Ma il nostro De Falco va oltre. Non si tratta, qui, soltanto di spreco materiale e di disordine nei consumi, non è soltanto mancato rispetto nei confronti della natura e dei suoi beni, ma è la cultura scellerata, o meglio la mancanza di cultura, che rende la nostra società attuale poco o per niente accorta su questi problemi. Siamo tutti a bordo di una nave da crociera, divertendoci in tutti i modi, isola in movimento in un oceano senza terra. È il modo errato, fuorviante, equivoco, nell’affrontare giorno per giorno un’esistenza egoistica e priva di un’etica, di un programma ideale e costruttivo serio che possa assicurare il benessere futuro.
Diviso in tre sezioni (“Poesie dei dopo disastri annunciati”, “Quadre danesi” e “Sature”), il libro è un ricco excursus poetico in questo mondo deturpato e frammentato, descritto prendendo spunto da un fondale nordico, più precisamente danese, nel quale il nostro autore è immerso, vivendoci da alcuni anni per motivi di lavoro. Il suo dettato poetico assume ancora, come è suo stile, un andamento articolato e variegato, utilizzando corpi poetici a volte lunghi e complessi, senza titolo, a volte addirittura prosastici; molti e molto bene integrati parecchi termini tecnici, mutuati dal linguaggio delle comunicazioni telematiche; c’è anche spazio al dialetto napoletano, che trova la sua migliore collocazione in un lungo testo (“Da canzoniere straniero”). Carmine De Falco insomma indaga e riesce a trovare tutte le potenzialità poetiche espressive per descrivere esaurientemente e con rara efficacia emotiva l’intero quadro progettuale da trattare, con un dire convincente, sagace, a volte ironico.Impreziosiscono il libro di Carmine De Falco le dettagliate note di prefazione e di postfazione rispettivamente di Luca Ariano e di Ferdinando Tricarico, nonché l’originale copertina dell’artista Anna Maria Saviano.
Prendiamo la terra ne vogliamo
Sempre più la terra preda trasformata
Questa, spine di villette metallari
Pesanti che si schiacciano la schiena
Sotto trucioli di alberi imboscati
Tutti i malandrini con le doglie
Di parti non voluti dal creato
Rilasciate queste chimiche dannose,
Donnose, come femmine ancestrali
Che minacciano le mura di spaccare
Legna che raccolgono i residui
Dei grigiori ritrovati dentro i piani
Di sviluppo rurale urbanizzato
(dalla Sezione I, Poesie dei dopo disastri annunciati)
È uno shock scoprirti a seguire
scie chimiche attraverso terre piatte.
Preparo: soluzioni organiche di contraccezione
Per battere il rischio esistenziale
doloroso, di essere innesco biologico
di super menti artificiali
Qualcosa più di un suicidio
corre nei nostri meandri, naturale
competitività della natura umana
Arma che porta lontano da noi
salvaguardia del mondo abitato
Senso di colpa millenario che ha preso
fuoco nel giogo cristiano
Deciderai estinzione come
assoluzione da ogni peccato?
(dalla Sezione I, Poesie dei dopo disastri annunciati)
***
La città si allarga bassa
a portata di voce di mamma
proietta i suoi timbri
di luce sui bimbi
Meticolosamente si espande
a raggiera intorno a frammenti
di porto estromessi, venezie
di vetro, mattone e cemento upcycled
su lagune inchiodate al lavoro
irrefrenabile di ruspe e visioni
Metropolis sta lì a testimoniare
l’offesa dell’arrivo, dell’essere arrivati
Capsula di metallo e vetro verticale
che sinuosa ammicca a futurismi che furono.
Frantumata uguaglianza
in gradi di alture.
(dalla Sezione II, Quadre danesi)
***
Il finestrino mostra le luci distantidove non sparisce il peso dell’anidride
carbonica abbagliante nella notte
nera del puzzo di città illuminate
Magia crackata all’improvviso
torna alla banalità di un trucco
colpevolmente consegnato
al nostro sguardo saturo
Che forma hanno le montagne
e colline, questi boschi? Tuoi
per pura casuale geografica prossimità
Le guardi dall’alto ferite
montagne sporche, spaccate da strade
Fa sorridere questo cercare di mettere radici
questo bisogno ancestrale di restare
in un posto reale, sociale, animale di esseri
destinati a finire ancor prima che.
(dalla Sezione II, Quadre danesi)
Te si’ miso ‘into ‘o Stritto
‘e ll’Ørresund friddo, addò passe
e spasse tra sti pizzarie
ca te pare ‘e sta â casa toja
cu tutte sti bannere
a tre culure, ma po si guarde bbuono
te vene a rirere, ‘a pizza c’o kebab, ‘a napolitana
cu ll’alice, ‘a sarsa ncoppo a ll’ananassa
‘a nduja a sotto ‘o ‘uacamole. Ma Napule addò sta?
(…..)
(dalla Sezione II, Quadre danesi)
***
Immaginaria immensa nave da crociera
piena di gente che prova a divertirsi, a ballare
in gruppo, a cantare su basi, a mangiare
a buffet, a ridere allo show, a nuotare, a fare
l’amore in cabina. Se questa imbarcazione navigasse
per sempre? Sempre più lontana con tutta
questa gente? Isola in movimento in un oceano
senza terra.
(dalla Sezione III, Sature)
Carmine De Falco, Meduse di Dohrn, Bertoni Editore,
PoesiaLab, Collana a cura di Luca Ariano, 2020; prefazione di Luca Ariano,
postfazione di Ferdinando Tricarico. Opera di copertina dell’artista Anna Maria
Saviano.
Carmine De Falco, esperto di
comunicazione digitale, collabora per l’Agenzia Europea dell’Ambiente a
Copenaghen. È cofondatore dell’Associazione Componibile62 e del progetto
editoriale RACNA Magazine e ha lavorato come facilitatore a progetti di scambio
culturale e artisitico.
Ha pubblicato le raccolte Linkami l’immagine (Fara 2006), Loop Vernissage (in Specchio poetico,
Fara 2007), Italian Day (Kolibris
2009), I Resistenti, scritta a
quattro mani con Luca Ariano (edizioni d’If 2012), Città Bianca (in Zenit poesia, La Vita Felice 2015).
Suoi testi sono presenti in
antologie e riviste letterarie, tra le altre Trivio, Le Voci della Luna,
Levania, e nei volumi Nella Borsa del Viandante, Attraverso la Città, Pro/Testo, AlterEgo Poeti al MANN, Poeti
da Secondigliano, Poesia a Napoli
II ediz. 2018.
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