martedì 24 luglio 2018

Il mondo e le parole attraverso "la cruna" di Salvatore Contessini


"Se poi la grazia narrata nell'inferno /  schiude al terreno natura di pienezza / l'ispirazione alla ricerca / torna al passaggio per la cruna / e al ritrovo dell'artiglio. / Anche se il cielo è grigio / il giorno si concilia col sorriso." Sono questi i versi di chiusura della poesia che Salvatore Contessini, preparato poeta romano, pone, oculatamente, all'inizio della sua recente raccolta poetica, intitolata appunto "La cruna" ed edita per i tipi della nota e autorevole Casa Editrice milanese La Vita Felice. La cruna, dunque: un simbolo, una metafora di eccezionale valore morale, storico, cattolico, direi anche filosofico, perché ci riporta alla famosa parabola del Vangelo dove Gesù, rivolgendosi a un giovane ricco, affermava che era più facile per un cammello entrare nella cruna di un ago, che per un ricco entrare nel Paradiso. Questo ci riporta all'interrogativo che si pone il prefatore del libro, Piero Marelli: attraversare la cruna di un ago è difficile, ma non impossibile; in senso ideologico, almeno, certamente non fisico o materiale (o forse sì?... se vogliamo prendere in considerazione le moderne teorie quantistiche e giocare ad andare un po' più oltre con l'immaginazione creativa…).
Sta di fatto, comunque, che la "cruna" è un interessante e persino salutare esercizio filosofico e riflessivo, se vogliamo, e Salvatore Contessini, direi in piena illuminazione poetica, ha centrato e indovinato il suo dire, il suo progetto, raccogliendo i suoi versi sul tema che si è imposto, che gli è scaturito certamente dal cuore e dalle osservazioni interiori ed esteriori, e dando al tutto un titolo più che appropriato: la cruna.
Entrando in merito, ma soltanto superficialmente per motivi di spazio, giusto per offrire qualche spunto di riflessione a seguito della piacevole lettura dei testi, verrebbe da pensare che la "cruna", centro etimologico e del tutto simbolico utilizzato dal Contessini per addensare e conglomerare il suo percorso in versi attorno a questo concetto, sia in effetti un "passaggio" stretto, disagevole, sofferto, sacrificale ma necessario, indispensabile per "passare dall'altra parte", una volta epurate le parole e i concetti dal marasma e dalla confusione generalizzata e alienante del vivere quotidiano, del vivere nella e con la natura, nel pensare l'esistenza e il suo senso profondo, il suo significato: "L'intrico di pensieri / a cui hai votato l'esistenza / mostra potenza del silenzio, / la straneazione d'universo noto / che scorre fuori dal tuo mondo. / Poche parole riformano memoria / scorgo lo squarcio che dal petto insorge." (Al Creatore, pag. 15). Poche parole riformano memoria, afferma dunque Salvatore Contessini, e sono quelle che hanno "attraversato" la cruna, sono quelle che, liberate da tutte le sovrastrutture e le decadenze inquinanti, ri-fondano la dignità e il senso dell'esistenza, Ma la "cruna" è in sostanza anche un "crivello", un filtro vero e proprio, attraverso il quale, e per mezzo del quale, l'Autore riesce a recuperare la bontà della sostanza universale, in concetti, parole, fatti e umanità da redimere: "E poi c'è distacco, / riordino dei cassetti / con frammenti dissociati, / riapertura di quelli chiusi." (da "Eventi", pag. 80).
È dunque questa l'idea portante della raccolta, a mio modesto parere: il recupero della genuinità delle cose, della verità mai data per scontata, ma vagliata e ragionata sempre, prima con il cuore e poi con l'intelletto e con la ragione, ovemai attraverso la cruna, o tramite il setaccio, sia possibile l'operazione salvifica, per sé e per tutti, che restauri eventi, fatti, cose e persone, riportandoli al presente dopo il "passaggio" e illuminandoli di nuovi significati e di più ristrette, personali ed appropriate giustificazioni: l'obiettivo ultimo, come sempre, lì al confine delle parole, è la ricerca di un senso a questa esistenza, a questo tempo. La cruna, anche qui, è usata dal Contessini come lente d'ingrandimento per osservare meglio e più da vicino i fenomeni, le persone, il mondo, la propria anima.
Un linguaggio aperto, ricco di allusioni e di rimandi, di paragoni, e che sovente fa uso di termini tecnici, per meglio rendere l'idea dell'universalità di certi assunti, di certe idee che coinvolgono il poeta ma che benissimo ogni lettore potrà fare sue. Ed è proprio ai nostri amici lettori che lasciamo il compito di continuare, se lo vorranno, queste riflessioni sul recente lavoro poetico di Salvatore Contessini, "La cruna", offrendoci ulteriori graditi spunti di dialogo e commenti.

Riportiamo ora, qui di seguito, alcuni testi poetici tratti da "La cruna", di salvatore Contessini.


Recuperi


La misteriosa sparizione,
risolta in rotolare di tarocchi,
ha comportato rovistare assiduo
nelle località diverse
di urbanità lontane,
nella memoria assottigliata
di accadimenti inusuali
in coincidenze oracolari
tradotte in coro di messaggi.
Se poi la grazia narrata nell'inferno
schiude al terreno natura di pienezza
l'ispirazione alla ricerca
torna al passaggio per la cruna
e al ritrovo dell'artiglio.
Anche se il cielo è grigio
il giorno si concilia col sorriso.

 ***

Punctum

Sono nel dove ignoto
di un deserto
intorno un orizzonte
senza emergenze verticali.
Un centro occulto di sentenza
in un silenzio vuoto di vento
che cerca padiglioni per l'ascolto.
Il tempo di stagione terminale
volge alla fine, al cambio scena
lo segna luce che si allunga
e ombra che ritira egemonia.

 ***

Percezione

Così, in uno spazio
di bianco nuvolare, segni di cielo
e geometrie molecolari,
comprendo una fessura, simmetrica di piano,
sfumata nei richiami di favore astrale
a forma di simbolo carnale
sospesa a un'ara disposta al sacrificio.
Composizione in pietra dura,
fusa dal fuoco del mantello
in cerca di camino in cui eruttare.
Per anni fissa come icona,
guardiana del riposo orizzontale,
ne scopro finalmente un senso
xompiuto nello spazio verticale
a fantasia sbrigliata priva d'illustrazione.

 ***

Campo morfico

Sul palmo della mano
come una traccia
è incisa nella forma di destino
la narrazione che si porta in dote.
L'occulto imposto ascolta la prudenza
il dubbio nutre l'aria ferma di vento
non è la legge, ma dalla legge viene.
Questo pensiero tramandato
nutre l'informazione da tradurre
lungo la linea, in fila,
si erigono unici motivi.
Se invoco l'era saturnina
potrò cambiarne contenuto
e pattuire l'alterazione del formato.

 ***

Eterica

Ti ho cercata alla finestra,
poi al terrazzo,
ma era sbagliato il giorno,
il tempo era trascorso;
non poteva curvarsi fino all'indietro.
Niente dura niente, lo so
tutto ritorna come ciclo,
anche la fine.


Poetica di un ciclo

Gli angoli portatemi via e i sentieri,
il cuore segreto della notte
che soddisfa requisiti d'irreale mira,
il volo, il vuoto, gli spazi liberi dell'aria,
l'invisibile consistenza
attraversata da bracciate a nuoto,
le narrazioni predisposte ad affrontare
quello che avviene prima
che si consumi il giorno.
Lasciate pure lo sguardo imprigionato
le mura in pietra di cristalli
l'impercettibile superamento in sensi
il punto nullo ove converge il corpo
il sonno del riposo ora che dormo.

 ***

Responso

E il cartomante, all'angolo del dubbio,
lo assimili al profeta della sabbia
o le certezze che ricerchi nel sapere
le cogli nella volta del recinto astrale?

Non sento il tuo governo, quello del fato,
né prospettive di mestiere
soltanto labbra strette e cumuli di eccessi
l'opposizione della casa di Saturno
lo spostamento d'asse cantonale.

Duole la spina che Girolamo rimuove
come lo stilo senza filo lasciato in dono.
Devozione o tradimento, dimorfico quesito,
non ne protesto assetto
solo disposto di tarocchi.

 ***

Elaborazione dati

Non sono più uno di voi
perché non lo sono mai stato,
non sono più quello che sono
perché mai riuscito.
Tutti abbiamo la cruna stretta
e il passaggio improponibile di cima;
nessuno valuta il paradosso materiale
come flusso di quantità indulgenti
e interstizi vuoti di sostanza:
si guarda al fulvo, si pensa la criniera.

Se l'esistenza pensiamo in ologramma
possono i sogni esprimere materia?
È l'interrogativo che galleggia
prima che sonno rotoli dal cosmo
e la coscienza tacitata trovi l'artiglio.


Salvatore Contessini, "La cruna", La Vita Felice Edizioni, Milano 2018; prefazione di Piero Marelli

Salvatore Contessini, architetto e collaboratore editoriale, è nato a Roma nel 1953. Ha pubblicato diversi libri di poesie ed ha ricevuto importanti riconoscimenti letterari, tra i quali il "Lorenzo Montano, 28a. edizione 2014; è inoltre risultato finalista al Premio Internazionale di Poesia e Narrativa "percorsi Letterari dalle Cinqueterre al Golfo dei Poeti. E' risultato vincitore del Premio Internazionale di Narrativa e Poesia Città di Caserta nel 2015.
Ha inoltre curato, insieme con Diana Battaggia, diversi volumi antologici, tra i quali, recentemente, "Novecento non più. Verso il Realismo Terminale", pubblicato da La Vita Felice Edizioni di Milano nel 2016.


martedì 10 luglio 2018

Diario estivo e … la poesia


Eccoci quasi in piena estate! Relax, come suol dirsi, ma anche tempo di riflessioni e di letture, magari sotto l'ombrellone, o nella tranquilla penombra della propria stanza di lavoro o di studio.
E a proposito di riflessioni, volentieri e con piacere riportiamo qui di seguito una interessante Nota di Rita Pacilio, illustre poetessa e critico letterario, nonché Direttrice e curatrice di RPlibri.
Buona lettura!

L’estate 2018, oggi 9 luglio, continua a riservarci sorprese. Purtroppo, la condizione politico-sociale italiana ed europea occupa, in maniera totalizzante, la nostra mente di cittadini e di esseri pensanti. Le notizie di cronaca si alternano tra episodi di razzismo, femminicidi e fenomeni atmosferici, cartine di tornasole della perenne crisi delle relazioni sociali e delle stagioni. Il clima emotivo di noi tutti è turbato dai bombardamenti degli avvenimenti del mondo: la ricaduta emozionale è inevitabilmente burrascosa. In Italia, ultimamente, poeti e critici, per reazione psicologica all’enorme quantità di scritti, secondo me, mettono in scena crudeli stroncature e deliri personali sostenendo che la poesia è morta. Negare e strumentalizzare la condizione sociologica dell’affaccio poetico/presenza di tante giovani voci e il lavoro costante di autori più o meno conosciuti/ affermati, porta a minimizzare o ad amplificare, direttamente o indirettamente, lo stato delle cose. Non mi soffermo sulla qualità o sull’abusivismo della parola poetica degli ultimi anni (poesia e versificazione hanno significato formale, letterario ed estetico diverso, è vero, ma non ritengo sia questo il momento di tirare somme in modo imprudente, prematuro, forzato e semplicistico), ma parlo esclusivamente di rilevazione sociologica come presa di coscienza della necessità di molti autori di esprimersi e servirsi, comunque, della poesia. Di questo aspetto parlerò più dettagliatamente in un eventuale prossimo articolo. Intanto, mentre sui social esibiamo magliette rosse per sentirci più umani, i libri accumulati sulla scrivania chiedono lettura, attenzione e cura. La parola si esibisce a voce alta tra cinema, teatro, musica, fotografia e libri: ecco, mi soffermo su alcuni libri di poesia per divulgare e costruire la strada attuale del cammino poetico il quale definisce lo scopo della scrittura del nostro tempo.

È proprio la sacralità della poesia che cerca il modo di riordinare le cose del mondo. Da anni Antonio Spagnuolo, poeta e critico napoletano, si sofferma, con i suoi scritti poetici, su questa tematica. Canzoniere dell’assenza – Kairos, 2018 e Come un solfeggio – Kairos, 2014 – sono la testimonianza che l’arte ha bisogno di studio e perseveranza nell’ascolto del silenzio e, contemporaneamente, del caos della vita per meglio interpretare se stessi e i meccanismi dell’esistenza. La forma e il senso della parola poetica affievoliscono i drammi umani riproducendo i cambiamenti significativi come potenzialità e superamento dell’assenza, della paura di restare soli. Le immagini narranti girovagano tra ricordi, solitudini, amori, dolori, presenze, rimorsi, dubbi, illusioni, speranze e attese, le quali appaiono segmenti intrecciati nella musicalità dei versi. Qui avviene la trasformazione miracolosa dell’offerta, della celebrazione: il paesaggio intimo assume valenza universale proprio quando viene travolto dalla pulsione sentimentale, dall’amore profondo per gli esseri umani, per la natura, per Dio. L’esperienza feconda e umana della sostanza poetica testimonia l’io e l’aspetto esteriore rendendo grazie alla bellezza del viaggio vissuto come un avvenimento ciclico e senza fine (Il vento leggermente ti scompiglia la chioma/nell’impazienza che assottiglia il ritmo/delle attese. Sei il nitido riflesso di risacca.)

Correnti contrarie, Ensemble, 2017, di Angela Greco, poetessa pugliese, ripropone testi editi e inediti sugli equinozi, giorni dell’anno che delineano le ore del giorno e della notte in eguale misura temporale. L’autrice pone sulla bilancia del tempo la giusta presenza della bellezza e della difficoltà umana della riconoscenza. Poesie e prosa poetica per far esplodere, dalla stessa prospettiva, la consapevolezza della perdita e della conquista. Per questo motivo il gesto del vivere non scolora gli attimi vitali, anzi, li cattura in un linguaggio corposo e metaforico per restituirci il senso delle realtà più semplici del mondo, i sogni, la comunione, i limiti e la poesia (Il mio pensiero, il tuo/l’inimmaginabile piacere/giunto alle stesse conclusioni.)

Molto convincente è anche l’opera di Francesco Lorusso, poeta pugliese, dal titolo Il secchio e lo specchio (Manni, 2018) in cui il lavoro stilistico dell’autore cattura la scena tristissima della quotidianità. Gli oggetti, riflessi nello specchio, infatti, esibiscono se stessi attraverso l’utilizzo delle performance umane, troppo spesso, prive di senso civico. Il libro è pervaso da esplicite sofferenze legate alla falsa cultura, madre, inevitabilmente, di false coscienze capace di deteriorare i rapporti interpersonali e le nervature generazionali. La denuncia del progresso esasperato è la colonna portante del discorso poetico finalizzato a sensibilizzare la capacità di pensiero e il confronto. Stupisce il progetto e l’esito: l’organismo testuale è lo strumento e il pensiero responsabile della poesia fornisce gli specchi di lettura (Il colore della colla secca sulla giacca/e lo stupore assopito dalla fretta/non ci mantiene accostati al momento. Stagna sulla carta/una macchia di identità permessa.)

Viviamo ed esistiamo in poesia sicuramente a prova di nostalgia e memoria come resistenza all’oblio e implorazione della verità. Cactus di Melania Panico (poesie) e di Matteo Anatrella (fotografie), Gechiedizioni, 2018, ne è, dunque, la prova provata. Dieci poesie e dieci fotografie per sezionare l’esperienza emozionale del folgorio vitale: un dialogo storico e intimo che accade nel destino di ogni uomo, nella natura delle cose. Traccia e segno che rendono bene comune e prezioso ogni lacerazione, l’ostinata permanenza, la memoria, la dissoluzione della spaccatura del transito di una foglia o della pioggia sui vetri. Così vivere significa scomparire nel nulla, fermare i momenti o camminare a pieni polmoni, coscientemente. Amare, per questo motivo, la sofferenza delle lacrime sapendo di aver raggiunto la viva maturità del vissuto. L’abnegazione del superfluo, l’essenza, il distillato simbolico della radice e delle vie segrete per riappropriarsi di risposte e ulteriori quesiti filosofici, la mancanza, il tempo: questo il senso poetico di Cactus in cui la parola e l’immagine arrivano, contemporaneamente, ai fondamenti estremi dell’offerta e della complicatissima presenza del reale quale indizio per sospirare, respirare, appartenersi (La fronte mostrerebbe tristezza se potesse/quello che resta è da considerare:/chiudere la porta come ultimo respiro forzato/maestoso istante di gioia).

Rita Pacilio

Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà