Ne consegue un progetto robusto, realizzato utilizzando il gioco di parole sottinteso nel titolo: DiStanze, che offre subito una doppia interpretazione a seconda che si legga tutta la parola insieme, o che si voglia specificare un contenuto poetico allocato in sedi (stanze) opportune, che siano materiali o scomparti di tipo affettivo o psicologico.
È vera pertanto la prima interpretazione, “distanze”, se consideriamo il punto di osservazione dell’autore, che cerca di prendere le distanze, diciamo così, da una realtà circostante che non risponde a quelle prerogative di umanità e di socialità che avrebbe desiderato, peraltro condivisibili da tutti. È una società infuocata, eccessivamente materializzata, calcificata, compartimentata, quella descritta nei versi di Marco Petruzzella, che non concede spazio a sentimentalismi e ad armonie naturali: “Sono infuoco oggi. / Quanti e quanti attorno. / Milano è / la luce, infuoco;”… Sembra non ci sia scampo, in questo groviglio di mattoni e cemento, di cantieri edilizi con gru che invadono il cielo, di folle senza meta, e non c’è possibilità di rivedere il passato, più a misura d’uomo, più dolce e ricco di emozioni: “Dov’è il vicolo sterrato / che ha visto passi bambini… / Le sedie fuori dai negozi, / i rapidi ghiaccioli verdi, / il ciabattino curvo, / i sassolini; dov’è / ieri”…
Ma è plausibile anche, contemporaneamente, la seconda ipotesi interpretativa, e cioè “di stanze”: qui la stanza è metaforicamente il luogo in cui racchiudere i tesori e le valenze disperse o addirittura denigrate dalla infuocata società attuale di cui sopra; un punto d’osservazione consapevole e responsabile, al limite della denuncia, perché il poeta ha pure questo compito, in quanto la poesia è verità e limpidezza, è parola che scuote, che scava e che sveglia, indica la giusta strada, il percorso giusto da seguire per migliorare e migliorarsi (e qui torniamo all’esergo ungarettiano!...). Ritornare dunque non a Itaca, come declama il nostro autore, cioè non vivere la realtà stereotipata e guasta come quella attuale, bensì cercare di ricostruire un mondo migliore “stolti dai segni / di una vita trascorsa.”
Una raccolta intelligente e propositiva, con brani poetici che incidono e coinvolgono, anche grazie al frequente uso di neologismi.
Riportiamo qui di seguito alcuni brani tratti dal libro. Sono graditi commenti da parte dei nostri lettori.
Milano
(06/09/96)
Sono infuoco oggi.
Quanti e quanti attorno.
Milano è
la luce, infuoco;
mai il mio io
così poco londrico.
Srotolo pensieri.
Vorrei essere
più alto per guadare
lì,
più in basso
le loro menti.
La gente piroetta
nel mio stomaco felice;
ha scavalcato fanghi
biblici,
sembra plasmata nel
neon.
Infuoco e amo
questa città.
Luminescente stella
viva!
[a Milano]
Ieri
(La nostalgia)
Dov’è il vicolo
sterrato
che ha visto passi
bambini.
Il cielo della
fantasia,
distratto dai tuoi
occhi avidi.
i rapidi ghiaccioli verdi,
il ciabattino curvo,
i sassolini; dov’è
ieri
La luce accesa
(La morte)
È marmo e d’alberi
prossimi al cielo
figli della terra
è terra;
Talvolta sangue,
baci e carezze.
È la mano tremante,
è nenia è
ninnananna;
Quando non c’è
più nessuno
che lascia
la luce
accesa.
Itaca
Rinunciare all'idea
pavoneggiata
rinunciare all'onda
dedicare inciampi
valutare appetiti
ancestrali
sminuire dolori
solari.
A tutto questo
possiamo
tragicamente approdare
stolti dai segni
di una vita
trascorsa.
Non voglio
affatto
sbarcare
ad ITACA
Reminder
Ricordi il terrazzo
prima del sogno
del sole di marzo?
Ricordi mia forza,
mio sempre
mia sola amica,
lo sciocco insolente
cavaliere?
E ti davo da
mangiare le ciliege
e sorridevi
e salvavamo assieme
le allodole smarrite
dagli specchi
assassini del futuro!
La gru
E perché mai
Una gru
dell’edilizia
Col cielo vicino
appare epoca,
evocazione,
tempo dolce?
Totalmente estraneo
l’auspicato futurismo
moderno
materialissimo
Credo sia il cielo
Sono quasi
certamente dubbioso
Anche il fracasso di
una betoniera
se mischiato alla
nebbia e
al capriccio di un
bambino
col loden verde
degli anni di piombo
avrebbe restituito
lo stesso
significato
Avrebbe strappato il
momento
Fagocitato dall’innaturale
e sconosciuto
slime
I bambini non
giocano più in cortile
E finalmente
chissenefrega.
Marco Petruzzella nasce a Milano nel 1972. Consulente aziendale per professione, artigiano della poesia per vocazione. Attivista per i diritti umani per anni in Italia e all’estero. Ha pubblicato in antologia con Robin Edizioni nell’ottobre 2023; di prossima pubblicazione un suo racconto per ragazzi.
DiStanze è la sua opera prima.