sabato 25 gennaio 2025

Presentazione del libro "La luce degli osceni" di Cesare Cuscianna

 

L’introspezione conduce ciascuno di noi nei più reconditi angoli della coscienza, per un tentativo di dare un senso al groviglio di sensazioni, di emozioni, di pensieri che urgono e non ci danno pace. La scienza medica, la psicologia e la psicoanalisi certamente aiutano e guidano questo processo di auto-interrogazione, ma a volte anche l’attività creativa, e in particolare la poesia, può essere utile strumento. Il poeta, con la sua sensibilità, può infatti immergersi nella propria intimità, sondare il buio dell’anima e cercare di far emergere alla superficie quei lacerti di disagio interiore che adombrano la quotidianità: una sorta di terapia o un processo di filtraggio e addirittura di confutazione delle negatività che ci portiamo dentro. Confutare la morte, confutare il male, confutare le oscenità.

Ma cosa sono queste oscenità che il nostro autore, poeta e scrittore Cesare Cuscianna, va elencando, diciamo così, in questa sua nuova raccolta dal titolo veramente singolare? La luce degli osceni. In verità sappiamo tutti che le oscenità, volendo dare una definizione superficiale del termine per semplificare le cose, sono quelle che in qualche modo offendono il nostro senso di pudore, quelle cose o quei fatti che deviano dalla normale etica quotidiana, del bene, del bello e del buono che generalmente tutti condividiamo.

Ma Cesare Cuscianna va oltre. La sua poesia scava in profondità, fino a ricercare quelle oscenità che vanno ben al di là dei meri comportamenti scandalosi o delle mere apparenze superficiali delle persone che possano turbare il nostro senso di perbenismo, di normalità e di formalità. La poesia di Cesare Cuscianna individua l’oscenità della morte, l’oscenità dell’ineluttabilità della morte, l’oscenità della rassegnazione e della consapevolezza che il viaggio della vita è breve, che la morte è un tuono e che la luce del sole è arrogante perché pretende di durare oltre la notte, cioè di sovrastare l’oscurità metaforica della morte. Cosa impossibile, naturalmente. Ma la poesia è indovinato viatico per procedere in queste oscenità, è luce sugli osceni, dove osceni diventiamo noi stessi, l’umanità, sottoposta alle leggi della natura che pretendono la nostra fine al termine del giro della vita.

La poesia è coraggio e determinazione. È opera d’arte che non teme di sembrare spietata, inflessibile, perché dice la verità. La verità che l’uomo nella sua quotidianità cerca di sottovalutare, di ignorare, preso da altri mille impegni. Ma un senso da dare all’esistenza è latente in ciascuno di noi, e la poesia è utile strumento di scavo per questo, è luce sugli osceni, per meglio capire e chiarire. E la poesia di Cesare Cuscianna è adeguata a questo scopo, è necessariamente incisiva, stentorea, non dà tregua, utilizza termini forti e sconvolgenti. È una poesia che aiuta a meditare sulle vere questioni esistenziali e a comprenderne, in qualche modo, le negatività, o meglio le oscenità, che ci adombrano e ci avviliscono.

 

Ogni morte è tuono

 

poi, il primo sole

rullo suadente

d’acciaio nel cielo

 

e arriva la sua folle luce

la pretesa di durare oltre la notte.

 

 ***

 

Si muore come si piange

da bambini il capo chino

il braccio levato a nascondersi

 

quanto vi ho amato

non lo saprà nessuno

al riparo dai vostri occhi

 

fin nell’acqua fonda

il verde ci illumini

tu, luce degli osceni

 

parli come parlano i morti

col rumore dei sassi

spianati dalle parole.

 

*** 

 

Anch’io ho ucciso

senza colpa, senza sangue

il cadavere interrato in me

nel fianco della coscienza

dente di drago crudamente duole

la pagherò così

 

legacci ai polsi, ferri alle caviglie

nelle vene maldestre moltitudini

la trasparente rassegnazione

del pesce issato a bordo

l’occhio a fissare il pescatore

finalmente scorgendo Iddio.

 

 ***

 

Poesia all’inizio

è sempre uno spurgo di caos

una macchia di vomito giallastro

nel linguaggio denso degli schiavi

 

poi costruisco una geometria d’acciaio

la massa fremente del convoglio

arrestato in piena corsa sui binari

 

e prima che precipiti nel vuoto

stringo forte i denti,

così che il mondo scricchioli.

 

 ***

 

Sono un abito a rovescio

vesto deliqui, mancamenti della ragione

la fuga dei pensieri da ogni appiglio

 

molte voci abitano la mia bocce

ma quanto amo quelle linfe rattrappite

pronte a svanire come fantasmi

 

nel linguaggio dello sguardo

inutilmente chiedo

una bruma evidente aspiro

 

così vivo di me stesso

pianta di frutti rivolti all’interno

per meglio tenersi viva, o marcire.


Cesare Cuscianna, La luce degli osceni, Edizioni Montag, 2024

(Dalla presentazione del 24 gennaio 2025, nell'ambito della rassegna "Sulla rotta del mito", Biblioteca Comunale di Bacoli).





1 commento:

  1. Sempre bello tornare alla biblioteca comunale di Bacoli, la palazzina neoclassica issata su una collinetta di fronte al mare che fece illanguidire eroi e imperatori, a ridosso di antichi resti. Con un piccolo gruppo di poeti abbiamo parlato della mia raccolta La luce degli osceni, letto poesie, scambiato opinioni, perché c’è sempre molto da dire sull’ineffabile fenomeno della poesia. Ringrazio tutti, in particolare Giuseppe Vetromile, curatore dell’evento, Mariagrazia Rossi, Gennaro Maria Guaccio, Salvatore Cantone per il loro contributo alla discussione. E ringrazio Edizioni Montag per la bella realizzazione dell’opera e il filosofo Lucio Saviani per averla arricchita con la sua prefazione.
    Cesare Cuscianna, 24/1/25

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