Incontro è dunque una lunga vicenda poetica, narrata in una raccolta omogenea di testi connessi tra di loro da questo filo conduttore robusto e nello stesso tempo discreto, intimo, che è l’indagine attenta del vissuto dell’autrice, in particolare riferito alla madre, figura che in qualche modo si identifica nella contemporaneità di altre situazioni umane e sociali, dove è latente una sofferenza, un dolore più psicologico che materiale, dovuto a stati di abbandono, di nostalgia, di solitudine. Così la madre, vista seduta e vecchia, con le mani appoggiate l’una sull’altra, diviene simbolo, effigie di una umanità desolata, relegata in ambienti artificiali, dove vige solo il sibilo dell’aria condizionata, come in un supermercato, e l’unica parola che rianima questa madre/umanità è la casa, il desiderio di ritornarvi, di esservi di nuovo al centro, per avvertirne di nuovo la vitalità. E dunque l’autrice fa trasparire forse anche un velato senso di colpa in seno ad una società che destina i non più operativi ad un confine freddo e isolato, emarginandoli dalla quotidianità produttiva e misantropa.
Margherita Parrelli è poetessa vigile e sensibile, si esprime con una poetica minuziosa, efficace, non trascurando le cose minime, i sentimenti e gli stati d’animo anche i più sottili: non sfuggono nei suoi versi particolari apparentemente insignificanti (Il servizio da caffè / il macinacaffè il barattolo / da caffè la caffettiera / la tazza da caffè e il suo piattino…), ma necessari, indispensabili a descrivere il momento, il ricordo, la nostalgia del vissuto.
Il dettato poetico è del tutto personale, nel senso di unicità e originalità del dire, con uno studio indovinatissimo del modo migliore di esprimere contenuti densi e particolareggiati, facendo alternare, in una sorta di dialogo tra entità che si trovano su due piani psicologici, e persino fisici e temporali, diversi, con quelle connotazioni in corsivo che molto bene restituiscono le immagini e le situazioni, spesso contrapposte.
Un’opera poetica decisamente importante, per la caratura davvero elevata dei contenuti, ma anche per la struttura lirica, possente ma fluida, che, proprio grazie all’intercalare dei versi in corsivo, offre brevissimi ma significativi attimi di pausa, necessari per passare da un figurazione all’altra, da una dimensione spazio-temporale all’altra, al fine di apprezzare meglio tutto il complesso poematico, con un flusso lirico misurato e gradevole per il fruitore.
Il sibilo dell’aria condizionata
si aggira tra gli scaffali
riso verza verde pane burro spuma birra latte pasta
non so leggere le etichettature, necrologie superstiti
Sei disadorna
la gonna la maglia le
scarpe la giacca
i capelli grigi corti
parlano con la tua voce
di molte partenze e
nessun arrivo
nello sguardo marrone,
eppure domani vai
Corridoi lunghi
a vista rotoli di carta igienica appollaiata
bianca profumata violetta cuoricini stelline a fiori
pulisce meglio non irrita il retro pensiero delicato
La finestra tagliata a
riquadri
è chiusa e piena di
spifferi
il proprietario non ha
avuto tempo
di cambiare gli
infissi
e la polvere forma
mulinelli
prima di raccogliersi
nell’angolo
Il pavimento è chiaro
con qualche frenata nera di carrelli
detersivi ammorbidenti brillantati smacchiatori
per argento ottone legno acciaio marmo porcellana
Sono passati
quarantaquattroannitremesieseigiorni
stai seduta vecchia e
appoggi le mani
una nell’altra
tu la sedia il tavolo
la finestra a strisce
la luce di novembre
La carne impacchettata
rossa come il sangue
illuminata senza pietà
perché mai se ne dovrebbe avere
se mezzo chilo di filetto di maiale
non ha odore, non è che un nome
Sotto i piedi linoleum
del colore appropriato
al tuo caso
il commiato
da strade palazzi
lampioni
vento sui fili
spicchi di luna senza
più spazio tra le nuvole
e una parola sola che
rimbomba nella testa
casa
Il servizio da caffè
il macinacaffè il barattolo da caffè la caffettiera
la tazza da caffè e il suo piattino
non si può sbagliare
persino io riconosco i tre chicchi
che accompagnano l’offerta della settimana
dal primo all’ultimo giorno
Non hai una valigia al
tuo fianco
ma una borsa nera
appesa allo schienale
di quell’unica sedia
dove sei
dove sei stata ogni
giorno, mattina e cena
In un modo o nell’altro ho riempito il carrello
e ho fatto la spesa in questo primo giorno
non ho pensato quale fosse l’ultimo
mentre pagavo
MIGRAZIONI
***
Cielo di latte illusione diffusa
nel caldo umido attaccato ai muri
tra le strade e le cime dei palazzi
appoggiati gli uni agli altri
si perde lo sguardo e trema
Dentro la leggera
frescura della chiesa
le mani della suora
ferme sul rosario
la tunica e il capo
coperti di bianco
la penombra intorno ai
passi
in cerca di acqua
santa
Quanta attenzione nel fare le trecce
hai messo ieri notte prima di cadere
addormentata sul cartone
la valigia di plastica accanto
la bottiglia di birra rotolata via
Nel segno della croce
si affretta
chi prega e sa come
fare
intreccia le dita e la
devozione
tra il marmo barocco
dell’ambone
e l’oro dell’altare tornito
PREGHIERE
***
Il fiore rosso con lo stelo nero
arriva nella busta bianca
il postino non sa e piega
la lettera nella cassetta
Non mi stanco di
raccontare
la tua casa di cartone
transennata
la tua pittura sotto
il portico
la barba lunga il
fornello a gas
per la cucina di
strada
Sulla porta il mio cognome
lo stesso che hai scritto sulla busta
lo spazio di un mattino non dimenticato
la tua scrittura acuta e tormentata
Le mani sporche di
colore
tengono lo spago
lo spago tiene la
busta
il vento tiene i
pensieri
i pennelli sul fondo
di bottiglia
che mescolano i dubbi
Scendi con me al binario
la valigia non è grande
ma ha il cuore pesante
e aspettiamo insieme
il tempo che passa
qualche attimo appena
Mi sorridi ogni volta
che mi avvicino
e mi sembra di
conoscerti
così bene da potermi
sedere
con te sul gradino del
portone
e mangiare nello
stesso piatto
Non conto più i chilometri
che ci separano
non è giusto non è umano
essere così lontani
con una fila di arrivederci
rimasta tra le mani
DISTANZE
***
Dietro il vetro ingrigisce la tenda
e gli alberi invernali nella strada
sono ombre affamate di freddo
Qual è la tua finestra
nell’onda di cemento
che abiti
alveare sotto il sole
cocente
Il letto è stretto di tormenti
e la stufa stiepidisce appena
la stanza della tua giornata
Un uomo col mandolino
la cerca
cerca il segno della
tua ombra
per iniziare la sua
canzone
Come sarà la notte se il giorno
è già una fotografia in bianco e nero
un fruscio sotto il lenzuolo magro
Avrà bisogno
dell’imbrunire
perché il suo canto
trovi la tua luce
nel palazzo-dinosauro
FINESTRE
Brani tratti dal libro Incontro, di Margherita Parrelli, La Vita Felice, 2022; prefazione di Marco Bellini.
Margherita Parrelli è nata a Roma nel 1967, dove si è
laureata in Filosofia ed è tornata a vivere dieci anni fa, dopo quasi venti
passati tra Gran Bretagna, Francia e Germania. In Germania vivono il figlio e
la figlia, ormai ventenni.
Ha lavorato come freelance per il “Bayerischer Rundfunk”, la
RAI, “Il Mattino” di Napoli e come insegnante di italiano alla Volkshochschule
di Monaco di Baviera.
Attualmente si occupa di donne vittime di violenza e lavora
come consulente familiare.
Ha pubblicato tre raccolte poetiche: L’orizzonte tra le mani (LietoColle, 2011), Falling Down (La Vita Felice, 2014), Penelope e Antigone - poemetto (La Vita Felice, 2017), arrivato primo
al Premio Letterario Internazionale “Maria Cumani Quasimodo” e messo in scena
come monologo.
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