Anche Laura Pierdicchi, valente poetessa veneziana, autrice di diverse pubblicazioni, non si sottrae a questo argomento, avendo da poco pubblicato con le ottime edizioni "La Valle del Tempo", una raccolta omogenea dedicata alla madre, dal titolo schietto e diretto “Mater”. Ad arricchire la sua pubblicazione, una dettagliata e colta prefazione di Antonio Spagnuolo, illustre poeta napoletano e Direttore della Collana editoriale de “La Valle del Tempo”.
Premesso che il tema della madre, generalmente e ampiamente riferito da tanti, può dar adito a sconfinamenti, a sdolcinature, ovvietà e superficialità (come del resto qualsiasi altro argomento che investe la sfera sentimentale, come l’amore, l’amicizia, la bellezza, eccetera), bisogna dire che l’attenzione nel trattarlo deve essere massima e l’originalità, lo stile e le altre modalità di scrittura poetica devono essere convincenti ed avvincenti. Laura Pierdicchi, da poetessa esperta, illuminata e competente, è consapevole di tutto questo e quindi ben si allontana dal baratro dell’inconcludenza e della banalità, costruendo, è il caso di dirlo, un edificio poetico ben strutturato, sia nella modalità espressiva e sia per il contenuto; contenuto, cioè Mater, la madre, che riempie le pagine con un afflato, un’eleganza del dire, stringata ma decisa, essenziale, eccezionale e singolare. I testi non hanno titolo, giusto per dare continuità alla raccolta, e pur essendo significativamente autonomi, completano un mosaico armonioso, dove la madre è al centro del concetto creativo dell’autrice. Il suo è un dire poetico lungo, articolato, ma mai monotono e ripetitivo, giacché le figurazioni, i ricordi, gli stati d’animo, i paragoni con e nella quotidianità con il senso generico della mancanza, dell’abbandono, della solitudine e della morte, vengono declamati da svariate angolazioni e situazioni. Sicché la madre, Mater, risulta figura di riferimento attorno alla quale ruota la vita dell’autrice, e in definitiva la vita di ognuno di noi, con tutti i suoi problemi esistenziali, i dubbi, i sensi di colpa, le nostalgie, ma soprattutto gli affetti, i bei ricordi, i valori di un tempo. Tempo che sembra fuggire (“Il tempo ormai è un fremito / che scuote la mente / come un vento continuo”…), e che l’autrice tenta di recuperare attraverso il ricordo della madre, per poter affrontare il domani con rinnovato vigore, frantumando l’incapacità di reagire alla scomparsa della madre, ovvero alla morte! C’è dunque un senso di rispetto ma anche di devozione, di solennità, in queste poesie, che tra l’altro lo stesso titolo in latino, “Mater” sembra senz’altro evidenziare, proprio per riconfermare, per ricalcare quella grandezza, quella centralità classica che un mero termine attuale, madre, poco avrebbe potuto indicare. Ma non è tutto qui. Mater è anche una sorta di diario, nel quale l’autrice va annotando giorno dopo giorno riflessioni ed emozioni che, a partire dalla scomparsa della genitrice, confluiscono nel suo animo, contribuendo ad una nuova visione dell’esistenza e della realtà umana, maturata e arricchita dall’esperienza affettiva e filiare. Una esperienza amara, ma lucida e necessaria per affrontare il futuro partendo dall'ineluttabilità della morte: “Non è possibile esprimere un prima / e un dopo poiché tutto succede / in seguito a quello che è accaduto”… Una esperienza dunque che le offrirà le giuste speranze “aggiungendo al mio passo il tuo passo d’aria / per continuare a camminare assieme”…
È un libro commovente, ma anche rincuorante. Accanto alla ricchezza del tema, c’è un dettato poetico che fluisce e incide profondamente nell’anima del lettore.
Il tempo ormai è un fremito
che scuote la mente
come un vento continuo –
tra le stanze
un costante fruscio di ombre
in successione.
Solo il mio respiro
solo il mio corpo
sola l’energia che trabocca
in pensieri – pensieri – pensieri
e ricordi.
Mai avrei creduto – mai capito
la tortura dell’assoluto nonsenso
e il desiderio di tornare indietro.
***
Non è possibile esprimere un prima
e un dopo poiché tutto succede
in seguito a quello che è accaduto
è difficile concepire una realtà
che accarezza solo la parte fisica
privata della radice – svuotata
che chiama e insiste a chiamare
quella radice ora nell’invisibile –
per una sperata conversione
per contemplare un nuovo giorno
per frantumare
l’incapacità di reagire.
***
Tu non sei più
tu sei tra i più
qui tutto scolora nelle ore
passate in memoria
e mi chiedo
se rimanere qui senza scopo
possa accendere ancora splendore
oppure se devo aggiungere
al mio passo il tuo passo d’aria
per continuare a camminare assieme
tu
mia radice madre
***
Agito la clessidra del tempo
affinché quello che è accaduto
si fonda con il divenire
e tutto possa variare
possa crearsi una nuova forma
una nuova vita –
come caleidoscopio
dalle multiple riflessioni
ricominciare
davanti a uno schermo bianco
vergine d’intenti e di emozioni.
***
È finito.
L’evento ha dipinto di nero
la pagina del passato.
Separarsi
è l’obbligo – l’abbandono
consuma e supera
la misura del comprendere.
***
Seduta in poltrona
le spalle curve
le braccia in grembo
le piccole mani incrociate
(che si perdevano
nella maestosità del corpo)
sembravi un ritratto di Gauguin.
Con gli occhi lucidi
mesta parlavi del tempo
che ha corso
più in fretta di noi.
Ormai anche tu
hai il cuore nell’aria.
I brani sopra riportati sono tratti dal libro:
Laura Pierdicchi, Mater, Edizioni La Valle del Tempo, 2024;
prefazione di Antonio Spagnuolo.
Laura Pierdicchi è nata a Venezia e vive a Mestre. Ha
pubblicato quattordici volumi di poesia e un libro di racconti. Cura recensioni
e articoli per riviste e quotidiani con argomenti di letteratura e di cultura
varia.
Splendida introduzione, perfetta la copertina, intense le liriche. Brava Laura, ti sei superata.
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