martedì 11 aprile 2023

La poesia dell'"Incontro" in Margherita Parrelli

Poesia è, a volte, anche mettersi in gioco, sperimentare e rievocare il proprio umore, i propri ricordi, le emozioni, ricostruendoli con una materia spirituale fatta di parole e di versi: materia spirituale, sì, perché ritengo questa espressione ossimorica aderentissima al fare poesia, laddove occorre attingere dal segreto (vedi Ungaretti!) che ognuno custodisce in sé, dal subbuglio che alimenta i nostri dubbi e le nostre aspettative, per esplicarli su un piano che va oltre, certamente, la mera fisicità della nostra realtà quotidiana. (Lo spessore della parola poetica permette infatti di estendere i concetti e i significati, con echi, rimandi e allusioni…). Incontro, di Margherita Parrelli, profonda e corposa silloge poetica, ha proprio queste significative caratteristiche di recupero degli strati e delle dimensioni più intime, al fine di attualizzarli nella contemporaneità del vissuto quotidiano. Incontro tra anime del passato, come la figura della madre rievocata in più sezioni, e alla quale è dedicata la raccolta, e anime del presente, come la stessa autrice, o anime contemporanee che l’occhio attento della nostra poetessa indaga fin nel loro più intimo palpitare di umanità.
Incontro è dunque una lunga vicenda poetica, narrata in una raccolta omogenea di testi connessi tra di loro da questo filo conduttore robusto e nello stesso tempo discreto, intimo, che è l’indagine attenta del vissuto dell’autrice, in particolare riferito alla madre, figura che in qualche modo si identifica nella contemporaneità di altre situazioni umane e sociali, dove è latente una sofferenza, un dolore più psicologico che materiale, dovuto a stati di abbandono, di nostalgia, di solitudine. Così la madre, vista seduta e vecchia, con le mani appoggiate l’una sull’altra, diviene simbolo, effigie di una umanità desolata, relegata in ambienti artificiali, dove vige solo il sibilo dell’aria condizionata, come in un supermercato, e l’unica parola che rianima questa madre/umanità è la casa, il desiderio di ritornarvi, di esservi di nuovo al centro, per avvertirne di nuovo la vitalità. E dunque l’autrice fa trasparire forse anche un velato senso di colpa in seno ad una società che destina i non più operativi ad un confine freddo e isolato, emarginandoli dalla quotidianità produttiva e misantropa.
Margherita Parrelli è poetessa vigile e sensibile, si esprime con una poetica minuziosa, efficace, non trascurando le cose minime, i sentimenti e gli stati d’animo anche i più sottili: non sfuggono nei suoi versi particolari apparentemente insignificanti (Il servizio da caffè / il macinacaffè il barattolo / da caffè la caffettiera / la tazza da caffè e il suo piattino…), ma necessari, indispensabili a descrivere il momento, il ricordo, la nostalgia del vissuto.
Il dettato poetico è del tutto personale, nel senso di unicità e originalità del dire, con uno studio indovinatissimo del modo migliore di esprimere contenuti densi e particolareggiati, facendo alternare, in una sorta di dialogo tra entità che si trovano su due piani psicologici, e persino fisici e temporali, diversi, con quelle connotazioni in corsivo che molto bene restituiscono le immagini e le situazioni, spesso contrapposte.
Un’opera poetica decisamente importante, per la caratura davvero elevata dei contenuti, ma anche per la struttura lirica, possente ma fluida, che, proprio grazie all’intercalare dei versi in corsivo, offre brevissimi ma significativi attimi di pausa, necessari per passare da un figurazione all’altra, da una dimensione spazio-temporale all’altra, al fine di apprezzare meglio tutto il complesso poematico, con un flusso lirico misurato e gradevole per il fruitore.



Il sibilo dell’aria condizionata

si aggira tra gli scaffali

riso verza verde pane burro spuma birra latte pasta

non so leggere le etichettature, necrologie superstiti

 

Sei disadorna

la gonna la maglia le scarpe la giacca

i capelli grigi corti parlano con la tua voce

di molte partenze e nessun arrivo

nello sguardo marrone, eppure domani vai

 

Corridoi lunghi

a vista rotoli di carta igienica appollaiata

bianca profumata violetta cuoricini stelline a fiori

pulisce meglio non irrita il retro pensiero delicato

 

La finestra tagliata a riquadri

è chiusa e piena di spifferi

il proprietario non ha avuto tempo

di cambiare gli infissi

e la polvere forma mulinelli

prima di raccogliersi nell’angolo

 

Il pavimento è chiaro

con qualche frenata nera di carrelli

detersivi ammorbidenti brillantati smacchiatori

per argento ottone legno acciaio marmo porcellana

 

Sono passati

quarantaquattroannitremesieseigiorni

stai seduta vecchia e appoggi le mani

una nell’altra

tu la sedia il tavolo la finestra a strisce

la luce di novembre

 

La carne impacchettata

rossa come il sangue

illuminata senza pietà

perché mai se ne dovrebbe avere

se mezzo chilo di filetto di maiale

non ha odore, non è che un nome

 

Sotto i piedi linoleum

del colore appropriato al tuo caso

il commiato

da strade palazzi lampioni

vento sui fili

spicchi di luna senza più spazio tra le nuvole

e una parola sola che rimbomba nella testa

casa

 

Il servizio da caffè

il macinacaffè il barattolo da caffè la caffettiera

la tazza da caffè e il suo piattino

non si può sbagliare

persino io riconosco i tre chicchi

che accompagnano l’offerta della settimana

dal primo all’ultimo giorno

 

Non hai una valigia al tuo fianco

ma una borsa nera appesa allo schienale

di quell’unica sedia dove sei

dove sei stata ogni giorno, mattina e cena

 

In un modo o nell’altro ho riempito il carrello

e ho fatto la spesa in questo primo giorno

non ho pensato quale fosse l’ultimo

mentre pagavo

 

                                             MIGRAZIONI

 

 


***

 

Cielo di latte illusione diffusa

nel caldo umido attaccato ai muri

tra le strade e le cime dei palazzi

appoggiati gli uni agli altri

si perde lo sguardo e trema

 

Dentro la leggera frescura della chiesa

le mani della suora ferme sul rosario

la tunica e il capo coperti di bianco

la penombra intorno ai passi

in cerca di acqua santa

 

Quanta attenzione nel fare le trecce

hai messo ieri notte prima di cadere

addormentata sul cartone

la valigia di plastica accanto

la bottiglia di birra rotolata via

 

Nel segno della croce si affretta

chi prega e sa come fare

intreccia le dita e la devozione

tra il marmo barocco dell’ambone

e l’oro dell’altare tornito

 

                                         PREGHIERE

 

***

 

Il fiore rosso con lo stelo nero

arriva nella busta bianca

il postino non sa e piega

la lettera nella cassetta

 

Non mi stanco di raccontare

la tua casa di cartone transennata

la tua pittura sotto il portico

la barba lunga il fornello a gas

per la cucina di strada

 

Sulla porta il mio cognome

lo stesso che hai scritto sulla busta

lo spazio di un mattino non dimenticato

la tua scrittura acuta e tormentata

 

Le mani sporche di colore

tengono lo spago

lo spago tiene la busta

il vento tiene i pensieri

i pennelli sul fondo di bottiglia

che mescolano i dubbi

 

Scendi con me al binario

la valigia non è grande

ma ha il cuore pesante

e aspettiamo insieme

il tempo che passa

qualche attimo appena

 

Mi sorridi ogni volta che mi avvicino

e mi sembra di conoscerti

così bene da potermi sedere

con te sul gradino del portone

e mangiare nello stesso piatto

 

Non conto più i chilometri

che ci separano

non è giusto non è umano

essere così lontani

con una fila di arrivederci

rimasta tra le mani

 

                                DISTANZE

 

***

 

Dietro il vetro ingrigisce la tenda

e gli alberi invernali nella strada

sono ombre affamate di freddo

 

Qual è la tua finestra

nell’onda di cemento che abiti

alveare sotto il sole cocente

 

Il letto è stretto di tormenti

e la stufa stiepidisce appena

la stanza della tua giornata

 

Un uomo col mandolino la cerca

cerca il segno della tua ombra

per iniziare la sua canzone

 

Come sarà la notte se il giorno

è già una fotografia in bianco e nero

un fruscio sotto il lenzuolo magro

 

Avrà bisogno dell’imbrunire

perché il suo canto trovi la tua luce

nel palazzo-dinosauro

 

                                    FINESTRE


Brani tratti dal libro Incontro, di Margherita Parrelli, La Vita Felice, 2022; prefazione di Marco Bellini.


Margherita Parrelli è nata a Roma nel 1967, dove si è laureata in Filosofia ed è tornata a vivere dieci anni fa, dopo quasi venti passati tra Gran Bretagna, Francia e Germania. In Germania vivono il figlio e la figlia, ormai ventenni.

Ha lavorato come freelance per il “Bayerischer Rundfunk”, la RAI, “Il Mattino” di Napoli e come insegnante di italiano alla Volkshochschule di Monaco di Baviera.

Attualmente si occupa di donne vittime di violenza e lavora come consulente familiare.

Ha pubblicato tre raccolte poetiche: L’orizzonte tra le mani (LietoColle, 2011), Falling Down (La Vita Felice, 2014), Penelope e Antigone - poemetto (La Vita Felice, 2017), arrivato primo al Premio Letterario Internazionale “Maria Cumani Quasimodo” e messo in scena come monologo.




Nessun commento:

Posta un commento

Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà