martedì 10 luglio 2018

Diario estivo e … la poesia


Eccoci quasi in piena estate! Relax, come suol dirsi, ma anche tempo di riflessioni e di letture, magari sotto l'ombrellone, o nella tranquilla penombra della propria stanza di lavoro o di studio.
E a proposito di riflessioni, volentieri e con piacere riportiamo qui di seguito una interessante Nota di Rita Pacilio, illustre poetessa e critico letterario, nonché Direttrice e curatrice di RPlibri.
Buona lettura!

L’estate 2018, oggi 9 luglio, continua a riservarci sorprese. Purtroppo, la condizione politico-sociale italiana ed europea occupa, in maniera totalizzante, la nostra mente di cittadini e di esseri pensanti. Le notizie di cronaca si alternano tra episodi di razzismo, femminicidi e fenomeni atmosferici, cartine di tornasole della perenne crisi delle relazioni sociali e delle stagioni. Il clima emotivo di noi tutti è turbato dai bombardamenti degli avvenimenti del mondo: la ricaduta emozionale è inevitabilmente burrascosa. In Italia, ultimamente, poeti e critici, per reazione psicologica all’enorme quantità di scritti, secondo me, mettono in scena crudeli stroncature e deliri personali sostenendo che la poesia è morta. Negare e strumentalizzare la condizione sociologica dell’affaccio poetico/presenza di tante giovani voci e il lavoro costante di autori più o meno conosciuti/ affermati, porta a minimizzare o ad amplificare, direttamente o indirettamente, lo stato delle cose. Non mi soffermo sulla qualità o sull’abusivismo della parola poetica degli ultimi anni (poesia e versificazione hanno significato formale, letterario ed estetico diverso, è vero, ma non ritengo sia questo il momento di tirare somme in modo imprudente, prematuro, forzato e semplicistico), ma parlo esclusivamente di rilevazione sociologica come presa di coscienza della necessità di molti autori di esprimersi e servirsi, comunque, della poesia. Di questo aspetto parlerò più dettagliatamente in un eventuale prossimo articolo. Intanto, mentre sui social esibiamo magliette rosse per sentirci più umani, i libri accumulati sulla scrivania chiedono lettura, attenzione e cura. La parola si esibisce a voce alta tra cinema, teatro, musica, fotografia e libri: ecco, mi soffermo su alcuni libri di poesia per divulgare e costruire la strada attuale del cammino poetico il quale definisce lo scopo della scrittura del nostro tempo.

È proprio la sacralità della poesia che cerca il modo di riordinare le cose del mondo. Da anni Antonio Spagnuolo, poeta e critico napoletano, si sofferma, con i suoi scritti poetici, su questa tematica. Canzoniere dell’assenza – Kairos, 2018 e Come un solfeggio – Kairos, 2014 – sono la testimonianza che l’arte ha bisogno di studio e perseveranza nell’ascolto del silenzio e, contemporaneamente, del caos della vita per meglio interpretare se stessi e i meccanismi dell’esistenza. La forma e il senso della parola poetica affievoliscono i drammi umani riproducendo i cambiamenti significativi come potenzialità e superamento dell’assenza, della paura di restare soli. Le immagini narranti girovagano tra ricordi, solitudini, amori, dolori, presenze, rimorsi, dubbi, illusioni, speranze e attese, le quali appaiono segmenti intrecciati nella musicalità dei versi. Qui avviene la trasformazione miracolosa dell’offerta, della celebrazione: il paesaggio intimo assume valenza universale proprio quando viene travolto dalla pulsione sentimentale, dall’amore profondo per gli esseri umani, per la natura, per Dio. L’esperienza feconda e umana della sostanza poetica testimonia l’io e l’aspetto esteriore rendendo grazie alla bellezza del viaggio vissuto come un avvenimento ciclico e senza fine (Il vento leggermente ti scompiglia la chioma/nell’impazienza che assottiglia il ritmo/delle attese. Sei il nitido riflesso di risacca.)

Correnti contrarie, Ensemble, 2017, di Angela Greco, poetessa pugliese, ripropone testi editi e inediti sugli equinozi, giorni dell’anno che delineano le ore del giorno e della notte in eguale misura temporale. L’autrice pone sulla bilancia del tempo la giusta presenza della bellezza e della difficoltà umana della riconoscenza. Poesie e prosa poetica per far esplodere, dalla stessa prospettiva, la consapevolezza della perdita e della conquista. Per questo motivo il gesto del vivere non scolora gli attimi vitali, anzi, li cattura in un linguaggio corposo e metaforico per restituirci il senso delle realtà più semplici del mondo, i sogni, la comunione, i limiti e la poesia (Il mio pensiero, il tuo/l’inimmaginabile piacere/giunto alle stesse conclusioni.)

Molto convincente è anche l’opera di Francesco Lorusso, poeta pugliese, dal titolo Il secchio e lo specchio (Manni, 2018) in cui il lavoro stilistico dell’autore cattura la scena tristissima della quotidianità. Gli oggetti, riflessi nello specchio, infatti, esibiscono se stessi attraverso l’utilizzo delle performance umane, troppo spesso, prive di senso civico. Il libro è pervaso da esplicite sofferenze legate alla falsa cultura, madre, inevitabilmente, di false coscienze capace di deteriorare i rapporti interpersonali e le nervature generazionali. La denuncia del progresso esasperato è la colonna portante del discorso poetico finalizzato a sensibilizzare la capacità di pensiero e il confronto. Stupisce il progetto e l’esito: l’organismo testuale è lo strumento e il pensiero responsabile della poesia fornisce gli specchi di lettura (Il colore della colla secca sulla giacca/e lo stupore assopito dalla fretta/non ci mantiene accostati al momento. Stagna sulla carta/una macchia di identità permessa.)

Viviamo ed esistiamo in poesia sicuramente a prova di nostalgia e memoria come resistenza all’oblio e implorazione della verità. Cactus di Melania Panico (poesie) e di Matteo Anatrella (fotografie), Gechiedizioni, 2018, ne è, dunque, la prova provata. Dieci poesie e dieci fotografie per sezionare l’esperienza emozionale del folgorio vitale: un dialogo storico e intimo che accade nel destino di ogni uomo, nella natura delle cose. Traccia e segno che rendono bene comune e prezioso ogni lacerazione, l’ostinata permanenza, la memoria, la dissoluzione della spaccatura del transito di una foglia o della pioggia sui vetri. Così vivere significa scomparire nel nulla, fermare i momenti o camminare a pieni polmoni, coscientemente. Amare, per questo motivo, la sofferenza delle lacrime sapendo di aver raggiunto la viva maturità del vissuto. L’abnegazione del superfluo, l’essenza, il distillato simbolico della radice e delle vie segrete per riappropriarsi di risposte e ulteriori quesiti filosofici, la mancanza, il tempo: questo il senso poetico di Cactus in cui la parola e l’immagine arrivano, contemporaneamente, ai fondamenti estremi dell’offerta e della complicatissima presenza del reale quale indizio per sospirare, respirare, appartenersi (La fronte mostrerebbe tristezza se potesse/quello che resta è da considerare:/chiudere la porta come ultimo respiro forzato/maestoso istante di gioia).

Rita Pacilio

1 commento:

  1. Ringrazio Rita Pacilio
    per l'attenzione posta alla mia ultima raccolta di versi, con le sue parole precise, all'interno di questa bella nota di lettura collettiva.

    Sono davvero lieto di ritrovarsi su TRANSITI POETICI in ottima compagnia, dentro questi particolari consigli di lettura estivi.

    Un saluto a Tutti.
    Francesco Lorusso

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