"Un libro crudo e duro": così esordisce Marco
Antonio Campos, poeta messicano di grande talento, nella sua postfazione a
"La casa delle fate", recente raccolta poetica di Cinzia Marulli. Può
in effetti, in qualche modo, scuotere gli animi del lettore questa affermazione
così impegnativa e profonda, all'inizio della sua accurata nota critica su
questo bellissimo e intenso lavoro della nostra Autrice romana. Ma la poesia,
si sa, non è tale se non sconvolge, se non investe il lettore e lo pungola
esortandolo a confrontarsi con la realtà interiore e soprattutto esterna,
distogliendolo da una sorta di torpore quotidiano che appiattisce la vita e
tende a sottovalutare se non proprio a dimenticare o ignorare che esistono dei
problemi, delle problematiche, delle situazioni anche scabrose e in un certo
senso antipatiche, accanto al sole, alla luce, alle piccole gioie della vita di
tutti i giorni.
Ma il grande pregio, il grande fascino e, oserei dire,
miracolo, della poesia, della vera poesia, è quello di trattare, proporre,
raccontare le difficoltà, le sofferenze, i patimenti e in genere le mestizie
umane, anche e persino le cose più orrende, con la delicatezza e la compostezza
necessaria, rendendo le cose "brutte" persino accettabili, persino
"luminose" e gradevoli, laddove la lirica, la resa poetica e lo stile
superano largamente l'entità dei problemi trattati; non si tratta, beninteso,
di superficialità o di scarsa considerazione o addirittura di ipocrita visione
della vita, ma, tutt'altro, di una sorta di "accarezzamento" e di
accoglimento dei patimenti in una sfera di redenzione che sta al di sopra di
noi e di tutti.
"La casa delle fate", poema intenso e umanamente
pregno di una compostezza pacata ma non rassegnata, è pienamente aderente a
questa linea della poesia del sociale che affronta i problemi di tutti i
giorni, qui, nella fattispecie, i problemi degli anziani, madri e padri,
"abbandonati" nelle case di riposo per motivi sociali e lavorativi
quasi inderogabili.
Il libro di Cinzia Marulli è incentrato sulla madre,
ospitata negli ultimi anni della sua vita, in una di queste case di riposo, per
antonomasia detta casa delle fate, perché la mamma, le signore anziane che
dimorano lì, ormai ultima destinazione, sono "fate" per il loro
candore, per la loro semplicità, per la loro austera bellezza, per la loro
dignità che mai viene meno.
È un problema che Cinzia, parlando della vita che vi
si svolge, parlando persino del percorso (il libro è infatti suddiviso in tre
parti: "L'entrata", "L'uscita", "Il dopo"), pone
sotto gli occhi di tutti, mostrandoci come può sentirsi una madre
"fata" consapevole che dovrà trascorere l'ultima parte della sua vita
affrontando un ciclo ripetitivo e insapore (la colazione, le signorine /
infermiere che l'assistono, la cena, l'andare a letto metodicamente alla stessa
ora…), e come può sentirsi una figlia "costretta" ad affidare a
queste strutture la propria cara mamma, con i sensi di colpa che galoppano nel
suo cuore.
Cinzia Marulli descrive questa vita, questa quotidianità
monotona e opaca nella "casa delle fate", ma lo fa con un dettato
lirico delicato e nello stesso tempo struggente, mai abbandonandosi alla
disperazione o ad eccessive lamentazioni: i suoi versi colgono altresì la
profondità dei sentimenti, esprimono liricamente le cose più semplici e
genuine, i gesti usuali e ripetitivi che ogni madre / figlia / donna fa nella
sua dimora.
Un libro piacevole da leggere, commovente, che offre al
lettore molti spunti di riflessione su un argomento così delicato e serio; una
poesia che riesce a superare il difficile ostacolo dell'ovvietà che questo
aspetto sociale può mostrare, indice della bravura e della comprovata
esperienza poetica della nostra Autrice.
Proponiamo qui di seguito alcuni brani tratti dal suo libro,
invitando i nostri lettori e gli amicvi che ci seguono su questo blog, ad
esprimere graditi ulteriori commenti.
Si ferma il tempo
nel percorso che m'avvicina
in questo luogo risiedi
qui – dove la vita passa nell'attesa.
Il candore della tua pelle m'accarezza
quella pelle tornata bambina
ora che invochi me
come fossi io tua madre.
***
C'erano anche i giorni belli
nella casa delle fate
i giorni dove il sole entrava dalle finestre
e i sorrisi delle bambine diventavano perfino
veri
anche le ossa smettevano di dolere
e i ricordi sembravano quasi inutili
erano i giorni delle visite
delle passeggiate corte un metro
delle pastarelle
e dei <<mangiane poche ché altrimenti ti fanno
male>>
ma tu lo sai che a ottant'anni non ti importa del
diabete
ti vuoi bere la vita, tutta quella che ti rimane
e goderti ogni cosa
ché poi si torna a letto, in mezzo all'urina che esce
dall'incerata.
***
Non lo sapevi fata mia
che quel giorno
sarebbe stato l'ultimo tra le tue cose
tra i mobili lucidati a cera
e le scarpe riposte con la carta del giornale
me le chiedi sempre queste cose
ora che sei nel luogo del finire.
So che ti ho ucciso prima della morte
vorrei tenerti a casa con me
e starti accanto invece di andare a lavorare
ma sono sola
e non ho soluzione
solo il tuo perdono.
***
L'ultimo saluto prima di chiudere la bara
poi il corteo
la gente, gli abbracci, i fiori
la chiesa
e mentre il prete parlava
ti ho vista seduta in fondo
finalmente libera
mi hai dato la mano
e siamo andate insieme
a chiudere in un loculo il tuo corpo
ti è piaciuta tanto la lapide
la foto era la tua preferita
alla sera siamo tornate a casa
a farci quattro chiacchiere in segreto.
***
Ho preso il tuo corredo
quello che conservavi come un tesoro
nel baule della nonna
l'ho lavato tutto
col sapone profumato
che usavi tu per le cose buone
l'ho steso al sole
e ho atteso che si asciugasse
come quando andavamo al mare
con gli asciugamani zuppi di sale
poi mi sono chiusa in casa per giorni
e ho stirato ogni cosa lentamente
come si gusta un dolce speciale
ché tu lo sai che sono golosa
ogni volta che passavo il ferro
sui tuoi tessuti
era come accarezzarti di nuovo
quando ho terminato
ho rilavato tutto da capo.
***
Ora basta ricordarti
morta
è la tua vita quella che voglio
non si chiude tutto in una bara
quelle ossa non mi dicono niente
rimettiamoci a parlare sul serio
e facciamocela ancora
qualche litigata
ché non siamo mai andate d'accordo io e te
con questa fissa dell'aspirapolvere
l'ho buttata sai?
ma ho conservato i
tuoi libri
e i nostri sogni.
***
Non manca molto
a quando anche io mi ritroverò
vecchia
con le mani inutili e le gambe finte
dove sarà la mia casa delle fate
e chi mi darà la bacchetta magica della fine?
Testi tratti da: "La casa delle fate", di Cinzia Marulli, Edizioni La
Vita Felice, Milano, 2017
Postfazione di Marco Antonio Campos.
Cinzia Marulli è
nata a Roma dove tuttora risiede. Ha studiato all'Università "La
Sapienza" di Roma Sino-Indologia e sta traducendo alcuni tra i principali
poeti cinesi contemporanei e in particolare i poeti brumosi (Bei Dao, Mang Ke e
altri).
È curatrice della collezione di quaderni di poesia Le gemme (Ed. Progetto Cultura) e
promotrice culturale di rassegne di poesia. Ha partecipato a vari festival
internazionali di poesia in Italia e all'estero; le sue poesie sono state
tradotte in cinese, francese, greco, inglese e spagnolo e pubblicate in Cina,
Bolivia, Colombia, Ecuador, Honduras, Messico e Spagna.
In collaborazione con il Gatestudio Records, ha realizzato
progetti di video arte.
Nel 2016 ha vinto la prima edizione del Premio di Poesia
"Casa Museo Alda Merini" con la silloge inedita La casa delle fate.
Ha pubblicato: Agave
(LietoColle, 2011, con prefazione di
Maria Grazia Calandrone); Las mantas de
Dios – Le coperte di Dio (Ed. Progetto Cultura, 2013, in edizione bilingue italiano–spagnolo con
traduzione di Emilio Coco e prefazione di Mario Meléndez); Percorsi (La Vita Felice, 2016, con prefazione di Jean Portante).
la nota di commento è molto invitante ad approfondire la lettura di un libro che racconta un travaglio dell'anima, in merito alla mancata possibilità di accudire alla mamma. Un tema molto delicato e di estrema attualità, difficile da affrontare. La selezione delle poesie pubblicate è toccante ed emoziona nel profondo.
RispondiEliminaE' una fortuna poter leggere queste poesie!
Francesco
Ringrazio con tutto il cuore Giuseppe per questo dono inatteso e bellissimo. Una recensione che mi ha commosso perché entra nell'essenza del mio libro. Grazie anche a Francesco Casuscelli per il suo bel commento. Un grande abbraccio. Cinzia
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