E vogliamo partire proprio da queste parole del prefatore, che sicuramente centrano l’essenzialità del dire poetico del nostro giovane autore, Jonathan Rizzo, per aggiungere qualche breve ulteriore riflessione in merito a questa sua recente pubblicazione.
Senza voler entrare in merito alla storia, alle origini e alle vaste e articolate definizioni del termine “blues”, specificatamente musicale, ricordiamo solo, per una certa assonanza, i melodici canti tristi dei negri afroamericani in schiavitù. Ma lungo i versi di queste poesie di Jonathan si respira un’atmosfera non solo di pacato e morbido, melodico inneggiare alla libertà e alla vita, laddove i panorami, la natura, il mare, persino i tramonti e le albe parigine, si integrano perfettamente nel senso di solitudine e di malinconia dell’uomo, ma anche un movimento di riscatto e di recupero della propria autenticità. Jonathan Rizzo è infatti uno di quei pochi poeti che va diritto al punto, non percorre strade secondarie né labirintiche per dire la verità, la sua verità, senza compromessi e senza ipocrisie.
Il libro raccoglie 43 poesie, legate l’una all’altra da questo intenso desiderio di libertà e di emozionarsi nella e con la natura, ribadendo l’importanza dell’essere schietti ed autentici, piuttosto che dell’apparire, in una società molto spesso conformista e abitudinaria. E poi c’è l’amore, nudo, cioè diretto ed essenziale, e neanche appesantito da falsi contorni erotici, ma frizzante, pulito e gaio così come deve essere in ogni rapporto (“Champagne per colazione / sull’erba nudi a far l’amore.”…).
Non manca, in questi versi brevi ma intensi, un velo di rimpianto, specialmente (forse) in riferimento ad un amore andato via (“la felicità è come il sorgere del sole, / calda e naturale, / ma passa e se ne va / come avete fatto tu e Parigi / trattenendo la vita mia / appena sbocciata / alla prima alba.”).
Titolo perfettamente aderente al contesto poetico esposto nel libro, “I Blues” di Jonathan Rizzo, con il suo ritmico e a volte sincopato procedere dei versi, richiamano perfettamente il disagio, l’amarezza e il rimpianto, ma anche la gioia di vivere, la determinazione e la consapevolezza di un canto poetico che affranca ed innalza il cuore dell’autore, e quello di tutti, verso orizzonti tersi e sinceri.
L’erba verdeggia
Fallo a brandelli,
così che possa bruciarne i coriandoli.
L’erba verdeggia,
ne siamo schiavi.
L’osserviamo lontani
cresce al vento,
tesi con lei verso la notte calante
silenziosa di sogni appesi.
L’erba verdeggia,
ha il colore del tempo
che ignaro ignora
l’età gentile svanire.
Falcia il prato
col rispetto nel tocco
di chi imparò curando
l’anima crudele dei gigli.
L’erba verdeggia di luce propria
come il riflesso perduto di me
nel bosco dei tuoi occhi.
***
Pollice ed indice
La fantasia galoppa.
Immaginarti nuda
ad accarezzare l’avorio
fianco al nero petrolio.
Capezzoli amazzoni,
il pianoforte come trasparente macelleria.
La giovane pittrice
pollice e indice
fine tratto,
Castore e Polluce,
tratteggia la tua superficie.
Mi perdo ed intingo
l’inchiostro con la lingua.
Siamo noi tre,
Dama, Regina e Re.
Il tuo piano,
la sua mano
e l’assolo della mia penna
nel teatro vuoto
dall’infuocato eco.
***
Le ombre sul mare
La barca
come ricordo dell’anima
rimane
abbandonata sul mare.
La luna specchio
di lontane lampare
in leggere tessute vele
e piccole perdute stelle
eco a luci lontane.
Ad affogare
in tenui pioggerelle
vibrano fiammelle,
lacrime od onde.
L’uomo ed il mare,
io e Baudelaire,
il silenzio che urla
senza fiatare
e poi sfiora
la pelle col sale.
Ma non puoi toccare
le ombre del mare.
***
Come il sorgere del sole
Aspetteremo l’alba
seduti al belvedere
dove si spegne Parigi
quando si accende il giorno.
Belleville terrazza amica
ci porterà in dono l’aurora
in una tazzina di caffè
da bere in controluce
alla tua tenere aurea figura.
Champagne per colazione
sull’erba nudi a far l’amore.
A pensarci bene
la felicità è come il sorgere del sole,
calda e naturale,
ma passa e se ne va
come avete fatto tu e Parigi
trattenendo la vita mia
appena sbocciata
alla prima alba.
***
Emme di mare
Inchiostro di pensieri immersi
nell’unico blu possibile.
Sparirei in un solo boccone
divorato
dall’eterno leviatano,
bianco di cuore,
nobile e candido amore.
Ma l’arenile si fa
tavola sterile,
ed io tutto al più
mi riduco a pasto senile.
Ma la mia ratio
mi pone scacciato dall’uomo,
lontano nell’Oceano.
Mia sconfinata anima.
Madre acqua,
riflesso in te so di essere
protetto dolcemente
e nel tempo caro,
sbattente sulla battigia,
osservato dalle tenui spume.
Ben fin oltre
l’accalcato respiro d’orizzonte.
Ma io
sono solo
un uomo
vittima del gentile trucco da nuvola
in cui volo.
Per cui limitato e leggero ti saluto
nel sorriso favola,
il quale tenero gabbiano,
lontano piano piano,
viene dimenticato ed evapora.
Jonathan Rizzo, di origini elbane, è nato a Fiesole nel
1981. Cresce e studia a Firenze fino alla Laurea magistrale in Scienze
storiche. Da lì si trasferisce a Parigi per scrivere il suo primo libro, L’illusione parigina (2016). Poeta e
narratore, autore prolifico, con Ensemble ha pubblicato le raccolte poetiche: La giovinezza e altre rose sfiorite
(2018) e Le scarpe del Flâneur (2020). Il volume I
Blues conclude la “Trilogia dell’Innocenza”.
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