L’introspezione conduce ciascuno
di noi nei più reconditi angoli della coscienza, per un tentativo di dare un
senso al groviglio di sensazioni, di emozioni, di pensieri che urgono e non ci
danno pace. La scienza medica, la psicologia e la psicoanalisi certamente
aiutano e guidano questo processo di auto-interrogazione, ma a volte anche l’attività
creativa, e in particolare la poesia, può essere utile strumento. Il poeta, con
la sua sensibilità, può infatti immergersi nella propria intimità, sondare il
buio dell’anima e cercare di far emergere alla superficie quei lacerti di
disagio interiore che adombrano la quotidianità: una sorta di terapia o un processo di filtraggio e addirittura di confutazione delle
negatività che ci portiamo dentro. Confutare la morte, confutare il male,
confutare le oscenità.
Ma cosa sono queste oscenità
che il nostro autore, poeta e scrittore Cesare Cuscianna, va elencando, diciamo
così, in questa sua nuova raccolta dal titolo veramente singolare? La luce
degli osceni. In verità sappiamo tutti che le oscenità, volendo dare una
definizione superficiale del termine per semplificare le cose, sono quelle che
in qualche modo offendono il nostro senso di pudore, quelle cose o quei fatti
che deviano dalla normale etica quotidiana, del bene, del bello e del buono che
generalmente tutti condividiamo.
Ma Cesare Cuscianna va oltre.
La sua poesia scava in profondità, fino a ricercare quelle oscenità che vanno
ben al di là dei meri comportamenti scandalosi o delle mere apparenze
superficiali delle persone che possano turbare il nostro senso di perbenismo,
di normalità e di formalità. La poesia di Cesare Cuscianna individua l’oscenità
della morte, l’oscenità dell’ineluttabilità della morte, l’oscenità della
rassegnazione e della consapevolezza che il viaggio della vita è breve, che la
morte è un tuono e che la luce del sole è arrogante perché pretende di durare
oltre la notte, cioè di sovrastare l’oscurità metaforica della morte. Cosa
impossibile, naturalmente. Ma la poesia è indovinato viatico per procedere in
queste oscenità, è luce sugli osceni, dove osceni diventiamo noi stessi,
l’umanità, sottoposta alle leggi della natura che pretendono la nostra fine al
termine del giro della vita.
La poesia è coraggio e
determinazione. È opera d’arte che non teme di sembrare spietata, inflessibile,
perché dice la verità. La verità che l’uomo nella sua quotidianità cerca di
sottovalutare, di ignorare, preso da altri mille impegni. Ma un senso da dare
all’esistenza è latente in ciascuno di noi, e la poesia è utile strumento di
scavo per questo, è luce sugli osceni, per meglio capire e chiarire. E la
poesia di Cesare Cuscianna è adeguata a questo scopo, è necessariamente
incisiva, stentorea, non dà tregua, utilizza termini forti e sconvolgenti. È
una poesia che aiuta a meditare sulle vere questioni esistenziali e a
comprenderne, in qualche modo, le negatività, o meglio le oscenità, che ci
adombrano e ci avviliscono.
Ogni morte è tuono
poi, il primo sole
rullo suadente
d’acciaio nel cielo
e arriva la sua folle luce
la pretesa di durare oltre la notte.
Si muore come si piange
da bambini il capo chino
il braccio levato a nascondersi
quanto vi ho amato
non lo saprà nessuno
al riparo dai vostri occhi
fin nell’acqua fonda
il verde ci illumini
tu, luce degli osceni
parli come parlano i morti
col rumore dei sassi
spianati dalle parole.
Anch’io ho ucciso
senza colpa, senza sangue
il cadavere interrato in me
nel fianco della coscienza
dente di drago crudamente duole
la pagherò così
legacci ai polsi, ferri alle caviglie
nelle vene maldestre moltitudini
la trasparente rassegnazione
del pesce issato a bordo
l’occhio a fissare il pescatore
finalmente scorgendo Iddio.
Poesia all’inizio
è sempre uno spurgo di caos
una macchia di vomito giallastro
nel linguaggio denso degli schiavi
poi costruisco una geometria d’acciaio
la massa fremente del convoglio
arrestato in piena corsa sui binari
e prima che precipiti nel vuoto
stringo forte i denti,
così che il mondo scricchioli.
Sono un abito a rovescio
vesto deliqui, mancamenti della ragione
la fuga dei pensieri da ogni appiglio
molte voci abitano la mia bocce
ma quanto amo quelle linfe rattrappite
pronte a svanire come fantasmi
nel linguaggio dello sguardo
inutilmente chiedo
una bruma evidente aspiro
così vivo di me stesso
pianta di frutti rivolti all’interno
per meglio tenersi viva, o marcire.
Cesare Cuscianna, La luce degli osceni, Edizioni Montag,
2024
(Dalla presentazione del 24 gennaio 2025, nell'ambito della rassegna "Sulla rotta del mito", Biblioteca Comunale di Bacoli).
Sempre bello tornare alla biblioteca comunale di Bacoli, la palazzina neoclassica issata su una collinetta di fronte al mare che fece illanguidire eroi e imperatori, a ridosso di antichi resti. Con un piccolo gruppo di poeti abbiamo parlato della mia raccolta La luce degli osceni, letto poesie, scambiato opinioni, perché c’è sempre molto da dire sull’ineffabile fenomeno della poesia. Ringrazio tutti, in particolare Giuseppe Vetromile, curatore dell’evento, Mariagrazia Rossi, Gennaro Maria Guaccio, Salvatore Cantone per il loro contributo alla discussione. E ringrazio Edizioni Montag per la bella realizzazione dell’opera e il filosofo Lucio Saviani per averla arricchita con la sua prefazione.
RispondiEliminaCesare Cuscianna, 24/1/25