venerdì 13 ottobre 2023

"I Blues" di Jonathan Rizzo

 “I Blues di Rizzo come i cori/blues di Kerouac sono da leggere così, senza la pretesa di una presa logica sul senso delle cose, ma con l’ondulazione di chi improvvisa strattonato dalle emozioni, in preda al richiamo sciamanico della memoria, saltando da un verso all’altro, da una poesia alla successiva, come in un eterno saliscendi che ha per protagonista la vita”. Così scrive Marco Incardona nella sua puntuale prefazione a questo volumetto di Jonathan Rizzo, ultima pubblicazione a chiudere un ciclo, una trilogia poetica che lo stesso autore definisce “Trilogia dell’Innocenza”.
E vogliamo partire proprio da queste parole del prefatore, che sicuramente centrano l’essenzialità del dire poetico del nostro giovane autore, Jonathan Rizzo, per aggiungere qualche breve ulteriore riflessione in merito a questa sua recente pubblicazione.
Senza voler entrare in merito alla storia, alle origini e alle vaste e articolate definizioni del termine “blues”, specificatamente musicale, ricordiamo solo, per una certa assonanza, i melodici canti tristi dei negri afroamericani in schiavitù. Ma lungo i versi di queste poesie di Jonathan si respira un’atmosfera non solo di pacato e morbido, melodico inneggiare alla libertà e alla vita, laddove i panorami, la natura, il mare, persino i tramonti e le albe parigine, si integrano perfettamente nel senso di solitudine e di malinconia dell’uomo, ma anche un movimento di riscatto e di recupero della propria autenticità. Jonathan Rizzo è infatti uno di quei pochi poeti che va diritto al punto, non percorre strade secondarie né labirintiche per dire la verità, la sua verità, senza compromessi e senza ipocrisie.
Il libro raccoglie 43 poesie, legate l’una all’altra da questo intenso desiderio di libertà e di emozionarsi nella e con la natura, ribadendo l’importanza dell’essere schietti ed autentici, piuttosto che dell’apparire, in una società molto spesso conformista e abitudinaria. E poi c’è l’amore, nudo, cioè diretto ed essenziale, e neanche appesantito da falsi contorni erotici, ma frizzante, pulito e gaio così come deve essere in ogni rapporto (“Champagne per colazione / sull’erba nudi a far l’amore.”…).
Non manca, in questi versi brevi ma intensi, un velo di rimpianto, specialmente (forse) in riferimento ad un amore andato via (“la felicità è come il sorgere del sole, / calda e naturale, / ma passa e se ne va / come avete fatto tu e Parigi / trattenendo la vita mia / appena sbocciata / alla prima alba.”).
Titolo perfettamente aderente al contesto poetico esposto nel libro, “I Blues” di Jonathan Rizzo, con il suo ritmico e a volte sincopato procedere dei versi, richiamano perfettamente il disagio, l’amarezza e il rimpianto, ma anche la gioia di vivere, la determinazione e la consapevolezza di un canto poetico che affranca ed innalza il cuore dell’autore, e quello di tutti, verso orizzonti tersi e sinceri.


L’erba verdeggia

 

Fallo a brandelli,

così che possa bruciarne i coriandoli.

 

L’erba verdeggia,

ne siamo schiavi.

 

L’osserviamo lontani

cresce al vento,

tesi con lei verso la notte calante

silenziosa di sogni appesi.

 

L’erba verdeggia,

ha il colore del tempo

che ignaro ignora

l’età gentile svanire.

 

Falcia il prato

col rispetto nel tocco

di chi imparò curando

l’anima crudele dei gigli.

 

L’erba verdeggia di luce propria

come il riflesso perduto di me

nel bosco dei tuoi occhi.

 

***

 

Pollice ed indice

 

La fantasia galoppa.

 

Immaginarti nuda

ad accarezzare l’avorio

fianco al nero petrolio.

 

Capezzoli amazzoni,

il pianoforte come trasparente macelleria.

 

La giovane pittrice

pollice e indice

fine tratto,

Castore e Polluce,

tratteggia la tua superficie.

Mi perdo ed intingo

l’inchiostro con la lingua.

 

Siamo noi tre,

Dama, Regina e Re.

 

Il tuo piano,

la sua mano

e l’assolo della mia penna

nel teatro vuoto

dall’infuocato eco.

 

 

***

 

Le ombre sul mare

 

La barca

come ricordo dell’anima

rimane

abbandonata sul mare.

 

La luna specchio

di lontane lampare

in leggere tessute vele

e piccole perdute stelle

eco a luci lontane.

 

Ad affogare

in tenui pioggerelle

vibrano fiammelle,

lacrime od onde.

 

L’uomo ed il mare,

io e Baudelaire,

il silenzio che urla

senza fiatare

e poi sfiora

la pelle col sale.

 

Ma non puoi toccare

le ombre del mare.

 

***

 

Come il sorgere del sole

 

Aspetteremo l’alba

seduti al belvedere

dove si spegne Parigi

quando si accende il giorno.

 

Belleville terrazza amica

ci porterà in dono l’aurora

in una tazzina di caffè

da bere in controluce

alla tua tenere aurea figura.

Champagne per colazione

sull’erba nudi a far l’amore.

 

A pensarci bene

la felicità è come il sorgere del sole,

calda e naturale,

ma passa e se ne va

come avete fatto tu e Parigi

trattenendo la vita mia

appena sbocciata

alla prima alba.

 

 

***

 

Emme di mare

 

Inchiostro di pensieri immersi

nell’unico blu possibile.

 

Sparirei in un solo boccone

divorato

dall’eterno leviatano,

bianco di cuore,

nobile e candido amore.

 

Ma l’arenile si fa

tavola sterile,

ed io tutto al più

mi riduco a pasto senile.

 

Ma la mia ratio

mi pone scacciato dall’uomo,

lontano nell’Oceano.

 

Mia sconfinata anima.

 

Madre acqua,

riflesso in te so di essere

protetto dolcemente

e nel tempo caro,

sbattente sulla battigia,

osservato dalle tenui spume.

Ben fin oltre

l’accalcato respiro d’orizzonte.

 

Ma io

sono solo

un uomo

vittima del gentile trucco da nuvola

in cui volo.

 

Per cui limitato e leggero ti saluto

nel sorriso favola,

il quale tenero gabbiano,

lontano piano piano,

viene dimenticato ed evapora.


(Testi poetici tratti da: I Blues, di Jonathan Rizzo, Edizioni Ensemble, Roma, 2023; prefazione di Marco Incardona)

Jonathan Rizzo, di origini elbane, è nato a Fiesole nel 1981. Cresce e studia a Firenze fino alla Laurea magistrale in Scienze storiche. Da lì si trasferisce a Parigi per scrivere il suo primo libro, L’illusione parigina (2016). Poeta e narratore, autore prolifico, con Ensemble ha pubblicato le raccolte poetiche: La giovinezza e altre rose sfiorite (2018) e Le scarpe del Flâneur (2020). Il volume I Blues conclude la “Trilogia dell’Innocenza”.


mercoledì 11 ottobre 2023

Cinque inediti di Alessandro Barbato

Volentieri pubblichiamo qui di seguito alcuni testi inediti di Alessandro Barbato, che già ospitammo in questa rubrica (https://transitipoetici.blogspot.com/2021/10/la-poesia-di-alessandro-barbato.html). Voci di poeti validi, che lavorano spesso in ombra, lontani dalla notorietà ma non per questo da considerare semplici amanti della poesia che scrivono solo per mero divertimento o per esternare la proria creatività artistica. Alessandro Barbato è un giovane poeta serio consapevole del proprio talento e con la giusta misura di quella umiltà che connota i veri creativi, propone ancora questi suoi versi, come sempre significativi, densi e ricchi di metafore.

 

Qualche scalza parola

 

Sono finite scalze le parole

allineate con pazienza

quasi d'ape, per sofisticare

i giorni di sussurri e pronunciarli.

Non hanno più le suole per salire

le montagne di vapore

che nascondono alveari,

né per scendere correndo

e rallentare solamente

quando è il caso di girare.

Però dovresti proprio immaginarle

mentre cercano lo stesso

di vederti o di sentire quando arrivi.

Per camminare scalzi occorre avere

piedi buoni e buone strade,

oppure fame e sete insieme,

tanta voglia di tornare.

 

 

***

 

Cambiostagione

 

Verranno a breve piogge e temporali

da ponente, dove fuggono

le anime cacciate via dal mondo.

Si modelleranno nubi

all'orizzonte e nell'incavo

dei tuoi occhi ricadranno goccia a goccia

le domande e gli sbadigli.

Sembreranno più affannati

anche i respiri con il vento

sempre alto e a un roveto

trascurato sarà simile il giardino,

quando pur concederemo

ancora al cielo una parola.

Nel frattempo puoi accudire

i tuoi propositi di luce:

sono fermi, qui accucciati

sulla coda dell'estate

che si sbuccia le ginocchia e corre

a casa senza piangere, né chiedere

più tempo a vecchi sogni sparpagliati.

 

 

***

 

I pensieri cattivi

 

Vedo impigliarsi a quest'aria salmastra

i pensieri cattivi e sempre

li asciuga, li fa più leggeri:

quasi somigliano, dopo, ai capelli

rimasti intrecciati sul pettine

usato prima di uscire per vite

lontane, risposte ormai avute.

Ecco cos'amo del vento che soffia

di sabbia e di sale, del tempo

che sbianca le scarpe, insabbia le strade:

il lieve sospiro che dice,

non chiede, il cieco tornare

di ogni onda al suo nido

e qualche racconto di filibustiere.

 

 

 

***

 

Se fossi più paziente quando cerco

 

Se fossi più paziente quando cerco

soltanto di sentire nelle pause

tra i respiri la piccola vertigine

di fiato che scompare in questo battito

che unisce i nostri vuoti, potrei forse

rinunciare a costruire, a dire, fare,

ai pochi e scalzi desideri, ai tarli,

al pane, alle preghiere e finalmente

avvicinare le mie dita a sponde

azzurre come i cieli; mentre si aprono

nel traffico di nuvole per dare

incerta luce bianca ai brulli, miseri

sentieri in cui nascondo le mie gioie,

incastonate alla tua voce

 

 

***

 

 

Lucciole e lanterne

 

Discreta scorta ho fatto

di lucciole e lanterne, per le notti

che si aggirano furtive

come ladri alle finestre

che hai sprangato per lasciare fuori

i venti e i cieli pallidi di freddo.

Mantienile nel caldo di quei sogni

dove non finisce il giorno,

non si placano le chiacchiere

d'estate e le canzoni e questa voglia

di restare in quiete al Sole,

quasi pietre, o nude rose del deserto.

venerdì 6 ottobre 2023

"Lontano dal centro", poesie di Antonio Josef Faranda, RPlibri

Lontano dal centro è il titolo di questa interessante raccolta poetica del giovane Antonio Josef Faranda, edita da RPlibri di Rita Pacilio, sempre attenta e competente nel proporre nuove voci che si distinguono nel vasto mare dell’attuale produzione poetica. Oltretutto, il nostro autore è anche un valente musicista, laureato in chitarra e composizione jazz al Conservatorio di Benevento, il che consolida la sua anima fortemente creativa, dedita con passione, studio e ricerca, a queste due attività artistiche di non sempre facile frequentazione.
Proponiamo qui alcuni testi tratti dalla sua raccolta, in cui si evince la profonda riflessione sul senso dell’esistenza, laddove il “centro”, metafora indovinata di un caposaldo immaginario ma necessariamente granitico, al quale affidare le proprie certezze. In una società che tende a frammentare e ad allontanare da questo “centro” ogni azione e ogni pensiero positivo, in un consesso cosiddetto civile dove l’umanità è ormai precaria e defraudata d’ogni luce divina e tutto precipita nel vuoto delle banalità, il poeta sente, avverte lo smarrimento, ricordando (e ricordandosi!) però del centro, della centralità da cui attingere ancora valori e fondamenti per il buon vivere futuro: “Qui, / nelle mie terre / aride e arcaiche, /proprio qui, incontro il tempo / al buio quando nello spiazzale / mi fermo.”
Un poeta interessante, che fa emergere, con i suoi versi brevi, a volte epigrammatici, il rovello interiore alimentato dalle incertezze e dai dubbi della quotidianità, ma anche la delicatezza e la solarità di un progetto di vita che si ricongiunga al “centro” fondamentale di essa.


Smarrirsi

poi il vuoto

la nube ancora lì

sorta dentro di me

non so quando.

 

Perché fuggi per poi tornare?

Ricordando che sei lì,

con occhi a guardare.

 

 ***

 

Qui,

nelle mie terre

aride e arcaiche,

proprio qui, incontro il tempo

 

al buio quando nello spiazzale

mi fermo.

La luna a pieni occhi

osserva

il mio guardare la vecchia madre

che stende il fresco bucato, ora

curiosa ricambia lo sguardo.

 

La quiete essenza

delle notti d’estate è nell’aria:

un’antica magia ferma il tempo

dipingendo l’istante.

 

 ***

 

È da questa vetta che posso

rincorrere ciò che vedo:

un’azzurra distesa

che non ha fine

né inizio.

 

Echi di mondo abbracciano

evocazioni lontane.

 

Le amate distese del tempo

mostrano i segni.

 

Mutano al loro moto.

 

 ***

 

Tra i denti con dolore

stringo sogni

ma a poco a poco

la vista appassisce.

 

Non riesco a vedere,

per quanto corra

rimango immobile

al punto di partenza.

 

Negli occhi la realtà

svanisce come un vecchio

fantasma stanco di vagare.

Non rimane che un boato

un urlo che si espande

nel vuoto più assoluto.


Testi tratti da:

Antonio Josef Faranda, Lontano dal centro, RPlibri, 2023

Antonio Josef Faranda nasce a Sant’Agata de’ Goti (BN) il 12 novembre 1996.
È poli-strumentista, compositore e produttore musicale. 
Si è laureato in Chitarra Jazz e in Composizione Jazz presso il Conservatorio “Nicola Sala” di Benevento. Per la sua Tesi di Laurea magistrale ha composto una Suite per orchestra jazz dal titolo “Iter Animae Ad Divina” in cui ha musicato alcuni versi tratti dalla Divina Commedia. Attualmente frequenta il corso di Composizione tradizionale presso lo stesso conservatorio. È operativo presso il suo studio di produzione ad Airola (BN) dove compone, registra e produce i suoi brani reperibili su tutti i digital store con il suo nome d’arte Joseef. 



Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà