Così, sulla falsariga della vicenda di Penelope a tutti noi nota, la moglie paziente, scaltra e determinata che tesse la sua tela di giorno e la disfa di notte in un interminabile lavorio di mantenimento dello status quo, al fine di rimandare il più possibile la sua decisione finale, la nostra autrice Antonella Sica in L’ira notturna di Penelope, raccolta di poesie recentemente pubblicata da Prospero Editore, emula lo spirito e l’intelligenza femminile e, in definitiva, umana, nel mantenere una sorta di equilibrio, uno stato di attesa “vigile” nell’affrontare la quotidianità e impostando le proprie aspettative future.
E dunque cosa si può ulteriormente notare, leggendo i bellissimi e significativi testi di questa raccolta? Presumo, essenzialmente, l’idea di incompiutezza, soprattutto nella vita di tutti i giorni, un senso di inarrivabilità quasi asintotica: “Ogni giorno con pazienza / disfo un punto combattendo / l’ira notturna di Penelope / tremando il dubbio se qualcuno / ancora sotto respira.” Si tratta evidentemente della consapevolezza che non sarà mai raggiungibile una pienezza di vita, una soddisfazione o meglio una realizzazione completa del senso dell’esistenza, e la nostra autrice lo esprime con grande valore poetico, ma anche filosofico, quando fa trapelare questo sentimento di precarietà, di disagio spirituale che investe anche l’ambito fisico e psicologico. Una continua tensione alla luminosità e alla pienezza di una vita che dia senso al tutto! Ed è perciò che il lavorio continuo, nottetempo, della trama vitale comporta una misura di rabbia, che è ira quasi repressa, addomesticata e gestita quasi a voler dare maggiore impeto e forza, energia rinnovante, a proseguire.
Come sempre, quando la poesia è davvero alta, come lo è senz’altro quella di Antonella Sica, è lo spessore della parola la caratteristica essenziale, capace di esprimere l’idea di fondo dell’autore, riuscendo con i suoi versi a dire molto di più del narrato, grazie agli echi, ai rimandi, alle allusioni, ai simboli che ampliano i confini poetici ad orizzonti altri, concentrici, proprio come le onde circolari in uno specchio d’acqua generate dal lancio di un sasso.
E dunque il discorso di Antonella Sica in quest’Ira notturna di Penelope è senza dubbio un florilegio nei confronti di una umanità che, nonostante ogni nequizia, dubbi e incertezze, che sempre adombrano il suo proseguire verso la piena realizzazione, cerca costantemente di mantenere salda e rifinita la “tela” , la speranza, la forza e il coraggio di affrontare il futuro: è, peraltro, anche il canto della donna, consapevole finalmente della propria dignità e del proprio ruolo in un contesto sociale purtroppo ancora renitente. Ma l’arte, e la Poesia, superano le barriere di ogni gretto pregiudizio: Antonella Sica è poetessa eloquente e meritoria, in questo nostro mondo avido e impaziente.
Pelle su pelle cucita
troppo stretta ai fianchi,
sconosciuta addosso
che vive la mia vita; che rimane
quando vorrei andare via
che non prende, chiede
sempre permesso e mi consuma
di rabbia dietro, dal posto
già assegnato nella retrovia.
Cucita addosso la pelle
di mia madre, di mia nonna
ricamata come un corredo
a riscatto della carenza.
Ogni giorno con pazienza
disfo un punto combattendo
l’ira notturna di Penelope
tremando il dubbio se qualcuno
ancora sotto respira.
***
Dissoluzione n. 1
Tagli sui confini sordi del corpogravità spezzata in varchi
per l’incanto sonoro del merlo
mangiatore di vermi
del tordo bottaccio, del fringuello.
Scivola il sangue nelle grondaie
pettirosso dissolto nella pioggia d’aprile
si guasta la pelle all’acqua che cade
battono il tempo le ossa lavate
liberate dal cuore al biancore dell’alba.
***
La parola che trattengo fiorisce in gola,
l’aria consumando in petto.
S’offusca lo sguardo distolto troppo presto
dalla nebbia e scolora il bacio non dato
come quello dato
ma lascia un velo amaro sul labbro domato
che attende invano d’esser risarcito.
***
il tempo alle necessità, vivo
nel disordine, scrivo sulla polvere
Guardo.
i nodi si sciolgono e i lacci
si intrecciano per donarmi
la caduta.
la chiave s’inceppa, non trova
il suo vuoto; non so mai
arrivare fino in fondo all’odio
e all’amore.
***
Ho slacciato i passi al tempoestinte le radici fino al sangue
ora dondolo le gambe sul vuoto
fra le grida limpide del volo
un vociare infantile sale, c’è aria
di mare che solleva le gonne
ridono le donne in cristalli di seta
in questo angolo terso della vita
svestita d’ogni sguardo mi sposto
fuori campo, nella coda dell’occhio.
***
Frammenti di un epilogoQuando sarò andata via
dovranno occuparsi
della mia assenza.
Riempiranno tutti i buchi
che ho fatto nella terra
per mettere radici.
Sgombreranno
il mio piccolo spazio:
terranno l’oro per il valore,
getteranno i libri
e le fotografie senza più memoria
nascoste tra le pagine.
I miei fogli di tormento
diventeranno carta
su cui appuntare i fantasmi
di una nuova vita
o la lista della spesa.
Brani tratti dal libro L'ira notturna di Penelope, di Antonella Sica, Prospero Editore, Novate Milanese, 2022; prefazione di Donatella Bisutti
Antonella Sica, laureata in Lettere Moderne, è regista e
manager culturale in ambito cinematografico. Ha fondato e diretto il Genova
Film Festival e realizzato audiovisivi più volte premiati. Nel 2016 pubblica
con Prospero Editore Fragile al mondo,
la sua prima raccolta. Nel 2017 vince il Premio Internazionale di Poesia “Città
di Milano” con la silloge La memoria nel
corpo (Rayuela Ed.). Nel 2019 con L’ira
notturna di Penelope, ancora inedito e qui per la prima volta pubblicato,
vince il Premio come Miglior Silloge al XX Premio di Scrittura Femminile “Il
Paese delle donne”.
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