Da tutto questo quadro emerge il progetto dell’artista, e nel nostro caso del poeta, volto a ri-costruire, in un certo qual modo, una realtà propria, che sia estrapolata direttamente dalla natura circostante, attraverso i cinque (o più) sensi, in grado di vedere oltre e filtrare esterni ed interni, panorami e anime, flussi vitali e storie intime.
Per segni accesi è un percorso circolare, un itinerario che si snoda attraverso tre principali sezioni (le origini l’andare, i lumi i cerchi, per segni accesi) in un crescendo delicato ma deciso di considerazioni e riflessioni sul senso della vita, ma in particolare su ciò che la natura e l’universo principalmente suggeriscono, attraverso le loro apparenze, all’uomo: prerogativa del creativo, dell’artista e del poeta, è proprio quella innata capacità di soffermarsi sui misteri del mondo, vederli e indagarli sotto una luce diversa, magari parallela al criterio scientifico, scorgervi la traccia di un elemento che trascenda il tutto.
Il confine più o meno lontano, ma sempre percepibile, della conoscenza, la consapevolezza del limite e della finitudine, accelerano nel poeta, ed è così anche in Annamaria Ferramosca, l’impeto poetico, che mitighi almeno in parte questo senso di disagio, “ribellandosi a questa ipnosi della notte”. Ed è proprio questa impellenza a ispirare e a guidare la nostra autrice nella ricerca di un rinnovamento, o di rinascita, partendo dai segni essenziali, dai vagiti, dai sentimenti e dalle emozioni genuine che da sempre hanno costituito il motore evolutivo e conoscitivo dell’uomo verso una possibile meta (anche) escatologica. Il discorso poetico di Annamaria Ferramosca, in questa raccolta che rappresenta, come lei stessa afferma nella nota, un intenso lavoro di agglomerazione e di completamento estensivo, si annuncia delicato all’inizio, quasi sottovoce, per poi esplodere nella piena evidenza sonora e luminosa dei segni accesi: e sono versi intensi, dove la poesia è strada maestra, architettata sapientemente e con grazia, con intelligenza e con scorrevole lirismo, in virtù non solo della parola poetica in sé, ma anche degli echi allusivi, delle pause, dei coraggiosi quanto originali e indovinati nuovi termini costituiti dall’unione di due sostantivi.
Una poesia, quella di Annamaria Ferramosca, che offre molti spunti di riflessione, anche filosofici, sull’interpretazione della vita, sul senso dell’esistenza, sulle possibilità di redenzione e rinascita dell’uomo.
***
si fermano i vortici della notte si compie il tempo
l’humus prende forma
imita materia d’alba
la morbida piega dei petali
sul petto approda l’arca
il bosco oscilla
e uno stormire basso
quasi un silenzio
permette all’utero l’ultima spinta
dev’essere pace intorno per il primo grido
così difficile e pure così gioioso
dire di un movimento che prima non c’era
e pure si predisponeva
con l’impercettibile forza del germoglio
un tendere misterioso del seme
verso un cielo che approva
che chiama
il piccolo corpo a muoversi sul ventre
inesorabile verso la
tepida scia bianca
(dalla sezione “le origini l’andare”)
***
perché sempre ubbidire
perché non nascondere il capo
nel sacchetto del pane
all’accostarsi solenne dell’angelo
a quel suo eterno gesto di creta azzurrina
basterebbe arginare le folate del manto
deviare in un crepaccio il soffio ardente
basterebbe cercare una falda vicina alla casa
– acqua di prossimità –
per cementare ogni crepa sul muro
chiedere un prodigio diverso se
non i pani ma i muri si moltiplicano
muri a secco
di compassione
non hanno mai riparato
né un rovo né un geco dagli incendi
è un fiume amaro a sprofondare
carsico in petto lasciando allo scoperto
sedimenti incoerenti
domandepietre
(dalla sezione “le origini l’andare”)
***
estremo maremistero
ultime colonne a segnalare il passo
per l’infinito scuro
dove si annega di
senso desiderato
senso celato paese
che disconosco (mai
chiesto
di nascere nella casa
dai muri in crollo)
e le montagne
attonite imbelli
a lasciarsi corrodere
fino a deserto
le foreste a lasciarsi incendiare
e noi molecole
delusetristi
ad aleggiare sorridere
della illusione
della nulla luce
(dalla sezione “le origini l’andare”)
***
fare tabula rasa dei pensieri
affidarsi al buio
con la sicurezza dei ciechi
sostare ad ogni angolo della notte
afferrare i lumi al baluginare dell’alba
sulla bocca delle sorgenti
nel luccichio delle nascite
verrà l’oceano
verranno le sue vele
saremo nuovi per nuovi continenti
(dalla sezione “i lumi i cerchi”)
***
non siamo nel mondo ma in un presentimento
navighiamo l’ignoto mare di odisseo
per moto impulsivo incontenibile
mentre il petto fibrilla di lampi
quali nodi premono segreti?
e ci esaltiamo lungo i meridiani
per ogni lingua viva
come bella s'accende
quando si contamina
e si esulta
nel riconoscere la madre in ogni terra
e fratelli su ogni terra uguali
mentre torri schiantano e ponti
deserti avanzano
s'inabissano rive
(dalla sezione “i lumi i cerchi”)
***
2020 di buio e
password
lontani ormai quanto lontani
i passi attenti gli
occhi
che cercavano il vero tra le macerie
chiavi per riaprire l’alba
non basta più il semplice
meccanismo del ricordo
racconti dell’infanzia amori replay di film
le cose più intoccabili non bastano
per riordinare la materia in disordine
la terra che più non riconosce il suo seme
nemmeno io riconosco te
l’altro
nemmeno me stesso
non ricordo
com’ero come
avrei voluto essere
quali corde scegliere
da far vibrare quali
suoni o grida
lanciare ai quattro venti
eppure sento che avrei voluto
vederti correre – tedoforo di Olimpia –
a perdifiato con la
tua torcia di bellezza-luce
attraversare i continenti
attesa ormai
soltanto
amara attesa intanto
dare un nome al prossimo tornado
al prossimo virus
rinchiudersi in casa ad ascoltare
dati norme statistiche
formulazioni entropiche
per un futuro d’ombra
preferisco
battere ancora la fronte sui muri
sulle miopi porte sprangate
svestirmi del superfluo
come i nativi
parlare le loro lingue dei fiumi
dai codici leggeri
password del vero
per abitare il mondo
(dalla sezione “per segni accesi”)
***
salvataggio da babel
ascolta ora questa
voce
in mp3 recorded
devi ricordare
come altre voci a
milioni per il dopo
potrai salvarle? – per il dopo – dico
il dopo del grande sisma
il grande
regolatore quando
il dio economico sarà crollato
caduto in pezzi pure il dio robotico
torcendosi in sordi borborigmi
bor bor bor
e noi
presi alla sprovvista
senza nemmeno un ultimo selfie
tornati nel deserto
disorientati
da babel imbarbariti
di nuovo a balbettare
in smozzicate sillabe
bar
bar bar
(dalla sezione “per segni accesi”)
(testi tratti da "Per segni accesi", di Annamaria Ferramosca, Giuliano Ladolfi Editore, 2021; prefazione di Maria Grazia Calandrone).
Annamaria Ferramosca è pugliese e vive a Roma, dove ha lavorato come biologa docente e ricercatrice, ricoprendo al contempo l’incarico di cultrice di Letteratura Italiana per alcuni anni presso l’Università RomaTre. Ha all’attivo collaborazioni e contributi creativi e critici con varie riviste nazionali e internazionali e in rete con noti siti italiani di poesia. È stata ideatrice e per molti anni curatrice della rubrica Poesia Condivisa nel portale poesia2punto0. È ambasciatrice di Sound Poetry Library (mappa mondiale delle voci poetiche) per Italia e Puglia.
Ha pubblicato numerosi volumi di poesia. Ha inoltre curato
la versione poetica italiana del libro antologico del poeta rumeno Gheorghe
Vidican 3D - Poesie 2003-2013, CFR
(Premio Accademia di Romania per la traduzione). Sue poesie appaiono in numerose
antologie e volumi collettanei e sono state tradotte, oltre che in inglese, in
rumeno, greco, francese, tedesco, spagnolo, albanese, arabo.
Un’ampia rassegna bibliografica con recensioni critiche,
testi e materiale video-audio è nel sito personale dell’Autrice:
www.annamariaferramosca.it
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