Nella dettagliata prefazione a questa raccolta poetica di
Stefano Taccone, l'ottimo Ivano Mugnaini chiosa: "Alienità (che è poi il titolo
del libro) nel linguaggio giuridico esprime l'essere di proprietà
d'altri". Osservazione più che giusta, e che mi trova d'accordo,
nell'esprimere qui qualche breve riflessione sul lavoro di Stefano Taccone.
Tutti i brani del libro, infatti, rimandano, a mio parere, a qualcosa di non
appartenente alla persona, al contesto sociale figurato dall'autore; o
perlomeno, l'autore tenta di puntualizzare situazioni, le più varie e, anche,
ambigue possibili, e comportamenti, che deviano in qualche modo dalle corrette,
direi quasi ovvie, aspettative di ciascuno di noi. E sono situazioni e
comportamenti che impattano sulla storia e sul consesso civile, sulla politica
e sulla religione, anzi sulla religiosità, sulla giustizia e sui sentimenti.
Stefano Taccone utilizza un dettato poetico stringato, a
volte lancinante, con un intenso contenuto di denuncia e un velo di sottile
ironia. Componimenti che si avvicinano molto all'aforisma, e che si sviluppano
via via in una sorta di sillogismo chiuso in se stesso: "Continuiamo / a
baciare rospi / che non diventano / mai principi." Oppure ancora: "Un
angelo / di purezza / muta / in angelo / di malinconia."
Il risultato di questa suo dire poetico è lo spiazzamento da
parte del lettore, il quale resta coinvolto e affascinato da una conclusione
inaspettata, dunque aliena. Il che rende merito all'autore, in quanto il fare
poetico deve essere tale da proporre certamente il contenuto in sé, ma con una
forma, un modo, soprattutto, che sia il più diretto e incisivo possibile.
Invitiamo ora i nostri lettori ad aggiungere altre gradite
riflessioni o commenti sulla poesia di Stefano Taccone, della quale proponiamo
qui di seguito alcuni brani tratti dal suo libro "Alienità".
II
Più si offrono
olocausti all'Amore
e più Egli castiga
l'amante-donatore.
VI
La felicità è sterminata
quanto un deserto,
ma la sua eco è racchiusa
in ogni granello di sabbia,
e – perché no? –
in ogni punto
di lavoro a maglia.
XII
Trasformare
l'horror vacui
in stupor pleni.
XXIII
Il giorno in cui
si esaurirà il petrolio
raschieremo l'asfalto
fino a raggiungere
la Madre Terra
per baciarla in grembo
e riprendere
a confidare in lei,
nella morte dei semi,
nella vita dei frutti.
XXXI
La coercizione all'iperrealtà
prospera
laddove inaridisce
la fertilità dell'astrazione.
Eppure l'astrazione
è profondità
laddove l'iperrealtà
è pelle che raschia via
ogni nuova stagione.
XLVI
Prego
il Salvatore del Mondo
di liberarmi
dai salvatori di questo mondo.
Stefano Taccone (Napoli, 1981), dottore di ricerca in Metodi
e metodologie della ricerca archeologica e storico-artistica, è attualmente
docente di storia dell’arte nei licei. Dal 2013 al 2015 ha insegnato storia
dell’arte contemporanea presso la RUFA – Rome University of Fine Arts. Ha
pubblicato le monografie Hans Haacke. Il contesto politico come materiale
(Plectica, 2010), La contestazione dell’arte (Phoebus, 2013), La radicalità
dell’avanguardia (Ombre Corte, 2017), La cooperazione dell’arte (Iod, 2020); le
raccolte di racconti Sogniloqui (Iod, 2018) e Morfeologie (Iod, 2019) e la
silloge poetica Alienità (Divinafollia, 2019). Ha curato il volume Contro
l’infelicità. L’Internazionale Situazionista e la sua attualità (Ombre Corte,
2014). Collabora stabilmente con le riviste «Frequenze poetiche», «Segno» e
«OperaViva Magazine». Ha pubblicato sulle riviste «Boîte», «sdefinizioni»,
«Roots§Routes», «Titolo», «Tracce», «undo.net», «TK-21», «Walktable», «Titolo»,
«Sudcomune» .
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