martedì 28 settembre 2021

"Incipit", di Annalisa Rodeghiero

Sovranità d’esistere, / mistero che ogni volta si rinnova / nell’amniotico regno d’acque / dove la vita si conta / in settimane e mesi / e il peso in grammi come l’oro.” Sono i versi finali di una poesia di Annalisa Rodeghiero inserita nella raccolta intitolata “Incipit”, edita da Stravagario nel 2019. Ho scelto questi versi e questa poesia per introdurre, sia pur brevemente, alcune mie riflessioni dopo la lettura del libro, che subito mi è parso veramente interessante, sia sul piano dei contenuti, e sia sulla modalità espressiva, che è a mio parere intensa, appassionata, colta. Colta, perché parlare in poesia di un argomento così delicato e, soprattutto, ampio, quale è la nascita di una vita, può causare delle cadute di tono e aprire facilmente il varco a delle ovvietà e a delle melensaggini, dal momento che il tema si offre a questo tipo di trattazioni, come del resto, genericamente parlando, tutte le trattazioni e argomenti in cui prevale fortemente il sentimento, l’emozione, la grazia, la santità, la bellezza, la gioia, eccetera.
Con ciò non voglio assolutamente affermare che tali temi siano da evitare o da sottovalutare, quando arriva la fatidica “ispirazione” poetica che suggerisce e instrada l’autore a esprimere in versi queste emozioni forti e assai positive. Il fatto è che bisogna “trattare” i sentimenti e le emozioni con le classiche pinze, in poesia, altrimenti si rischia la caduta di qualità e di potenziale propositivo di cui accennavo prima.
E quindi, tornando a “Incipit”, non c’è nessun pericolo che il tema della nascita possa in questa bellissima raccolta degradarsi ed appiattirsi perdendo nell’usualità dell’argomento la sua forza espressiva, la sua potenzialità di trascendenza. Incipit, inizio, è un punto di partenza intelligente, dal quale l’autrice, Annalisa Rodeghiero, intraprende un viaggio parallelo in una dimensione filigranata e a volte quasi sottintesa, in cui i fatti contingenti, la nascita della nipote, il vederla crescere, il tempo delle attenzioni, le cure e le delicatezze, lungi dall’essere soltanto delle mere cronache familiari, aneddoti e piccole storie, costituiscono in realtà un excursus emotivo e filosofico di grande pregio, perché vanno a evidenziare, a stimolare riflessioni profonde sul senso dell’esistenza, della vita e del suo evolversi in ambito sociale e familiare. La Poesia prende spunto da situazioni, flash, momenti, immagini anche le più elementari, solite, scontate, evidenti, ma in un certo qual modo le nobilita, le innalza, estrapolandone il fondo di verità e di novità, fornendo chiavi di letture “altre”, ispessendo i contenuti oltre i limiti contestuali: la poesia è “aria” libera, incontenibile, che si genera dall’idea, dal tema, ma che poi progredisce e alimentandosi di sé stessa, diventa quell’atto plurimo, esplodente nell’universale di tutti. Ed è così anche la poesia di Annalisa Rodeghiero, in Incipit come nelle altre sue pregevoli produzioni poetiche.
Ed ecco l’essenza del dire poetico di Annalisa Rodeghiero in questa raccolta: “Apparteniamo / forse per nascita, predestinazione o scelta / a un genitore a un figlio a un uomo, / ognuno a modo nostro. / È il nostro modo di vivere il mondo / in fondo / - quasi sempre o quasi mai - / soli”: laconicità dell’esistenza, nonostante i legami parentali e amicali, in un mondo generalmente egoista, da riconsiderare e da ri-costruire, nel rispetto della dignità e della sacralità di ogni vita.
Riportiamo qui di seguito alcuni brani tratti dal libro della Rodeghiero; i lettori che ci seguono potranno aggiungere altre gradite riflessioni in merito.


La casa ad albero

Solo io sapevo
della mia casa ad albero
dei frutti appesi come quadri
a saziare assenze,
della scorza a lacrime di resina
di quanta forza
quando bussava il picchio.
All’occorrenza
(tu sarai sempre un’occorrenza)
ho svelato il segreto
come solo i bambini sanno fare
(senza volerlo).
Così ora sgorgano, si mescolano, nutrono
linfa, legno, miele, fogli sparsi e versi
a cascata su gradini, vetri, biforcazioni, rami,
dentro respiri di ciliegia.
Perfino l’aria è presenza.
Regge il tronco la sete del mondo.

(Poesia inserita nell’Agenda poetica Il segreto delle fragole, LietoColle, 2018)

 

***

Isabel

Vederti così
palpebre ancora chiuse
(le mie e le tue insieme)
nella luce dorata dell’aurora
che oggi come non mai
si sveglia a spalancare il giorno.

La notte ha portato consigli
- penso - mani a coppa
a trattenere il sole
come fanno le valli con il cielo.

E invece è stata tua
la scelta di affacciarti al mondo.
Sovranità d’esistere,
mistero che ogni volta si rinnova
nell’amniotico regno d’acque
dove la vita si conta
in settimane e mesi
e il peso in grammi come l’oro.


***

Un’altra dimensione

C’è una terra d’altra dimensione
uno scorrere limpido d’acque
intorno a te, conchiglia di silenzio
richiamo d’ancestrali suoni.
La verità sta dentro il tuo respiro
vergine, siderea pulsazione.
Niente a che vedere con tutto ciò
che al di là delle tue pieghe strepita.
Inquieto vivere del mondo.
Ma almeno – in te – di me tutto si placa.
Tutto si riassume. Si rinomina.


***


La bambina del treno

“Ho bisogno di vedere il mare”
dice a sua madre la bambina.
Necessità dirompente nello sguardo pulito
a catturare vastità d’azzurre gocce
senza contarle, senza sabbia a finire
dentro il vetro del tempo
che si restringe a strangolare i giorni
ma non i sogni dei bambini
che ancora sanno accorgersi del mare
e delle piane di girasoli
dal treno che corre
sopra le parole inutili degli adulti
ciechi che sbraitano.
“Ho bisogno di vedere il mare”
dice a sua madre la bambina.


***


Che ne sarà di te

Che ne sarà di te, domani?
Ora è questo entrare nei tuoi gesti a tentativi
a interpretare ogni minuscolo bisogno
che tu non debba soffrire
neanche un attimo, nel sonno.
Da pochi mesi al mondo e ti spaventa il buio.
Cosa puoi sapere della notte
se ancora non conosci stelle?
Che ne sarà di te, domani
quando te ne andrai di stanza in stanza
- sola - come soli si va al mondo,
quando ascolterai, oltre la porta
una alla volta le nostre imperfezioni
(noi con te così perfetti).
Bellezza-tristezza-albero-gregge
oppure stormo?


***


Tredici gennaio

Sera sospesa sopra il velo teso
d’acqua e di memoria.
È ormai arrivato e passerà – domani –
Lei veniva al mondo
un anno fa lo stesso giorno
e con sé portava una dolcezza nuova
e con lei tremava
nella parola nascere, la parola – promessa –
Eppure a noi era ancora estranea
la misura della piena che di lì a poco
avrebbe ricoperto d’oro l’esistenza.

Nessun uomo tocchi colonne d’infanzia.


(Brani tratti dal libro:

Annalisa Rodeghiero, Incipit, Edizioni Stravagario, 2019; prefazione di Giacomo Vit)


Annalisa Rodeghiero è nata ad Asiago e vive a Padova, dove si è laureata in Scienze Biologiche. Suoi testi poetici e note critiche appaiono in periodici online e cartacei come Poetarum Silva, Neobar, Versante Ripido, La Recherche.it, Alla volta di Leucade, La Nuova Tribuna Letteraria fondata da Giacomo Luzzagni, Il Porticciolo. È presente con altri autori in Antologie tra cui: Il padre di Nazario Pardini (2016), Il segreto delle fragole 2018 Agenda Poetica (LietoColle), Lunario in versi (11 poeti italiani) iPoet 2018 di LietoColle, Antologia proustiana 2018: Cherchez la femme - di Aa Vv La Recherche.it, La madre Secondo Quaderno di poesia del Gruppo poeti UCAI (2019) presentato alla Fiera delle Parole di Padova 2019, Antologia proustiana Una notte magica di La Recherche (2019).

Ha pubblicato: Percorrimi tutta (2013), Di spalle al tempo (2015), Versodove (2017), Incipit (2019), tutti premiati in concorsi nazionali e internazionali.




sabato 25 settembre 2021

Le case con gli occhi verdi, di Rosanna Frattaruolo

Di Rosanna Frattaruolo, apprezzata poetessa di origini pugliesi ma attualmente residente in Piemonte, avevamo già avuto modo di parlare nel Volume XXV dell’Antologia Poetica Virtuale “Transiti Poetici” da me curata. I suoi tratti poetici, quindi, mi sono abbastanza noti, anche se, per la verità, non è mai possibile “entrare” e conoscere totalmente il mondo poetico di un artista, di un poeta: c’è sempre qualcosa che, necessariamente, può sfuggire alla sia pur attenta lettura della sua produzione artistica e letteraria. Pertanto, le impressioni e le riflessioni possono soltanto limitarsi ad un certo lavoro, ad un certo periodo o ad una porzione della sua attività. Ciò potrebbe essere sufficiente, ma non esaustivo, per considerare la bontà dell’intera produzione, come quando ad esempio si effettua l’esame di un campione d’acqua di mare per stabilire la purezza dell’intera zona. E dunque, prendendo spunto proprio da questo esempio “ecologico”, basteranno alcuni versi per capire, per intuire la serietà d’intenti e il generale livello qualitativo di una produzione letteraria.
Tutto questo per dire, per affermare, che la plaquette Le case con gli occhi verdi, di Rosanna Frattaruolo, breve, intensa, succinta, quasi sbrigativa ma molto equilibrata (la poesia è anche “misura”: a volte un verso in più, un brano in più, o in meno, può “guastare” l’intera costruzione, rendendola eccessivamente e inutilmente prolissa, o, viceversa, tronca, mancante, sospensiva…), costituisce senz’altro, a mio avviso, una ulteriore prova ben riuscita delle sue capacità di scrittura poetica.
Si intuisce in questi brani il desiderio, la tendenza di una schiettezza, di una genuinità, direi persino di una libertà, di vita contrapposta a comportamenti usualmente finti, compromissori, omologati, che la moderna società ci impone, specialmente nei rapporti familiari e affettivi. Si nota, nei versi di questa breve silloge della Frattaruolo, un impeto vitale vigoroso, un incitamento ad affrontare timori e problemi con il coraggio della propria verità e libertà interiore, nonostante la consapevolezza dello “smog” esterno in cui facilmente si è tentati di ricadere, metafora della confusione e della tetraggine sociale e umana che, ormai, ci avviluppa da tempo, in quest’epoca così vaga e superficiale. 
Le case con gli occhi verdi è in fin dei conti un canto di riscossa e di speranza, in cui l’autrice giocando sapientemente con le parole nei versi, realizza un mondo possibile, colorato di metafore e di aggraziati rimandi.
Proponiamo qui di seguito alcuni brani tratti dal libro.



ii

non avere paura di prenderle
può essere un buon inizio
e invece
non andare nel bosco
non andare nel bosco
non andare nel bosco
mi hanno insegnato ad avere paura
del buio e del bosco
di ciò che non conosco

la fiaba si ferma all'apparenza e ci spaventa
non ascolta mai la versione del lupo


viii

quando avrò finito
fiori e bicchieri da fotografare
quando avrò finito
le suppellettili da nominare
e la nomenclatura chimica degli umori
da cucina a divano
la mia poesia pretenderà di uscire
a respirare smog


x

entrambi guardiamo
le case con gli occhi verdi
con quelli mi dilata le labbra
le apre fino al molo
laggiù
poi l'eco s'inabissa
e sanguino di gioia
mi bacia il dito
bagnato di rosso


xiv

Tremante la voce
che affetta le sillabe
nell'inciampo delle parole lette
Alla seconda pagina
si ammorbidiva il suono del petto
si addomesticava il piumaggio
e il germoglio spezzato
dalla prematura fioritura
non sanguinava più tanto
Ogni tanto un clacson spezzava le parole inusuali
Come dici? pe plo?
Ci siamo seduti così vicini
che gli occhi non ci servivano più
stavamo parlando con dio
e contro dio
e non lo sapevamo


Brani tratti dalla plaquette:
Rosanna Frattaruolo, Le case con gli occhi verdi, Babbomorto Editore, 2021

Rosanna Frattaruolo, laureata in Economia, dalla Puglia si trasferisce in Piemonte dove attualmente vive a Rivarolo Canavese, occupandosi di consulenze fiscali.
Del 2017 è la sua prima pubblicazione Fragile, edizioni LunaNera. Alcuni testi poetici e racconti per l’infanzia sono pubblicati in antologie ed in vari blog letterari. Le sue poesie sono presenti altresì in riviste e quotidiani, tra cui “La bottega della poesia” de La Repubblica, e la rivista online di cultura mediterranea “Arenaria” diretta da Lucio Zinna. Diverse le partecipazioni a letture pubbliche e ad eventi culturali.
Dopo aver intervistato alcuni protagonisti significativi del panorama artistico, letterario e delle arti figurative in genere, dal 2019 è redattrice nel lit-blog di letteratura larosainpiu.
Dal 2020 nell’ambito dell’associazione culturale Periferia Letteraria collabora nell’organizzazione e realizzazione di eventi culturali.
Nel 2021 ha pubblicato la plaquette Le case con gli occhi verdi, Babbomorto edizioni.

martedì 21 settembre 2021

Il "Gioco di maschere" nella poesia di Morena Virgini

Un poeta non può mentire. Non può mentire soprattutto a sé stesso. Può fingersi altro da sé, può conformarsi e conformare diversamente la propria aderenza alla realtà, in una illuminata e persino gaudente trasformazione alla Pessoa, può come il grande poeta portoghese ricucirsi addosso diverse apparenze, diverse “maschere”, diverse didascalie, ma sarà sempre la sua “verità”, la sua autenticità profonda, indiscutibile e inalienabile, che attraverso le mille o quasi infinite sfaccettature del comportamento, si manifesterà inevitabilmente.
Qui però il “Gioco di maschere” è diverso, in quanto l’autrice di questa interessante e fresca raccolta, Morena Virgini, ribalta in un certo senso l’essenza della questione, vedendo nelle “maschere” un atteggiamento falso, ipocrita, doppiogiochista, da parte di un ipotetico compagno (“Il grigio copriva / i colori delle nostre giornate / perché tra me e te / era un gioco di maschere”).
La visione di Morena Virgini non è più, quindi, riferita all’essere maschera il poeta in sé in quanto capace di multidisciplinare la propria creatività poetica incanalandola in diverse e molteplici modalità espressive, tutte autentiche di per sé, bensì è addirittura una denuncia, se vogliamo, nei confronti dell’altro, ed estendendo il discorso, nei confronti della società.
Morena Virgini, da poeta autentico, da poeta che non ama i sotterfugi e le falsità, specialmente quando si parla di sentimento, di amore, scrive una poetica che è dunque caratterizzata fortemente da questa mancanza di sincerità nell’uomo e nel mondo. Sincerità che viene meno perché si sorvola troppo spesso sulla risoluzione dei problemi affettivi e sociali, che l’uomo di oggi preferisce aggirare, trascurare, minimizzare, anziché affrontare con coraggio e determinazione. L’uomo, afferma in fondo la nostra poetessa, preferisce “mascherare” le cose e i fatti, perfino i suoi sentimenti. Il mondo va troppo veloce, non c’è tempo per riflettere, di fermarsi a considerare la vera natura di un problema, di sviscerarlo, di togliergli la “maschera”!
La falsità, “i mostri dell’io”, le negatività che spesso inondano e confondono i sentimenti altrui ma anche i propri, non sfuggono alla ricerca interiore della nostra autrice, consapevole della propria sensibilità poetica che le permette di osservare e traguardare bene nell’intimo di sé e degli altri, e con il suo dettato poetico riesce a disvelare la vera natura di sé, immagine riflessa dell’umanità intera, togliendo ogni tipo di maschera e rimanendo “appesa ai pensieri come anima a stendere”, ricercando quella “verità ad ogni costo, che, afferrata, torna a sfuggirmi”: è appunto un gioco interminabile, questo apparire e scomparire, questo ricercare nell’intimo la propria verità, che, una volta raggiunta, capìta, sfugge di nuovo.
La poesia di Morena Virgini in “Gioco di maschere” si basa su un verseggiare breve, incisivo, diretto. Ne proponiamo alcuni brani lasciando ai nostri lettori la gradita opportunità di aggiungere, se lo vorranno, altre interessanti riflessioni o commenti in proposito.


Gioco di maschere

Il grigio copriva
i colori delle nostre giornate
perché tra me e te
era un gioco di maschere.
Una trama di chimere
che tu avevi scritto
a due mani.
Mi mostravo felice
ma collezionavo cocci.
Adesso ritrovo in me
la bellezza
che per troppo tempo
ho nascosto per te.
E le risate
tornano ad essere
la punteggiatura
che scandisce
il ritmo dei miei giorni.


***

Catarsi

Dietro il sipario
delle apparenze
si celano
i mostri dell’io.
Io rimango fedele
a ciò che sono
mentre in me
avvampa la brama
di emozioni
impetuose
e travolgenti.
Scrivere
in questo
rettangolo bianco
diventa il mio rituale
purificatore.
Così in me
avviene la catarsi
che mi guarisce
le corde graffiate
del cuore


***

I versi sono la mia carne

I versi sono la mia carne:
ogni parola racchiude
burrasca e quiete.
L’esistenza è
un respiro di fuoco
impastato di sangue e pianto
che si inclina alla sera
e diventa calore e letizia.
Hai scagliato fasci di luce
nel mio abisso
e mi hai inchiodata
ai tuoi pensieri.
Percorriamo un imbuto
di strade
mentre il giorno
volge al desio
sul tuo sguardo languido
che si accende
sulle mie labbra ansiose


***

L’ebbrezza del trasporto

Solo dall’impeto
traggo nutrimento.
Mi ubriaco dell’aria
anziché respirarla.
È l’ebbrezza
del trasporto,
l’euforia dell’emozione,
l’entusiasmo
dell’esaltazione.
Profili sfuggenti
sono entrati
nella mia mente,
anche il tuo,
orlato di se e di ma.
Avanzi di parole
e di gesti
sul perimetro
dei nostri spiriti
smaniosi di erotismo
e carezze.


***

Non fa rumore l’anima, quando cade

Sei il mio approdo di Ulisse
sul mare infiammato.
Inseguo sulle punte
i giorni dell’arcobaleno.
L’impazienza dell’adolescenza
si è trasformata
in pianto che ulula.
Il cuore appare contrito
nel freddo acerbo di ottobre
mentre il cielo si strugge
e attraversa la cruna di nubi.
Si odono i singulti dei tuoni,
irosi e torvi.
All’improvviso si accende
un’alba di meraviglia
come scoppio di sorpresa.
Non fa rumore l’anima
quando cade.


***

Viventi

Vita,
subitaneo percorso
e libero arbitrio
di risa e di pianto.
Noi, spiriti nomadi,
parti inerti
nel grembo del mondo.
Inghiottiamo immagini
che sono simboli
di un’esistenza frivola
e costruiamo muri
che fermano le scie fragili
del cambiamento.
Io, elisir
di un movimento continuo,
senza posa
in un corto circuito
di eros e thanatos.
Appesa ai pensieri
come anima a stendere
ricerco la verità
ad ogni costo,
che, afferrata,
torna a sfuggirmi.

Brani tratti da:

Morena Virgini, Gioco di maschere e altre poesie, Edizioni Libreria Croce, Roma, 2019; prefazione di Antonella Rizzo.

Morena Virgini, nata a Sezze (LT), insegna Lettere in una scuola media di Latina. Ha vinto il Premio di Poesia "Nero&Giallo Latino-Le Fleur du Noir”, nell’ambito della rassegna noir “Giallo Latino”, nel 2012 e nel 2013. Le sue poesie sono inserite nelle antologie di “Giallolatino” del 2011, 2012, 2013 e 2014 della “Ego edizioni”. Si è classificata quinta alla seconda edizione del concorso di poesia “Latina in Versi” nel 2013 e la poesia è stata pubblicata nell’antologia “Premio Letterario Luigi Cinelli” edita da “La Lettera Scarlatta” nel 2014. Una sua poesia fa parte dell’Antologia di poeti pontini “Sabino Vona”, pubblicata nel 2015. La raccolta di poesie Mentre tutto tace, edita nel 2017 da Laura Capone Editore, ha segnato il suo debutto letterario. Nel 2017 è candidata al “Premio Letterario Camaiore”. Nel 2018 ha vinto il “Premio Nazionale Letteratura Italiana Contemporanea” VI edizione per la sezione "Poesia Inedita" e le quattro poesie vincitrici sono state pubblicate nell’antologia “Madre della Tenerezza” vol. II. A luglio 2019 è stata pubblicata la sua seconda raccolta di poesie Gioco di maschere e altre poesie edita da Fabio Croce Editore. Nel 2019 è stata finalista del concorso di poesia “Giornata Mondiale della Poesia. 100 Thousand Poets for Change” e la sua poesia è stata pubblicata nell’omonima antologia. Nel 2020 ha vinto l’VIII edizione del “Premio Nazionale Letteratura Italiana Contemporanea” nella sezione "Poesia Inedita" e le quattro poesie vincitrici sono state pubblicate nell’antologia "RuGiada". Nel 2021 al Concorso Letterario "Una poesia per Giulia" è stata premiata con una "Menzione speciale in lingua". Ad aprile 2021 ha vinto la IX edizione del “Premio Nazionale Letteratura Italiana Contemporanea” nella sezione “Poesia Inedita” con pubblicazione antologica delle tre poesie vincitrici.

 




martedì 14 settembre 2021

Irene Mascia e la sua storia d'amore ne "Il Silenzio"

Come la grande Emily Dickinson era intimorita dalla morte, così la nostra giovane Irene Mascia sommuove la propria anima intrisa di ombre e di insicurezze, persino di ansie, per leggerne le profonde incertezze della vita e per poi parlarne artisticamente con i suoi versi: versi intimi, come a volte anche quelli della Dickinson, accorati, perplessi, dubbiosi; ma certamente versi dotati di grande vitalità, di impeto combattivo e colmi di una determinazione consapevole e limpida di dover affrontare il peggiore dei mali: lei stessa. Ci vuole coraggio a essere sinceri con sé stessi, a mettere a nudo la propria essenza, raccontarsi la propria vita come stando davanti ad uno specchio, senza falsi pudori e senza ambiguità, ma direttamente, con onestà e senza nessuno sconto o morbidezza. Ci vuole ancora più coraggio a tradurre tutta la propria anima, il proprio modo di sentirsi e di avvertire il contorno del proprio mondo, della propria realtà, in forma artistica, e nel nostro caso in forma poetica. Perché l’arte, e quindi anche la poesia, deve comunque “servire” agli altri, dare un segnale, un’indicazione, uno spunto di riflessione che possa “smuovere” emotivamente l’altro. Mostrare agli altri non il mero percorso fisico e psichico delle proprie avversità, bensì suggerire, attraverso la poesia, appunto, il modo, le modalità, l’esteticità, i contorni, le venature, le speranze, le forze, e quant’altro opportuno e financo necessario per affrontare tali problemi.
Di tale coraggio ne è felicemente consapevole la nostra brava e giovane autrice, che, attraverso la sua silloge, intitolata Il Silenzio, offre una chiave di lettura originale e autentica delle proprie vicissitudini psicofisiche, dalle incertezze fino alle crisi di panico, che hanno fortemente influenzato la sua gioventù. Mai come in questo caso, la poesia è davvero taumaturgica, nel senso che, sviscerando ogni patema, ogni sofferenza, l’autrice instaura una sorta di dialogo con queste avversità, parlando in definitiva con se stessa, ma soprattutto dandosi forza e determinazione, facendo della poesia, della sua poesia, un’arma davvero portentosa, riuscendo in tal modo a “tener fuori” ogni negatività e ogni malignità.
E così la visione del mondo, nella nostra giovane autrice, è, sì, offuscata da penombre, incertezze ed errori, timori e sofferenze, ma, come ella stessa afferma, è anche intriso di silenzio, quel silenzio che ti fa concentrare sulle cose e sulle vicissitudini di tutti i giorni, ma che ti fa anche rimandare a tutto ciò a cui non si è pensato, a tutto ciò che non si è, ancora, amato: “Le cose più belle non sono quelle che ho scritto in questo libro, ma quelle che non ho scritto”.
Nell’augurare alla nostra giovane Irene Mascia sempre maggiori affermazioni in ambito poetico e nella vita, proponiamo qui di seguito alcuni brani poetici tratti dal suo libro. I nostri lettori, se lo vorranno, potranno aggiungere graditissimi commenti in proposito.



Luce
(dedicata a chi mi vuole bene)

La vita
Non è un luogo buio

E se credi che la felicità
Sia solo una triste fiamma
Di candela facile a spegnersi

Allora accendile tutte

Impara a maneggiarle

E ricorda
Che la stanza sarà sempre al buio
Se nessuno accende la luce


***


Errore di sistema
(dedicata alla mia ennesima delusione)

Cosa c’è
Di sbagliato in me?

Sarà la mia sensibilità
O la mia intelligenza
O forse entrambe,
Malefiche benedizioni
Del dio bifronte?

La colpa è solo mia
Se il mondo vuole farmi incastrare
Ma io mi sforzo,
Imperterrita,
Di essere il difetto
Che non vuole saperne
Di entrare senza farsi male


***

Rivincita
(al mio ultimo ingestibile attacco di panico della storia)

“Non voglio essere tua”
mi rannicchiavo e piangevo
arresa alle mie ferite

Stavolta ho puntato le armi alle porte
provaci pure ad entrare
mettimi le mani intorno al collo
e tirami per i capelli
strusciami contro le pareti
e cospargile del mio sangue

Ma io sono più forte di te
E non sarò più tua

non lo sono mai stata


***

Ultima poesia d’amore
(… alla mia nemica. A lei)

Grazie per aver provato
A portare via tutti i pezzi
Di me

Le righe bianche sorreggono
parole che non mi tengo più
dentro
I miei polsi raccontano storie
Di libri che nessun altro polso
Riuscirebbe mai a reggere

Carezzo la pelle e tiro
Un sospiro di sollievo
Non sei riuscita a portarmi via
Neppure quella

Brani tratti da:
Irene Mascia, Il Silenzio. Storia d’amore tra me e me stessa. Aletti Editore, 2021. Prefazione di Alessandro Quasimodo

Irene Mascia è nata a Napoli nel 2002. Frequenta il quinto anno del Liceo classico E. Torricelli di Somma Vesuviana, città in cui vive. Scrive poesie fin da piccola, e nel 2017, a 14 anni, vince il premio speciale “La Salamandra” nella XII Edizione del concorso internazionale “Napoli Cultural Classic”. Nello stesso anno partecipa all’iniziativa “I Concerti del Tempietto” leggendo un suo componimento nella Sala Baldini del Teatro Marcello a Roma. Nel 2018 inizia a lavorare come giornalista per il periodico locale “Articolo 16”, per il quale scrive tuttora.
È risultata finalista al premio “Dedicato a… Poesie per ricordare” (edizione 2020) indetto da Aletti Editore.

lunedì 6 settembre 2021

"Sua maestà di un amore" di Laura D'Angelo

Il sottotitolo di questa interessante e originale raccolta di Laura D’Angelo, poetessa molisana molto attiva e impegnata, è “Prose poetiche”. La precisazione forse non era poi d’obbligo, in quanto leggendo il libro si sarebbe resa evidente, ma è, secondo il mio modesto parere, molto gradevole ed armoniosa, ed inoltre rafforza e conferma l’intenzione dell’Autrice a voler comunque proseguire il suo discorso su un piano certamente e sicuramente poetico, anche non seguendo strettamente i canoni dettati dalla poesia pura. Si sa infatti che il confine tra prosa e poesia a volte è sottile, per quanto esistano differenze sostanziali tra l’una e l’altra. Ma la contaminazione tra di loro non è rara. Come, appunto, nel caso di Laura D’Angelo in questo libro.
La scelta di esprimersi con un linguaggio prevalentemente narrativo ma “addolcito” e armonizzato da accentuati elementi poetici, è stata a mio avviso più che indovinata, dovendo trattare temi che l’autrice desiderava esporre in modo non sintetico e allegorico (prerogative della poesia), ma piuttosto esaustivi, articolati e addirittura speculativi, come accade nella migliore prosa, specie nella narrativa “breve”. Ne è dunque risultata una composizione del tutto nuova, che ha in sé i semi sia della prosa che della poesia.
“Mare”, “Passi”, “Giorni”, “Saudade”, “Respiri”, “Posti”, “Stagioni” e “Lockdown 2020”, sono infatti gli argomenti, più che sezioni, del libro, certamente di vasta portata, sui quali Laura D’Angelo si è voluta soffermare: capitoli o paragrafi di un lungo viaggiare poetico, questo sì!, attraverso i siti del proprio cuore e della propria mente, riflettendo e disegnando con un discorso intimo e pacato, ma anche arguto e propositivo, un mondo e un tempo attuali dove solitamente si è più impegnati negli aspetti di una vita frettolosa e abitudinaria, anziché in quelli meditativi e riflessivi, sul senso dell’esistenza e sui sentimenti. E qui, in questi brani, il leitmotiv di fondo che unisce le varie tematiche, i vari punti, è questo amore, sentimento indispensabile e primario, che l’autrice cerca in tutta la realtà del mondo, ma attingendo anche a lontanissime sorgenti cosmiche, al di là di ogni confine spazio-temporale e giungendo a declamare: “Lo cercherei nelle notti più profonde di silenzi e nostalgia, a metà tra un sogno e una paura, una lacrima e un sorriso, lo cercherei per te, lo inventerei per metterci tutto l’amore del mondo, e le stelle, che lassù brillano e già contemplano il tuo nome”.
Un’opera letteraria preziosa, ricca di contenuti, dove la poesia non è tanto nella struttura del dettato in prosa, quanto dentro ogni quadro, ogni brano la cui significanza ne è testimonianza palpitante e viva.
Proponiamo qui di seguito ai nostri lettori alcuni brani tratti dal libro. Saranno graditi i loro commenti in proposito.



Qualche felicità

La raccolta di conchiglie sul bagnasciuga, la voglia di catturare il rumore delle onde, la meraviglia di sentire il profumo del mare.
La ricerca dei passi di ieri sono orme che si susseguono ad altre impronte, di ieri, di oggi, chissà come, chissà di chi, chissà perché, i piedi che lasciano impronte più grandi non combaciano ma si fanno rincorrere. Non combaciano le onde che si rincorrono.
Non combaciano gli sguardi, io dico una parola, tu un sorriso, io sorrido, tu scrivi. E il resto è vento. I pezzi di vetro levigati sono gli smeraldi dei pirati.
Una stella marina mi disegna le punte di una rotta incantata, una bussola fatata, per nuovi lidi, destinazioni. Sono le bottiglie sulla spiaggia le mappe del tesoro degli eroi, un’isola, una benda, all’arrembaggio. Tra i castelli di sabbia, si ascoltano ancora vecchie promesse. È il canto delle sirene, dei marinai, la voce del vento.
I bambini sulla riva svuotano il mare con i secchielli.
Ci si incanta di qualche felicità. È il canto di una poesia che mi porta a te.

(Dalla sezione “Mare”)


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Ieri, oggi, noi

Il tempo consuma e trasforma ogni cosa. Passa, finisce, non è più.
Ma qualcosa di quello che siamo resta, lì nella parte più profonda di noi, qualcosa di quello che è stato non passa, resta il ricordo, il senso di un sorriso, di una lacrima, il dolore di un vuoto, di un’assenza.
Il dolore ci insegna che nulla dura per sempre, ci insegna la fine, la perdita, la realtà della vita.
L’amore ci dice che qualcosa invece dura per sempre, ed è nella parte più profonda di noi, qualcosa che non passa ma resta, che non finisce e si riconferma, ed è l’altra verità della vita. Il dolore ci fa crescere.
L’amore ci fa capire.
Tutto è verità e passaggio

(Dalla sezione “Passi”)



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Domenica di pioggia

Le domeniche mattina con la pioggia. Le gocce sul vetro, il tempo che passa, il paese che vive, da qualche parte qualcosa continua, qualcosa finisce, e sono lacrime, o pensieri. Lascerei un’impronta sul vetro, l’ombra di un disegno, un’immagine, una poesia su qualcosa che non è più, che fa male, fa sentire un po’ vecchi, un po’ più grandi, mette tristezza. I riflessi sul vetro bagnato di pioggia portano nuovi sguardi, si ha un viso diverso, dopo. È come il ticchettio di una clessidra silenziosa, la pioggia. Racconta nel silenzio storie che non si sentono più, e ognuno ripete a se stesso la propria verità, chissà quante cose teniamo strette dentro, quando tutto passa e tutto scorre via. Come le scritte sui muri che raccontano un amore, ci sono gocce di pioggia che sanno di nostalgia, di qualcosa che lascia il segno, nella vita che scorre.

(Dalla sezione “Giorni”)


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Orizzonti di memoria, ricordi

Il tempo passa e cancella ogni cosa. Ma qualcosa di quello che abbiamo vissuto ci resta cucito addosso, come un filo invisibile che ci dice quello che abbiamo amato, quello che siamo. Da questo filo possono aprirsi gli orizzonti della memoria, i ricordi.
Da un filo invisibile può nascere l’amore.

(Dalla sezione “Saudade”)


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Sapore d’autunno

E poi l’autunno ti raggiunge persino al mare, e non puoi farci niente.Arriva qui, dove la sabbia è un po’ più scura e un po’ più fredda, e le onde sono schiuma bianca che non finisce mai. Arriva qui, con il lungomare all’imbrunire, con un vento un po’ più fresco e un sole già lontano, in un fascio di colori in cielo, tra la luna che brilla e le nuvole, che ci sono e sono pensieri. Arriva in riva al mare, con il profumo della legna arsa e dei fuochi dei campi, qui dove i gabbiani hanno il nido e il mare intona il suo canto, qui in riva alla sera, dove l’odore di un fuoco lontano è già un sapore d’autunno, nel vento che passa e tutto porta via, nel tempo che resta e tutto conserva con sé.

(Dalla sezione “Stagioni”)


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Distanziamento

Oggi ci parlano di distanziamento sociale. Ci vediamo da un oblò, chiusi nello specchio delle nostre verità, e attraverso lo schermo di un PC che le distanze un po’ le annulla un po’ le amplia. E così siamo noi. Io ti chiamo e tu mi parli, racconti, mi spezzi i silenzi, mi spazzi i dolori, copri i battiti dell’orologio, i malumori, io ti chiamo e ti sorrido, mi riempi, è questione di connessione, siamo tutti connessi in questo mondo che soffre, non ci sono distanze se c’è che ti penso, che mi manchi, che ti ascolto, io scrivo poesie, tu videochiamate, tu ridi, io parlo, io piango.
Oggi, nella conta dei lutti, il mio cuore è un cumulo di macerie.
Oggi, nella conta dolorosa, ogni lutto è un peso sul cuore. Quanti vuoti ci portiamo dentro. Come si colmano i vuoti?
I vuoti da negozi presi d’assalto, i vuoti degli occhi, del tempo, del ti cerco tu mi cerchi, i vuoti di un abbraccio, di una stretta di mano, i vuoti alla finestra nelle case, i vuoti dentro, che fanno male.
I vuoti non si colmano, restano vuoti, ti lasciano incompleta. L’amore ti riempie, ma oggi anche il ricordo è una pena dolorosa, è un cordoglio, perché i posti vuoti di chi non c’è più sono i vuoti delle assenze che feriscono, degli addii senza voce, senza una carezza, senza pace.
I vuoti scrivono un grande poema d’amore.

(Dalla sezione “Lockdown 2020”)

(Brani tratti da: Laura D’Angelo, Sua maestà di un amore, Ediz. Scatole Parlanti, collana Forme, 2021)

Laura D’Angelo

Nata nel 1986, si laurea con lode in Lettere classiche e Filologia classica, e consegue un Dottorato di ricerca in Studi Umanistici. È autrice di articoli per riviste culturali online e accademiche. Partecipa a convegni internazionali, concorsi letterari e di poesia, ottenendo riconoscimenti e premi, tra cui il primo posto sezione “Poesia” al Premio letterario “Putignano racconta”, Storie dalla pandemia (ed. 2020), Menzione speciale al Concorso Internazionale di Poesia “Ut pictura poesis” (ed. Fuerteventura 2020), secondo posto al Premio Internazionale “Lettera d’Amore” Torrevecchia teatina, edizioni 2017 e 2020, Premio speciale edizioni 2018 e 2019. I suoi interessi spaziano dalla scrittura scientifica a quella creativa. Suoi testi poetici sono raccolti in antologie, quaderni di poesia e blog letterari. Cura presentazioni di testi e autori, ed è giurata di un premio letterario di narrativa nazionale. Ha pubblicato il volume di prose poetiche Sua maestà di un amore (Scatole Parlanti, 2021).

 



Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà