domenica 29 agosto 2021

La realtà tecnologica e globalizzata nella poesia della giovane Martina Natale

Con un linguaggio poetico svelto, determinato e moderno, Martina Natale, giovane poetessa napoletana, propone ai nostri lettori alcuni brani inediti della sua recente produzione poetica. Sempre disponibili ad accogliere qui su Transiti Poetici nuove voci, anche al loro esordio, in particolare quando in loro già si intravedono quei semi, quelle tracce che denotano l’inizio di un cammino sicuro e consapevole lungo l’impervia strada del fare poesia, con vero piacere prendiamo in buona considerazione questi versi, peraltro già apprezzati e applauditi in diverse occasioni di incontri letterari a Napoli e in Campania.
La nostra giovane poetessa si è già distinta in alcuni concorsi letterari come “Poesia a Napoli” organizzato dall’Editore Guida, ed inoltre ha pubblicato una sua prima interessante raccolta poetica. Dimostra dunque di avere un dettato poetico originale, adeguato ai tempi, sia nei contenuti che nell’espressione, descrivendo con i suoi versi piuttosto asciutti, una realtà quasi asettica e fredda, invasa ormai dalla tecnologia e dal consumismo, in cui è ormai difficile anche il dialogo e il rapporto umano.
Una poesia quasi di denuncia, dunque, in cui traspare un leggero velo di amarezza per come sia andato perso ogni colore, ogni illuminazione, ogni sentimento, in un mondo sempre più chiuso e superficiale. I versi si susseguono frettolosi, saltando da una microrealtà all’altra, da un flash all’altro, con una tensione costante e pungente, non priva di una certa ironia.



Riti


Più che viaggiare in sé,
Sono le voci
Del personale di volo
Che ti infondono coraggio.
Con formule predefinite in un inglese locale,
Ti comunicano
Di slacciare le cinture,
Che l'aereo sta planando
In un tempo senza ostacoli.

Sono prodotti della globalizzazione customizzati,
Cereali con una determinata quantità
Di zucchero e sale.

Passeggi tra le parole,
Il messaggio risuona nel cuore.
Allentiamo la pressione.
Gli affanni emettono odori di erbe,
Geranio, moquette e,
Immancabile, l'alcol.

Già da qualche ora
Ho i documenti alla mano.
Sistemo il mio bagaglio,
Di modo che sia raggiungibile
E che non infastidisca nessuno.

Respiro e questa è la sensazione
Se chiudo gli occhi.

Riti
Durante una sessione di stretching.
È come se la gente atea, tesa,
In ginocchio, pregasse.


***

Burlesque

La venditrice di abiti vintage:
Incantatrice del centro storico.
Rifornisce danzatrici di burlesque:

Odalische che tengono colti corsi online e propongono contenuti,
Per predicare, a ragione, la libera espressione
Della propria sensualità.

Per quanto idealizzare le persone
Identifichi la permanenza della capacità di lasciarsi affascinare,
Fatico a ricordarmi di non pendere mai dalle labbra di nessuno.

In questo caso, nonostante - come già noto -
La presunta seta fosse 100% poliestere
Resta il fascino, il valore ecologico e l'aspetto ricercato
Del fast fashion d'epoca


***


Albero, how to

Quando
Adorno l’albero
Di Natale,
Ne dispiego i rami
Sintetici
Come gli aculei
D’un istrice.

Innanzitutto,
Partendo dall’alto,
La coreo consiste
Nel girare
Attorno al tronco
Di metallo,
Sistemando le luci
Colorate.

Tutti gli addobbi alati
- Aeroplani, putti,
Angeli e pennuti -
Li posiziono
Nella parte alta
Del fusto.

(Un distinguo
Per le decorazioni
Ritraenti clerici:
Quelle vanno
Al piano terra)

Quindi,
Procedo
Per zone:

Dietro,
La nota retrò
Della finta
Frutta candita;

Davanti,
Ci si sbizzarrisce
Con decorazioni sublimi:
La casetta coi palloncini,
La tazzina di caffè,
Il gobbo scartellato,
Un Babbo Natale
Imbronciato.

Chissà se,
Anche quest’inverno,
Il riscaldamento
Globale ci degnerà
Di qualche tempesta
Di neve.


***


Definizione

Sentirsi sicuri:
Si va risoluti
Con una iena al guinzaglio


***


Wanted

Sembra strano
Come a un poeta
Possano mancare
Le parole.

Sull'uscio
Di casa loro,
Una foto
Le ritrae con
Lo sguardo cattivo,
Un cappello da cowboy
E sotto,
La scritta
"Wanted".

Se ne stanno
Sulla punta
Della lingua,

Ci stazionano
Più del dovuto,

Quando è il momento
Di uscire,
Si distraggono
E restano bloccate

Ne vien fuori
Un discorso
Zigzagato,

Con troppi spazi
Da riempire

Le opzioni
A, B, C, D,
Fino ad F
Non trovano
Soluzione.

Per fortuna,
L'interlocutore
Ci viene
In aiuto.

Ha lui la risposta
Esatta:
Era proprio
Ciò che intendevo!

 

Martina Natale, nata a Napoli nel 1987, è una copywriter, tutor e traduttrice laureata in francese e portoghese. Nel 2018 è stata selezionata fra i finalisti del premio “Poesia a Napoli”, organizzato dalla Guida Editori. Nel 2019 un suo componimento è stato pubblicato in seguito alla partecipazione al concorso Café Vol. V, indetto dalla rivista letteraria Mosse di Seppia. Del 2020 è la raccolta Il posto a cui appartieni.

 

 

 

 



sabato 28 agosto 2021

Le "Rivelazioni d'acqua" di Camilla Ziglia

Bisogna ritirarsi nelle vastità armoniose della natura, abbandonare i piani della realtà quotidiana, per sperimentare un momento di verità da confermare a sè stessi e al mondo intero. Del resto, la poesia cos’è, se non, sotto certi aspetti, indagine e studio pervicace del mondo intimo, della propria anima riflessa da una natura autentica e primariamente importante, al di là delle banalità e delle ovvietà, delle monotonie cartesiane, matematiche, di una vita che si dipana essenzialmente lungo corsi e storie di ordinaria materialità. E dunque, ritirarsi; ma non per distaccarsi asceticamente rinunziando alla realtà, bensì, al contrario, per indagarla e capirla meglio.
È questa, in sintesi, la fondamentale linea poetica che Camilla Ziglia, valente poetessa bresciana, affronta e propone in questa sua recente e pregevole raccolta, Rivelazioni d’acqua, edita da puntoacapo.
In questo interessante volume, suddiviso in quattro sezioni (“Rivelazioni d’acqua”, “Stagione di sangue e perdono”, “Stagione di promesse” e “Stagione di percorsi”), Camilla Ziglia propone una dimensione poetica quasi eterea, lontana ma non distaccata, raggiungibile con il cuore e con la potenzialità di un sogno niente affatto utopico, bensì realizzabile in qualunque momento, se soltanto si interrompesse, anche solo per un po’, il viavai abitudinario della quotidianità, per soffermarsi con maggiore attenzione sul senso profondo dell’esistenza, del nostro essere e della nostra funzione in natura. Sono descrizioni di stati d’animo e di luoghi plastici, dove regna soprattutto l’armonia fra le cose, il silenzio quasi sacro dei paesaggi, laghi, mari, acque, prati, alberi. In questi versi regna una staticità maestosa, solenne, eppure fatata e dolce, che denota un’assenza di tempo, ma di quel tempo che scorre frenetico e che genera ansia nel mondo reale che, giustamente e con grande intuito poetico, viene definito “cartesiano” dalla nostra autrice (ne parla ottimamente anche Ivan Fedeli nella sua puntuale prefazione)! Poesia è infatti espressione propria di un mondo analogico, che si contrappone all’esattezza e alla schematizzazione del mondo reale, digitale, fatto di sì e di no senza gradazioni di sentimenti, di colori, di suoni.
Camilla Ziglia ci dona dunque queste rivelazioni d’acqua, compendio poetico di altre affascinanti rivelazioni della natura circostante, che solo chi possiede un cuore attento, un cuore d’artista e di poeta, di creativo, è in grado di percepire attraverso la filigrana di un mondo superficiale e frettoloso. Ed è, il suo, un canto di notevole efficacia icastica, fondato su versi brevi e intensi, in cui si rispecchia sempre la morbidezza del dettato pur nella severità del contenuto. Una poesia che coinvolge e ci mostra un mondo e un sentire e vedere le cose come umanamente si dovrebbe e che invece, spesso, trascuriamo di considerare.

Proponiamo qui di seguito ai nostri lettori alcuni brani tratti dal libro, invitando ad esprimere ulteriori graditi commenti o riflessioni in proposito.



Incipit

Senti questo ramo
come s’inarca nell’accordo
        – piantato il mio stesso giorno –

e le incisioni del tronco
nelle foglie,
i furori della linfa.

Senti come si riallaccia
la sassifraga che fiorisce
sempre fiorisce prima.

Stai qui, senti
      – ti piace? –
è il mio giardino
sulla sponda del lago.


***


Una nube di valle solca tutto
il fondo, ondeggia sui colli e giù
in scivolata sull’acqua.

Ma da lì, respirano?
Guardano l’orologio?

La sentono sul capo
la grande mano bianca,
la lingua lenta
di gatta sgravata,
o si lasciano sbigottire
dalle strade inghiottite,
dalla direzione che si sottrae?

***


Una luce rosata sulle nevi di vetta

a valle filtriamo alterazioni
d’ombra, succhiamo riflessi
il tepore giallo dei volti arrotondati.

Indoviniamo il lampo all’orizzonte
le braci d’oro, gli spazi assolati del giorno
– che ancora è giorno –
sul ghiacciaio.



***


Sprofondare largo
farsi terra
respirarne le muffe e la torba
finché non serve più
respirare in questo sentirsi
risucchiare da radici
e proiettare in alto lungo i fusti

fino alle foglie che tremano
che ansimano di luce.


***


Mi accoglierai sul campanile
superato dagli abeti,
quel grumo di storia
che ci trattiene, s’intenerisce
e ci sublima.

Prometti lì, vicino alle campane,
tieni fino ai rintocchi e via
nel frastuono:

troppo solenne la navata
per noi e la facciata
non sa più mentire

troppo alto l’altare, anche da quassù.


***


Tra i flutti è raro lo specchio
limpido che svela la selva
delle alghe deformi
o i segreti dei mulinelli.

L’onda presto s’intorbida
cela e sconvolge
ma non rovescia la boa
coperta di mani
legata dove non si tocca
per scansare il viscido alle caviglie.

(Testi tratti da:
Camilla Ziglia, Rivelazioni d'acqua, puntoacapo Editrice, 2021; prefazione di Ivan Fedeli)


Camilla Ziglia è nata e vive a Brescia, dove si è laureata all’Università Cattolica del Sacro Cuore (Premio “A. Gemelli”); insegna Discipline letterarie, Latino e Greco in un liceo. Suoi inediti hanno ottenuto il primo posto in alcuni concorsi letterari (“I colori dell’anima”, “Il Sublime di Lerici”), riconoscimenti da parte della giuria (Premio speciale “Ossi di seppia” ediz. XXV, Menzione d’onore al Premio “L. Montano” 2019). Compare nelle antologie cartacee di diversi premi, su Atelier online e altri siti o blog, nell’ebook iPoet, lunario in versi. Tredici poeti italiani (LietoColle 2019), nell’agenda poetica Il segreto delle fragole (ivi 2019). Ha partecipato a numerose letture, condotto eventi e presentazioni di poeti contemporanei.
Rivelazioni d’acqua è il suo libro di esordio; con il titolo Fotogrammi, la raccolta è risultata finalista a “Bologna in Lettere”, “Beppe Salvia - Opera prima” e Menzione speciale al “Lago Gerundo” 2020.





lunedì 23 agosto 2021

Un gradevolissimo ritorno su Transiti: Antonio Spagnuolo

Riprendiamo le attività di Transiti Poetici, dopo la breve pausa estiva, con una Voce poetica a me molto cara, e penso lo sia altrettanto a tantissimi di noi. Si tratta di Antonio Spagnuolo, un poeta che ha raggiunto vette altissime, per intensità e qualità, in ambito nazionale e internazionale, e che, nonostante la non più giovane età (ha da poco compiuto i suoi 90 anni!), dimostra di avere una vitalità e una creatività letteraria e poetica davvero eccezionali. Moltissime sono infatti le sue pubblicazioni di raccolte di poesie, specialmente in questi ultimi anni, con editori importanti, come Puntoacapo, Kairos e Oedipus, il che testimonia la sua irrefrenabile e costante vena creativa che lo ispira ancora profondamente e gli detta versi pregni di dolorose memorie, di amori e di passioni intense, che veicola con un verso dotato di alto lirismo.
Antonio Spagnuolo si colloca senz’altro tra i maggiori poeti del nostro ultimo novecento, con una carriera interamente dedicata alla poesia e alla letteratura, attraverso la creazione e la direzione di riviste letterarie di grande successo e, attualmente, con lo studio, la ricerca e la pubblicazione di riscontri e note critiche sul suo visitatissimo sito internet “Poetrydream” (http://antonio-spagnuolo-poetry.blogspot.com/)
Un ritorno su Transiti che aspettavamo da tempo. Ecco dunque qui di seguito alcuni suoi recenti testi inediti, del mese di luglio scorso, a conferma ancora una volta del suo impeto poetico, una cascata portentosa, irruente, ma dolce e melodiosa come solo un grande poeta sa produrre e modulare.




"Prigioniera"

Era tempo di luci, a volte morbide,
attorno al tuo profilo delineato dai colori,
fra le semplici velature di foschie
lungo le strade del destino.
Le attese segrete, le parole celate,
da offrire alle scoperte della primavera
rincorrono gli sguardi arrossati dal violino,
una fresca memoria.
Il cerchio magico delle tue moine
accende il fuoco di pupille,
nel bruciore che annulla
e nel possesso di qualcosa che rimbalza
al riflesso obliquo degli squarci.
Nel vigore spossante
s’inchioda al polso il gioiello conteso
quando hai tra le mani un pezzo di cielo.
Il cristallo che ripete gli estremi
apre la sorte del tuo sguardo,
precipita a ritroso
dove tutto si piega terribilmente nell'altrove.


***

"Rovi”

Una matassa di rovi
è questa storia sparsa di rovine fumanti,
questa fantasia che si infrange alle luci del mattino,
dove canne incurvate dal vento
sono semplici versi che possiedono memoria.
Pericolosamente logico il destino
punta ogni azione nello spettro
multicolore dell’illusione, ruotando
nel ciclo alterno delle grandi braccia.
Alla fine gli spigoli silenziosi si affollano
e non sappiamo dove ritroveremo il ricordo
della carne intagliata.


***


“Astrattismo”

Riemergono le ombre e si affollano
negli infiniti tramonti
dove l’attimo vince scomposto
e traccia vertigini di pennelli.
Un fruscio nello scambio dei colori
che sbocciano improvvisi negli opposti.
Inseguo il segno di un’acerba promessa
quando diviene melodia anche il riflesso
dei silenzi che foggiano aquiloni.
Andiamo e non sappiamo dove
con il riverbero delle gocce lucenti,
nel tempo di algoritmi e di speranze
da riallacciare al tocco di una spatola.
Strappato al calendario delle luci
il richiamo che insegna a traversare
profili intagliati e richiami delle meraviglie.


***

“Vagabondo”

Trappola l’autunno con i boccioli che non potrai toccare!
Che tu possa ritornare è un assurdo, eppure io cerco ancora,
tra le pieghe che le coltri disegnano, le forme della tua carne.
Nel letto, che la morte ha concesso, il tuo nudo è di marmo rosato.
E il tempo sembra interrompere vibrazioni di luci
mentre l’immagine allunga a sbalzi timorosamente.
Nella dissolvenza dell’abbandono ho visto giungere il buio
ad occhi aperti, e resta l’improbabile vagabondaggio
fra le memorie, insieme con l’apprensione del sopravvivere,
vigile e insonne nel terribile frastuono del pensiero.
La divina follia è un festoso scattar dalla tomba
tra i colori dei vetri ed il filtrare dei fiori profumati,
più oltre si udiva il canto di un flauto solitario
lento nello staccare le note in attesa del segreto di un’ora tarda.
Avrei dovuto aspettare il riflesso di un raggio,
ma la fuga gioca con la punta delle scarpe.


***

“Tenerezza”

Nel riflesso di un’infinita nostalgia
trema il baluginio fra le tue dita,
per ripetere filigrane in contrasto,
ora che l’amicizia è arcobaleno.
Mi sei accanto delicatamente
quasi a ricamare una favola
che sappia ripetere illusioni e memorie
e i tuoi capelli tinti ormai d’argento
rapiscono il mio sguardo nell’arcano sapore
dell’antico.

(Testi inediti, luglio 2021)

Antonio Spagnuolo (Napoli 1931), medico di professione, è poeta, critico letterario, scrittore e autore di testi teatrali. Fra le sue numerose pubblicazioni, le più recenti sono: Canzoniere dell’assenza, Kairós 2018; Istanti o frenesie, Puntoacapo 2018; Polveri nell’ombra, Oedipus 2019; Ricami dalle frane, Oedipus 2021. È citato da A. Asor Rosa nei volumi Dizionario della letteratura italiana del Novecento e Letteratura italiana (Einaudi). Ha dato vita negli anni 70 alla rivista “Prospettive culturali”. Ha fondato e diretto la collana “L’assedio della poesia”, dal 1991 al 2006.Tra gli ultimi riconoscimenti nel 2014, al “Camaiore”, gli è stato attribuito il premio speciale della giuria. Nel 2017 riceve il “Lauro d’oro” alla carriera. Nel 2019 è insignito a Roma del “Premio per l’eccellenza”; premio “Silarus 2020”. Presente in numerose mostre di poesia visiva nazionali e internazionali, inserito in molte antologie, collabora a periodici e riviste di varia cultura e attualmente dirige la collana “Le parole della Sybilla” per l’editore Kairós, e in rete la rassegna “Poetrydream”. Presiede la Giuria del premio “L’assedio della poesia 2020”. Tradotto in arabo, rumeno, inglese, francese, spagnolo, turco, greco.

giovedì 12 agosto 2021

"Sfogliando il tempo": un viaggio nella vita e nell'anima nelle poesie di Gabriella Paci

Attendiamo in giorni silenti e fermi / la resurrezione”, recita Gabriella Paci all’inizio di una sua lirica compresa in questa interessante nuova raccolta, intitolata Sfogliando il tempo, pubblicata dalle Edizioni Helicon. Direi che è qui il cuore propositivo dell’intera architettura poetica della nostra autrice, in questo libro, e da qui sarebbe opportuno partire e proseguire nel solco del suo itinerario poetico, per un viaggio che si mostra subito ricco di spunti di riflessione. Non a caso, Gabriella Paci parte dai ricordi, dalla memoria, che sempre, in ogni buon poeta, rappresentano una fonte essenziale e direi quasi perentoria, necessaria, per poter costruire e indicare un modello di vita che si riferisca a valori precisi e fondamentali, come la famiglia, la società, l’ambiente che ha visto formarsi una coscienza e una consapevolezza costruttiva ed esperienziale importanti. Per questo, la nostra autrice inizia con una sezione volutamente denominata “Passate stagioni”, dove appunto si sofferma prevalentemente su figure e quadri legati alla sua gioventù (A mio padre; Eravamo, ecc…), per poi affrontare un discorso più riflessivo se non addirittura filosofico, nella sezione “Tempo fragile”. Conclude e completa il suo progetto poetico con la sezione “Ricorrenze”, dove, in una certa misura, chiudendo il cerchio del suo viaggio poetico, riprende quasi a prestito le tematiche della prima sezione, ma soprattutto per offrire un modello valido e propositivo di speranza e di apertura al futuro.
Le tematiche del libro convergono comunque in un concetto di tempo che ineluttabilmente trascorre nel silenzio e nella staticità delle cose, che pure si susseguono, ma come su uno scenario distaccato, lontano, quasi indifferente. E qui ritorniamo ai versi citati all’inizio, dove c’è da notare una cadenza solenne ed epigrammatica, purtuttavia dolce e non fatalista. Si tratta di lavorare con la memoria, con i ricordi, con le immagini buone e malinconiche del passato, per una “riproposta” costruttiva di quei valori colmi di significato emotivo e educativo utili per l’arricchimento della persona e per meglio indagare il mondo. Sfogliare il tempo, dunque, come le pagine di un libro che sia maestro di vita, che suggerisca nuovi orizzonti a partire da quelli ben saldi già guadagnati e sperimentati nel passato.
Proponiamo qui di seguito alcuni brani tratti dal libro di Gabriella Paci, invitando i nostri lettori ad esprimere altri graditi commenti in proposito.


A mio padre

Come pianta cresciuta senz’acqua
sei restato in disparte sui bordi
evitando strade larghe ai passaggi
nel timore d’un tempo indomabile.

Ombroso e assorto lo sguardo
anche nello sfolgorio del sole africano
a scansare gli eccessi di troppa
vita che, liquida, sfugge dalle dita.

Silenzi le tue parole d’amore
affacciate negli occhi e nei gesti
nel pudore di un sentire fanciullo
avvezzo alla perdita della conquista.

Eri semplice e contorto come
ulivo dai sapidi frutti
cresciuto in fretta su pendii
ma che dona paesaggi di pace
anche se la pietra è dei luoghi regina.


***

Anche i papaveri sanno

Ho le mani piene del tempo immobile
dell’assenza mentre si allarga l’orlo umido
di una sera senza stelle e non si placa
il frinìo impazzito sui pini svettanti
sotto un sole che infuoca dietro
un grigio lenzuolo di nuvole dense.

Anche i papaveri sanno del bruciare
rosso sulla pelle senza il balsamo
delle carezze e dei baci che sono
tramontati all’orizzonte, nel brusìo della
notte che cavalca le ombre lunghe della
disillusione là, dove si perde il giorno.


***

Resurrezione

Attendiamo in giorni silenti e fermi
la resurrezione. Attendiamo che
il sepolcro s’apra alla vita e risvegli
quella luce che non ci illumina più
negli abbracci mancati e nelle ferite
delle perdite mentre vento dell’insipienza
strappa ai rami i fragili fiori della ragione.

Attendiamo un segno di resurrezione
per poter disperdere petali di speranza
sui pendii della paura e ritrovare dietro
le maschere della falsa sicurezza,
la luce impavida di un sorriso nuovo.
Sarà allora la primavera in un’alba
di rinascita in mani che trovano mani.


***

La curva del tempo

Vernice di luce stordente sulle facciate crepate
delle case di città alta a rendere ammaliante
la solitudine ombrosa di stradine cercate
nell’intreccio mistero di giorni e di passi:

avverti lieve quel donarsi al silenzio dei sassi
che bisbigliano forte del tempo di prima.

Senti il profumo segreto di orti a quietare
picchi di fuoco di amori acerbi e a regalare
al tempo del domani il ricordo di un refolo
di dolcezza inviolata nelle ali del sogno…

Ma già declina la luce negli occhi del giorno
carezza rosata d’addio che scende le ombre

sulla salita di ieri e sul crinale del ritorno:
si colora di malinconia la quiete incompleta
di un giorno qualunque nel salmodiare la meta
dell’oggi nel cammino sulla curva del tempo.


***

Gocce di malinconia

Piove. Ed è una pioggia obsoleta e spenta
che cade senza entusiasmo ma non allenta.
Sembra una litania senza convinzione alcuna
detta per penitenza o magari per afflizione.

È come un ricordare di tanto tempo fa
che ha lasciato solo cicatrici sparse:
non fanno più male ma segnano la pelle
e sono costrizione a non dimenticare.

Si posa sulle ciglia la stanchezza di notti
a cercare il sole mattutino e trovare
albe senza risveglio ma solo ombrelli
sotto una pioggia che inumidisce il cuore…

nel suo richiamo al pianto lieve,
per malinconia, senza troppo rumore.

***

Brani tratti dal libro Sfogliando il tempo, di Gabriella Paci, Edizioni Helicon, 2021; prefazione di Fernanda Caprilli.


Gabriella Paci, fino al 2020, è stata docente di lettere in un istituto superiore di Arezzo, città nella quale vive. È del 2015 la sua prima pubblicazione di poesie Lo sguardo oltre… edita da Aletti, raccolta che si è classificata seconda al Premio Tagete ed ha ottenuto una segnalazione di merito al Premio internazionale “Cumani-Quasimodo”.
Nel 2017 ha pubblicato Onde mosse, edita da Effigi, risultata prima al concorso Tagete. Infine è del 2019 la sua terza silloge Le parole dell’inquietudine, edita da Luoghinteriori.
Quest’ultima silloge, Sfogliando il tempo, raccoglie poesie vincitrici di concorsi, come Numeri, classificatasi al terzo posto al premio mondiale Nosside 2020.
Gabriella Paci è presente su molte antologie di premi letterari ed è membro di “Wikipoesia” e di “Poetas du mundo”.


Della stessa autrice proponiamo anche la poesia che segue, tratta da una precedente pubblicazione, Le parole dell'inquietudine, Edizioni LuoghInteriori, 2019.

Sono chiodi le parole

Sulla croce dei pensieri
sono chiodi le parole stasera.

Nel silenzio aspetterò
che la luna confonda
tra le ombre della notte
le inquietudini moleste
e ne limi le punte aguzze
regalandomi un cuscino.

Ma il tarlo continua nel buio
a scavare gallerie al suo cammino
con il rumore molesto di un dolore
che crocifigge il cuore e mette
tra le mani un rosario di spine.

lunedì 9 agosto 2021

Uno sguardo attento sulla quotidianità, in "Coleoptera", di Enea Roversi

Forse la soluzione potrebbe stare nel / vivere come un coleottero qualunque / tra miliardi di simili incompresi e vacui…” Come sempre accade, è in un assunto centrale, preciso, fondamentale, il nocciolo significativo di un’intera opera poetica, un progetto ben intuito e realizzato, con il quale l’autore riesce poi a sviluppare i vari corollari, le numerose sfaccettature e punti di vista, le considerazioni che andranno a completare il mosaico complessivo del progetto. E anche qui, in “Coleoptera” di Enea Roversi, penso di partire da questi versi importanti, nei quali credo sia racchiusa tutta l’architettura propositiva del libro. Uno sguardo attento alla vita e al senso dell’esistenza, permette a Enea Roversi di paragonare metaforicamente lo stato dei “coleotteri”, ordine di insetti che è formato, guarda caso, dal maggior numero di esseri viventi sulla terra, ad uno stato umano (o disumano?...) costituito prevalentemente dalla frammentarietà dei rapporti sociali, dall’incalzare di una nuova società prevalentemente egoista e indifferente, a volte impaurita, sospettosa e pregiudizievole.
In effetti il panorama poetico di Enea Roversi in questa sua recente e interessante raccolta, è ampio e riesce a coinvolgere diversi aspetti della vita sociale, nelle tre sezioni del libro (Presenze/Presente, Addizioni e sottrazioni, Il futuro del mondo), internamente connesse e collegate, nelle quali il nostro autore prospetta, in definitiva, tre modi diversi di indagine della realtà esterna ma che alla fine si ricongiungono tutti nel grande e profondo asserto della metafora del coleottero, intesa come scollegamento tra le parti sociali di una umanità attualmente devastata da solipsismi, meri egoismi e vuoti valoriali. La città, intesa nel suo più ampio significato, e cioè come luogo non solo stanziale ma piuttosto di incessanti viavai, di confuse e a volte surreali situazioni di vita quotidiana ridotta all’essenza, è e rappresenta per Roversi la scena o meglio il fondale, dove la società attuale si gioca il suo senso dell’esistenza. Nelle minime e impensabili cose di tutti i giorni, come ad esempio una macchia di liquido rovesciato o di bagnato indecifrabile, Roversi rintraccia la segreta vena dolorosa, triste e forse addirittura surreale, di una dispersione, di una frammentazione del vivere in attimi e momenti distaccati l’uno d’all’altro; questo vedere, questo indagare nei minimi particolari, è mirabilmente tradotto in poesia dal nostro Autore, che riesce, come giustamente afferma anche Alessandra Paganardi nella sua attenta prefazione al libro, ad attraversare la realtà senza sconti, lasciandosene in pieno contaminare. È dunque una poesia, quella di Roversi in “Coleoptera”, che ci restituisce perfettamente l’immagine profonda delle cose, degli interstizi, degli spigoli, delle mancanze di socialità, con un dettato esplicativo, riflessivo e particolareggiato. Una poesia che induce a verificare e a comprendere meglio ciò che sta dietro le minime cose apparentemente banali di questa nostra attualità così confusa e, sovente, senza cuore.
La poesia, e nella fattispecie questa poesia di Enea Roversi, si pone sempre come sentinella in avanguardia, per meglio scrutare gli orizzonti prossimi o che già stanno per coinvolgerci.
Proponiamo qui di seguito alcuni brani tratti dal libro: i lettori che ci seguono potranno aggiungere altri graditi commenti o riflessioni in proposito.


latte ghiacciato

sul marciapiede una macchia, con bianche striature
di liquido rovesciato o di bagnato indecifrabile
si diramano stelle in ambo i sensi sull’asfalto
sembra latte ghiacciato, forse brina dicembrina rappresa
cerco di evitarla, non mi chiedo il perché di questa
mia azione ma poi è calpestata ormai la brina
di latte ghiacciato che supera il pensiero
che oltrepassa la volontà di delimitare il
raggio d’azione     un raggio di sole che infine
scioglierà la macchia con scontata dolce efferatezza


***

pozzanghere

specchiarsi in una pozzanghera
alto e misurato procedere di passi
urtare qualcuno e scusarsi
per averlo inavvertitamente certo
come la strada diventi ora lucida
e come i passi si facciano via via più veloci
un’altra pozzanghera è adesso trappola
pensare alle scelte sbagliate
come: queste scarpe e non le altre
l’acqua è specchio metafisico
i muri dei palazzi sono facce sghignazzanti
alta ma assai meno misurata ora
la cadenza dei passi
nel riproporsi affannoso del respiro


***

arcata sopraccigliare destra

ancora una giornata di sole
sfacciata e luminosa cartilagine gialla
a farci dimenticare gli incendi lontani
nel portafoglio tre banconote spiegazzate
diverse per colore e per valore
nella testa un pensiero di scale ripide
il malinconico tentativo di giustificare
gesti non voluti e frasi non dette e
sopra l’arcata sopraccigliare destra
un puntino rossastro prude per
giustificare la propria presenza



***

risorse umane

filtra la luce dall’ampia finestra s’
irradia sulla copia di Klee alla parete
stravolge geometrie e cosmi macchiati
la kenzia nell’angolo il sottomano in
pelle il notebook ultrasottile poi quella
gentilezza così fuori luogo quel falso
sorriso da boia ben pagato curato nel
vestire col suo fresco lana grigio
chiede di mettere una firma si duole
è il mercato globale la concorrenza
si sa a volte è sleale dice buona fortuna
risparmia la bocca del lupo stavolta
la targhetta sulla porta dice che il
mondo va avanti per fortuna prima
eravamo personale ora siamo
risorse umane


***

coleotteri

forse la soluzione potrebbe stare nel
vivere come un coleottero qualunque
tra miliardi di simili incompresi e vacui
con la disinvoltura del saprofago
che sceglie con cura ogni sostanza
sorvolare inquietudini e tormenti
disegnando nell’aria la naturale
linea di voli radenti e ben calibrati
un organismo anonimo e ronzante
sbeffeggiatore di teste umane
inopportuno trasvolatore in cerca
di


***


il futuro del mondo (II)

il futuro è un buco nero tra fuochi di universi remoti
un urlo interrotto in gola dopo lo spavento
uno scarabocchio di catrame stracciato in mille pezzi
la scia di una cometa dal tubo di scappamento
un satellite-latrina senza uscita di sicurezza
il gioco noioso di un mediocre mago imbolsito
l’antenna sul tetto su cui sbatteranno le ali dell’angelo sterminatore
un fiume di vino dalle cantine a colorare l’asfalto
soldati in marcia verso confini dai limiti smagliati
cappelli che volano e stelle che si spengono

Brani tratti da: 

Enea Roversi, Coleoptera, puntoacapo Editrice, 2020; prefazione di Alessandra Paganardi

Enea Roversi è nato a Bologna, dove vive. Si occupa di poesia da molti anni, collaborando  con diverse realtà. Più volte premiato e segnalato in numerosi concorsi, è stato pubblicato su riviste, antologie e blog letterari e ha partecipato a diverse letture e rassegne poetiche. Le sue ultime raccolte pubblicate sono: Incroci obbligati (Arcipelago Itaca, 2019) e Coleoptera (puntoacapo Editrice, 2020). Fa parte dello staff organizzativo del festival Bologna in Lettere fin dalla prima edizione. Si occupa anche di arti figurative (collage e tecnica mista). Gestisce il blog Tragico Alverman e il sito www.enearoversi.it .



Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà