Il titolo è succinto, perentorio: "Ossidiana". E
viene subito in mente la pietra lavica informe, dura, sovente utilizzata come
talismano. "Ossidiana" è dunque il titolo di questa interessante raccolta
poetica di Lucilla Trapazzo, per le Edizioni Volturnia, curate da Ida Di Ianni:
titolo che emblematicamente richiama l'immediatezza della poetica dell'autrice,
immediatezza veemente, vitale, prorompente, come l'ossidiana che non fa in
tempo ad organizzarsi per divenire cristallo, ma che si mostra così com'è,
originale e primigenia.
Non ho il piacere di conoscere personalmente l'autrice; sono
venuto in possesso del libro grazie al dono che me ne ha fatto Ida Di Ianni in
occasione di un nostro recente incontro ad Isernia. Ma l'ho subito letto,
apprezzandone e gustandone le intime verità, la scioltezza dei contenuti, lo
stile, l'originalità del dettato. E per questo non occorre incontrare direttamente
il poeta: lo si conosce abbastanza bene anche attraverso la sua arte, la sua
parola, i suoi versi: e proprio dai versi di Lucilla Trapazzo traspare netta la
sua posizione in seno al creato, il suo amore per la natura, il suo
intendimento poetico. Che è soffermarsi sulle cose e sulle persone, sui
paesaggi e sulla quotidianità. Lucilla Trapazzo, in questa silloge, traccia una
storia continua che diventa un mosaico di immagini e di situazioni, i cui
tasselli sono costituiti da flash visivi e sensoriali, da hic et nunc nutriti anche da rimandi e riferimenti colti, attinti
dalla classicità. L'immediatezza, come dicevo prima, è la caratteristica
principale del suo dettato poetico. Ma è anche un dire sincero e diretto, a
volte tagliente come, metaforicamente, l'ossidiana, che ne è simbolo
riassuntivo nel titolo, e come ne parla Giuseppe Napolitano nella sua accurata
prefazione al libro.
Un linguaggio colto ma non per questo nebuloso o arduo da
interiorizzare: anzi, il panorama che apre nel cuore e nella mente del lettore
è davvero ampio e in grado di suscitare emozioni e nuovi punti di vista, nuovi
confini. Partendo dall'istante fotografato, dal momento descritto, dalla
sensazione improvvisa nell'osservare, ad esempio, un tizio alla fermata del
tram, Lucilla Trapazzo, del resto abile sceneggiatrice e regista, riesce ad
ampliare gli orizzonti, a renderli universalmente colmi di futuro e di
speranze.
Abbiamo qui di seguito riportato alcuni esempi della sua
scrittura poetica, tratti dal libro "Ossidiana"; li proponiamo ai
nostri affezionati lettori, affinché anche loro, come speriamo, possano gradire
i suoi versi e aggiungere ulteriori interessanti riflessioni.
Fermo immagine
Scende libeccio intriso di rena
sulla città di rosso vestita.
Lontano un treno soffia un saluto.
Il tempo fermato, scomposto
dilata l'asfalto e il pensiero
strappato. Il giallo è fuggito
di là della nebbia lasciando
le cose a cercare valenza
di ontos che
rotola e scorre.
Una sedia è in essenza una sedia
anche in foto su muro. Una rosa
è pur sempre una rosa se in testa
ne trattengo le fattezze. Nesso
costante è l'idea. Sinapsi formante.
Nient'altro. Alla fermata dell'autobus
un vecchio seduto fuma la pipa
e aspetta forse che scenda la sera.
O forse soltanto il suo tram.
Sul tram delle 10:40
Lo scorgo ogni mattina assorta
sulle crome. In cerchio divergenti
partiture. Dimentico del mondo
è il gesto del polsino.
Oggi è invece canto nuovo, oggi
è veste chiara e lieve increspatura
sulle labbra. Il tempo che la nota
risuoni sottopelle poi chiude gli occhi
al foglio per scarto di binario.
Si disfano gli anelli, gli spazi
incasellati, già sfuggono le note
dalla mano da quel foglio bianco.
Le lascia andare in volo oltre lo stridio
del tram. Più in là della cerniera
del binario. Sfarfallano in azzurro
sui monti e gli stambecchi.
Più a nord di piccoli tormenti
di minimi pensieri. Raminghe
disadorne vanno sconfinate
fino alla preghiera.
Ed io ne sono parte.
L'orizzonte degli
eventi
Non so se la parola contenga
l'infinito o se è solo un'astrazione
flatus vocis. Se siano
segni o senso
gli enti del pensiero
nescio. La mente è
meccanismo
angusto un gioco in mano a bimbi.
Eppure afferro della terra il nome
e delle cose, l'ape, il vento lento
le sementi, la notte che passa
che ritorna e il cielo chiaro
increspa come vela
il lago. Inonda la bellezza
nuda e all'infinito germina in re
il pensiero. Sedotti sull'azzurra perla
dentro il nulla immenso, giochiamo
a dimostrare il mondo, perduti
all'orizzonte degli eventi.
Oltre lo sguardo
Urlante è la miseria di uno squarcio
avvinto a libagioni di silenzio.
Somma dolente d'ogni tempo e luogo
torna migrante la madre del figlio
al ludibrio dei corvi crocifisso
dilaniato tra notte e giorno senza
fine e inizio. Abitando le strade
e case abbandonate alla memoria
nei rotocalchi solo fotogrammi
parole di distratti notiziari
la sera alla TV, vacuo frastuono
e orpelli di coscienza in dissonanza.
Dolce il diniego segue compassione.
Ego absolvo te a
peccatis mundi.
In assenza – una
barca di nome speranza
Niente luna stanotte. Il ventre
vorace del mare si nutre di sogni
e di carne. Una barca graziata
si tinge di ombra solcando le acque.
Distante è il destino promesso.
Un volto di donna sospeso
in assenza. Alle spalle sapore di casa
e terra natale. Spiagge sprezzanti
domani.
Parole in valigia
Non voglio dire niente. Muore
la parola sull'altare del poeta.
Se inganno nel sistema del piantare
i semi, è che sembra bello e pieno il gesto
dentro il dizionario. Canto a volte
il solo canto in espansione e il senso
breve trattengo nella virgola.
A chi spetta la parola vaga
tra un'ascia e un'alabarda in cerca
di un autore e di abbondante farcia
saporita, senza errore?
Cosmogonia
Prima che il tempo diventasse tempo
e intrecciasse ipotesi di spazi
paralleli, Amore era. Giura il sapiente
giocando al gioco delle biglie colorate
coi pianeti.
Da una nebulosa sporge il capo
Chaos, saltando e sputacchiando
nebbia e invita al cercarello
delle idee.
Ride e poi scompiglia i cataloghi stellari:
se di amante amato Amore sente
la bellezza, qui su questa biglia
azzurra, dispersi nello spazio e forse
soli, condannati siamo
all'ignoranza e il desiderio
strugge.
Lucilla Trapazzo, "Ossidiana", Volturnia Edizioni,
2018; Collana La stanza del poeta; prefazione di Giuseppe Napolitano
Lucilla Trapazzo è nata a Cassino. Dopo la Laurea in Lingua
e Letteratura Tedesca presso l'Università La Sapienza di Roma, un MA in
"Film & Video" presso la American University di Washington D.C. e
una continua formazione teatrale e artistica, lavora come attrice, performer,
critica, regista teatrale e formatrice.
Le sue poesie e i suoi racconti sono stati più volte
premiati e pubblicati in antologie, riviste e libri d'arte. I suoi quadri e le
sue istallazioni sono stati esposti in numerose mostre (personali e collettive)
internazionali. Le sue performance sono state presentate in diversi festival di
arte multimediale.
Attualmente vive tra Zurigo e New York e collabora con
associazioni di arte, musica contemporanea e letteratura nell'organizzazione di
eventi, festival e spettacoli.
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