Certamente
in ogni autore la poesia si evolve in base all'accumulo di esperienze, di
conoscenze, di studi e di ricerche. È latente, va
indagata fin dall'inizio, va cercata, va stimolata. Poi, come si dice, se son
rose fioriranno. Ma la partenza è essenziale, per non sbagliare rotta, per non
cadere nel baratro dell'omologazione, delle ripetizioni, delle superficialità,
giacché, come è facile che possa accadere, si destina spesso un'attività
creativa importante, come quella dell'uso sapiente delle parole, ad una mera
attività di svago e di intima e salvifica gratificazione.
Certe
volte la perla rara si può estrarre già matura dalla conchiglia. Certe volte è
proprio vero che la poesia, quella autentica, non è legata all'età dell'autore
e prescinde da un percorso obbligato che la vede incanalarsi a poco a poco
nelle intenzioni e intuizioni creative del poeta, fermo restando, naturalmente,
lo sviluppo futuro basato, sempre, sulla ricerca, sulla frequentazione assidua,
sull'impegno ad affinarsi, eccetera. Parlo di tanti giovani poeti che,
nonostante, appunto, l'età ancora quasi adolescenziale, praticano l'attività
poetica con grande attenzione, e con ottimi risultati. Perché la poesia non è
un gioco, non è uno svago, non è riso e non è pianto, ma è Poesia e basta.
Mattia
Tarantino è uno di questi giovani poeti. Si può tranquillamente dire che la
Poesia è in lui ed è con lui, fin dall'inizio. Si nota un dettato forte, acuto,
allusivo, con versi ben controllati e misurati, decisamente maturi. L'allusione
ad un mondo altro ricorre sovente, e Mattia esorcizza la morte, frequentemente
nominata, come per aprire un varco al di là della realtà. Come tutti i bravi
poeti, consapevoli della propria arte, Mattia Tarantino affida alla parola
poetica il compito di confutare la negatività e il mistero del nulla, facendo
affiorare con i suoi versi lacerti di normale
quotidianità, come ad esempio lo sbucciare della frutta da parte della madre:
tutto poi si risolve in preghiera, in speranza che non accada quello che,
purtroppo, deve accadere.
Una
poesia che già si invola verso mete di solida considerazione, questa del nostro
Mattia, e meritatamente. Ne riportiamo qui alcuni versi inediti, aspettando dai
nostri lettori conferme ed eventuali ulteriori graditi commenti.
Inediti
da L’età dell’uva
Vorrei
conoscere il mondo dei morti,
reclamarlo
in una lingua senza storia
che
non abbia una grammatica, ma possa
avverare
tutto ciò che si pronuncia.
Mi
usano per parlare a chi è rimasto,
vogliono
che dica, rovesciandola,
la
parola che non hanno mai trovato
*
Legami
nel sangue. Non temere
che
mi ammali o sia stretto troppo forte:
solamente
ciò che è unito nelle vene
resiste
alle stagioni e non finisce.
*
Non
leggermi la mano. Tra le linee
troveresti
soltanto la tua sagoma.
*
Incida
in tutto il corpo la parola
invisibile
che governa le stagioni;
al
rovescio incida i segni sopra i tagli
delle
vene, a sangue aperto
ne
ricavi bandiere e vaticini:
solo
questa la missione degli amanti,
nuova
nella cenere ogni volta
che
giochiamo ad allacciarci all’ombelico
la
luna, il tabacco e i nostri morti.
*
Vedi, non restano che i nostri
frutti sulla tavola:
mia madre che li sbuccia; i loro
nomi che pendono dall'orlo
e cadono tra il pavimento e l'invisibile.
Ora all’uva basta un soffio per marcire
in fretta e diventare una preghiera.
Mattia Tarantino è nato a Napoli nel 2001. Co-dirige Inverso
– Giornale di poesia; collabora con YAWP – Giornale di letterature e filosofie
e Menabò – Quadrimestrale internazionale di cultura poetica e letteraria; come
traduttore con Iris News – Rivista internazionale di poesia. È presente in
diverse riviste e antologie, italiane e internazionali. I suoi versi sono stati
tradotti in sette lingue. Ha pubblicato Tra l’angelo e la sillaba (Terra
d’ulivi, 2017) e Fiori estinti (Terra d’ulivi, 2019)