Proponiamo qui alcuni testi tratti dalla sua raccolta, in cui si evince la profonda riflessione sul senso dell’esistenza, laddove il “centro”, metafora indovinata di un caposaldo immaginario ma necessariamente granitico, al quale affidare le proprie certezze. In una società che tende a frammentare e ad allontanare da questo “centro” ogni azione e ogni pensiero positivo, in un consesso cosiddetto civile dove l’umanità è ormai precaria e defraudata d’ogni luce divina e tutto precipita nel vuoto delle banalità, il poeta sente, avverte lo smarrimento, ricordando (e ricordandosi!) però del centro, della centralità da cui attingere ancora valori e fondamenti per il buon vivere futuro: “Qui, / nelle mie terre / aride e arcaiche, /proprio qui, incontro il tempo / al buio quando nello spiazzale / mi fermo.”
Un poeta interessante, che fa emergere, con i suoi versi brevi, a volte epigrammatici, il rovello interiore alimentato dalle incertezze e dai dubbi della quotidianità, ma anche la delicatezza e la solarità di un progetto di vita che si ricongiunga al “centro” fondamentale di essa.
Smarrirsi
poi il vuoto
la nube ancora lì
sorta dentro di me
non so quando.
Perché fuggi per poi tornare?
Ricordando che sei lì,
con occhi a guardare.
Qui,
nelle mie terre
aride e arcaiche,
proprio qui, incontro il tempo
al buio quando nello spiazzale
mi fermo.
La luna a pieni occhi
osserva
il mio guardare la vecchia madre
che stende il fresco bucato, ora
curiosa ricambia lo sguardo.
La quiete essenza
delle notti d’estate è nell’aria:
un’antica magia ferma il tempo
dipingendo l’istante.
È da questa vetta che posso
rincorrere ciò che vedo:
un’azzurra distesa
che non ha fine
né inizio.
Echi di mondo abbracciano
evocazioni lontane.
Le amate distese del tempo
mostrano i segni.
Mutano al loro moto.
Tra i denti con dolore
stringo sogni
ma a poco a poco
la vista appassisce.
Non riesco a vedere,
per quanto corra
rimango immobile
al punto di partenza.
Negli occhi la realtà
svanisce come un vecchio
fantasma stanco di vagare.
Non rimane che un boato
un urlo che si espande
nel vuoto più assoluto.
Testi tratti da:
Antonio Josef Faranda, Lontano dal centro, RPlibri, 2023
Antonio
Josef Faranda nasce
a Sant’Agata de’ Goti (BN) il 12 novembre 1996.
È poli-strumentista, compositore e produttore musicale. Si
è laureato in Chitarra Jazz e in Composizione Jazz presso il Conservatorio
“Nicola Sala” di Benevento. Per la sua Tesi di Laurea magistrale ha composto
una Suite per orchestra jazz dal titolo “Iter Animae Ad Divina” in cui ha
musicato alcuni versi tratti dalla Divina Commedia. Attualmente
frequenta il corso di Composizione tradizionale presso lo stesso conservatorio. È operativo presso il suo studio di produzione ad Airola (BN) dove compone, registra
e produce i suoi brani reperibili su tutti i digital store con il suo nome
d’arte Joseef.
Nessun commento:
Posta un commento