La sua poesia, come ebbi a dire in una nota sul suo ultimo libro, "Le parole agre", è senz'altro rispondente ai requisiti essenziali della poesia più alta, cioè a dire: la ricchezza polifonica e plurisignificante della sua parola poetica, in un susseguirsi melodico nel verso, dove acquistano giustamente importanza e vigore espressivo grazie ad una costruzione ispirata e indovinata, frutto della sua indiscutibile esperienza letteraria e poetica.
Proponiamo qui di seguito alcuni suoi testi inediti, chiedendo ai lettori di aggiungere qualche gradito commento.
Ai disperati
Le intermittenze del desiderio
s’adattano alle incognite del buio.
Si grattano scaglie d’ interno dolore
Psoriasi dell’anima.
Nessun sorriso oltre i muri bassi.
Si scrivono con inchiostri indelebili
condanne ad libitum eseguibili.
Molte le intermittenze dell’amore
sul bianco terrore dell’atarassia
cuore di sabbia in territori ignoti
dove copula dolore con dolore.
abbrunita ogni bandiera.
Fidati come farebbe un cane.
Come un cane .
Credi all’onda che chiama e richiama
sono nessuno a dirti ti amo.
Non guardare. Non voltarti. Non piegarti.
Non so niente di domani ma
impastiamo terra con terra mani con mani
la pena si fa lieve quasi si vola.
***
Canzone di Eva
Ah io non so più amarti
disperata regina di cuori
non ho pudore d’amore
mi ripasso sull’indice
dietro l’orecchio il ricciolo
dei tuoi capelli. Io Eva
ho scambiato l’amore
per un amaro seme
di trigonometrie
sul mio ombelico piangi
che io ti resti sempre a ridosso
che ti culli il terrore delle ossa.
Io madre amante sorella figlia
l’altro da te che sono io
imperfetta simmetria
Io madre che sempre dà
piegata al dominio delle assenze.
Ma io ti ho fatto per il ritorno.
E sempre sei tornato al latte
del mio seno a coricarti
sul mio ventre casa ultima estrema
quando l’asso pigliatutto muscoli in vista
torna con la ferita nella mente
le ossa vuote l’urlo nelle orecchie.
Siamo rimaste le mie sorelle ed io
a tessere la vita a colmare
panieri di pane oblativo
in attesa - anche sui marciapiedi
simulacri di madre- a riprenderti
bimbo che ha dimenticato il pianto.
E sempre mi trovi – amante -
Abbiamo pagato pegno.
Io resto. Se cadi ti curo.
***
Di noi
Abbiamo i lati oscuri esposti
alla radente luce dell’ovest
vespertina e breve
abbiamo mani inabili
al termine di braccia corte
che non arrivano ad abbracciare
un gracile bambino
un vecchio dalla pelle trasparente.
Pensieri senz’aria televisivi
vagano per i supermercati
s’allargano in rotonde cittadine
s’infrangono su specchi di vetrine.
Le unghie biancoperfette
graffiano dorsi come cortecce
lisce a linfa chiara
che non riescono ad uscire
dal lungo inverno abbronzato
da lampade UVA.
All’ammasso numeri in statistica
e i viaggi sempre lontani e i pensieri
sempre più corti bisettrici
di angoli statici di noi stasi che monta
come un’ ira sottesa e smangiata
fumi da palude o da deserti.
Ma quanto attesa resta prima- vera
luce di stella.
***
Dei tempi
L’acqua del fiume pettina i sassi
e li distende su un giaciglio d’ombre
per tinche e trote
l’acqua che scende dal tetto
dilava i pensieri rugginosi e grevi
li fa scendere lungo le grondaie
fino a perdersi nei canali fognari
ma non c’è acqua cattiva
forse sono cattivi i pensieri
mai lavati dal sole
pensati all’oscuro pescati fra i tanti
e l’acqua li sfugge per non farsi inquinare
e continua a lasciare sul fondo
cocci di cuori estinti
maschere di cartapesta
per un carnevale di frivolezze senz’aria
per trombette di carta e coriandoli
e i bambini restano senza costume
senza lazzi e spade di cartone
tutto hanno requisito gli adulti
e l’acqua scorre s’allontana e ritorna
oh capitasse di vedere un girotondo
di mani intrecciate senza artigli…
***
Canzone degli addii
Ci siamo abbracciati sotto l’arco
che s’apriva nella piazza
l’addio è stato una formalità
c’era un a rivederci fra le stelle
nella notte nitida e brillante
che ci trapassava il petto
non dolore non doveri non averi
un addio senza colonne da ragionieri
così come fanno i ragazzi che
si piangono sulle spalle e s’aggrappano
alla maglia quasi forse un’ancora
dopo l’addio nel mare aperto
alle burrasche alle onde alte
allo strillo di gabbiano sgraziato
sopra il ventre azzurro
che ci volle uomini e pesci
uccelli e insetti fiori e biancospini
ci siamo abbracciati nel sonno
ancora tante volte per ritrovarci soli
in un’alba irriverente che non si cura
della tazzina sbrecciata del caffè amaro
anima mundi l’amore con dentro
tutto il dolore.
***
Canale di Sicilia
I pescecani sentono da miglia e miglia di distanza
l’odore della paura che viene dai disperati
si imbarca acqua copriti sorella e tu bimbo
qui stretto fra le mie braccia – chiudi gli occhi
non guardare in faccia la morte . Ha gli occhi cattivi
noi non abbiamo più niente per quietare la sua fame.
Da schermi digitali quasi in diretta scene di delitto
cadono ad uno ad uno poi a gruppi fra flutti scuri
migranti dalla pelle nera bellissimi occhi di bambini
pieni di stupore –non avevano saputo che litalia
entrasse nei polmoni a riempire alveolo su alveolo
senza respiro ma in tempo per vedere il tuo braccino
in bocca al pescecane.
E poi il buio. O canti della mia gente o danza di piedi
o fame e zanzare e mosche vacche dai fianchi magri
e le mie mamme -dove sono le mamme
Ma tu griot continua a cantare canta non cessare
la poesia dei semplici ha vite da salvare.
Narda Fattori è nata a Gatteo, dove vive. E' autrice di
numerose pubblicazioni di didattica per diverse e qualificate case editrici.
Numerose sono anche i suoi libri di poesia. Ultimamente ha pubblicato "Le
parole agre", ed. L'arcolaio, Forlì, con prefazione di Ivano Mugnaini.