si può decidere
un giorno
di essere neve
o collina,
rododendro impaziente
nelle vene,
parola
parte limpida
e scoscesa d’amore.

I poeti come te
incarnano,
mietono il cielo,
transitano come nomadi
sulle sabbie, in silenzio,
verso le città dell’infinito.


***

Predestinazione

Un cucchiaio per la tosse
comperata al mercato.
Avanzo della predestinazione
e dell’innocenza, da secoli.

Dicono
si scriva
quando gli Dei sbattono la porta,
o Narciso
rompe uno specchio.

Sono devoto all’irreparabile
al rifugio del sogno
al demone rovescio della vita.


***


Breve anatomia per poeti

Conosco così poco del mio corpo,
la schiena
straniera al peso
disabitata da ogni sguardo
la pianta del piede
atlante di terra
le conchiglie dei gomiti
la nuca-gheriglio
spirale dell’inferno
le tempie
che siano tempio del tempo
il tallone
dimentica di essere quercia
il chiostro
delle mani.

Suppongo l’esistenza di una rotula
mitrale
che si diverte a farmi da fermacarte.


***

Atlantide

Stonehenge d’acqua
precipita Platone
portalettere degli Atlantidei.
In una notte
il mare ha spalancato la bocca.

Isola
o plesso solare
alchemica misura celeste
geografia sacra
utopia dello spirito.

Nei giardini delle virtù,
profezie
imbrigliano i secoli
e gli uomini,
a monito
della propria autodistruzione


***


Fotosintesi notturna (II) - Reincarnazione

Ci sarà un riapprocciarsi
uno strabuzzare degli occhi,
come il seme impaziente che scardina la terra
farà trigono dei contorni incerti
dello stare in piedi di una foglia.
E mi vedo come parola
appesa, eremita,
nella didascalia di un erbario
torre, imperatrice
nella chimica degli oggetti
che chiedono infantili un’ombra.

Sarà navigazione nuovamente priva di colpe,
immacolata attesa del lampo
che poi tutto silenzia con una pioggia.
Anima
con non più indirizzo,
mano che si lascia sedurre ancora
dalle distanze ipogee di un sogno.


***

Cronaca di paese

            Sono corrente che manca d’inverno
                 sono ruota finita in un fosso
                sono quello che tende la mano
                al semaforo rosso...


                (G. Testa “Tela di ragno” da “Da questa parte del mare”)


Ci sono rose
che galleggiano sul naviglio
sono rose di colore,
rose del Bangladesh,
i fiori del rifiuto
quelli che ai tavoli del ristorante
con un gesto di diniego
vengono allontanati
spesso
senza dire una parola.

Semplicemente
un immigrato
per gioco, per noia
per ipotesi d’odio
è stato gettato in acqua
da due esseri
di probabile buona famiglia
nell’indifferenza della movida milanese.
Ripescato
da mani che non spingono,
in caserma, poi
lui non parla,
dice nulla,
forse minimizza sull’accaduto.
Non denuncia.
Non dirà nemmeno
“Ho avuto paura di morire”.

È una storia di paese
come tante,
in quest’Italia senza etica di vergogna da sempre,
in quest’Italia di Pepponi e Don Camilli
alla rovescia.


(Brani tratti da: Alberto Barina, Gli idoli sbagliati, Placebook Publishing & Writer Agency Srls, 2020. Prefazione di Mario Saccomanno).


Alberto Barina è nato a Dolo (Ve) e scrive versi sin dall’età di sedici anni. Ha partecipato , nel corso della sua carriera a numerosi concorsi di poesia ed ha ricevuto molti premi.
Ha ricevuto il suo primo riconoscimento letterario nel 1997, a cui ne sono seguiti altri, tra i quali il premio “David di Michelangelo” nel 2002 a Fiuggi, un secondo premio al concorso “De Palchi – Raiziss” di Verona, nel 2004, uno dei premi più importanti in Italia dedicati alla scrittura poetica “under 35”, presieduto dal poeta Franco Loi.
E’ stato finalista nel 2009 al concorso “Coopforwords 2009” e nel 2010 finalista all’ottava edizione del “Premio nazionale Città di Forlì”.
Nel 2013 ha ricevuto il premio speciale “Provincia di Venezia” assegnato dalla giuria del premio artistico “Stella & Norbiato” di Spinea (VE).
Nel 2014 risulta tra i sette finalisti della prima edizione del premio internazionale “Altino”, promosso dalla rivista letteraria “7lune” e dal museo archeologico nazionale di Altino (VE).




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