mercoledì 28 marzo 2012

Ketti Martino e i suoi grappoli di nuvole poetiche

Indubbiamente la poesia è un mezzo di eccezionale efficacia per dire le cose come stanno veramente: non solo agli altri, a coloro che amano seguire la scia poetica dell'autore e l'eco plurisemantico che ne scaturisce, ma soprattutto a se stessi. Anzi, è la poesia stessa verità interiore da cui non ci si può nascondere. Ketti Martino dice pane al pane e vino al vino, con un'enfasi poetica equilibrata, venata anche di una sottile ironia, ma molto riflessiva. I suoi versi ben costruiti si susseguono in un'atmosfera che fa sembrare la realtà quasi distaccata dalla superficie del mondo e della natura umana: ma a ben vedere, anzi a ben leggere, ci si accorge che il suo canto è assolutamente aderente ad un mondo autentico, genuino, privo di qualsiasi scoria, come se venisse riflesso da uno specchio che accentua e risalta la parte migliore, la parte più luminosa dell'anima e del creato.
Di Ketti Martino, che è poetessa autentica e impegnata, proponiamo qui di seguito alcuni suoi testi tratti da raccolte edite. Invitiamo i nostri lettori ad aggiungere qualche altro interessante commento.

Da "I poeti hanno unghie luride", Boopen Led Editore

I poeti hanno unghie luride

I poeti hanno unghie luride e occhi fissi
guardano come lupi l’altro che siede accanto
e non si voltano a cercare gesti.
Amano il vento che spettina i capelli
e confidano nella notte
che straripa rime ingorde.
Pensano poche cose
ma le pensano davvero
perché credono alla magia della parola ferma
e al miele sul pane caldo la mattina.

I poeti hanno unghie luride
perché si grattano la pancia
mentre guardano le stelle
e invocano il dio dei disperati
ché legga i loro versi empi.
Fanno una prece per chi li compra
cogliendo come acini d’uva
i sogni di una vita.

***
Annuso dei nostri corpi

Annuso dei nostri corpi
il timbro del vortice scomposto,
prezioso monolite tra vene e malta.
L’alito scaleno si attarda nella gola
stana i flutti e suggella i nomi.
Odo il mistral che segna a chiaroscuri il collo
e il trucco screziato che l’occhio tuo non scorge.
Sosto guardinga,
volpe tra foglie rosse e oblique rime.
                                                   
Discendo la transumanza tattile di quest’abisso.

***
La loggia

Occupa tutto lo spazio e anche il tempo questa loggia
coi grappoli di bougainville sigillati al tufo
come figli abbarbicati al seno.
Non lascia tratti inviolati il mio occhio
né fessure trasparenti e piane;
ricopre la distesa azzurra
riparo d’infanzia e magie
giocate dietro i cespugli di ginepro
coi calzettoni lilla.

***
La mia vita è un quartiere sgombro

La mia vita è un quartiere sgombro
ingoiato dal silenzio
landa genuflessa senza lavori in corso
e strade parallele
abitacolo sventrato
con gli abiti dismessi impolverati
e quelli ancora nuovi e già invecchiati.

Ho traslocato mille volte da me stessa
e sempre son tornata
con rime mal cucite
e un Golgota sedato dentro al cuore.

Taccio solo per uniformarmi allo sgomento
rivestire i luoghi 

svuotare due bagagli.

***
 Se questi giorni

Se questi giorni fossero adorni di carezze
e occhi vaporosi in cui annegare,
sarei briciola nella brocca di cristallo
Se fossero arruffati
dal canto dispettoso della cinciallegra,
o danza di passione già sbocciata,
sarebbero presagio di futuro
e ostili all’odio.
Forse privi di parole e locuzioni audaci,
ma basterebbero a me, ed io a loro,
anche senza scrivere.

***
Nuvole

Sono grappoli d’uva quelle nuvole
segnano svolazzi nella mente cava.
Frugo nel pantano
cercando il senso delle nostre vite audaci
ma nella spelonca livida
resta solo il candore del ricordo
Corpetti inamidati e lenze mai scagliate
Annaspano come coperte d’amore atavico,

e nostalgia.

***
Della poesia voglio le ossa

Della poesia voglio le ossa
le trasparenze scorticate e monde
agguantare la sostanza dura
fino all’anima spugnosa
sentirla trasudare da ogni poro.
Trattengo il verso tra mascelle e denti
stritolo la carne e la rimando,
bolo suggellato appeso a cento arpioni.
Lo digerisco e poi lo cerco ancora.
Smantello la sequenza
i riti blasfemi le verità
e castro l’essudato che tentenna.

***
Testi tratti da “La poesia è una città” a cura di Floriana Coppola e Ketti Martino, Boopen Led Editore, 2011

Angoli

Ci sono angoli
in questa città
dove ogni cosa è certa
tutto si ricompone
e si raggrumano
anche le lacrime
sul viso/maschera.
È lì che il mondo
scorre nelle vene
come quando un giorno, in auto
al parco delle Rimembranze
coi fogli di giornale appiccicati ai vetri
chiedevi: mi ami?
Ci sono angoli in questa città
dove ripieghi le ali sulla vetta
e lanci un urlo
o puoi ingoiare il buio di un viale
per sentire il crepitio
di foglia sotto le suole.
Ci sono curve
in questa città
dove il respiro conosce solo affanno
e il coraggio è ruga spesa
sulla fronte in cerca della vita.
e poi ci sono
cerchi
in questa città smarrita
sostanze sterili
assedi di campanili
che non puoi solcare
nemmeno a mani giunte
e con la croce sopra
al petto.

***
Quartieri spagnoli

i quartieri spagnoli
sono ferite aperte
che vomitano pus
di tanto in tanto
interstizio intraducibile
di vicoli
limitare affranto
di presente e futuro già passato
compasso invisibile su tettoie
e balconi avari.
La luce rubata con gli specchi
ne fa zattera/postribolo
aggrappato alla collina
mimetizzato antro
dimora di plebe
scalza di sogni e indignazione.

***
Da "Arbor poetica", a cura di Diana Battaggia, Lietocolle

Non vedo cielo e nuvole

Non vedo cielo e nuvole da qui
mi guardano finestre cieche
squadrate gabbie inchiodate all’utopia.

Le vivo come presenze tossiche
cattedrali oblique che falciano la bruma
quando il diaframma è accumulo di lecci.

Una fioritura di detriti mi avvolgerà, lo so
dolce narcolessia in cerca di un abbrivo.

***
Da "Le strade della poesia", a cura di Mimmo Cipriano, Delta 3 editore

Terre(na)

la corteccia sbucciata è pelle
frutto oltraggiato
rinsecchito dal troppo stritolare

le formiche ricamano una scia che
sa di passi giusti
e io accarezzo il punto esatto
in cui i ricordi sfumano nel divenire
fino a sprecare l’ultimo sorso di
romanzo

il gusto di schiacciare
un sogno una foglia dà dolore

l’apologia di te è ancora madre
feconda superficie in cui affondare.

Ketti Martino, nata a Napoli, laureata in filosofia, ha insegnato nella scuola pubblica e si è occupata di promozione teatrale e musicale. Fa parte della compagnia di scrittura Homo Scrivens. Ha pubblicato testi poetici nelle antologie: Dalla bocca del Vesuvio, a cura di G. Marino (G. Perrone,2007); Nella notte di Natale (G. Perrone, 2007); Fili di parole (G. Perrone, 2008 ); L’amore, (G. Perrone, 2008); La notte (Giulio Perrone, 2008); Il tempo (Giulio Perrone, 2008); Logos (Giulio Perrrone, 2008); Le parole che nascono dall’anima (I giardini dell’anima, 2008); Arbor poetica, poesie su immagini di Stefano De Francisci, a cura di Diana Battaggia, 2011 Lietocolle; Le strade della poesia a cura di Mimmo Cipriano, Delta 3 edizioni, 2011; Le parole del mistero. Il perturbante nel quotidiano a cura di Gloria Gaetano, Neverland edizioni; Alchimie e linguaggi di donne, Terzo quaderno antologico di poesia, collana diretta da Esther Basile a cura di Floriana Coppola, Photocity edizioni.
Finalista al Premio Letterario Le parole che nascono dall’anima 2008.
È fra i compilatori dell’Enciclopedia degli scrittori inesistenti, a cura di Giancarlo Marino e Aldo Putignano, Boopen Led, 2009. Suoi racconti sono presenti in rete su siti letterari. Nel 2010 ha pubblicato la silloge poetica I poeti hanno unghie luride, Boopen Led editore. Ha curato, assieme alla poetessa Floriana Coppola, l’antologia poetica La poesia è una città, 2011, Boopen Led editore.
Ha preso parte a numerosi reading ed eventi letterari.

11 commenti:

  1. una scrittura molto energica e incisiva, in cui il dolore ha gli occhi asciutti. Grazie per la bella lettura mattutina..

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  2. bellissime..... uno squarcio di luce prima dell'alba...
    grazie...

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  3. I versi di Ketti Martino confermano la potenza della poesia, sono voce sottovoce, un fiato sottile che non urla ma incide, scava e arriva fino in fondo. Valgono, questi versi, valgono più tanta prosa inutile.
    Anna Petrazzuolo

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  4. Dietro verità brucianti si ripara molta dolcezza. In ciò che scrive Ketti Martino c'è, a mio parere, un continuo svelare e velare, un alternarsi complesso di pulsioni, quasi un azzuffarsi tra intimo ed esteriore che ne contraddistinguono la voce. Bei versi che in "Se questi giorni" raggiungono una fluidità e un sunto potente da sottolineare.

    Vera D'Atri

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  5. Taglienti, surreali, malinconici i versi di Ketti , che si immerge a piene mani in ogni dettaglio, cercando di decifrare simbologie segrete, non mascherando un dolore sommesso, una ferita che diventa cuneo e coltello della sua ricerca poetica

    Floriana Coppola

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  6. Non ho titoli per una critica autorevole ma le parole scorrono veloci , sicure e colpiscono a fondo.Emozionano.

    Andrea Villani

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  7. Hegel, Bergson, Heidegger hanno tentato di conferire al tempo il principio essenziale che riesce a dare senso e valore alla nostra esistenza attivando una ragnatela di prodotti pensati capaci di disegnare l’ideologia totale e totalizzante dell’esistente. Ma la post-storia e la sua presunta fine suscita, nella poesia, percorsi inattesi che si complicano nell’ansia del riscatto, nel ritorno al suo punto di arrivo: così diventa normalità il tormento della immediatezza e della celebrazione del conoscibile nella sfera del sensibile.
    La scrittura di Ketti Martino è un ‘viaggio verso l’ignoto’ (Melville: ‘La nostra ascendenza si perde nella paternità universale’.

    (Per altri pochi Autori avevo già sottoscritto questo mio pensiero in commenti/recensioni)

    Con affetto e stima tanta, mia cara Ketti!
    tua
    Rita Pacilio

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  8. Grazie infinite a tutti!
    Mi emoziona molto leggere commenti tanto accurati. Scrivere poesia è pur sempre un navigare a vista (come dice Rita, un 'viaggio verso l'ignoto')con pochi fondamentali punti fermi, quindi scoprire quanto questo viaggiare dentro se stessi e il tempo sia colto con estrema sensibilità, riempie di gioia e conferma che il sentire corale di anime affini scalda e si eleva oltre ogni lontananza.
    Un abbraccio affettuosissimo!
    Ketti

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  9. ...ma brava.....Un abbraccio.
    Tullia

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  10. E' una poesia molto interessante , densa di dubbi, prolemi, utopie reali.Angoli della nostra città che tolgono il respiro,
    tentativo di immagnare un tempo migliore del nostro, che danno amarezza e reacno disincanto. Senza citare dei filosofi più vicini alla tua sensiblità, credo che il dolore, il grigio del nostro tempo comporti un sentire simile in molte persone, che esplorano se stessi ,partendo dalla stringente e penosa sintesi degli eventi attuali. Ma è siamo sempre noi a decidere di cambiare la morsa che ci stringe, siamo sempre noi che dobbiamo creare un legame di piccolo collettivo per salvare e ricominciare una vita degna nel mondo.

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  11. Trovo la poesia di Ketti densa e corposa, con versi da ingoiare e trasferire in ogni angolo del corpo per assaporarne appieno l’intensità. Una scrittura forte e profondamente vera, dai toni decisi e mai esitanti di chi “della poesia vuole le ossa”, di chi vuole afferrarla e farla completamente sua. E Ketti Martino ci riesce, la fa sua in modo autentico e schietto, dando vita a una poesia che ci tocca nel profondo e diventa anche nostra, una poesia che ci trasferisce la “magia della parola ferma” e della quale vogliamo godere fino “all’ultimo sorso”.

    Marina Nazzaro

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