Ricordo di aver iniziato questa fortunata rassegna di poeti e di poesie "in transito" proprio con Alessandro Canzian, poeta e critico, nonché responsabile della Casa Editrice Samuele di Fanna (Pordenone). Grazie a lui, molti poeti hanno trovato spazio in questa rubrica.
Riproponiamo ora, molto volentieri, altri testi del validissimo Alessandro Canzian, tratti da "Histoire D'O" - (versi attorno al Luceafarul), un poemetto dal tono delicatissimo,
confidenziale, immediato, in cui l'amore è visto e vissuto intensamente, nel
ricordo ma anche nel momento contingente.
Attendiamo, come sempre, i graditi commenti dei lettori affezionati e degli amici poeti.
*
E poi
è
quando più ti manca il fiato
che
la ami. Quell'immagine
inconsistente
che fa memoria.
Quella goccia di saliva
-
dalla tua bocca alla mia bocca -
che
ti manca e che sublimi
col
cibo o la Grafenwalder.
Ma
che non passa dal cifrario
delle cose dette e non andate.
*
È
pericoloso dirsi amore,
dirsi
il mio corpo è solo tuo.
Perché
poi uno ci crede
creandosi
un'iconologia dell’altro,
quasi
un dizionario dei dettami,
delle carezze.
E poi
arriva un insetto qualunque
che
si appoggia sulla pelle,
e non è più tua.
*
Dicono
la poesia sia grande
quand’è necessaria,
quando
te la chiede il mondo
-in
realtà lo dice Guido ma
è
come lo dicessero tutti-.
Fa un
po’ ridere questa presunzione.
Sopratutto
se per scrivere hai
bevuto
birra doppio malto e hai
pianto tanto,
ma
non lo puoi dire.
*
Sai, potrei dirti che
ho
provato un male inimmaginabile
a
sentirti andare via.
Che
ho pensato anche di morire
nel
banale desiderio
di farti un po' del male.
O
potrei dirti che sono felice
che tu sia felice,
ma
sarebbe una bugia.
E
allora non ti dico nulla
per non sbagliare ancora.
*
Che
poi siamo stati fortunati.
Che
se t'innamoravi di lui che
avevamo
già una casa due auto
un
criceto che scappava dalla gabbia
un
qualcosa di preso in prestito e
non
tornato, qualche figlio
- non credo solo uno -
pensa
che guaio sarebbe stato.
Così
almeno, non abbiamo fatto soffrire
quel criceto.
*
Oggi
ho visto un uomo che
sembrava felice.
Usciva
dal lavoro di corsa
col sorriso slanciato.
E mi
sono chiesto se anche lui
torna a casa in questo modo.
Dove
tu lo aspetti, le calze
prese
all'Adriatico di Portogruaro
e il reggiseno sotto
col
brillantino luminoso in mezzo
-tutte
cose che abbiamo comprato
insieme,
ma non gliel'hai detto-
A volte
siamo
così banali nei pensieri.
*
Oggi
ho voglia di stare male.
Di
ricordare i pomeriggi in cui
dicevi
“assolutamente oggi non voglio
fare l'amore”,
e si
finiva col gioco delle ombre
- l'uno dentro l'altra -
senza
nemmeno accorgersene.
Le
cose migliori vanno fatte
parlando d'altro.
*
Ieri
ho incontrata una presunta
poetessa,
poi
tu mi hai scritto che sei triste
ed
era da tanto che non ti sentivo.
E ho
pensato a quel mio professore
del
Liceo, diceva "Ragazze se il
vostro
ragazzo dice che siete più
belle
quando piangete state
attente,
cerca solo un pretesto per
picchiarvi".
E
allora mi chiedo se anche io
ti ho
fatta piangere per averti
un pò più bella.
*
“Però
le cose cambiano”
mi
dici dallo zenith
d'un accento
che
non mi è possibile tradurre.
E
forse hai ragione che
il
male ha da venire
per
curare ciò che resta
delle cose.
Ricordo
quella
volta di Bordano
-
alla Casa delle Farfalle -
tu
ridevi della mia paura
degli
insetti e non sapevi
che
anche una farfalla sa far
star male
quando
ha le ali troppo grandi.
*
Ti
racconto la mia malinconia.
È
l'entrare in un negozio sapendo
che
già ci sarai stata a braccetto
con
lui, o mano nella mano, o
in
una qualunque altra forma
affettuosa
che
ti ha legata a un altro uomo.
È
l'ascoltare una donna che mi vuole
curare
la tristezza con un'ora
- forse due -
nel
letto, quasi madonna dolorosa
in un atto di pietà.
È il
ricordare il sorriso del tuo volto
sapendo che lui lo
bacia.
E
questo sapere che ti ho amata
per 3
anni sette mesi e quindici giorni
e
qualche movimento della terra
intorno al
sole.
*
Ti racconto la tua dolcezza.
É la
tua mano che posa la mia mano
sul tuo
seno
-e
nemmeno te ne accorgi, io
provo
a scostarmi ma tu
ritorni-.
É il
mio toglierti le scarpe interrompendo
i tuoi discorsi
-il
tempo ci ha in fondo regalato
due paia di ciabatte
-.
É il
tuo abbraccio che evita le labbra
con
dentro agli occhi un'altra cosa.
L'amore
è un libro che si chiude
con
un ultimo estratto scritto
sulla quarta di copertina.
*
Ti
racconto cos'è la mia passione.
È un
letto che da solo mi è troppo
stretto e corto,
e con
te troppo lungo e vasto
-ci
abbiamo fatto il Kamasutra
intero
e anche la seconda edizione,
ricordi?-
È
l'averti guardata così a fondo
da farti vergognare.
E
l'averti desiderata sulle scale
mobili d'un supermercato
-e ti
eri girata e mi avevi sorriso-.
Ed
era il sentirti dire che sei casa
dove
farmi entrare per un bene
solo mio, solo nostro.
*
Ciò
che resta di noi, dopo di noi.
Una
pioggia al di là delle montagne
o un
verso come una bocca di leone
sferzata dal
vento
-una
citazione, un plagio delle cose-.
Qualche
memoria dentro i muri
d'una stanza, o in
macchina
-il
tuo odore tra le strade di Padova
e
Udine, e Claut, dicono che
l'elenco
dei ricordi sia già
una bella
poesia-.
E un
tremore nelle mani per il troppo
amore provato.
*
Sono
stato al laghetto dopo più
di un
anno dalla nostra apocalisse.
Tutto era come allora.
Gli
stessi steli d'erba le stesse
papere
-almeno
credo- la stessa polla
d'acqua
dove ti regalai la stessa
rosa.
Mancavano
solo i nostri baci
lunghi,
il
tuo sentirti bella dopo
aver
fatto l'amore e il mio
sentirmi
l'unico uomo
per te.
Mancavano
anche i tuoi occhi
dello
stesso colore dell'acqua.
Questa scrittura ha qualcosa di molto originale: è l'ironia.
RispondiEliminaUn'ironia che si mischia con i sentimenti, la malinconia, persino con la sofferenza: "Così almeno, non abbiamo fatto soffrire
quel criceto."
Questa frase, ad esempio, non è soltanto una battuta casuale all'interno della poesia, ma l'approdo della poesia stessa, il suo telos.
I versi sono uniti dalla volontà di giocare con contraddizioni lasciate implicite,come quell'apocalisse della poesia finale, parola che dovrebbe suggerire scenari remoti di catastrofi, invece niente, tutto resta uguale a prima.
La fine dell'amore è un terremoto imploso, la terra resta ferma e solo tu ne avverti le vertigini.
Anche la presa di coscienza di quanto è stato è pervasa dalla stessa carica ironica:
"il tempo ci ha in fondo regalato
due paia di ciabatte".
L'amore per il poeta è qualcosa che fai bene mentre dici di non farlo: "Le cose migliori vanno fatte parlando d'altro." Ancora una volta la duplicità è l'elemento chiave in
una dialettica di opposti che si richiamano ammiccanti: Il pianto si sposa con la bellezza, le ali di una farfalla con il male, e il male con la cura.
La dialettica però supera le singole parole, è il ritmo stesso delle poesie, il loro costruirsi come percorsi che sfiorano un senso soltanto per
richiamare con più veracità e tremore il senso opposto. Così, se l'amore lo fai bene quando la promessa è un'altra, anche il discorso sull'amore,la parola poetica, si riveste di bellezza quando sveste gli abiti di uno specchiarsi sentimentale in rime compiacenti.
Dell'ironia ho sempre apprezzato la capacità di portare in luce le fragilità, le incertezze di quel che molti vedono come assoluto. Un discorso
ironico è un discorso sagace, coglie i punti deboli di un sistema, li mira e spara contro, riducendo il tutto in mille pezzi di vetro che
si specchiano fra loro. Una poesia d'amore ironica ha perciò anche questo enorme pregio: fa riflettere l'illusione nella consapevolezza,
l'amarezza nella dolcezza, la scelta nel pericolo, e via dicendo.
Fare dell'altro la tua scelta assoluta è pericoloso. Nessuno può essere soltanto dell'altro, anche se l'amore si dice sia questo.
L'autore lo sa, e richiama la pelle del soggetto amato come la tua isola di conforto in cui chiunque, più o meno di passaggio, può rubarti i diritti:
"E poi arriva un insetto qualunque
che si appoggia sulla pelle,
e non è più tua."
Molte parole d'amore dimenticano la contingenza, altre invece si fanno troppo ciniche, corrono insomma con forza verso un opposto, per sconvolgere di più.
Queste poesie d'amore hanno il pregio di un equilibrio tra le due parti che riesce comunque a smuovere come fosse un estremo.
Flavia Balsamo
Bravissima, come sempre, Flavia: le tue riflessioni sono davvero puntuali e profonde, ti stai "specializzando" in modo eccellente e ritengo che tu possa entrare a pieno titolo, ormai, nel mondo della critica letteraria costruttiva. Grazie di cuore, anche a nome di Alessandro.
RispondiEliminaGiuseppe Vetromile
Ringrazio anch'io, e leggo con grandissimo interesse. Alessandro Canzian
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