giovedì 30 maggio 2024

La "piccola mappa dei giorni comuni" di Alessandro Barbato

Abbiamo già avuto il piacere di segnalare la poetica di Alessandro Barbato, ottimo poeta romano, in varie note di lettura su “Transiti Poetici”, ed ora volentieri lo riproponiamo con questa sua recente uscita editoriale di “Versiedizioni”, dal titolo veramente singolare: Piccola mappa per giorni comuni. Esordisce così l’autore nelle sue “Avvertenze”: Piccola mappa per giorni comuni vorrebbe proporsi come discreto, per certi versi anche incerto percorso in versi, compiuto osservando sottovoce l’enigmatica quotidianità dell’esistere umano. Un’avvertenza, non una prefazione, o premessa o introduzione, quasi a volersi scusare con il lettore per l’improvvisa e forse inopportuna – secondo l’autore – intromissione nei fatti quotidiani delle persone, di tutti. Ma la poesia è già di per sé discrezione e nello stesso tempo invasione, nel senso che inesorabilmente e indiscutibilmente va ad occuparsi del campo umano, sentimentale e materiale, riuscendo ad entrare fin nelle minime cellule e nelle ferite e negli anfratti e negli spacchi della vita vissuta di ognuno, per evidenziare cosa, alla fine?... Ma per mettere in luce, far emergere i palpiti e i rovelli che ognuno si porta dentro e che nella vita “normale” e ufficiale, diciamo così, non hanno modo né tempo di essere considerati, impegnati come si è nelle svariate faccende lavorative, familiari, sociali, eccetera.
Dunque, una poesia che scava, mette il classico dito nella piaga, ne evidenzia le profonde emozioni, positive e negative che siano, al fine di offrire uno spunto di riflessione, finalmente, sul classico detto ma chi siamo, dove vogliamo andare?...
E la poesia di Alessandro Barbato, un po’ come nei suoi precedenti lavori, ma particolarmente in questa sua recente opera, è proprio indicatrice, cartina al tornasole di un vago disagio interiore, di una consapevolezza di grigiore che patina le cose e i luoghi, in una quotidianità sovente monotona, ripetitiva, svalutata.
Alessandro Barbato indaga dunque nel tessuto più intimo dell’animo umano, quando questo si trova ad affrontare, a vivere, le cose di tutti i giorni, cercandovi un motivo, un senso che possa contribuire alla spiegazione della vita, offrendo quindi spunti di riflessione personali e certamente condivisibili sull’esistenza. Con la sua poesia, compatta e propositiva, non priva di un certo ritmo, egli mette in relazione cose, fatti, situazioni della quotidianità, con la realtà naturale circostante, delineando così una mappa che possa in qualche modo fare da guida, offrire uno sbocco, una meta per il lungo cammino esistenziale, al fine di ritrovare quel “firmamento sotterrato in ogni angolo per noi”.
Una poesia asciutta, riflessiva, che scuote il lettore dal torpore di una routine quotidiana scialba e ripetitiva, proponendogli motivi di speranza e nuovi orizzonti.


Esiste un firmamento sotterrato

in ogni angolo per noi.

Insieme a un cielo grigio che a fatica

solamente qualche volta,

con qualcuno, proviamo a superare.

E colpa appare a volte il non volere

rivelare mai a nessuno

la paura che ci batte sulle tempie

quando l'ombra pesa addosso

e ci accorgiamo di esser vivi, forse,

in quel che non diciamo, oppure in quello

che vorremmo e non sappiamo

 

 ***

 

 Bisogna d'acqua questa terra antica

di vigne, ulivi e muriccioli a secco,

di odor di nafta dai trattori accesi

tra mani grandi e volti abbrustoliti.

Bisogna d'acqua e un giorno pioverà,

ma noi saremo persi per i vicoli,

lontano, o in autostrade che ci scavano

la mente, tra le smanie del tuo inverno.

Dovrà servire in fondo il solleone

che manda in fumo le sterpaglie e i rovi,

se il mondo intero intorno non si muove.

Sì, servirà a qualcosa anche aspettare:

la tua cicala canta ed ha ragione,

tra quel che a maggio fu lavanda al Sole.

 

Provenzale

 

*** 

 

Verremo via e con noi scivoleranno

nella notte delle palpebre

le cose e anche le case, tutte quante

le canzoni che ascoltavi

per dormire, le perline, i prati

e i fiori che teniamo nei cortili.

Verranno via con noi le nostre rose,

con le spine, i pennivendoli,

le giostre e poi il profumo che indossavi

quando aspettavamo Aprile.

Non mancheremo certo a questo mare

o alle sue onde che ci nutrono

la voce, né alla danza di cicale

che nemmeno a sera tace

e ci ricorda amori e fiabe.

 

La casa delle cose

 

 ***

 

Si sfoglia la parola come i platani

a novembre, s'accorcia anche il perimetro

dei sogni che tu salvi, qualche volta,

dagli strilli di straniero

di quest'alba irrevocabile, caduta

in mezzo ai campi lentamente,

sui cantieri, la mia strada,

i tuoi sbadigli e poi su carni

che rivestono i pensieri

taciturni. Ma restano le notti

nella gola e nelle vene ancora

voglia di trovarci più lontano,

dove a volte posso fingermi

ormai sordo a ogni scoppio di mortaio,

attento solo al tuo richiamo.

 

Via dell'alba

 

 ***

 

Mi hai rivelato le isole

e i deserti, le ansie liquide

di notti attese e vane in cui si cercano

i motivi per partire,

per tornare. Mi hai detto cose buone

che addolciscono il palato,

se muovevi tra i tizzoni

i miei pensieri inceneriti,

e altre inutili per vivere

ma vere come i venti che ci seccano

la gola. Adesso siamo incerti

se tacere oppure urlare,

procediamo titubanti

come tutti, un po' alla meglio,

senza troppa convinzione,

né tesori da scovare.

 

La mappa dei giorni comuni

 

 ***

 

Faremo come le anime che restano

nei sogni, nascoste

in coni d'ombra, avremo

sprazzi, lampi che somiglieranno

forse a vite intere di riserva.

Poi ne cercheremo in questa

come antichi, pazienti sacerdoti

i segni, qualche orma,

nel rapido mutare dell'eterna

rotazione di altre voglie

e imprecazioni. Vedremo ancora

un ritmo nel sospiro che ora pare

più lontano, mentre vela opaco

il mondo la cruda brevità

di questi nostri giorni;

e torneranno voci, le parole

scivolate via dagli occhi,

le morbide carezze che ora tacciono.

 

Sprazzo

 

 ***

 

Verranno a breve piogge e temporali

da ponente, dove fuggono

le anime cacciate via dal mondo.

Si modelleranno nubi

all'orizzonte e nell'incavo

dei tuoi occhi ricadranno goccia a goccia

le domande e gli sbadigli.

Sembreranno più affannati

anche i respiri con il vento

sempre alto e a un roveto

trascurato sarà simile il giardino,

quando pur concederemo

ancora al cielo una parola.

Nel frattempo puoi accudire

i tuoi propositi di luce:

sono fermi, qui accucciati

sulla coda dell'estate

che si sbuccia le ginocchia e corre

a casa senza piangere, né chiedere

più tempo a vecchi sogni sparpagliati.

 

Cambiostagione


Brani tratti da:

Alessandro Barbato, Piccola mappa per giorni comuni, Versiedizioni, 2024

Alessandro Barbato è nato a Roma nel 1975. Specializzatosi in Antropologia sociale presso l’EHESS di Parigi, si è dedicato allo studio dei rapporti tra nuove scienze umane e letteratura, pubblicando diversi saggi. Collabora con il blog dedicato a Pierpaolo Pasolini, «Le pagine corsare». È stato membro del comitato di redazione della rivista di settore «Civiltà e religioni». Appassionato di poesia contemporanea, ha pubblicato liriche su rivista, blog letterari e nel 2019 la silloge Il fiore dell’attesa, confluita nel 2020 nella raccolta Solamente quando è inverno. Nel 2022 ha visto la luce la raccolta poetica, La mimica dei mondi (qualche poesia fuoritempo), edita da Controluna. Attualmente insegna materie letterarie presso le Scuole Ebraiche di Roma

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