giovedì 5 dicembre 2024

Mariano Ciarletta legge Patrizia Fasulo: La fatica della boccia, Emia Edizioni, 2021

Nella silloge La fatica della boccia spicca un ricercato equilibrio semantico e la volontà di non rinunciare all’essenzialità della parola (Agamben, 2022). Patrizia Fasulo declina la fatica, intesa non soltanto come fenomeno-condizione, in modo sorprendentemente eterogeneo. La fatica è infatti la melanconia che chiude i pensieri, la memoria che sopravvive al corpo che cede, ma anche la comunanza che sussiste tra il meticoloso lavoro dell’insegnante e quello del contadino. Una fatica che, lasciando l’azzurro delle prime pagine, diviene cupamente ostruzione, impedimento e, soltanto nelle battute finali, liberazione: Persino le lacrime/solcando il viso/ si ramificano/in mille percorsi. La fatica di Fasulo, tuttavia, trova accoglienza nella gioia che deriva dal ritrovo-rimembranza: Per un attimo ti ho rivista/con l’alluce sbucciato/capelli ricci e scarmigliati/correvi nei campi di grano/felice perché libera di essere/Eri proprio tu/ Ero proprio io. Alcuni componimenti dell’autrice varesina disvelano un valore significativamente esperienziale. Ne sono un esempio le stesse partenze e gli stessi arrivi, i quali anticipano una fuga - fazzoletto di tempo. Ma è proprio questo un passaggio significativo, in quanto è nel ritorno che l’autrice si riscopre – con matura e nostalgica lucidità –  troppo giovane per essere vecchia/troppo vecchia per essere giovane. La fatica di Fasulo trasmuta ancora – ed inaspettatamente – in esigenza di libertà. Ciò si verifica nel corpo statico/ che fatica a sopportare il dolore, o nel parto-nucleo della fatica stessa: Tacendo/veniamo alla luce/ un istante dopo/ abbiamo già imparato il pianto. Nelle poesie successive, la scelta di ricorrere frequentemente alla metafora si rivela pienamente ragionata. Il suo impiego, infatti, consente al lettore di cogliere le diverse sfumature che caratterizzano il senso di “fatica” sui cui si erige l’intera silloge. La fatica diviene allora attesa-pretesa, presenza non vista, una schiena voltata. Tale condizione è più avvertita nel distacco dalla realtà imposto dalla pandemia dove, come un contadino privato del suo campo, Fasulo confessa una genuina nostalgia alla propria professione: Tutto è deserto/ Mi assorda un silenzio surreale/ Non avrei mai immaginato/ che le vostre indisciplinate urla/ potessero mancarmi così tanto/ Coraggio ragazzi/ ci rivedremo presto. Una poesia, dunque, dove si collimano  eventi personali e collettivi. Molti dei versi di Fasulo, infatti, sono ampiamente condivisibili, specie quando la fatica si manifesta Declinando/ un’esistenza in cui si deve, a volte, rimanere fermi a fatica.


Ai miei maestri

 

Il lavoro dell’insegnante

è simile a quello del contadino

richiede cura e fatica

tempo

e costanza

 

Si prepara il terreno

Si semina

si dà acqua

né troppa per non affogare la pianta

né poca per non seccarla

 

Si tolgono le erbacce

per dare respiro

Si protegge dalle intemperie

Si attende pazientemente

Si godono i frutti

 

 ***


Fazzoletto di tempo


Fuggii da casa

a diciotto anni

come un prigioniero

evade dalla galera

 

Maggiorenne

diplomata musicista senza musica

insegnante senza penna

innamorata dell’amore

 

Una distrazione disattenta

mi strappò dall’innocenza

Troppo in un fazzoletto di tempo

Troppo per una bambina divenuta donna

 

Quarant’anni dopo

ritorno

tra quelle quattro mura

non più galera ma rifugio

 

Frugo nelle tasche della vita

il fazzoletto è ancora lì intriso d’amarezza

 

Troppo giovane per essere vecchia

Troppo vecchia per essere giovane

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