C'è una certa dimensione di tragica ineluttabilità, nei
componimenti poetici di Nefeli Misuraca, fine autrice romana, laureata in
lettere e dedita con passione, oltre alla poesia e alla letteratura, anche alla
scenografia e alle traduzioni. Transiti Poetici volentieri le dedica questo
spazio, anche se lei meriterebbe un più ampio e approfondito interessamento,
perché davvero la sua poesia è al di sopra di certe corde usuali e mediamente
valide. Parliamo dunque, anche se brevemente, come premesso, dei suoi versi
pubblicati in "La solitudine maestosa", libro edito da La Vita Felice
nel gennaio 2018, con una interessante introduzione di Rita Pacilio e
un'altrettanto curata prefazione di Guido Oldani.
La solitudine maestosa è un vero e proprio poemetto in cui
l'autrice riesce ad esprimere il suo pensiero, le sue riflessioni e le sue
sensazioni su lacerti di mondo vicino a sé, ma anche fuori dalla classica
finestra, con un'apparente serenità, anzi tranquillità, e sobrietà, che non è
affatto freddo distacco o volontaria intenzione di non coinvolgimento razionale
nelle cose, bensì artistica, letteraria e direi professionale ricerca, studio,
escursione filosofica e poetica sul mondo e sulle persone. Perché per
descrivere a fondo cose, sentimenti, sensazioni, cercare il frutto essenziale e
succoso nel tutto, e farlo con e in poesia, occorre grande capacità di
lettura interiore ed esteriore, grande capacità di traduzione e di
sublimazione. Dal poco a disposizione, al tutto universale: dal rossetto sulle
labbra, a cercare di capire come va e dove va l'uomo, cosa veramente vuole,
quale rapporto avere con il mondo e la natura intera. "Le labbra sfiorano il caffellatte e
lentamente si ritirano dal bordo di porcellana"… Le minime cose sono
dunque il punto di partenza, l'hic et nunc da cui estrapolare una visione più
ampia e generalizzata, il che è caratteristica della buona poesia. Del resto,
l'autrice stessa afferma nei versi iniziali della raccolta, quasi a voler
esprimere una sorta di dichiarazione di poetica: "(La poesia) Giustifica il vuoto e l'inerzia, racconta il silenzio,
percorre l'attesa…". Cioè a dire: poesia come raccordo tra
silenzio-vuoto-tempo che trascorre, e realtà quotidiana, oggettiva. La poesia
che trae forza e impeto vitale dai tumulti, dalle incertezze (o meglio
insicurezze) intime, dai dubbi interiori, al fine di dare un senso alla vita.
Queste imamgini, questi quadri raffigurati in versi
immediati e risuonanti, si configurano come tanti tasselli di un mosaico che,
visto dall'alto, può rappresentare la realtà nelle sue infinite sfaccettature,
minime cose quotidiane, minimi atteggiamenti, minime osservazioni, che però
hanno in sé il germe, il seme della universalità: il valore del contenuto è
davvero ampio, e può attribuirsi non soltanto ed esclusivamente all'autrice,
che ne rimane la principale ideatrice e suggeritrice, ma anche a tutti gli
altri, al lettore in particolare che ne rimane coinvolto.
C'è comunque una sottile linea di consapevole arresa
dell'uomo nei confronti di una storia che lo ha visto, e lo vede ancora, homo destructor, capace di rovinare ciò
che maneggia e ama persino, ma capace anche di sopravvivere nonostante tutto:
"Atei per forza / dentro mura senza
storia, per forza / sopravviviamo tutti, per sempre". La forza
escatologica che si evince da questi pochi fondamentali versi, è però
sufficiente a redimere, in qualche modo, l'autrice e l'uomo in genere, se non
altro sulla base di una potenzialità materica interiore, scaturita dall'atto
creativo che, al di là di ogni credo o religione, è indubbiamente un dato di
fatto.
Tutta l'osservazione poetica dell'autrice si svolge dunque
in una "solitudine maestosa",
richiamata proprio in una sua poesia, dove appare più che evidente il suo orientamento
filosofico verso una materialità finita: "Arriva sempre la fine come un sollievo / perché l'attimo che la precede
è piagato dalla speranza."
La densità di queste affermazioni poetiche merita, come
dicevo prima, ulteriori e più ampi approfondimenti e riflessioni, e pertanto
lasciamo ai nostri lettori che sempre ci seguono con affetto, il compito di
aggiungere, se lo vorranno, altri preziosi commenti su questa poesia davvero
unica e ricca di spunti meditativi sulla vita, sul tempo, sul senso
dell'esistenza.
Riportiamo qui di seguito alcune poesie di Nefeli Misuraca tratte dal libro "La solitudine maestosa", Ediz. La Vita Felice
La poesia
Giustifica il vuoto e l'inerzia,
racconta il silenzio, percorre l'attesa –
strappa un sorriso alla vela contro il maestrale
[e
al goniometro contro l'astrolabio.
Meridiano inchino, saluta la matita
a passeggio su vicoli di carta mai lastricati.
Ci vuole
Ci vuole coraggio, cuore di pietra.
Sguardo da leone. Alzarsi sulle punte
e spogliarsi di tutto, vestirsi di altro;
pavoneggiarsi su strascichi immensi
senza paura d'inciampare.
Ci vuole il cuore di una pianta, l'immenso
animo di acqua e di sole, senza altro che fiori
e clorofilla e silenzio per sempre
per avere il coraggio che serve,
tutta la forza di non emettere suoni.
E ci vuole il sangue di una salamandra,
la lingua fredda di un camaleonte
e il vestito bianco di una mantide
per prendere borsetta e rossetto,
controllare il gas e le chiavi
e uscire per strada.
E alla fine
E alla fine non resta niente. Qualche granello,
forse, da guardare uno ad uno.
Scrutare i profili calcarei che un tempo erano terre,
distese, montagne pianure rocciosi strapiombi.
O forse nemmeno un respiro, non c'è voce
che tenga alla perdita del tutto.
***
Le labbra
Le labbra sfiorano il caffellatte e lentamente
[si ritirano dal bordo di porcellana,
la mano destra s'infila nella tasca e cerca qualche
[pezzetto di carta
per occupare le dita. Con gli
[occhi faccio una
lenta panoramica dalla finestra
[sulla strada. Un camion senza insegna, un carrello
[del
supermercato all'angolo del palazzo
e una donna che trascina un bambino dal colletto.
Posata la tazza e passata una mano tra i capelli,
[volto le
spalle alla finestra,
mi pianto a gambe larghe con le braccia lungo
[i fianchi.
E' ancora la vigilia
Questa è
Questa è la vita che ci appartiene,
una cisterna nuova su un'impalcatura incrostata,
lo storpio che compare improvviso dietro la curva,
la luce bianca d'inverno senza il cerchio del sole.
Più nera del sangue, l'ombra del muso di un gatto
buttato per terra con cura gentile, come nel sonno,
con l'occhio annebbiato su quel poco di bianco
[fra la
striscia e la strada
che scolora dai rulli di verniciatura automatica.
Una nuvola non è altro che elettrostasi
e quell'altrove sicuro del nostro progetto
rimane gioiosa invenzione che la vita sia altro.
Essere civilizzati a forza, questa la vita che
[ci appartiene,
attraversare il cumulo di ossa e sussurri
tenendo in equilibrio un libro sulla testa.
***
Tu sei un poeta
Tu sei un poeta perché quando guardi
dal finestrino vedi te stesso e il paesaggio
che ti attraversa il volto.
Nello spazio tra coraggio ed equilibrio,
poggiato alle porte di veicoli in corsa,
nelle piane dei campi e su per gli alti pali,
la croce del tuo naso e della bocca apre lo spazio
e lo cede. Io, di qua da vetri,
fatico a vedere oltre ai miei occhi.
La natura non
dimentica
La natura non sa dimenticare
il sangue del cervo caduto in corsa contro la pietra
che resta, con il lichene, per sempre sulla roccia.
Ma nella città, basta un tubo d'acqua
o l'impietoso scorrere dei copertoni
e il sangue rappreso nelle crepe d'asfalto,
scompare insieme all'animale straziato.
Nefeli Misuraca, "La solitudine maestosa",
Edizioni La Vita Felice. Introduzione di Rita Pacilio; prefazione di Guido
Oldani.
Nefeli Misuraca è nata a Roma dove si è laureata in Lettere
all'Università La Sapienza. Ha conseguito un dottorato in letteratura e arte
all'Università di Yale ed è stata docente in diverse università tra l'Europa e
l'America. Ha scritto sceneggiature ed è montatrice e regista di cortometraggi.
E' stata lettrice di sceneggiature internazionali per la RAI e ha tradotto e
curato testi per diverse case editrici. Tiene un suo blog su televisione e
società su "Il Manifesto" e insegna letteratura e scrittura alla John
Cabot University di Roma.
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