lunedì 24 marzo 2014

Il "ticchettio del tempo" nelle poesie di Melania Panico

Le poesie che proponiamo qui di seguito, tratte dalla silloge inedita "Dal nero in poi", sono di una giovane poetessa napoletana, conosciuta in occasione di una rassegna poetica da me organizzata qui a Sant'Anastasia. L'autrice si chiama Melania Panico. Devo dire però che la Panico già si distinse nella undicesima edizione del Concorso Nazionale di Poesia "Città di Sant'Anastasia", nel dicembre scorso, ricevendo una menzione di merito nella sezione "Autori del territorio". Confermo la bontà dei suoi scritti, rapidi, incisivi, a volte persino taglienti. Si può notare, leggendo i suoi versi, una certa autoreferenzialità, ma un'autoreferenzialità positiva, in quanto è lei stessa che prende l'abbrivio dal suo sentire intimo, dal suo accorgersi del tempo che passa su di sé, che vorrebbe far "appassire sul muretto delle negazioni", per poi offrire al lettore una possibile via di fuga, verso un "fuori" dove trovare il vero senso della vita. Una poesia forte, quella di Melania Panico, oserei dire coraggiosa, perché severa con se stessa, e quindi una poesia autentica, che esprime senza giri oziosi il proprio stato d'animo, profondamente turbato da quel "tempo" che quasi vorrebbe fermare, estraniare. Una poesia che urge, che ha fretta di dirsi e di dire, ma nello stesso tempo una poesia misurata e curata nei termini, nella modalità espressiva.
Direi che la nostra giovane poetessa ha buone carte da giocare, in poesia, e sicuramente affinerà e approfondirà ancora il suo dettato poetico, come merita e come le auguriamo sinceramente.

Chiedo quindi agli amici che ci seguono di esprimere in proposito un loro gradito commento.

(Testi tratti dalla silloge inedita "Dal nero in poi", di Melania Panico)

C'è un posto dove il tempo ritorna
ma poi si ferma
come se tra le mani
io avessi un ammasso di alghe
che inghiottono.
Ma non è il cuore
perché anche il cuore invecchia,
si dispera negli anni
insieme al resto
mentre maschera di ribellione
il suo bastone da viandante.

***

Io ho imparato i nomi degli dèi
la loro storia
ho letto i libri senza raccontarli
ci ho pensato di notte
immaginando dialoghi
sottolineando con lo sguardo.
Ho divorato personaggi e
autori
sono diventata Camilla
solo il tempo di un caffé.
Poi si dimentica.
Nel mio vecchio cuore
mascherato da Narciso
è inciso col bisturi
il mio senso
mentre passo
in rassegna
le cicatrici da donna.
Si raggrinzisce il cuore
e non la pelle
e lo specchio
non riflette più bene.

***

Di qua
dal lato degli scogli
aria che frigge,
una morsa di calore.
Non ha soluzioni questo giorno
e il cammino
stringe i passi
come a sacrificarmi.
Di qua
dal lato del mare
l'acqua taglia il respiro
il tempo di un momento.
Non ha soluzioni questo giorno
e le perdo di volta in volta
andando al largo.

***

Eccolo il mare
come distesa vivente
che copre tutto
e dentro, cuori ammassati.
C'è un profumo di piedi scalzi
qui,
davanti al mare
e quasi non m'importa più
di scrivere.
M'immagino mercante
che contratta le sue stoffe
o marinaio lontano da casa
che riga il volto di sale
se ricorda i suoi figli
e la malinconia che ti sveglia
con un senso di vuoto
ti tiene lì, stremato.

***

Fiammifero che brucia,
lento.
Profumo di zolfo nell'aria.
Ho sete negli occhi
di fuoco,
di lasciare che si consumi
anche un po' così,
il tempo.

***

Ho messo ad appassire
il tempo
sul mio muretto delle
negazioni.
Mi sono appoggiata lì,
a riposarmi dalla fatica
del silenzio
ma lui resiste,
il tempo,
sono io che appassisco,
scavata in viso
dalla luce del sole.
Potrei svanire.
Dovrei.

***

Il poeta è un folle
scrive solo per sé
e basta.
Scrive per capire
di che colore sia
l'anima
se rosa e grigia
o nera e rossa
come un libro di Stendhal,
come chi sa leggerlo.

***

In tutto quello che scrivo
c'è sempre la parola
"tempo"
come un timbro
una soluzione
una mortificazione
la scelta della vita
il resto da dare a me.

***

Le mie poesie
sono come ragnatele,
attirano pensieri
e poi si sciolgono nel nulla
di una giornata di pioggia
e la penna è una miccia
che infiamma il foglio
fino a bruciarlo.
Le parole restano asciutte
eppure inveiscono contro il cuore
anche quando mi sembra
di non averne più.
Tenera carne la mia:
si spacca al sole.

***

Mi hanno rinchiusa qui
con i rintocchi dei pranzi
a limitare il tempo
e non so più se questo corpo
è reale
o se
l'hanno inventato per dare un senso al tutto.
Mi accoccolo
in un cantuccio sterile
come un ventre
e non attendo altro
perché ho lasciato i segni agli altri.

***

Non so se posso permettermi
il lusso
di lasciarmi appassire
dolce pensiero
di abbandonare il corpo
agli anni.
Frastornata dal ticchettio
del tempo
uso il verbo
"frantumare",
valico tra me e me.

***

Volevo diventare gabbiano
O stella o sole
Per guardare sotto di me
Senza avere paura
Senza brividi di vertigine oscura,
ma sono diventata mano,
occhi, cuore
per strappare dalla terra un grido e dargli forma
e vestirlo
e chiamarlo me.

Melania Panico è nata a Napoli nel 1985 e vive a S.Anastasia.
Appassionata di poesia e letteratura, è laureata in Filologia Moderna. Ha lavorato in una casa editrice napoletana come responsabile delle proposte editoriali e ha curato l’uscita di alcuni testi. Insegna italiano e latino ma ha deciso al momento di dedicarsi totalmente alla sua passione, di svilupparla e darle spazio. Alcuni suoi testi sono stati pubblicati in antologie. Ha partecipato a diversi reading di poesia.


10 commenti:

  1. Poesie che nella loro semplice complessità si estendono con voce piena oltre gli scogli della vita. E lo fanno misurandola la vita, assaporandone la dicotomica vicenda, le contrastanti aporie del vivere, il polemos fra gli opposti. Essendo pienamente cosciente la poetessa che l'estensione dell'anima si deve misurare, al fin fine, con le ristrettezze degli spazi, e con la caducità del tempo. Un ticchettio che crea una barriera fra l'esistere e lo slancio oltre la siepe.

    Nazario

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    1. La ringrazio moltissimo per queste parole accorate. Mi fa sempre piacere colpire in qualche modo il lettore. Grazie.
      Melania

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  2. Leggo sempre con piacere la freschezza del verso libero; i contrasti delle armonie interiori che tendono a regolare tutto il mondo intorno, quasi come ad aspettare i tempi naturali, le sue cadenze cercando i bioritmi, quelli più fragili, nelle parti più nascoste di noi. Allora la poesia si fa urgenza del dire, si fa esplosione, canto, passione e voce, slancio, scoperta, preghiera, misericordia. Grazie per questa proposta che ho apprezzato. Un saluto affettuoso. Rita Pacilio

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  3. E' sempre lodevole riuscire a incidere , specialmente nei primi tentativi di scrittura, un verso che sia completo nella sua limpidezza e nella sua fulmineità. Queste poesie si offrono per un caleidoscopico ventaglio , a raccontare , a ricordare , a illudere , a tratteggiare , a delineare figure e paesaggi, con una genuina semplicità che fa del testo una elegiaca soluzione colloquiale, risolvendo quel fiotto dei sentimenti che immerge nel subconscio. Mi permetto timidamente di sottolineare soltanto una precisazione : nella prima poesia è scritto "insieme al resto" , ma il corretto vuole : "insieme con" o "assieme a".Perdono.
    http://antonio-spagnuolo-poetry.blogspot.com

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    1. La ringrazio moltissimo, tra l'altro apprezzo tanto la sua poesia. Non sono d'accordo sull'annotazione linguistica. Credo che la poesia debba essere anche sperimentazione e che in generale la lingua si evolva continuamente. Tuttavia mi affaccio da poco alla "lettura pubblica" ed essere commentata da lei mi fa immensamente piacere.
      Grazie.
      Melania

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  4. ... le cicatrici da donna, il tempo posto ad appassire sul muretto delle negazioni sono la chiave di lettura di una teologia negativa, in cui tempo, silenzio, fugacità e senso di vuoto si rapportano con una situazione di disagio psicologico, soggettivamente irrisolvibile. Il tutto, però, non isterilisce in pessimismo cupo, perchè alla malinconia al tempo che corre inesorabilmente e all'appassire altrettanto inesorabile, la poetessa contrappone, quale àncora salvifica, il suo grido, che è la prova tangibile del suo esistere.
    Poesia di apparente colloquialità e di efficaci immagini visive. Più che declamata va sussurrata, per calare il lettore nell'apartheid di una scelta di vita tendenzialmente proclive più all'absence che alla partecipazione.

    Anna Gertrude Pessina

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  5. la sua poesia ispira poesia. i versi spezzati segnano il tempo e la paura del suo trascorrere. quando smetto di leggere una sua poesia resta nella bocca la sensazione affamata di altra poesia. qste parole fatte di tempo di carne di cenere di unghie sono le parole di una donna che vive mordendo i giorni senza mai sfamarsi. ma io amo da sempre
    questi versi... e tu lo sai

    ilaria sorrentino

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  6. Non passo qui per caso. Né per caso mi fermo.
    La poesia di Melania è senz'altro un posto dove restare, dove incastrarsi. Dove provare a resistere.
    Ed io amo i suoi grovigli interiori lasciati agli occhi. Melania sente assai. Assai.
    E questo sentire sa portarlo fuori come ho trovato in pochi altri posti.
    La forza dei suoi versi, il modo diretto in cui arrivano, la durezza delle immagini, l'incessante ricerca di qualcosa, come non bastasse mai.
    Melania, come la sua poesia, è un tumulto.
    E restarne travolti è sempre una forma di salvezza.

    Gianni.

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  7. In questa poesia il tema di fondo è il “tempo”, anzi la consapevolezza che, trascorrendo, si consuma e consuma. Soprattutto, consuma. Poiché il tempo-cuore sono inarrestabili. Il loro metronomo è assordante e angosciante. La poesia le può offrire una via di fuga? No, la poesia non salva la “sua tenera carne, che si spacca al sole”, e, anzi, la stessa poesia finisce con lo “sciogliersi nel nulla”. La vita non offre vie di fuga, il tempo è invincibile, e brucia, inesorabilmente, tutto quanto con sé trascina. Il cuore invecchia. Ecco la realtà che la poetessa non tollera, e contro cui la stessa arma della poesia è impotente. Ciò che positivamente più sorprende di questa poesia è il linguaggio, la sua capacità di osservare da più angoli prospettici la realtà indagata, con grande agilità e padronanza. Credo che il potenziale poetico ci sia tutto, e, ciò che più conta, con una grande capacità di crescita.

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Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà