mercoledì 18 aprile 2012

Antonio Spagnuolo e i suoi "Parametri" di poesia

Non poteva mancare in questi "Transiti", e ne sono onorato, la voce poetica di uno dei più attivi ed importanti poeti del secondo novecento, napoletano sì, in quanto vi nacque ben 81 anni fa, ma notissimo negli ambiti poetici e letterari nazionali più acclarati: Antonio Spagnuolo. Ancora oggi il suo impegno non solo in poesia, ma anche nella critica letteraria, nella narrativa e nella saggistica, è davvero forte, e sovente è chiamato a presentare eventi ed incontri di varia natura letteraria, nonché come curatore di collane e interessanti progetti editoriali. La sua produzione letteraria e poetica è tuttora molto prolifica, riuscendo a mantenere un alto livello di qualità che gli viene riconosciuto da tantissimi poeti e critici di indiscussa professionalità.
La poesia di Antonio Spagnuolo è fortemente riflessiva e si snoda lungo direttrici e parametri emozionali che emergono sovente da un profondo e intimo sentire la propria essenzialità d'uomo carnale e spirituale insieme. Sono versi ricchi di allusioni e rimandi, che si susseguono con un ritmo dolce e confidenziale, dal tono narrativo.
Proponiamo qui di seguito tre suoi testi inediti, invitando i lettori attenti ad esprimere qualche loro gradita riflessione in proposito.

Parametri

Il coraggio di dirsi nelle dimensioni del senso,
uno spazio di contraddizioni per il pretesto
di aggiungere alla memoria le crisi di una sinfonia.
Noi ripetiamo ai giorni le nostre fantasie
quasi un colore inciso fra le ombre per rileggere ancora i pochi versi
che ristagnano nelle pieghe del cervello.
Mentre si libera la rassegnazione, penetrare nella pelle
nevrotica e controfigura, fingo di rispecchiarti
scavando le impotenze dell’attesa.
Secondo l’ora del tempo vago lungo le strisce ormai usuali dei ritmi,
trascinando diafane figure o entrare nella metafora affannata
ove rimane il rituale al prezzo che la vita risparmia.
Volgemmo segni e dialettiche,
secondo sguardi, vagando lungo strisce del ricordo:
ogni crepuscolo breve vuota le mani da pensieri,
e le interrotte parole degli amplessi ripetono gli odori del fumo,
ripeto gli abbandoni, tra le vibrazioni irriverenti e gli infiniti risvegli
gonfi di altre notizie entro nella libertà della poesia.
le notti strette intorno alla mia gola
inviolabili matasse dell’attesa
o vulnerabili pagine nell’asfissia dei pensieri
ed impariamo che il raccontare è sillaba
delle confusioni, di segreti ormai logori
così capovolgiamo il consumarsi dell’aria,
in aperture impossibili come al fondo dei dubbi.
Nei rinnovati accostamenti, attraverso memorie,
impegniamo gli specchi per ricostruire
quanto abbiamo atteso e rivissuto: il segreto del ritorno.
Il timore e il ricordo della strada rientra
negli argini della consapevolezza,
quando presenze nascoste annullano gli spazi per creare
le forme infrante delle coincidenze.
E’ colma la memoria dei cancelli limite,
dei frammenti che ricuciamo a stento per creare profili.
Ormai l’improvvisa speranza offre orizzonti
ove plasmiamo le nuove luminose immagini.

***

Antiche mura

La strada è sempre un tocco di ricordi,
tra le memorie, in cerca degli autunni trascorsi:
foglie di betulla, gialle, le chiavi del cancello,
l’andirivieni degli scrosci, le utopie,
di quei teneri colori di violetto,
quando la città consumava il suo sonno,
e i disinganni laceravano tele
per i polsi incalliti  nella gloria.
Ad ascoltare melodie, o nelle tracce apparenti,
il susseguirsi delle urgenze quotidiane
incidono in cadenze ed i ciottoli hanno il timore
di presenze nascoste.
I calzari nell’improvvisa speranza
hanno la rabbia allacciata alle vicende
del destino che incombe.
Fu in quel tempo che gli sguardi
intesero indecise le parole,
per raccontare gli assurdi mutamenti
di una antica metropoli,
nelle incaute libertà delle ombre.
Ma oltre il respiro un tentativo
di stupire alla corsa,
prima di distruggere i consensi,
e confondere il sudore che segna l’orizzonte.
A riallacciare i nostri giorni al passato
egualmente  lusinghe e narrazioni
scandiscono il pensiero riflesso tra le ciglia.

 ***

Pelle

Nelle impronte della mia carcassa,
al misterioso anatema del mattino,
rincorro gli aromi del golfo,
ripeto il verso impaurito,
pulsando una carotide sdoppiata.
Pelle a pelle il linguaggio delle trasparenze
stordisce l’isteria della città,
mentre la fantasia rimbocca ancora
altri giorni contati,
come i grani di un rosario impazzito.
Nelle sere di agosto la tua vana rettifica 
contrasta  persiane, accostando le sillabe
per scongiurare i baci.
Le immagini dei flutti gonfi di sabbia
sono fruste dell’altrove
trasformate nello sfolgorio che illude,
per quel che fummo nel polline,
ora cometa da rincorrere e odiare.

Antonio Spagnuolo, nato a Napoli nel 1931, è poeta, scrittore e saggista di notevole spessore, molto noto nei circuiti letterari nazionali. Svolge la sua intensa attività a Napoli, città in cui risiede. Ha pubblicato numerose opere poetiche: Ore del tempo perduto (1953), Rintocchi del cielo (1954), Erba sul muro (1965), Poesie 74 (1974), Affinità imperfette (1978), I diritti senza nome (1978), Angolo artificiale (1979), Graffito controluce (1980), Ingresso bianco (1983), Le stanze (1983), Fogli dal calendario (1984), Candida (1985), Dieci poesie d'amore e una prova d'autore (1987), Infibul/azione (1988), Il tempo scalzato (1989), L'intimo piacere di svestirsi (1992), Il gesto, le camelie (1992), Dietro il restauro (1993), Attese (1994), Io ti inseguirò (1999), Rapinando alfabeti (2001), Corruptions (2004), Per lembi (2004), Da Napoli/verso, antologia di poeti contemporanei (2007), Fugacità del tempo (2007), Fratture da comporre (2009); alcune di prosa: Monica ed altri (1980), Pausa di sghembo (1994), Un sogno nel bagaglio (2006), La mia amica Morèl e altri racconti (2008); e per il teatro: Il cofanetto (1995). Ha ricevuto diversi primi premi in concorsi letterari: 1985, "Città di Adelfia"; 1986, "M. Stefanile" e "Venezia"; 1991, "Spallicci"; 1993, "Minturnae". Spagnuolo è inoltre presente nel "Dizionario della letteratura italiana del Novecento" curato da A. Asor Rosa e nel volume antologico "Disordinate convivenze. Poeti di fine secolo" curato da G. Manacorda. Il suo libro più recente è "Misure del timore", Kairos Editore 2011, una considerevole antologia della sua migliore produzione poetica.
Cura la collana di poesie "Le parole della Sibylla" per conto della Kairos editrice di Napoli, e, sul web, il sito "Poetrydream", una interessante rassegna di poesia e di poeti contemporanei.

7 commenti:

  1. siamo sicuramente davanti a poesie dai forti connotati emozionali e, al contempo, riflessivi, come giustamente è stato evidenziato (corpo e spirito), tanto che le due cose si fondono e generano associazioni che poi si influenzano a vicenda. in particolare, nella poesia "pelle", la carcassa (corpo) è subito seguita da quel "misterioso anatema del mattino", immagine che splendidamente suggerisce il dolore improvviso del risveglio, la rabbia e quindi imprecazione spirituale per qualcosa che resta lì, indecifrabile, "misterioso". la poesia immediatamente evidenzia uno spaccato dicotomico, la presenza di una dualità (carotide sdoppiata e pelle a pelle),di un altro a cui ripetere quei versi impauriti (forse versi d'amore), a cui corrisponde poi, verso la fine, quella vana rettifica (fa pensare a un anch'io ti amo)che scongiura baci, chiede l'amore, nonostante il tempo sia un altro (è sera, contrasto con il mattino iniziale, e le persiane indicano forse una chiusura, un ostacolo alla luce). al centro della poesia vi sono, invece, tutti gli accorgimenti della sofferenza, l'istrria della città che stordisce e distrae, non fa pensare; oppure quella fantasia che ci permette di superare i giorni sempre uguali a se stessi, come "un rosario impazzito" (ancora una volta sensibilmente colpita dall'abilità di questo poetare), perché il quotidiano si fa rituale di speranza, protratto e perciò senza fine, nel senso anche di senza utilità, folle ormai. splendide quelle "fruste dell'altrove" che danno tutto il senso di un passato che tornando colpisce e fa male. ancor di più, quei versi finali in cui il polline lascia l'idea di un viaggiare della primavera nel vento di un tempo che profumava l'aria; e la cometa esprime tutta la distanza e velleitarietà di qualcosa che puoi solo guardare, rincorrere perché non raggiungerai, e quindi odi.la cometa, inoltre, è perfetta come immagine finale di questa poesia perchéfa subito pensare alla coda e quindi alla fine. ho voluto analizzare, a modo mio, una delle poesie, proprio per evidenziare comequesta sia una scrittura poetica pregna di significati, di possibili associazioni che compongono una struttura allo stesso tempo molto coerente, arricchendo il lettore sia da un punto di vista emozionale corporeo che spirituale, dando perciò il giusto tributo artistico all'uomo che sempre è entrambe le cose. complimenti e grazie.

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  2. ho dimenticato di firmarmi, sono Flavia Balsamo. un caro saluto

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  3. Molto brava Flavia Balsamo: una nota approfondita, scritta con passione e competenza in materia. Grazie ancora!
    Giuseppe Vetromile

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  4. Liriche intense, passionali e, al tempo stesso, pregne di pensiero, di rumore dell’anima e di coscienza razionale che riporta, ognuno, al crudo limite umano: “Noi ripetiamo ai giorni le nostre fantasie / quasi un colore inciso tra le ombre ..”. Liriche che, tuttavia, non rinunciano a rintracciare la verità di ciò che si è: “Mentre si libera la rassegnazione, penetrare nella pelle / nevrotica e controfigura, fingo di rispecchiarti / scavando le impotenze dell’attesa”. Un canto, questo, solo apparentemente colmo della dualità dell’essere, in quanto la sua più profonda aspirazione è quella di giungere a smembrare le contraddizioni e racchiudere in sé la bellezza dell’amore. Un amore che è fatto, per l’appunto, di carne e di spirito, di desiderio e di luce divina, d’irrazionalità a cui spesso si contrappone la ragione e, quindi, l’impossibilità a soddisfarla, perché esiste “.. oltre il respiro un tentativo / di stupire alla corsa, / prima di distruggere i consensi, / e confondere il sudore che segna l’orizzonte”.
    Indubbiamente, la poesia di Antonio Spagnuolo, è una poesia di un elevato, altissimo spessore che coinvolge l’essere perché colma di pathos e di profonda conoscenza di quei cancelli del limite ove ognuno s’infrange, magari, per poi plasmare dei nuovi luminosi orizzonti, atti a sublimare le pene e le sconfitte a volte inspiegabili della vita, o meglio, di quello che, durante il suo corso, poteva essere e non fu. Poesia in cui immergersi dunque e in cui l’enfasi della parola interiore si frappone a quella dettata dalla riflessione in un composto amalgama, che esalta l’arte del poetare dell’autore e lascia il lettore luminosamente attratto dalla sua capacità di riuscire a strappare alla coscienza ogni contrapposto velo, ogni intimo colore.
    Un affettuoso saluto al grande maestro e a Pino Vetromile che ospita la sua poesia,
    Mariolina La Monica

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  5. Quello che mi colpisce della poesia di Spagnuolo è la generosità creativa, ma prima ancora la passione inesausta con la quale il poeta si rapporta alla realtà circostante, polimorfa e cangiante, di cui prende atto e che indaga problematicamente in tutte le sue sfaccettature, proprio come chi è mosso dalla curiosità (o dalla necessità) di trovarvi agganci o risposte o, semplicemente, conferme di una weltanschauung, semmai modificabile. La mia impressione è che Spagnuolo, da buon poietès, continui a cercare, a scoprire e a meravigliarsi di ogni scoperta, a emozionarsi in una quotidianità che è tale solo per gli altri, ma che, a lui che strappa il velo, mostra gli aspetti inediti, segreti e meravigliosi delle cose, quelli che gli altri "hanno creduto di vedere"( "...ce que l'homme a cru voir"- Rimbaud -). Da qui scaturisce uno stile espressivo ed una verbalità assolutamente personali e avvincenti.
    Pasquale Balestriere

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  6. Parametri...Poesia dell'autenticità, vorrei definirla. Se i poeti del nostro tempo sono stati tutti "arruolati",in un recente passato,all'obbligo della "ricerca", ora la parola d'ordine sembra smitizzarsi,si defila e scolora all'imporsi forte dell'IO che, più autentico, soffre il suo percorso. Non più dichiarazioni di adesione e di intenti, la prepotenza della poesia esige la sua nuda espressione ed, in cambio, dà senso e presenzialità al farsi dei giorni. A quei giorni di consuntivo in cui occorre difendersi dall'abituale, ma neppure negarsi all'individuazione di un'antica coerenza: quella che costituisce, identifica e consola. La saggezza dell'età ritrova vigorìa nel riconoscersi virile del verso che scandaglia e che,nella sua disarmata confessione, si rende fraterno all'universalità dell'intesa. La poesia richiama a sè la forza del suo dono e ce ne fa amare l'interprete.Fraternamente, Antonio.
    Lucia Stefanelli Cervelli

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  7. una poesia quantistica, sorprendentemente viva, come di inerzia soffusa, latente, sorprendente. Oltre, oltre le metafore. mauro.pierno@alice.it

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Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà