Ecco una nuova interessante raccolta di poesie pubblicata
dalla prestigiosa RPlibri, da poco tempo attiva nel campo dell'editoria
nazionale ma già con un catalogo ricchissimo di autori importanti e meritevoli
di attenzione. Parliamo della milanese Maria Elena Danelli, autrice del libro
"La corte dei Miracoli", edito per l'appunto da RPlibri recentemente,
nel febbraio scorso. Ed è un'altra affermazione, questa pubblicazione, di una
persona che è in effetti un'artista a tutto tondo, trovando spazio la sua creatività
sia in poesia che nella pittura, nella scenografia e nella fotografia. "La Corte dei Miracoli", sottotitolo "ventidue fiammelle di cui due
transiti" è il punto centrale dell'itinerario poetico dell'autrice, la
quale, come ella stessa dichiara nella breve presentazione, si ispira ad un
luogo reale della Milano del dopoguerra, sui Navigli: si trattava di un
edificio dove abitavano poverissime persone senza gambe, che andavano in giro
su carrozzelle trainate da cani: questo edificio era detto "Corte dei
Miracoli".
Ora, dove trovare il punto di congiunzione tra l'idea
poetica suggerita dal titolo e tutto il lavoro prodotto che scaturisce, deriva
consequenzialmente da quell'immagine iniziale? Dice bene Danilo Blaiotta nella
sua arguta prefazione: "La natura si fa portavoce del suo pensiero",
ed è proprio da qui che potremmo partire, a mio modesto parere, per una breve
riflessione su questo bel libro.
Le cose, la natura, gli animali, il mondo, si personificano
nei versi dell'autrice, prendono vita propria, e la sua arte magica poetante
riesce molto bene in questo compito, tanto che il lettore ha la forte
impressione che sia proprio la "rosa in bottiglia" a parlargli, a
raccontargli ciò che essa vede alla finestra: "Una rosa in bottiglia
guarda / appassendo la finestra. / Da quel vetro, / maestosi uccelli…" Ma
subito dopo l'autrice riprende il pieno possesso del quadro, immedesimandosi in
esso, "cogliendone i petali come panni stesi ad asciugare". C'è
pietà, amorevolezza, dolcezza e immedesimazione, in queste poesie della
Danelli, nei confronti di un mondo delicato, lieve, da accudire e da amare,
come quei cani preziosi che aiutavano i poveri con le gambe amputate
trainandoli in giro sulle carrozzelle. Ecco dunque il punto di congiunzione, a
mio avviso, tra l'idea illuminante di partenza e l'intera costruzione poetica
della raccolta.
Un susseguirsi di versi fluidi, senza titoli che possano in
un certo modo dare l'idea della sosta, del ripensamento; e quindi il dettato
poetico scorre continuo e costante, come un fiume discreto, mai impetuoso. La
parola, in queste poesie, è come il tratto di pennello di un quadro vivo, che
si materializza sotto gli occhi del lettore o di chi osserva una natura che ha
bisogno di essere considerata, rispettata, amata: "A volte penso agli
angeli custodi / quando ombre mi sfrecciano sul capo. / Sono i migratori. /
Volano maestosi e distanti / su formiche lontane"…
Ecco, in sintesi, ciò che a mio modesto parere può sortire
da una prima attenta lettura di questo testo di Maria Elena Danelli, degna
sicuramente di ulteriori considerazioni da parte del pubblico dei lettori e
della critica, per averci offerto queste immagini intense e accorate. Ma gli
amici che ci seguono potranno sicuramente aggiungere qualche altra gradita
riflessione, leggendo i testi che seguono.
Una rosa in bottiglia guarda
appassendo la finestra.
Da quel vetro,
maestosi uccelli.
Con foglie rinsecchite abbozza il volo
nell'acqua intorpidita
voce minerale
acqua ferma che non va da nessuna parte.
Ho colto poi
quei petali
in panni stesi ad asciugare.
***
Ho visto il sole morire.
Si assottigliava su incurvature e finestrini
indugiando nelle foglie dei pioppi.
Ancora sorrideva
in nuvole precarie.
Le mani
nel mattino.
***
A volte penso agli angeli custodi
quando ombre mi sfrecciano sul capo.
Sono i migratori.
Volano maestosi e distanti
su formiche lontane.
Di loro non so molto
se non che a volte cadono
foglie-mani tremanti sferzate dai venti d'autunno
confusi planano
chiamati dalle spume
s'inabissano e spengono
i loro occhi luminosi,
come luci di città,
all'alba.
***
Verrà il giorno in cui
la neve
non avrà più innocenza
ma un sussurro
di lontananze nere
fluide pupille
di asino e bue
in cui s'inabissano
bagliori.
Dio plasma la notte
ogni notte
in forma di carne
nel fango e nel bianco
dove la terra non ha più luogo.
Entrando in una luce viola.
***
Hanno detto che è morto il sole
è morto il silenzio.
Abiti nudi e scarpe vuote
sono monti di niente
tra spettri di case e alberi d'osso.
Dio ha taciuto
ogni volta che un agnello ha vagito.
***
La vita
si sgretola in altro.
Lo vedo,
lo
vedo.
Ma continuo a far libri
tra le foglie
di un redivivo cortile.
(Testi tratti da "La Corte dei Miracoli", di Maria Elena Danelli, RPlibri, febbraio 2018)
Maria Elena Danelli è nata ad Arco di Trento ed è milanese
d'adozione, avendo vissuto l'infanzia tra la Barona e i Navigli. Attualmente si
dedica alla pittura e alla poesia. È scenografa teatrale, laureata
a Brera; ha lavorato per quasi trent'anni presso le "Scenografie Ercole
Sormani" di Milano, collaborando con Teatri di tutto il mondo e set
cinematografici. Ha partecipato a mostre personali e numerose collettive. Sue
pubblicazioni sono state inserite in Antologie poetiche, tra cui Novecento non più – Verso il Realismo
Terminale con Guido Oldani, per La Vita Felice Edizioni, e Rise – Antology dell'Editore Vagabond di
Los Angeles, sempre nel 2017. Partecipa a reading poetici, come quello avvenuto
nel mese di maggio 2017 alla storica Libreria Bocca di Milano. Con la mano
sinistra ha creato disegni per un testo di Sandro Sardella e una suite di
Danilo Blaiotta con GaEle Edizioni dedicato al poeta Jack Hirschman.
È stata allieva di Franca Rame e dal 2013 ha seguito
corsi di teatro con Dario e Jacopo Fo.
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