È dunque un immergersi completo nel mondo, un abbeverarsi alle fonti naturali del creato, ed è significativo notare, in filigrana, che la poesia, questa poesia di Donatella Nardin, decantando la natura, in effetti mira a ristabilire, a recuperare un equilibrio sacro tra umanità e natura stessa, con la consapevolezza che l’uomo ne fa totalmente parte, malgrado la sua indifferenza nei confronti di questa.
Un richiamo alle radici autentiche, insomma, e in fondo un obiettivo, una speranza, per ricostruire un “mondo altrove lì dove, / in pura nostalgia di pace / e di unità, potranno sottrarre / al tempo giorni migliori / nei bimbi deporre ossa / e vertebre miti…”
Caratteristica interessante, la scrittura poetica di Donatella Nardin, la quale fa sovente uso di termini uniti insieme in un solo vocabolo (sassopietra, nuvolafiore, blunube), libertà stilistica originale e indovinatissima per rafforzare in modo elegante, quasi fiabesco, e in modo coerente alla tematica dell’opera, le immagini e i concetti evocati dai singoli termini: così, sassopietra dà l’idea di un macigno più duro e massiccio, nuvolafiore un ghirigoro arabescato in cielo, e così via.
Ad impreziosire la raccolta, la versione in inglese dei vari testi, ben curata dall’abile Ivano Mugnaini, anche lui poeta di grande spessore.
Proponiamo qui di seguito ai nostri lettori alcuni testi tratti dal libro, tralasciando per motivi di spazio la relativa traduzione in inglese.
L’occhio verde dei
prati
L’occhio verde dei prati, risvegliato,
fa nido bevendo la nuda
chiarità del mattino
come le vite care appese alle finestre
del loro infinito mancare,
come il biondosole, amore riverso
tra le scapole azzurre rotte
da assenze, commiati, afasie.
Ringraziare ogni risveglio che sia
sassopietra o nuvolafiore,
nell’attimo essere immensamente
grati – ai prati, al mondo, fosse
pure ai respiri affannati –
prima che il verde esca dagli occhi
come le vite care divenute
allo sguardo pura nostalgia.
Le madri
Si è riempito di buchi dolenti
il cielo infuocato da guerre
e da siccità.
Senza dirlo a nessuno,
le madri hanno raccolto in sé
i figli e sono fuggite
a fare mondo altrove lì dove,
in pura nostalgia di pace
e di unità, potranno sottrarre
al tempo giorni migliori
nei bimbi deporre ossa
e vertebre miti
purissimo un sangue nuovo
e ritrovato un futuro, speranza
che non muore
nella sua gratuità.
L’uomogroviglio
Macchia le malve sottili
il volo aggraziato di una garzetta,
proteso il punto perfetto in cui
stanno insieme – nell’animo come
nei sensi – finito e infinito.
Solleva lo sguardo dal nulla
l’uomo groviglio, blunube
sulla laguna – che c’è ma non
si mostra – tenta di mettere
al riparo la vita sotto un maglione
infeltrito.
Che sia benedetto il punto perfetto
come le malve sottili
rientrati nei corpi e nelle menti
percorrendo le soavissime
vie dello stupore, invisibili
ai più.
Verdegiada
Ti sia occhio questa turgida luna,
disseminata a cuore
nelle stanze inconcluse
mentre fuori impazzano lotte
e tormenti, notturna commozione
il sangue versato sul suolo
stremato.
Ti sia pace fuggevole il raggio
che verdegiada artiglia le sponde
come il lento gocciolio
di un sorriso
colato a dismisura sugli affanni
e più lieto si schiuda il giorno
dopo aver attraversato
la vera afflizione e placida scorra
un po’ di luce – come un dissepolto
abbraccio – dai miei pensieri
ai tuoi.
Un fermaglio di perle
Un fermaglio di perle
abbandonato con noncuranza
sul davanzale come l’inudibile
gelo sceso tra noi.
Difficile al vivere vero
il sopravvivere, nella colpa
di esistere testimoniare
la propria innocenza
con due boccioli
infilati a raggiera tra i denti.
Campanula accoccolata tra
gli alisei, dal nero più nero
spremere profumi gloriosi
privi di senso ancora.
L’alberofiore
Ci circondano acque e cieli
invecchiati con noi:
nel guardare ci osserva
la loro bellezza come,
– per mai arresi sentieri –
in modo nuovo ogni volta,
un’antica frescura,
o forse un frinire di sere attorno
all’alberofiore,
le nuvole batuffoli scuri
nell’inanità.
È l’atto semplice che conforta
qui, proprio qui, nei luoghi
amati dei molti, irrisolti
perché
Gli ultimi sogni
Chissà a chi appartengono
i sogni ammucchiati
in un angolo buio della cucina.
Forse a questo presente di umori
molesti e d’imperanti stridori.
Bagnati dal nulla
sono divenuti in pochi istanti
cibo per l’aria e per gli uccelli
come ben sa chi non appartiene
a nessuna casa, a nessuna vita,
in minime scintille
solo alla poesia e nulla più.
Donatella Nardin, L’occhio verde dei prati, Fara Editore, 2023
The green eye of the fields
Versione inglese di Ivano Mugnaini
Nota introduttiva di Carla De Angelis
Postfazione di Riccardo Deiana
Donatella Nardin è nata e risiede a Cavallino Treporti-Venezia. Dopo gli studi classici, ha lavorato nel settore turistico con incarichi dirigenziali. Sue poesie e racconti, pluripremiati in numerosi concorsi letterari, sono stati inseriti in raccolte collettanee di diverse case editrici come LietoColle, Empiria, La Vita Felice, Puntoacapo, Terre d’ulivi, in antologie di concorsi letterari, in riviste di settore anche straniere, in siti web e lit-blog dedicati. Alcune sue liriche sono state tradotte in inglese, in francese e in giapponese. In poesia ha pubblicato: per le Ed. Il Fiorino la silloge In attesa di cielo e la raccolta di haiku Le ragioni dell’oro, per Fara Editore Terre d’acqua e Rosa del battito. Sue sillogi brevi sono inoltre risultate vincitrici di selezioni per i recenti volumi antologici L’altra metà del cielo Ibiskos Ulivieri Editore, per Distanze obliterate Puntoacapo Edizioni e per il Premio di Poesia Città di Mestre 2022 (Mazzanti Libri). Da segnalare infine l’uscita a breve della raccolta poetica Il dono e la cura (Aletti Editore) con la traduzione in arabo da parte dell’Accademico Emerito Professor Hafez Haidar.
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