lunedì 30 dicembre 2019

Carol Guarascio e i suoi "Fiori scompagni in acqua cruda"


Le parole peregrinano nella mente dei poeti: così scrive Carol Guarascio a pagina 21 della sua raccolta "Fiori scompagni in acqua cruda". Mi piace iniziare così questo breve viaggio all'interno del mondo poetico di Carol, autrice residente a Campobasso ma di origine catanzarese; questa affermazione sibillina può infatti, a mio avviso, sintetizzare molto bene la linea poetica della nostra autrice, alla base della quale la parola si fa essa stessa peregrina (e aggiungerei pellegrina con una modesta allitterazione del termine) transitando e suscitando continuamente nella mente del poeta immagini sempre nuove, sempre diverse, sempre originali, da utilizzare e da restituire artisticamente al lettore. La creatività del poeta è tale da generare situazioni e immagini suggestive manipolando la materia a disposizione, nella fattispecie la parola, nel caso degli scrittori e, maggiormente, nel caso dei poeti. Lo scrittore crea una storia utilizzando una sequela di termini e di parole, ma un poeta riesce a creare un mondo, plausibile e verosimile, reale o immaginario che sia, partendo dalla sua pietra d'angolo, che è costituita appunto dalla parola: il suo "spessore", la sua amplificazione sono necessari perché si parli di parola "poetica".
Con questo, naturalmente, non si giustifica l'uso incontrollato della parola, supponendo che al poeta tutto sia permesso, e che ogni parola e verso e brano poetico possa liberamente essere scritto, in base ad un capriccio sconclusionato dell'autore! Ci sono tecniche, stili, forme, canoni da rispettare; ci sarebbe ancora molto da dire al riguardo, ma non in questa sede.
Quello che è certo, è che Carol Guarascio dimostra di saper percorrere, con padronanza della materia e con determinazione, l'erto sentiero poetico, manipolando le parole in modo aggraziato e scherzoso ma sempre interessante, riuscendo a spiazzare il lettore con figurazioni simboliche e levitazioni oltre i significati stessi e al di là dell'intero brano poetico. Un modo senz'altro originale di creare poesia, una poesia che fonda la sua essenza, come dicevamo, soprattutto sulla parola, e come attrezzi particolari in mano ad un abile prestigiatore, queste acquistano forza e impeto propri, trasformandosi di volta in volta in luci immagini suoni e significati diversi: "Divertimi, parola, / come un aneddoto / dopo una cena, / fuori da un locale, / mentre pestiamo / vita e sigarette / sul selciato." È quanto afferma anche Antonio Bux nella sua puntuale introduzione al libro, e cioè che, al di là dei contenuti e dei significati, la poesia, e in particolare la poesia di Carol Guarascio, è soprattutto commistione di senso, di suono, di immagini e di tensioni del pensiero. In effetti, leggendo attentamente i testi della nostra autrice, in questa sua pregevole raccolta, è evidente il risalto e la intima autonoma vitalità della parola poetica indipendentemente dal contesto descrittivo: espressioni come "fiori scompagni in acqua cruda", verso che costituisce anche il titolo, originalissimo, della raccolta, non può che avallare questa peculiarità della Guarascio poetessa; nell'esempio citato, il verso evoca immagini e sensazioni selvatiche, quasi primitive (acqua cruda), molto al di là di una essenzialità di scrittura poetica volta a sintetizzare il pensiero, il fatto descritto dall'intero brano (pag. 36).
Carol Guarascio, pur mantenendo integra la sua linea poetica fondata sulla parola e sul gioco delle parole nei versi, ha un dettato poetico variegato (una sezione comprende persino alcuni haiku) e brillante, sempre scorrevole e in grado di mantenere desto l'interesse emotivo del lettore.
Come è ormai nostra consuetudine, riportiamo dunque qui di seguito alcuni brani della nostra Autrice, tratti dal libro "Fiori scompagni in acqua cruda", attendendo dai nostri affezionati lettori qualche ulteriore gradito commento o riflessione in merito. E con questo, auguriamo a Carol Guarascio futuri e sempre meritati riconoscimenti, avendo riscontrato in questo suo recente e pregevole lavoro davvero una poesia di alto livello qualitativo.


I.

Il mio cuore
a zampe aperte
è un geco imobile
che misura lo spazio
e adatta i desideri
al vetro ruvido dell'aria
                         di luglio
scalzato
scomodato
batte i pollici sul muro

bulbi di tulipani respirano al buio

bisognerebbe cambiare cielo
traslocare su un terrazzo più soffice
potendo avere indietro i versi
dipanando ragnatele
consultare la banda dei pensieri
– nuvola di talco cucina a mano –
mentre il vento fa le fusa sulla mia pancia
e la chiave nella toppa mi dice qualcosa
                                                 di te

entri interrompendo
la lama luminosa
del pulviscolo

e mi porti l'estate.


***

VIII.

I gatti non piangono mai

(non dite sciocchezze)
togliete la crosta
alle parole

noi amanti
siamo sacerdoti
del disordine

intingiamo le sillabe
nei fiumi
del senso doppio

andiamo per bicchieri
con la lingua impastata
di ipotesi

i poeti mi vengono
all'orecchio
col cappotto macchiato
d'immaginazione
m'insegnano a fare
la pelle al destino

i poeti non piangono mai

(non dite sciocchezze)
con la crosta delle loro lacrime
si fanno le volte celesti.

(Testi tratti dalla sezione "Quoi de neuf")


***

III.

Voi portate anche i denti a quella festa
e gli unguenti, i sorrisi delle barbie,
i mozziconi di sigari spenti,

i monconi di parole giallognole
con le spore sempre aperte e puntute,
pelle acida e perdente di sali

state rotti, su basamenti alati
come fiori scompagnati in acqua cruda.

(Dalla sezione "Madrigali")


***

ZTL del cuore

Tutto è cambiato, ma non ti dirò
che i minuti sono morti di pioggia,
o le vigne sono rosse di terra
se mi piace l'arpeggio dei colli.
T'ho lasciato un bouquet di sogni
sul comodino
e la porta aperta d'una chiesa.


***

Lettera

Qualcuno ha morso la luna stasera
il vento ha dita di brezza
e l'evasione non ripaga il cuore
allora scrivo
di questo tempo in cui la storia non si scrive
la nostra dignità sta alla roulette
i valori sono sassi scomodi
su un lastricato di fandonie
facciamo bucati di certezze
mentre qualcuno ci insudicia i sogni
solerti silenziamo questeore
come se nulla possa accadere
e siamo bravi a sgomitare
a vendere teorie guaste
parole come vino
sbriciolando promesse
o lo stupro di poesie.

(Dalla sezione "Pelle e zucchero")


***

Waiting for

Senza occhi di corallo
né polpastrelli soffici

la lingua rassicura
invano
il morso furente

ho una bolla nel petto
digiuno

ho una scarpa slacciata
un respiro stupito
pochi soldi da dare al destino

ma so come si va
da quella parte
senza mani che tengano
i sogni e il filo

so di saper cercare
la criniera del cielo.

(Dalla sezione "Senz'ali")


***

Elettrica

Da sotto le coperte pesantissime,
ma soltanto al brillare nel pomello
di spiriti d'ottone e spiritelli,
sentivo tintinnare il portapranzo,
quello ovale d'acciaio di mio padre.
Era il fiore dell'alba ed io provavo
a superare il freddo del metallo
annusando il suo pasto quotidiano.
Quando sentivo un ronzare di phon,
s'incollava un solletico al mio sonno
che mi portavo addosso fino a scuola.
Mio padre si pettinava i capelli,
sulle spalle la mantellina rosa
di mia madre, con grazia, ogni mattina.
Spesso mio padre s'alzava di notte
e andava a premere qualche bottone
nella centrale bordata di querce
così tutti potevano dormire
tranquilli, ché la luce c'era sempre.

Esser ricchi di luce non è poco,
per chi vive da sempre d'astrazione.


(Dalla sezione "Il tempo dei pavoni")

Testi tratti dal libro "Fiori scompagni in acqua cruda", di Carol Guarascio, RPlibri, 2019. Collana di poesia "L'anello di Möbius" diretta da Antonio Bux. Introduzione di Antonio Bux.

Carol Guarascio è nata a Catanzaro nel 1976, risiede a Campobasso. Laureata in lettere classiche a Perugia, attualmente è docente di italiano e latino nei Licei. Ha pubblicato la raccolta di poesie Il cassetto dei foulard (Talos Edizioni, 2015) e il romanzo per le scuole Il diario di Sulpicia (Cosmo Iannone Editore, 2017).


domenica 22 dicembre 2019

Adam Vaccaro e la sua poesia "Tra Lampi e Corti"


Dove può collocarsi la poesia in quest'epoca caratterizzata prevalentemente dalle estremizzazioni in ogni comparto sociale? Dalle punte più squallide di un banale e piatto comportamento di fronte alle orripilanti vicende di guerre, naufragi, migrazioni, malversazioni, omicidi e femminicidi, alle punte più alte di storie esemplari, di abnegazioni, di sacrifici volti al raggiungimento del bene altrui, di santità e di promozione della pace e del benessere per tutti. L'uomo, si sa, è mezzo diavolo e mezzo santo, metà materia e metà spirito, se vogliamo, e in questi estremi conduce la sua vita e costruisce la sua storia. L'arte, e dunque anche la poesia, può toccare ambedue i vertici, l'uno in alto e l'altro, all'opposto, in basso, traducendone le peculiarità e riproponendole in modo creativo e armonioso.
La poesia dunque è, a prescindere dalla fonte di "ispirazione", che sia malvagia o benigna, a prescindere dalle storie fosche o mirabili dell'uomo: attua in sostanza una sublimazione delle cose, rendendosi indipendente pur parlandone e pur riferendosi ad esse, a volte direttamente, a volte allegoricamente. Lo spirito della poesia è tale che riesce a rivitalizzare e a illuminare le cose e l'uomo, indipendentemente dal loro stato e dalle loro azioni.
In questa prospettiva, il progetto poetico di Adam Vaccaro, nella sua recente raccolta "Tra Lampi e Corti", edita da Marco Saya, coglie benissimo, a mio avviso, la centralità e l'importanza del dire poetico, in un mondo frastornato, banalizzato, omologato, direi a volte nientificato, dai sistemi economici imperversanti e condizionanti. Si tratta di una raccolta complessa, ben articolata e organizzata, il cui titolo fa riferimento al mondo dell'arte fotografica (Lampi) e cinematografica (Corti, per dire cortometraggi), e nulla di più aderente ai suoi intenti poteva trovare l'Autore volendo alludere ai due principali filoni di cui si compone il libro, e cioè la parte prettamente poetica, dove il "lampo" è lo scatto fotografico di un aspetto del mondo o dell'uomo, visto e descritto hic et nunc così come appare, e una parte più descrittiva, narrabile, quasi come un "corto" cinematografico. Questo assetto della raccolta di Adam Vaccaro è bene descritto e dettagliato nella pregevole prefazione di Francesco Muzzioli, il quale afferma che "Tra lampi e corti" allude a diverse strade percorribili (nella lettura del testo), quale più puntuale con messa in evidenza istantanea e quale più narrativamente espansa a formulare brevi storie.
Ma in entrambi i casi, la poesia di Adam Vaccaro è una poesia consapevolmente alta, sia dal punto di vista stilistico, sia per i contenuti. Il nostro autore mette bene in risalto le sfumature di indifferenza, di superficialità e di banalità in cui sono invischiate le nostre esistenze quotidiane, i nostri comportamenti e persino i nostri linguaggi: una poesia di denuncia, quindi, o perlomeno anche una poesia di denuncia, come ad esempio in "Poesia di pietra", dove Vaccaro parla di una Milano (ma alludendo all'attuale società generalmente prolassata) distratta e insensibile.
La complessità del progetto poetico di Adam Vaccaro in questa raccolta si evidenzia nelle molteplici parti di cui è composta (Lampi, Tempi, Dediche, Radici di pace, Quadriglia gitana, Sapori di vino, Corti, Stranieri, Oratorio aquilano, Lezioni norvegesi), le quali tutte compongono un mosaico ben visibile delle varie tematiche umane e sociali, da cui Vaccaro ha tratto spunti per la sua pregevole scrittura, mostrando il lato debole di questa umanità ma anche squarci di luce, indulgenze e speranze.
Lo stile è personalissimo, originale, colto. C'è, nelle poesie della raccolta, un largo uso dell'enjambement che sorprende piacevolmente il lettore, ed inoltre è evidente la grande padronanza della tecnica poetica, di figure retoriche particolari come la paronomasia e di altri accorgimenti che rendono il testo squisitamente intrigante e accattivante, come è giusto che sia per una poesia che non debba limitarsi ad una semplice esposizione di sentimenti e di situazioni, prerogativa questa di gran parte del panorama poetico dilettantistico attuale.
Molto ancora ci sarebbe da dire sulla poesia di Adam Vaccaro e in particolare su questa ricca e interessante raccolta, ma lasciamo ai nostri affezionati lettori l'opportunità di aggiungere ulteriori riflessioni e commenti dopo aver letto i brani seguenti, tratti appunto da "Tra Lampi e Corti".


Poesia di pietra


Milano è poco più di niente, pensa
il distratto che corre con le cuffie
sulla sua capacità di sentire. Poi
senza più fiato si accascia
in questo slargo di sassi
con la montagna di guglie bianche
che lo guarda e qualcosa si accende
s'illumina anche in lui l'immagine
di una poesia di pietra
lanciata a meraviglia del cielo
alla sua plateale indifferenza

2 febbraio 2015


***

Improvviso

Camminando lungo queste strade larghe
O quasi cunicoli la polvere alla luce calante
Di questa sera lupa di un'umanità furfante

S'alzava e disegnava forme di un'utopia
Impossibile imprevista e resistente nella
Mente che non parla da sola ma ascolta

Cosa possono dire le stesse cose che ci
Appaiono inerti – polvere di morte che
Improvvisamente si alza e ritrova il volo

3 aprile 2016


*** 

Ventagli d'amore e d'inganno

Dicono che il vento si fa vento
per farsi canto senza parole
sapiente che sa già tutte le loro
accese illusioni che sanno cucciarsi
e farsi anima, prima sotto pelle e poi,
piano, fino al cuore, fino a farsi liquore
che scende scende e inventa altri suoni
con odori e lampi abbracciati a ferite
dolci e feroci, incancellabili.

Che riconoscerai anche se ti rapiranno l'anima,
per farne schiava in luoghi sconosciuti, mentre
ti racconteranno di un'altra libertà ornata di altre
parole d'incanto che ti diranno, tu sei nel massimo
sogno di essere oltre e altro, finalmente il vero te,
il re che hai sempre cercato in parole ignote
il più sconosciuto e tanto in alto e fuori di te
che ti sembrerà di volare come una foglia – completa
mentre preda di un vento alieno che fa di te il suo canto

Aprile 2014


***

I bottoni di Peppino

Non sapeva peppino quel mattino
presto di novembre – statua di pietra
sulla valigia – dove il treno e il destino
dal Sud avrebbero fatto un punto.
Sapeva solo il sapore di una polvere
che brillava ancora bianca nel cuore
e nei pugni colmi di bottoni abban
donati ai compagni di un gioco
con pietre piatte e mucchietti
di bottoni – bottini da conquistare e
mostrare – guarda! – e ricominciare

La domanda e il punto si sciolsero
in uno stanzone pieno di un'altra
polvere su scatole e cartoni pieni
di bottoni – mille occhi a Nord
di una fabbrica abbandonata

Carboni incendiarono il cuore di
peppino alla vista di quel paradiso
di tesori e bottini neppure sognati
mentre suo padre diceva – forza!
pulire e buttare – buttare e disfarsi
di quel mare di cento colori per fare
posto a letti tavolo e sedie mentre
gli occhi brillavano come madreperla
senza poter dire a nessuno – guarda! –
e ricominciare


***

Scale in me

Scale che abitano in me – Rivedo
Quella scala in penombra che sale
Verso volte di angosce costrette
E la scala in pietra inerpicata
Alla dimora d'origine con la sua
Scala di legno in cima puntata a

Quel basso sottotetto del cielo –
Regno di giostre di topinastri tra
Legnaie e altre claustre anse di tepore
Come le austere stanze dei nonni –
E poi poi scale ampie e scale strette
Delle cento aule da Bonefro a Fermo a

Milano, di rutilanti densi umori saperi
ancora ignoti – Scale vitali e scale a
Scendere in precipizi dell'anima
Così balbettante insieme ai tacchi
Su scalini immersi nel buio prima
Che in fondo una luce brillasse

Scendesse a illuminare i piedi
Ansiosi di risalire e farsi arpioni
Verso sogni d'umano e d'eros fino
Agli ultimi gradini prima della porta
Aperta dal tuo sorriso-promessa
Premessa di un'eco di paradiso

Maggio 2015


*** 

L'angelo ignoto

Due volte ignaro come in sogno volando
nell'improvviso aprendo un altro mondo

Ragazzi a squarciagola cantando
su salti catenacci e bici oscillanti
s'una striscia bianca – come pane
risate e sapor di farina – mi accolse
un manto d'incanto tra polvere e sassi
che incolume si fece e denso abbraccio

Poi quando ormai la fronte era più piena
ritrovai una chiara e soffice mano che
della lamiera d'un cofano fece volo e
mi spinse riverso su un nero asfalto
senz'anima e logoro di sogni eppure
quasi materno porto e misterioso

Non saprò mai la mano che mi accompagnò
in quei voli né potrò mai dirne la dolcezza

Luglio 2008


***

Mira a Milano

Ho alle spalle deserti e savane
che cantano in me col vento
che non sento più – tra urla e
fischi su queste strade altre
deserte di amore mentre corro
a infilarmi in questo tubo di ferro
cercando di ricordare le facce
impolverate e le vesti colorate che
non so se sono state cancellate
dal turbine che mi ha portato
fino a qua e mi strizza il cuore
come questo straccio che raccoglie
le mie lacrime invisibili per chi
sarà insieme a me domattina
di nuovo come ogni mattina
in cerca di una cosa – di un po'
di dignità di lavoro e pace

Giugno 2008

Testi tratti da "Tra Lampi e Corti", di Adam Vaccaro, Marco Saya Edizioni, Milano, 2019.
Prefazione di Francesco Muzzioli; postfazione di Eleonora Fiorani.


Adam Vaccaro, poeta e critico nato in Molise nel 1940, vive a Milano da più di 50 anni. Ha pubblicato varie raccolte di poesie, tra le ultime: La casa sospesa, Novi Ligure 2003, La piuma e l'artiglio, Editoria&Spetatcolo, Roma 2006; Seeds, New York 2014, scelta da Alfredo De Palchi per Chelsea Editions, con traduzione e introduzione di Sean Mark. Ha realizzato inoltre pubblicazioni d'arte con Romolo Calciati e altri, con prefazioni di Dante Maffia, Eleonora Fiorani, Gio Ferri e Mario Lunetta. Con Giuliano Zosi e altri musicisti, ha realizzato concerti di musica e poesia. Collabora a riviste e giornali, siti e blog, con testi poetici e saggi critici. Per tale versante, ha pubblicato Ricerche e forme di Adiacenza, Asefi Terziaria, Milano 2001. Ha avuto premi e riconoscimenti, tra cui il Premio Astrolabio del 2007, ed è stato tradotto in spagnolo e in inglese.
Ha fondato e presiede Milanocosa (www.milanocosa.it), dal 2000, Associazione con cui ha curato molte iniziative e pubblicazioni: Poesia in azione, Bunker Poetico, alla 49a Biennale d'Arte di Venezia 2001; "Scritture/Realtà – Linguaggi e discipline a confronto", 2003; 7 parole del mondo contemporaneo, 2005; Milano: Storia e Immaginazione, 2011; Il giardiniere contro il becchino, Atti del convegno 2009 su Antonio Porta, 2012. Cura la Rivista online Adiacenze, materiali di ricerca e informazione culturale del Sito di Milanocosa.



Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà