Eleganza e
tantissima sonorità, luci e colori, caratterizzano la poesia di Marisa Papa
Ruggiero, presente nell'enclave poetico napoletano di spicco ma anche negli
ambienti letterari nazionali di grande rilievo. La sua attività letteraria è
molto intensa, con presenze assidue ad eventi di particolare pregio e
importanza, ed anche come collaboratrice di riviste letterarie quali, ultimamente,
la napoletana "Levania".
In questa silloge
dal titolo "Nella pelle del bosco", tratta da poemetti editi e
inediti, che molto volentieri proponiamo in questa pagina di "Transiti
Poetici", Marisa Papa Ruggiero conferma, se mai ce ne fosse necessità, la
sua ottima cifra di poetessa che pone nella parola poetica il suo grande e giusto
valore, arricchendola e integrandola, come dicevamo, di aggettivazioni sonore,
pittoriche e illuminanti che rendono il testo, e i versi, pregni di rimandi e
di richiami.
Ma a questo punto
invitiamo gli amici che ci seguono su questo blog a proporci altre interessanti
riflessioni o commenti.
(da
poemetti editi e inediti)
< Nella pelle del bosco >
I
(…)
Sorprende il polso
l’urgenza
di spinte avverse
sfila il nervo il
morbo
di una marea
anteriore,
prende voce
angolare
di parvenze in
viaggio
di ogni fatica
d’orme
in ogni fiato o
timbro che attraversa
e ne rivolta i segni
l’ordine compiuto,
la sorda fame la
frattura elementare
su cui la morte
veglia
e mette in sequenza i
segni
le gole chiuse i
varchi
tutti i sentieri
che la talpa conosce
i rivoli senza
memoria senza uscita,
le cripte cieche
della terra
le vie sacre.
(da: Spartito
fossile, poemetto inedito)
II
Sottratta al suo
silenzio
scorre e guarda,
qualcosa
che si stacca
e muta in estro
là dove l’acqua
non specchia,
che torna e cresce,
che altrove
mi precede
- fondo moto di sé srotola in tondo -
frammento rinato
e traslato che
prelevo
alla mia fibra:
non corpo
non
voce,
è un passo che nasce
dal buio
che s’acqueta di
selve,
da questi occhi
ha appreso la lotta,
questi occhi che
mettono radici
come piante che si
capovolgono
nell’acqua
per tali vie
c’intendiamo
scorriamo in lente
trasfusioni
con l’aria e l’acqua
e tutti
gli elementi in
comune:
queste vene che
sembrano rami
che sono
steli e stami,
che mettono foglie…
III
Al gelo potato nel
respiro
scende
alla nuda origine
con tutto il suo
dolore il suo
grido
di cruda luce
scende l’intero buio
cerca il punto dove
scoppiare
nell’abisso del
primo verde
nido di linfa cerca
una voce rischiosa:
zampillo in agguato
in ascolto
su timidi steli
trillando s’adesca…
gestanti parole
chiedono di entrare.
IV
In lamine
d’equilibri brucia
sull’asse
dell’oscillazione
l’istante più esposto
della freccia
con la punta
spezzata
nell’enigma
su capovolta
acquaforte
d’un
introvabile esemplare
su cui fu inciso un
nome.
( II, III e IV da
raccolta edita)
V
Fiore di ghiaccio
Filigrane
sull’iride
di seta e di gelo
nate / in grembo alla / notte
da silenzi di neve
da scintille
fredde / e cristalli
fuori /
d’ogni / nominazione
/ di sette luci in cammino
trapunte
nel /
fiore
che immobile varca
i battenti /
dell’alba
e al
/ chiarore che avanza
discioglie
sgomento
l’ incanto.
( da raccolta
inedita)
VI
Teatro vegetale
A tonfo
ciottoli si sporge
fuori asse
la sgranata cima
a cigolio di venti
sfiatati d’echi in ogni
voce trasfusa in schegge
in ogni goccia carminio
che il bagolaro
spreme
per fameliche bocche
in questa svolta
che tenta
il vuoto d’aria e resta
fluttuante il bosco
che prima dello sguardo vede
qui a fari spenti
a passi disuguali
m’indebito con la morte
e allento lo spago che mi tiene.
( dal poemetto in
corso di stampa: Latomia )
VII
Attorno all’asta
spiralica
l’inesplicabile
addestra i segni
per nevischi e
sdruccioli
su piani scorrevoli
o su scale abrase ai
pioli
per gomene senza
imbarco
istoriate su antiche
mappe
reggendo l’ordine
dei fili
o quello scarto in
più
in bilico sul fiato.
VIII
Ruotare il corpo,
cercare
il punto d’intarsio
con la pelle del
bosco
avviene
per attrazione dei
contrari
il paesaggio dei
profili, avviene
pensarmi adesso
in altre pulsazioni
e mi vedo coincidere
con lo stesso campo
visivo
della sovrana roccia
che mi guarda
e mi sconfina in un
dettaglio
fuori asse
che rompe dentro
l’assetto alle
parole
se penetro
nel fitto potrei
smemorarmi
sparire.
( da: Latomia )
IX
Lo seppe così,
semplicemente
Davanti al bosco.
Tra le creature che
attendono il buio
Al raduno distante
Fermò i suoi passi.
Lo seppe dentro
E l’attesa fu
quieta:
Silenziosa,
Immensa
Vide levarsi la
Notte,
L’ultima.
(da Origine
inversa)
X
(… )
Bistrata di
pulviscolo
l’uscita si ritrae
prende una direzione
acuta
per luce blu vacilla
dove ti fermi a bere
prende altro rosso
l’acero trionfale
senza fretta di nuovo
cambia volto il
bosco
e si fa densa la
scena
sulla pelle riscrive
cifrati accordi
fruscii rasoterra
tra le felci
sono io che li cerco
io li guardo
cogli occhi di un
altro
(…)
(da raccolta inedita)
Marisa Papa Ruggiero
è nata a Roma, ma vive a Napoli, dove ha insegnato per un trentennio nei
Licei. La sua attività creativa (poesia lineare-visuale, prosa e critica) è
documentata in diverse pubblicazioni antologiche e in riviste quali: «L’area di
Broca», «Offerta Speciale», «Oltranza», «Lettera Internazionale», «Novilunio»,
«Risvolti», «AD HOC», «Paradossi Visuali», «Accenti Mundus». In «Poesia» è
apparsa nella rubrica a cura di Mariella Bettarini: «Donne e poesia». Tre sue
raccolte poetiche: Terra emersa (1991); Limite interdetto (1993); Origine
inversa (1995, Premio Minturno); Campo giroscopico (1998); Persephonia (2001,
presentato più volte come evento teatrale); Oblique ubiquità (in Locus solus
–2003); Energie di campo (in Al di là del labirinto, 2010). Tra i libri
d’artista: Il passaggio dei segni (2003); tra le opere in prosa: Le verità
bugiarde (2008). È stata redattrice delle riviste: «Oltranza» e «Risvolti». Ha
collaborato come redattrice alla fondazione della rivista di letteratura
«Levania».
Scrive Eugenio Lucrezi. Esperienza di profondità non di rado abissale, pratica non sicura, non lieta, di esplorazione del buio, del non ancora detto, dell'indicibile: questa la poesia di MPR, che per il suo racconto sceglie la spaziatura tra versi e nell'ambito di ciascun verso, la trama vasta della stesura, lo spazio bianco, inarticolabile, accanto alle parole dette, la smagliatura a fianco del costrutto, il guadagno della percezione e del significato a lato della via della perdita. Esperienza totale e irriassumibile, bistrata di pulviscolo / l'uscita si ritrae, la poesia non si fa bastare le porte, le vie di fuga.
RispondiElimina.... la parola travalica "il significato", lo amplifica. Mentre leggo i versi di Marisa, le immagini diventano visioni, si colorano, sfocano con trasformismi che incatenano l'attenzione e come "vasi comunicanti" riversano suggestioni e armonie .....
RispondiEliminaPina Cannizzo
Poesia passionale e nello stesso tempo scarna, essenziale. I chiaroscuri slittano in lati, la visione è multipla. Affonda la ricerca del senso in una bellezza che la parola crea e tutto è densità. Immagini senza tempo sono evocate in immedesimazioni e la natura ne è fonte vitale. La morte attinge al dubbio. Liliana Ugolini
RispondiEliminaUna parola alchemica quella di Marisa Papa Ruggiero così com'è carica di empatia e sacralità verso le materie e le fibre del "regno" (minerale o vegetale che sia). Una parola che sperimenta e "assaggia", porta alla bocca ogni sentire (e non era forse questo il metodo sperimentale degli antichi alchimisti, quello di assaporare gli elementi, dalle coertecce ai sali?)
RispondiEliminaA questa parola che fa buon uso della prospettiva nulla è alieno: l'immersione in altre pulsazioni può persino testimoniare il rischio di uno smarrimento, un deragliamento dal logos, un andare oltre i confini dello sguardo dell'altro e così "smemorarmi, sparire"...
(Letizia Leone)
Pubblico qui di seguito un bellissimo commento di Mariolina La Monica, che ringrazio di cuore:
RispondiEliminaPoesia raffinata, ricca di pathos e d’intensa tensione emotiva che riporta l’idea del dramma vissuto interiormente e mai risolto: “-fondo moto di sé srotola in tondo-“. Versi pregni di richiami ed espressioni armoniose che rimandano il lettore all’enigma, all’indicibile nascosto.
Magnifica la scelta di guardare se stessa e il mondo circostante “in suggestu”, di procedere lungo la strada di un surrealismo di tipo aragoniano in cui il canto diviene scavo, lotta, follia ed estrema saggezza del vivere. Fondamentale quella di uno stile che si muove autonomamente tra inventiva e metafora, spaziature tra parola e parola e stacco di uno o più righe tra verso e verso e spazi vuoti, ricercatezza di forma ed immediatezza di espressione; risonanze e consonanze melodiche, validi paradigmi e congrue aggettivazioni, utili alla comprensione del sentire dell’autrice, del suo zampillare in noi con la certezza che il suo intendere, nella universale tensione che ci accomuna, divenga quello di noi lettori, osservatori e fruitori di una poesia senza tempo.
Mariolina La Monica
Un caloroso ringraziamento a Pino per l'ospitalità, e a tutti per i significativi commenti.Sono grata a Letizia per aver rilevato, empaticamente,certe "materialità fibrose" implicite nella mia esperienza di scrittura disponibili a tramutarsi in nuovi elementi, sapori, sostanze, in cui "nulla è alieno" o appartato in una chiusa esclusività. Anche Liliana e Pina hanno posto la loro attenzione sul tratto vitalistico e sulle connessioni interne di < natura e visione > in un alternarsi di passaggi di allusioni, di rimandi. Un'accentazione critica assertiva, quella preferita invece da Lucrezi, che si sofferma sulla forma metrica e nel contempo non rinuncia a finalità interpretative testate sulla linea della pura astrazione. E per ultima, ricevo questa intensa, bellissima annotazione di Mariolina La Monica che coglie con finezza non soltanto certi ritmi e misure legati alla ricerca linguistica, ma la tensione di un vissuto sofferto "e mai risolto", che non smette di offrirsi al contatto nel profondo con altre interiorità. Grazie di cuore! ciao a tutti, Marisa
RispondiEliminaAngelo Veltre 3 settembre 2012
RispondiEliminaLe parole di Marisa Papa Ruggiero, stringate e pregnanti, ti invitano a fare conversazione, cosa diversa dalla chiacchiera e dal bla bla bla dei critici volanti pronti a pontificare un minuto dopo la lettura.
Conversare nel senso di parlare del verso e della parola scelta.
La posizione di chi legge è tanto insicura quanto quella di chi scrive se incontra nel testo resistenze e rimandi, immagini e sensazioni difficili da catalogare come può essere un’esplosione pirotecnica.
Con i versi di Marisa ho passeggiato nel suo bosco “ con gli occhi che mettono radici come piante che si capovolgono nell’acqua”
Ho sentito “la voce rischiosa dello zampillo che trillando s’adesca sui timidi steli”. Ho visto “il fiore di ghiaccio nato da silenzi di neve, le sette luci dell’iride che al chiarore dell’alba discioglie/sgomento/l’incanto”.
“se penetro nel fitto, potrei smemorarmi e sparire”.
Il verso è eloquente per finirla così.
Angelo Veltre