venerdì 30 ottobre 2020

Sara Comuzzo: dove i clown vanno quado sono tristi

Sara Comuzzo
Foto di Natalia Bondarenko


Abbiamo già avuto modo di parlare dell’ottima poesia di Sara Comuzzo (Transiti Poetici, 19 aprile 2019), poetessa prolifica con esperienze letterarie profonde, anche in ambito internazionale. Ora la ritroviamo con la sua recentissima pubblicazione, “Dove i clown vanno quando sono tristi”, edita da Brè nel luglio scorso, e della quale riportiamo qui di seguito alcuni brani.
Si tratta di una raccolta omogenea che, come viene ribadito anche nel prologo, vuole essere un compendio poetico di temi particolarmente sensibili e, se vogliamo, universali: dai rapporti interpersonali al trambusto della vita quotidiana, alla ricerca di un vero senso da dare all’esistenza. Tutto questo viene indagato, ricercato ed esposto in un mosaico di brani poetici di particolare effetto scenico, suddivisi in tre sezioni: “Camere separate”, “Le colombe sanno tutto”, e “Fermarsi”.
Come sempre accade, anche in questo caso il titolo della raccolta, originale ed emblematico, vuole essere una estrema sintesi dell’intero progetto poetico. Siamo abituati a sorridere davanti alle comiche espressioni dei clown al circo, e difficilmente siamo portati ad immaginare cosa facciano al di fuori della loro attività, se davvero continuino ad essere allegri e sorridenti o se in realtà anche loro, come tutti i “normali” esseri umani, possano patire sofferenze, dolori e tristezze. Il nocciolo della filosofia poetica della Comuzzo, in questo libro, ritengo sia incentrata proprio sulla metafora del clown come figura universalmente accettata di buonumore e di spensieratezza: l’effimero, in sostanza. Ogni cosa, ogni storia, ogni accadimento, persino ogni persona, può mostrarsi nella propria caratteristica usuale, quella che per tutti è accettata come “normale” e “normalità”, e la società in genere, abituata ormai alle omologazioni, ai superficialismi, alle apparenze, non va ad indagare oltre, non va a ricercare i nonluoghi e nontempi dove i clown sono tristi, dove cioè apparirebbero nella loro autenticità.
Sara Comuzzo, in questa pregevole silloge, mette a nudo tutto un mondo di ipocrisie e di comportamenti stereotipati, al limite della falsità; un mondo che è quello che conosciamo e viviamo quotidianamente, che risponde prevalentemente alle leggi dell’utilitarismo e dell’egoismo. La poesia, e nella fattispecie la poesia di Sara Comuzzo, è velata denuncia di questi aspetti della società moderna; una poesia che non può non essere autentica e propositiva, modulata su piani di dialogo e di azioni che si snodano fluidi e diretti, con versi e termini ricchi di rimandi e di allegorie.

 

Posti migliori

Contami i denti
era solo per dire

che mi fai sorridere.

Una confessione di burro:
la luna si scioglie anche nelle pozzanghere peggiori.

Non vedi una via d’uscita,
ma c’è.

Poco importa agli stagni delle anatre,
vogliono solo cigni;
e io compro tutti gli anatroccoli che trovo
e li porto in posti migliori.


***

Offerta

Cosa rimane nella stanza
una volta tolti mobili e specchi?

I lacci delle scarpe non si slacciano mai
se non quando cammini nel fango.

Gli spuntini hanno freddo nel distributore.

L’ora del perdono inizia la domenica
o forse il trivedì,
un ottavo giorno
non ancora scoperto.

Essere poco lontano dall’uscita autostradale
ma mettersi d’impegno per sbagliare corsia.

Non arrivare mai al bivio.

Questa non è una perdita
ma un’offerta.


***

La fame dei gabbiani

Ci sono migliaia di fogli fronte e retro
ma tu non volti mai pagina.

Da lontano,
un punto e virgola può passare per due punti
eppure questo è un elenco
che non fa parte dello stesso argomento.

Si nasce e si muore
come candele
accese per una preghiera
che ci si è dimenticati.

La tua schiena
pronta a istruirmi
su come si fanno gli addii

e lì si lasciano,
sui marciapiedi,
a invecchiare
accanto alla fame dei gabbiani.


***

Camere separate

La notte non è ricompensa per il cieco.

L’alba scende dai rami
chiede di dare un nome a questa stagione.

È un inverno freddissimo
non ha definizioni.

Abbiamo fatto pace
ma in camere separate.

Qualcuno compra una casa sulla spiaggia
solo per guardare il mare.

Quella vita è finita,
sembri più felice ora
mentre i fiori del cimitero muoiono
e io dico che sono tuoi,
tu dici - miei.


***

Speranza

Mangi troppo e troppo di corsa:
la vita non dà sempre pause pranzo.

Ogni volta che vorresti scrivere una lettera,
la penna è senza inchiostro;
gli occhi senza lacrime
durante il funerale di qualcuno che hai amato.

L’appuntamento con l’inverno era il 22 agosto.
Abbiamo preso un treno per la spiaggia,
mangiato pasticcini,
ci siamo sporcati i contorni della bocca
ma abbiamo lasciato tutto lì
e, come nomi sconosciuti,
i residui di zucchero sono rimasti su di noi
per tutte le fermate.

Possiamo perdere
e chiamarlo vivere.


È qui che i nostri pezzi cadono allineati,
accuratamente disposti
come un castello di carte,
speriamo solo che il vento non…


***

Mollica

Mi hai messo una sigaretta vicino al volto
perché indietreggiassi.

Puoi cambiare i sottotitoli nella tua lingua madre
ma non capirai comunque il film.
I cordoni ombelicali lasciano bambini appesi,
orfani e soli.

La paura dell’approdo
è più forte della speranza di naufragare.

È paradiso o rumore bianco?

L’infinito è sollevare il mare,
dargli spazio dentro al diluvio.


Ho perso la mollica del pane ma rimangono le croste.


***

Fermarsi

Clessidre capovolte
invece di rubare il tempo lo regalano.

Scrivere poesie dolcissime
e poi trovarsi senza zucchero in casa
quando gli ospiti vengono a bere il caffè.

Rincorrere il sole prima che faccia buio.

Adesso, le rughe sul volto crescono più profonde,
solcano un terreno chiamato età,
preannunciano, sussurrando, che è tempo di andare.

Anche fermarsi dopotutto è un viaggio.


Brani tratti da "Dove i clown vanno quando sono tristi", di Sara Comuzzo, Edizioni Brè, 2020.


Sara Comuzzo (Udine, 1988) ha pubblicato cinque raccolte di poesie e una di racconti. Sue poesie appaiono su siti, riviste e blog letterari in Italia e all’estero e sono state tradotte in portoghese, spagnolo, russo e inglese. Ha studiato letteratura moderna e studi di genere alla Sussex University con una tesi sul teatro di Sarah Kane.
Collabora con YAWP nel reparto “Poesia”, come critica e traduttrice. Vive e lavora in Inghilterra.


domenica 18 ottobre 2020

L'essenzialità dei sentimenti nei versi di Claudia Olivero


Un desiderio di libertà e di autenticità traspare nei componimenti poetici di Claudia Olivero, poetessa torinese, autrice della raccolta “Per baciarti a occhi chiusi non servono gli occhiali”, di cui riportiamo qui di seguito alcuni brani. La schiettezza del dire poetico della Olivero è una caratteristica che accomuna molti autori, ed è cosa buona e pregevole quando la poesia riesce a mostrare aspetti e situazioni anche particolarmente privati, intimi, personali e delicati, senza peraltro sconfinare nella banalità o, nel caso opposto, in un esagerato e inopportuno esibizionismo. La poesia, quella autentica, è giusta misura di tutte le cose, è verità artistica, e proprio per questo, tramite essa ogni scenario e ogni dettato, in qualsiasi ambito umano, sociale e sentimentale, può essere accettato. Se è buona poesia. E quella di Claudia Olivero è senz’altro buona poesia, in questo senso. In ogni modo, la nostra autrice riesce con pochi versi ad accumulare una tensione lirica davvero sorprendente, dove l’”io” narrante si scompone e si ricompone negli atti più semplici, o forse più complessi, sotto certi aspetti, del rapporto uomo-donna, partendo da questo tipo di relazione ma con la grazia di generalizzarlo e a sublimarlo nella relazione più ampia che lega e collega ogni uomo all’altro uomo: il sentimento di fratellanza, di amicizia, di amore. E questo rapporto è analizzato dalla Olivero fin nella sua più segreta essenzialità, nei gesti di tutti i giorni, anche nelle cose circoscritte che fanno da scenario abitudinario, nelle minuzie che però diventano oggetti determinanti, quasi cartine al tornasole per individuare e accertare l’esistenza di quell’umore sentimentale che lega due persone. Ecco dunque gli occhiali, divenuti superflui se l’amore è sincero e fidato. Ecco dunque l’inutilità del fragore e dell’impetuosità nel rapporto, mentre si cerca la semplicità, la serenità solare e la autenticità. 

Claudia Olivero è dunque poetessa che sa affrontare con determinazione e spontaneità il dialogo profondo ed essenziale tra lei e l’altro, tra lei e le cose di tutto il giorno, tra lei e il suo stesso riflesso, il suo “me”, che è punto d’osservazione critico d’un mondo che sfugge sovente ad ogni sorta di legame sincero e di rispetto reciproco. E lo fa con un versificare nervoso e rapido, ma denso di significati e di rimandi che inducono alla riflessione. 

Ed è proprio ai nostri lettori che rivolgiamo l’invito ad aggiungere ulteriori riflessioni e graditi commenti, dopo aver letto i brani che seguono, tratti dall’e-Book Per baciarti a occhi chiusi non servono gli occhiali, Brè Editore.




Ombelico, capezzoli, occhi

Mi sbottono la pelle
per poggiarla
su certi pensieri
resto di scheletro
e carne
in vortici il ronzio d’api
ascolto immobile:
è abisso intorno
il raccontarsi


***

Occhiali

Così mi vedo
spogliata
davanti a una finestra
e i suoi vetri spessi:
occhiali speciali
per richiamare in silenzio
quel mondo
da un mero punto di vista.
Che sia il tuo,
poco cambia.
Alle mie spalle un cortile
giallo e ancora,
nel sole estivo -
prospettive ineguali:
non c’è ombra
nonostante sconnessi riverberi -
apparentemente distratti.
Nonostante
le nubi.


***

Non lo sai

Non lo sai
che puoi essere vento e tempesta
(e io i panni stesi)
e poi d’improvviso la calma assoluta
(e io m’ingarbuglio
prendo il volo, pesante,
mi faccio portare
fin dove si può).

Ma tu non lo sai
d’esser stato vento e tempesta
mentre cercavo la calma assoluta.


***

L’abitudine di noi

L’abitudine di questa casa,
quella di noi
forse un giorno cadrà male
sui miei fianchi
come un abito troppo stretto.
Il gesto comune di aprire la porta
e richiuderla
appesantirà la mia mano
divenuta sabbia,
divenuta marmo.

È per questo che dobbiamo partire
e farlo spesso
e guardare altri occhi,
esplorare altri cuori:
per ritornare ogni volta
nell’unica casa, attraversando
quell’unica porta.


***

Cantami

Cantami!
Per ogni singola ora
trascorsa lontana da me
per ogni minuto, secondo
per ogni singolo gesto
rivolto fuori da te

Cantami
come dovessi ora
lasciare qui la mia pelle
fuggire nuda
attraverso ogni muro
mai eretto, mai abbattuto.

Cantami fino a non avere più
voce, cantami
per non lasciarti ferire.
Cantami,
avverami
fammi esistere
ora
in ogni pensiero
di ogni piccolo uomo
in ogni parte del vasto mondo.
Cantami:

ancora insegnami la tua voce -
che già conosco
in quegli attimi
che paiono ore
in cui troppo forti
sento
le onde del corpo,
la loro risacca.
Me

domenica 11 ottobre 2020

Le "Inesperte esperienze" di Gastone Cappelloni, poeta marchigiano

Gastone Cappelloni è un poeta marchigiano che si è fatto apprezzare recentemente in Italia e all’estero, specie in Argentina, dove ha presentato con successo le sue ultime pubblicazioni. È un poeta impegnato e prolifico, avendo prodotto finora più di venti libri, alcuni dei quali, per l’appunto, tradotti in spagnolo.
La sua dedizione al mondo della poesia è rilevante e continua; lo dimostra anche il fatto di aver realizzato una interessante antologia di suoi testi, intitolata “Inesperte esperienze”, la quale costituisce in effetti, come lo stesso sottotitolo riporta, una vera e propria “Opera omnia”, suddivisa in quattro sezioni: Primavera, Estate, Autunno, Inverno. Un titolo fortemente ossimorico, stante ad indicare una sorta di impreparazione, di struggimento quasi, nell’affrontare la realtà, che comunque il nostro poeta “affida” alle parole poetiche, ai suoi versi, per addolcirne il senso e per disciplinarne meglio il percorso esperienziale. Metaforicamente, la suddivisione nelle quattro “stagioni” dell’anno, ci suggerisce che Cappelloni vuole accompagnare il suo percorso poetico, le sue “inesperte esperienze” alla propria personale evoluzione temporale, offrendoci, relativamente ad ognuna delle quattro stagioni, testi poetici adeguati e fondamentalmente ispirati a queste: dai ricordi familiari, alle più mature esperienze affettive e fino a giungere alla consapevolezza e (quasi) alla rassegnazione dell’attuale esistenza. Sono testi che ricalcano riflessioni, domande, dubbi; l’assenza del titolo in tutte le sue composizioni è una scelta quasi obbligata: dare continuità e impellenza al suo dire, lasciarlo fluire senza interruzioni e distrazioni. L’amore è un tema ricorrente, un amore carnale ma anche idealizzato e nostalgico, che riappare e scompare dietro le quinte della città e della quotidianità. Ne è il filo conduttore in “6.0”, una raccolta del 2017 scritta per i suoi sessanta anni. 

Proponiamo ai nostri lettori, dunque, alcuni brani poetici di Gastone Cappelloni. I primi tre sono tratti da “6.0”, mentre i rimanenti quattro testi figurano in “Inesperte esperienze”, uno per ogni sezione. Ci auguriamo che i nostri amici, dopo aver letto i testi, vogliano aggiungere altre gradite riflessioni in merito, o commenti.




Ora che la tua mente
vivrà
l’eleganza del rispetto
ti percepirò abbracciata
al volto azzurro dell’universo.

Delicato incontro, cortese purezza
incisa
con l’anima delle immagini.

Donna
silente e virtuosa,

temprata e plasmata
dall’eco delle primavere.

Giorno di cordiale piacere
l’anima,
si disseterà all’ombra
di alate tue radici.


***

Osservo i lineamenti tuoi
disegnati e perfezionati
dalle lettere dell’amore
interiorizzando passato a venire.

Sguardo e pensiero d’argilla,
nel donarmi spezie di rosea attesa.

Natura che personificherà,
l’irrinunciabile femminilità.

Immagine sagace,
che sosterrà
nei marciapiedi delle stagioni
colei che alimenterà in me,
l’equilibrio
di mai piatto temperamento.



***

Pacificamente
ti raccontarono
tumulti di memoria
che inselvatichirono
l’avvenire dell’amore.

Girovagando attorno
alle timidezze della verità
si ricordarono
che vent’anni dopo
bianche chiacchiere
si misero ad ammaestrare
commosso tepore
lasciando come eredità,
agli indifferenti
della speranza
le argentate tue parole.


(testi tratti da “6.0”, 2017)


***


Padre raccontami
con gli occhi miei
il secolare
stormir del ruscello
ove nel gentil febbraio,
cuor mio si abbeverava
di tiepidi gorgheggi di gioventù,
e il falco volteggiava
per me
sopra i boschi di boriose querce,
sfidandomi
nei mulinelli del vento
a rimirar l’essenza
del cielo, plumbeo.

Padre, ammaliami,
solo così, sarò vissuto,
nella realtà dell’immaginario.


***

Nei tuguri
di ramate catene
la sete della terra…
celebrava
progressi di morte
patendo
agonizzanti avidità.

Terra insanguinata.

Nero sudario,
marchio
per immonde barbarie.
Forni di fame
profetizzavano
radioattivo sangue
nei crocevia
di ricchezze senza antidoti.

Possa Divina giustizia
maledire amorali iniquità.


***

Ricordati di me
quando la pioggia
ti bagnerà il viso
lacrime, saranno.
Ricordati di me
quando il sole ti scalderà
freddo avrai nel cuore.
Ricordati di me
quando tra la gente
sola ti sentirai.
Ricordati di me
quando un sorriso
ti strapperanno
amaro sarà nelle labbra.

Ricordati di me
nella ricerca di Poesia
accanto, mi avrai.


***

Neonata vita, profanata
dalla cupidigia
ripudiante dell’indigenza,
ancor ricordi
di preghiere senza rosari?
io,
seme impreparato
planavo
dove le memorie degli autunni
non avevano parole,
e le lacrime del corpo
risvegliavano
struggenti sguardi,
invecchiati dal buio
di nebulose riletture.

(testi tratti da “Inesperte esperienze”, Opera Omnia, Edizioni Il Cuscino di Stelle, Pereto (Aq), 2020, prefazione di Maria Concetta Giorgi)


Gastone Cappelloni, poeta contemporaneo, è nato a Sant’Angelo in Vado, provincia di Pesaro, nel 1957. Ha pubblicato a tutt’oggi 23 raccolte di poesie. Un Seme oltre oceano, 6.0, e Inesperte esperienze (Opera omnia), sono state tradotte anche in lingua spagnola, e presentate sia in Argentina, sia in Spagna, riscontrando successo tra il pubblico e la critica letteraria. Sue poesie sono presenti su antologie nazionali e internazionali, portali e riviste cartacee. Alcuni suoi libri sono stati inseriti sul sistema bibliotecario statunitense. Ha ricevuto riconoscimenti nazionali e internazionali, tra cui il Premio Internazionale “Meet the Artist” Ostia Antica; il Premio Internazionale “Arte, Cultura, Solidarietà” a Pescasseroli (Aq); il Premio Accademia Internazionale la Sponda. Ospite in radio 
nazionali ed estere. È Poeta e Testimonial Regione Marche in terra Argentina, nei tour poetici dei volumi Un Seme oltre oceano nel 2014, e 6.0 nel 2017 e 2018.
Nel 2018 a Mar del Plata, Argentina, è stato insignito, da parte del “Concejo Deliberante del Partido de General Pueyrredón” con il titolo “Visitante Notable”.
Ha un sito personale: www.gastonecappelloni.com





Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà