martedì 8 maggio 2012

Nuovi inediti di Alessandro Canzian


Ricordo di aver iniziato questa fortunata rassegna di poeti e di poesie "in transito" proprio con Alessandro Canzian, poeta e critico, nonché responsabile della Casa Editrice Samuele di Fanna (Pordenone). Grazie a lui, molti poeti hanno trovato spazio in questa rubrica.
Riproponiamo ora, molto volentieri, altri testi del validissimo Alessandro Canzian, tratti da "Histoire D'O" - (versi attorno al Luceafarul), un poemetto dal tono delicatissimo, confidenziale, immediato, in cui l'amore è visto e vissuto intensamente, nel ricordo ma anche nel momento contingente.
Attendiamo, come sempre, i graditi commenti dei lettori affezionati e degli amici poeti.


                    *

                                   E poi
è quando più ti manca il fiato
che la ami. Quell'immagine

inconsistente che fa memoria.
                 Quella goccia di saliva
- dalla tua bocca alla mia bocca -
che ti manca e che sublimi
col cibo o la Grafenwalder.

Ma che non passa dal cifrario
       delle cose dette e non andate.

                  *

È pericoloso dirsi amore,
dirsi il mio corpo è solo tuo.

Perché poi uno ci crede
creandosi un'iconologia dell’altro,
quasi un dizionario dei dettami,
                delle carezze.

E poi arriva un insetto qualunque
che si appoggia sulla pelle,
              e non è più tua.

               *

Dicono la poesia sia grande
            quand’è necessaria,
quando te la chiede il mondo
-in realtà lo dice Guido ma
è come lo dicessero tutti-.

Fa un po’ ridere questa presunzione.

Sopratutto se per scrivere hai
bevuto birra doppio malto e hai
                     pianto tanto,
ma non lo puoi dire.

             *

                   Sai, potrei dirti che
ho provato un male inimmaginabile
a sentirti andare via.

Che ho pensato anche di morire
nel banale desiderio
                di farti un po' del male.

O potrei dirti che sono felice
                    che tu sia felice,
ma sarebbe una bugia.

E allora non ti dico nulla
            per non sbagliare ancora.

                     *

Che poi siamo stati fortunati.

Che se t'innamoravi di lui che
avevamo già una casa due auto
un criceto che scappava dalla gabbia
un qualcosa di preso in prestito e
non tornato, qualche figlio
              - non credo solo uno -
pensa che guaio sarebbe stato.

Così almeno, non abbiamo fatto soffrire
                   quel criceto.  

                    *

Oggi ho visto un uomo che
                        sembrava felice.

Usciva dal lavoro di corsa
                    col sorriso slanciato.

E mi sono chiesto se anche lui
                  torna a casa in questo modo.

Dove tu lo aspetti, le calze
prese all'Adriatico di Portogruaro
            e il reggiseno sotto
col brillantino luminoso in mezzo

-tutte cose che abbiamo comprato
insieme, ma non gliel'hai detto-

                            A volte
siamo così banali nei pensieri.

                     *

Oggi ho voglia di stare male.

Di ricordare i pomeriggi in cui
dicevi “assolutamente oggi non voglio
                             fare l'amore”,
e si finiva col gioco delle ombre
                 - l'uno dentro l'altra -
senza nemmeno accorgersene.

Le cose migliori vanno fatte
                        parlando d'altro.

*

Ieri ho incontrata una presunta
                                   poetessa,
poi tu mi hai scritto che sei triste
ed era da tanto che non ti sentivo.

E ho pensato a quel mio professore
del Liceo, diceva "Ragazze se il
vostro ragazzo dice che siete più
belle quando piangete state
attente, cerca solo un pretesto per
                                 picchiarvi".

E allora mi chiedo se anche io
ti ho fatta piangere per averti
                   un pò più bella.

                    *

“Però le cose cambiano”
mi dici dallo zenith
                    d'un accento
che non mi è possibile tradurre.

E forse hai ragione che
il male ha da venire
per curare ciò che resta
                         delle cose.

                          Ricordo
quella volta di Bordano
- alla Casa delle Farfalle -
tu ridevi della mia paura
degli insetti e non sapevi
che anche una farfalla sa far
                                     star male
quando ha le ali troppo grandi.

                        *

Ti racconto la mia malinconia.
È l'entrare in un negozio sapendo
che già ci sarai stata a braccetto
con lui, o mano nella mano, o
in una qualunque altra forma
                                affettuosa
che ti ha legata a un altro uomo.

È l'ascoltare una donna che mi vuole
curare la tristezza con un'ora
                               - forse due -
nel letto, quasi madonna dolorosa
                       in un atto di pietà.

È il ricordare il sorriso del tuo volto
                        sapendo che lui lo bacia.

E questo sapere che ti ho amata
per 3 anni sette mesi e quindici giorni
e qualche movimento della terra
                               intorno al sole.

                     *

              Ti racconto la tua dolcezza.

É la tua mano che posa la mia mano
                                     sul tuo seno
-e nemmeno te ne accorgi, io
provo a scostarmi ma tu
                                    ritorni-.

É il mio toglierti le scarpe interrompendo
                              i tuoi discorsi
-il tempo ci ha in fondo regalato
                         due paia di ciabatte -.

É il tuo abbraccio che evita le labbra
con dentro agli occhi un'altra cosa.

L'amore è un libro che si chiude
con un ultimo estratto scritto
                     sulla quarta di copertina.

                         *

Ti racconto cos'è la mia passione.

È un letto che da solo mi è troppo
                     stretto e corto,
e con te troppo lungo e vasto

-ci abbiamo fatto il Kamasutra
intero e anche la seconda edizione,
                             ricordi?-

È l'averti guardata così a fondo
                     da farti vergognare.

E l'averti desiderata sulle scale
              mobili d'un supermercato

-e ti eri girata e mi avevi sorriso-.

Ed era il sentirti dire che sei casa
dove farmi entrare per un bene
                      solo mio, solo nostro.

                            *

Ciò che resta di noi, dopo di noi.

Una pioggia al di là delle montagne
o un verso come una bocca di leone
                                 sferzata dal vento

-una citazione, un plagio delle cose-.

Qualche memoria dentro i muri
                      d'una stanza, o in macchina

-il tuo odore tra le strade di Padova
e Udine, e Claut, dicono che
l'elenco dei ricordi sia già
                                  una bella poesia-.

E un tremore nelle mani per il troppo
                                      amore provato.


                          *

Sono stato al laghetto dopo più
di un anno dalla nostra apocalisse.

                   Tutto era come allora.
Gli stessi steli d'erba le stesse
                                    papere
-almeno credo- la stessa polla
d'acqua dove ti regalai la stessa
                                    rosa.

Mancavano solo i nostri baci
                                   lunghi,

il tuo sentirti bella dopo
aver fatto l'amore e il mio
sentirmi l'unico uomo
                                  per te.

Mancavano anche i tuoi occhi
dello stesso colore dell'acqua.


3 commenti:

  1. Questa scrittura ha qualcosa di molto originale: è l'ironia.
    Un'ironia che si mischia con i sentimenti, la malinconia, persino con la sofferenza: "Così almeno, non abbiamo fatto soffrire
    quel criceto."
    Questa frase, ad esempio, non è soltanto una battuta casuale all'interno della poesia, ma l'approdo della poesia stessa, il suo telos.
    I versi sono uniti dalla volontà di giocare con contraddizioni lasciate implicite,come quell'apocalisse della poesia finale, parola che dovrebbe suggerire scenari remoti di catastrofi, invece niente, tutto resta uguale a prima.
    La fine dell'amore è un terremoto imploso, la terra resta ferma e solo tu ne avverti le vertigini.
    Anche la presa di coscienza di quanto è stato è pervasa dalla stessa carica ironica:
    "il tempo ci ha in fondo regalato
    due paia di ciabatte".

    L'amore per il poeta è qualcosa che fai bene mentre dici di non farlo: "Le cose migliori vanno fatte parlando d'altro." Ancora una volta la duplicità è l'elemento chiave in
    una dialettica di opposti che si richiamano ammiccanti: Il pianto si sposa con la bellezza, le ali di una farfalla con il male, e il male con la cura.
    La dialettica però supera le singole parole, è il ritmo stesso delle poesie, il loro costruirsi come percorsi che sfiorano un senso soltanto per
    richiamare con più veracità e tremore il senso opposto. Così, se l'amore lo fai bene quando la promessa è un'altra, anche il discorso sull'amore,la parola poetica, si riveste di bellezza quando sveste gli abiti di uno specchiarsi sentimentale in rime compiacenti.
    Dell'ironia ho sempre apprezzato la capacità di portare in luce le fragilità, le incertezze di quel che molti vedono come assoluto. Un discorso
    ironico è un discorso sagace, coglie i punti deboli di un sistema, li mira e spara contro, riducendo il tutto in mille pezzi di vetro che
    si specchiano fra loro. Una poesia d'amore ironica ha perciò anche questo enorme pregio: fa riflettere l'illusione nella consapevolezza,
    l'amarezza nella dolcezza, la scelta nel pericolo, e via dicendo.
    Fare dell'altro la tua scelta assoluta è pericoloso. Nessuno può essere soltanto dell'altro, anche se l'amore si dice sia questo.
    L'autore lo sa, e richiama la pelle del soggetto amato come la tua isola di conforto in cui chiunque, più o meno di passaggio, può rubarti i diritti:
    "E poi arriva un insetto qualunque
    che si appoggia sulla pelle,
    e non è più tua."
    Molte parole d'amore dimenticano la contingenza, altre invece si fanno troppo ciniche, corrono insomma con forza verso un opposto, per sconvolgere di più.
    Queste poesie d'amore hanno il pregio di un equilibrio tra le due parti che riesce comunque a smuovere come fosse un estremo.

    Flavia Balsamo

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  2. Bravissima, come sempre, Flavia: le tue riflessioni sono davvero puntuali e profonde, ti stai "specializzando" in modo eccellente e ritengo che tu possa entrare a pieno titolo, ormai, nel mondo della critica letteraria costruttiva. Grazie di cuore, anche a nome di Alessandro.
    Giuseppe Vetromile

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  3. Ringrazio anch'io, e leggo con grandissimo interesse. Alessandro Canzian

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