Tuttavia, una minima dose di coinvolgimento emotivo deve pure esserci nella mano che va scrivendo i versi. I corpi estranei sono fuori, sono là, ci chiamano, pretendono di essere spiegati, compresi, persino, forse, ammaestrati. È compito del poeta, un po’ come il classico domatore di leoni, lavorare nella gabbia delle emozioni, dei ricordi, dei fatti, e cercare di mettere ordine, di ammansire quei guizzi emotivi che il mondo, dalla più lontana terra del mistero, alla più vicina, anzi prossima, stanza abitativa e familiare, ci mostra continuamente. Il groviglio informe e ribollente che preme dal di dentro va dunque gestito dal poeta con una certa abilità e maestria, onde ricavarne il profondo senso e spessore di significati validi e condivisibili per tutti coloro, lettori e amanti dell’arte poetica, ne vorranno gustare gli echi. Altrimenti il tutto diverrebbe un disordinato sproloquio di versi, magari anche ben costruiti tecnicamente, ma privi di anima.
I corpi estranei di Antonella Sica sono oggetti non oggetti, luoghi non luoghi, persone non persone: voglio dire, che la maestria poetica dell’autrice, in questa silloge, è tale da renderla partecipe delle vicende e delle emozioni che lei stessa narra, pur rimanendone, non dico distaccata, ma sicuramente in grado di gestire l’intensità e la complessità della sfera emotiva che questi corpi le suggeriscono.
Corpi sono evidentemente la madre, il padre, il fratello; luoghi sono la casa, le stanze, ma anche il mondo di fuori. I corpi non hanno poi identità precisa, appunto, essendo corpi. E quindi troviamo la bellezza e l’intensità retorica che solo la poesia può dare, accorpando, unendo più oggetti o persone in un unico drammatico significante: “Madre di Luna pietra madre ragnatela” è solo un esempio di come l’autrice riesca in un solo verso a concentrare l’evanescente figura della madre, il corpo della madre, donandole peculiarità di altri oggetti: luna, pietra, ragnatela…
Antonella Sica si muove dunque con ispirata sensibilità tra questi corpi estranei, vivendoli ed osservandoli in profondità, e con la sua grande competenza letteraria riesce a svelarne il segreto nucleo palpitante, ancora palpitante, laddove questi corpi hanno una voce e una vita, che solo un poeta attento riesce a cogliere: che si tratti della figura della madre o di un angolo di casa o di strada, di una particolarità esterna, sono comunque tutti originari di un flusso emotivo o perlomeno di un messaggio che innesca nell’animo del poeta quell’input necessario a sommuovere l’idea, il progetto creativo che porterà alla realizzazione della poesia.
Un progetto poetico considerevole e valido, questo libro di Antonella Sica, che ha giustamente meritato il premio “InediTo – Colline di Torino”, nella sua 22a. edizione, e che è inoltre arricchito da una dettagliata prefazione di un’altra poetessa di grande spessore, Camilla Ziglia.
Qui di seguito alcuni brani tratti dal libro:
Madre di Luna pietra madre ragnatela
di capelli sul guanciale madre pallido
ansimare madre spenta nella parola
madre impiccata al sorriso
in bianco e nero madre
che non ricordo madre
impastata nel corpo
madre
che sei andata via
come si spegne la luce
nella stanza di un bambino
***
Era una casa divisa in gabbie
perimetri di fiato e dolore
corpi estranei cuciti dal sangue.
A tavola a ognuno il suo posto
geometria instabile dei pasti,
la luce piombata dall’alto
un ritratto di famiglia elettrico.
Corpi stretti nella notte alle coperte
galleggianti nella trama dei respiri
la sveglia scandiva l’assenza ai miei occhi
spalancate finestre alla fuga.
***
Ho una bambina sulla schiena
il suo corpo è nuda cantilena
mi riempie i capelli di nodi
per divorare il mio pianto
la bambina di notte dondola
cigola come un’altalena
col suo alito di bosco sussurra
cristalli di sale sul cuscino
mentre sogno indossa le mie mani
disegna una volpe che gioca coi cani
fuscelli i fremiti del suo respiro
un nido di parole che scopro al mattino.
***
Sul precipizio domestico del letto
il silenzio è un rombo di valanga
uccide lentamente nel sonno
oltre la parete esposta al mare
la città si ostina ad impazzire
fatica a pagare l’affitto
migliaia di luci elettriche
nascondono la morte delle stelle.
***
Non è ancora l’alba. Non ancora.
Il silenzio al di là delle tende
è uno sciame d’api
pronto a colpire. Alle spalle il frigorifero,
col suo reticolo elettrico
combatte per il freddo interno
parla da solo come un ventre troppo pieno.
Sotto una luce pendente
scrivo con l’ombra
della mano sul foglio. Briciole
si attaccano al palmo che scorre
quasi a chiedere un ultimo gesto d’attenzione
colonizzando il bianco.
Mi sono alzata per un sogno, forse.
***
Antonella Sica, Corpi estranei, Arcipelago itaca Edizioni, 2025; prefazione di Camilla Ziglia. Opera vincitrice alla XXII Edizione del Premio InediTO – Colline di Torino.
Antonella Sica, genovese, è laureata in Lettere Moderne. È regista e manager culturale in ambito audiovisivo e cinematografico. Ha fondato e co-diretto il “Genova Film Festival” dal 1998 al 2015. Nel 2014 ha vinto il premio per la migliore silloge del concorso indetto dalla Casa Editrice Prospero. Nel 2017 ha vinto il Premio Internazionale di Poesia “Città di Milano”. Nel 2019 ha vinto, ancora come migliore silloge, il XX Premio di Scrittura Femminile “Il Paese delle donne”. Ha partecipato a diversi incontri di poesia in varie città italiane.