Con un titolo quanto mai inusuale ma fortemente evocativo e
allusivo, Daniel Skatar, di origini slave ed ora residente a Bratislava, ha pubblicato
recentemente questa raccolta poetica che brevemente proponiamo qui ai nostri
lettori. "Collezione di dischi volanti", Edizioni RPlibri di Rita
Pacilio, sempre attenta e professionale nella selezione di opere letterarie di
qualità e meritevoli di pubblicazione. Il titolo, dicevo, riassume molto bene,
come è giusto che sia, l'idea poetica dell'autore, e cioè una "collezione di dischi volanti", dove
qui per dischi volanti si vuole alludere a qualcosa di misterioso, di etereo,
di alieno, riferendosi appunto agli "oggetti non identificati" (UFO)
che solcano i nostri cieli e che fanno parte di tutta una serie di
argomentazioni più o meno veritiere e attendibili. Ma la poesia, o meglio,
l'oggetto della poesia, può essere un qualcosa (argomento, riflessione, stato
d'animo, persona…) di vago, di "esterno", o meglio, di
"estraneo"? L'alterità è un complesso di sensazioni e punti di vista
che si proiettano al di sopra e al di là della superficie "normale"
della terra, intesa qui più nel senso psichico che materiale. I "dischi
volanti" di Skatar sono dunque le parole nei versi nervosi e ripidi, che
prendono il lettore e lo portano su Marte o su Giove, dove abitano le chimere e
i sogni, dove è di stanza la possibile realtà, una realtà genuina e scevra da
disinganni e barbarie, ma autentica nella sua lineare e illuminata semplicità:
"l'autista ci porta in un luogo
bellissimo / credo che non sia più sveglio per cause naturali"
(tavolata di amici nell'aldilà), scrive il nostro autore a pagina 37, ed è un
ammettere perentorio, sarcastico, dolorosamente sarcastico, ma efficace
nell'intento di spostare il punto di osservazione dalla banale e superficiale
monotonia della quotidianità, ad una più consapevole e, direi, filosofica
aspettativa esistenziale.
Insomma non dobbiamo soffermarci troppo e per troppo tempo
sulle cose di tutti i giorni, ma cercare in esse lo spirito "alieno",
o per mglio dire, trascendente, che sia finalmente in grado di dare (almeno) un
senso alla nostra vita. E' questo il messaggio, quasi subliminare, che l'autore
ci vuole affidare, e che tutti i poeti veri (e Skatar lo è certamente!) si
affannano a svelarci, attraverso gli interstizi più o meno allusivi delle loro
creazioni poetiche.
Si tratta dunque di una poesia sostanzialmente profetica, ma
di una visionarietà niente affatto vaga e fumosa, bensì plausibile e concreta,
dove l'indice del poeta è puntato, sì, verso l'alto, verso i corpi astrali, ma
solo per mostrarci un possibile e salvifico accesso alla verità (propria e
condivisibile) del mondo, del creato: "con
un piede nella fossa e l'altro su Marte" (pagina 31), un verso che è
esemplare e omnicomprensivo, a mio parere, di tutto il progetto poematico
dell'autore, e che vuole farci intendere la precarietà umana e geografica, in
un contesto universale maggiormente intriso di speranza e di finalità
costruttive.
L'impianto poetico di Daniel Skatar, in questa interessante
raccolta, è aderente in modo straordinario al dettato e al contenuto. Parole
che sfuggono, che guizzano come veri e propri UFO, nei cieli del lettore, a
costruire immagini e significati altri e di spirito più elevati, partendo da
basi che sovente appaiono inquinate e degradate dalla falsità e dall'egoismo,
che tutto cerca di "normalizzare": ma il poeta sa, è consapevole, e
come sempre osserva, deduce, indica. Daniel Skatar, utilizzando il suo metro,
gradevolissimo e originale, ne è un valido e prezioso testimone.
Proponiamo quindi ai nostri lettori una selezione di testi
poetici tratti da "Collezione di dischi volanti", in modo che, chi lo
desideri, possa aggiungere ulteriori graditi commenti o riflessioni su questa
interessante opera letteraria.
***
genio e decrittazione
a caccia dell'oro
tuffo dal palco
non ci sono stelle.
m'immergo in apnea
e nuoto nei versi
più profondi del
sonno cosciente
tra le bianche
urla della notte
prive di contenuto
nel libro dei sogni
***
superato il giorno
immergo limpido e sereno,
come io non sono,
lo sguardo in un cielo smisurato,
vaso della fretta, dove l'universo
con i suoi scivoli interstellari
ti porta in giro per gli angoli
inesplorati del cosmo, vene
in cui scorre il sangue della materia oscura
e la natura,
tra altri lupi che coltivano l'agguato,
offre alle orecchie un massaggio di suoni
nuovi e sconosciuti, discosti
dagli spazi di una vita da gaudente
come la conosciamo noi.
la fantasia è femmina,
e ancora, come ieri,
è la base dei sentimenti alieni
***
i versi e l'interprete
dispersa
la soffrivi di meno la pioggia d'estate
organo del gusto
quell'ispirazione
nella notte riflessiva
radio senza più canzoni
inghiottite a tratti
dalle macchine sfreccianti
sulla strada
desolata
ai margini della vita
poeti o gladiatori straordinari,
un po' come i santi,
di cui non sapremo mai
***
casa dolce casa
in ricordo dei poeti Claudia Ruggeri e Simone Cattaneo
con un piede nella fossa e l'altro su Marte
(ignari dell'onda della morte), ancora
impregnati di fatti della Terra,
testimoni futuri del susseguirsi
di un costante ristabilimento
degli equilibri infranti e
di carte politiche che, a cent'anni
dalla fine della Grande Guerra,
quasi si confondono con quelle
meteorologiche,
abitati dalla poesia, ricalcoliamo i
limiti tenendo conto dei sogni, della
quantità di luce in una stanza e del
punto di pareggio nel buio del salto
***
la pianta del piede
quando si è spento il ns/tempo?
quel tanto che basta sommato
a tutta questa strada, a
quei ns/riti, strumenti
di osservazione
la libertà? sembra basti annusarla,
prendere fiato e immergersi
o tuffarsi
senza sollevare il minimo spruzzo,
disinquinare
la parola poesia
dopo essersi scrollato
di dosso le vocali/stelle
asciutto di lucentezza
nel mare
mani dietro la schiena
passeggia un poscritto/cielo
sporco di luna piena
***
reinventare un tema
splendono
tra le lune nel
cielo di Giove i
nostri valori che, assunti
assieme alla melatonina, hanno
subito il più grande crollo
in borsa di
sempre
***
un libro è chiunque
l'ultima goccia dell'ultima pioggia
è sempre bene avere di che pentirsi
superare
distanze
inimmaginabili
abbracciare
scelte
diverse
rimanere
imprigionati
per sempre nel contenuto dei sogni
***
Daniel Skatar, "Collezione di dischi volanti",
RPlibri, 2019; Collana "L'anello di Möbius", sezione diretta da
Antonio Bux. Introduzione di Antonio Bux.
Daniel Skatar, nato nell'ex Iugoslavia, rientra nella
Generazione X. Ha pubblicato Pallapoesia
(Europa Edizioni, 2013), Paroliere
(puntoacapo Editrice, 2016), Zircone
(Campanotto Editore, 2018). Vive a Bratislava.