mercoledì 29 ottobre 2025

La "Diaspora" di Mario Guerrera

“Diaspora potrei definirlo il lungo viaggio, dalla gioventù a un’età avanzata, di un uomo pervenuto abbastanza presto alla fede che ravvisa nel vivere una contrapposizione tra bene e male, tra l’attesa dell’eterno e la caducità delle cose, un viaggio di dolore, ma anche di speranza. Quando il senso ineluttabile della sofferenza sembra prevalere e far quasi rassegnare a una resa incondizionata, risorge invece la certezza di un possibile riscatto.”

Così scrive Mario Guerrera nell’introduzione del suo libro “Diaspora”, Homo Scrivens edizioni, volendo offrire al lettore una traccia per il suo lungo percorso poetico, dalle prime composizioni risalenti agli anni Ottanta fino a quelle più recenti di questo ultimo periodo. E già l’introduzione è in effetti un racconto piuttosto dettagliato della sua storia, sia dal punto di vista biografico che da quello familiare, lavorativo e poi anche creativo e letterario, se vogliamo, in quanto riesce con discrezione e anche con eleganza di stile, a narrare episodi della sua vita e altre riflessioni che, pur essendo strettamente personali, risultano condivisibili e apprezzabili in generale da tutti.
L’autore si rifà al termine “diaspora” per indicare un ritorno, e nella fattispecie un ritorno espresso poeticamente, alle cose veramente amate e intensamente vissute, dopo che le esperienze della vita, la professione, il lavoro e altre esigenze, lo hanno in qualche modo “esiliato”, relegandolo in una sfera esistenziale lontana da quei valori, da quelle emozioni e da quei ricordi che hanno contribuito alla sua maturazione, fin dalla gioventù.
Questa raccolta di poesie è dunque un ricapitolare, in forma prettamente poetica, la vita e la memoria, i ricordi essenziali o per lo meno i più significativi e quelli che maggiormente lo hanno interessato e emozionato, con un racconto in versi che tratta i temi più vari, ma in particolare quelli inerenti ai ricordi affettivi, ai momenti più intensi della sua gioventù, agli amori giovanili, al periodo scolastico. Traspare, in questi versi, un desiderio di rinascita, quasi, di rivalutazione di tutta la sfera valoriale, affettiva ed emotiva, di una esistenza trascorsa forse troppo lontana da quella: un riaffermare le basi importanti dell’esistenza propria, e quindi un suggerimento anche per tutti, un ritrovare l’essenzialità della propria vita e delle proprie radici.
Ed è proprio per questi motivi che l’autore ci propone questi versi, introducendoli con brevi commenti esplicativi che stabilizzano il quadro poetico nel luogo e nel tempo, rinnovandone però i motivi ispiratori e riattualizzandone contemporaneamente il contenuto: è un portarci per mano lungo il suo percorso memoriale ricco di valori e di emozioni, ancora vivido e ancora pienamente condivisibile.
Proponiamo qui di seguito alcuni brani, omettendo la parte introduttiva in prosa per ovvii motivi di spazio.

L’odore del pane

 

L’odore del pane

ti sorprese a un angolo di strada

ed era sussurro di voce perduta.

Rincorrere ancora bisbigli trattenuti

dalle maglie del tempo

o arrovellarsi col vacuo resoconto d’una vita.

 

Addentrarsi inermi nel supplizio dei giorni

che saccheggiano e devastano

per carpire un richiamo.

Scorreva la strada al mattino

nella mano della nonna:

chiasso di vicoli

scoperte d’un cammino nel sole

un pezzo di pane caldo.

 

L’odore del pane

nelle voci della mia terra

in quella storia stretta nella mano

nel volgermi al giorno

guardare alla vita

con gli occhi nuovi che colsero

un primo raggio di sole.

(1982)

 

***


La ricostruzione

 

C’era una guerra

segnata nelle rughe di volti ancora giovani

eterna disputa tra bene e male

ragguaglio perenne di testimoni veraci

guerra compenetrata infine

in un barlume di quiete domestica

tepore appagante di voci familiari.

 

Guerra della gente

che aveva sconquassato i pilastri dei secoli

e deportato l’intelletto

a confini di filo spinato

profanato ogni soglia

radendo al suolo efferati altari

intitolati alla follia

- era rimasta infine soltanto la vita

uguale a sé stessa

la vita che non sa morire-

 

Su un muro dal sonno d’una notte

galleggiava un’eco di libertà

ed era la ricostruzione.

 

***


A ritroso

 

Ci s’innamora sempre da bambini

per sua natura l’amore

va a ritroso

un silenzio o un bacio estorto

resteranno un sole scolpito

contro il muro del tempo mancato.

 

Si accumula gioco forza del tempo mancato

e le foglie degli anni

ingiallite aggrinzite che il vento

agita in mulinelli

al ceppo di alberi accasciati

fanno da sfondo

al crepitio dei tuoi passi

che non tornano a casa.

 

Tutto si azzera

anche l’attimo fuggente

frodato a chi ci credeva

tutto finisce coi dubbi

che galleggiano sulla sponda

delle nostre vite spese male.

(1996)

 

***


Nicodemo

 

Ne ho conosciuta di gente che sapeva morire

anche solo per questo l’ho cercata

che andava leggera per sentieri tortuosi

abbacinata su alture da orizzonti a perdita d’occhio

gente che parlava con le nuvole.

Brancolante origliava sussurri incomprensibili

e con lo sguardo ti caricava di risposte

premonendo d’ogni evento il giorno e l’ora.

Ne ho conosciuta di gente

che aveva varcato la sua soglia

e si vestiva di luce a ogni mattina

angeli a piedi nudi che non lasciano impronte

lungo le sconfinate spiagge della vita.

 

Certo, si può anche essere un animo gentile

e dividere il pane con gli amici

rapire il cuore a una donna

e lasciarla di notte a piangere da sola

e tu che fingi ancora di dormire

perché non sai che dire.

 

Su mille strade nessuna da seguire

e rimandare ancora una volta l’incontro

aggrappato alla spalla d’un amico senza più parole

con gli occhi sgranati sul tuo dolore

e patteggiare il futuro col tuo dio

senza sapere mai se ti è accordato.

 

Nessuno può tornare nel grembo di sua madre

e il sole non te lo costruisci con le mani

in un gioco al massacro di abbagli e inganni

ma verrà sempre il giorno che dovrai dare conto

non dei tuoi peccati o delle colpe

ma del senso e delle carenze di tutta una vita.

(2024)


Brani tratti da:

Mario Guerrera, Diaspora, Edizioni Homo Scrivens, 2024

sabato 25 ottobre 2025

"L'aurea vena", di Cosima Di Tommaso

Il panorama letterario e poetico attuale evidenzia una grande attività operativa, un fermento creativo che, purtroppo, non sempre viene notato in questa nostra società dedita prevalentemente a seguire vie esistenziali piuttosto scarne e superficiali, data l’urgenza e l’impellenza di ben altre necessità consumistiche quotidiane. È perciò sempre una bellissima sorpresa scoprire che, in questo mare magnum della fretta, dell’uso-e-getta, delle tribolazioni varie, appare un’oasi artistica e culturale appagante che dà ulteriore impulso alla creatività realizzando opere letterarie di pregio. È questo il caso di Cosima Di Tommaso, scrittrice, poetessa, attrice pugliese, che con il suo libro L’aurea vena edito da Il Sextante di Mariapia Ciaghi, ci offre davvero una preziosità letteraria di grande spessore, e che qui segnaliamo volentieri.
Si tratta di un volume tipograficamente elegante, composto di due parti: la prima consiste di una silloge poetica, mentre nella seconda scopriamo l’altro lato della competenza letteraria dell’autrice, e cioè la narrativa, ma più specificamente la fiaba (ve ne sono due).
L’idea di unire insieme, nello stesso libro, la poesia e la narrativa, sembra essere un’esigenza dell’autrice per completare e integrare la sua visione del mondo, sia interiore che esteriore, con entrambe le modalità espressive, laddove alla poesia affida un discorso intimistico ma ricco di simboli e di afflati emotivi, liricamente ben costruiti e pregni di una grande armonia, mentre con la narrativa e le fiabe vuole distendersi e ulteriormente allargare i confini meravigliosi della realtà, includendo attori, personaggi e panorami suggestivi e liberi da ogni stereotipo o costrizione e inquadratura. L’aurea vena, titolo per questi motivi veramente indovinato, è dunque, come anche ribadito nella dotta prefazione di Mariapia Ciaghi, questo anelito urgente dell’autrice a ricercare, ad indagare il segreto filo conduttore che muove gli animi, quei lacerti di luce, di bontà, di schiettezza e di autenticità che abitano nel cuore e nell’animo di ciascuno, e che sovente vengono trascurati se non addirittura rimossi, in una vita materiale che ignora il sentimento, l’amore, la bellezza e il canto del creato.

Riportiamo qui di seguito alcuni testi poetici tratti dal libro.


Ultimo Atto

 

E lascia che cada questo tempo

nel cerchio muto dell’invisibile

sentire, ove s’infrange la spuma e il sogno,

ove ondeggia l’immeritata assenza.

«Tanto non mi prenderai» – dissi, ridendo.

Non sapevo. E se anche ci riuscissi,

sguscerei dalle coste del tuo

brandirmi, perché forse tu non udisti

(eri troppo lontano) il suono delle mie

membra sciolte. E ti lasciai andare,

ché non ebbi scampo che d’amarti

al di là della soglia della notte

e di restituirti nudo al delirio

del tuo libero, libero arbitrio.

 

 ***

 

Aurora messapica

 

E se vedi falare una stella

nella notte sfiorata, non è che

l’aurora che dirige mani

di polline incantato e slarga il

giorno nuovo: lì, tra il cielo e l’infinito

dispare: ancora tutto può accadere,

anima mia, che t’appresti al volo.

 

 ***

 

Quando più non sarò qui

 

Quando più non sarò qui e l’argenteo

filo sarà riconsegnato all’etere infinito,

non toccare il mio corpo per tre ore,

che ancora arde nell’anima frastornata.

Aspetta tre dì, poi ridammi a Lui.

Non vestirmi di nero né d’altro colore…

Lasciami andare nuda in un lenzuolo di luna,

l’unico bramato sudario.

Non scarpe, che troppo poco ho indossato e pesano.

Non lasciarmi in pasto ai vermi che spauro:

lasciami divenire fiamma, l’ultimo

volo di una stella stordita.

Rimanga solo cenere d’acquerello

o nei versi smarriti di chi ricorda.

E poi divenni fiamma, guglia di diamante.

 

 ***

 

Vado scaricando il mio fardello

 

Vado scaricando il mio fardello

di fili d’erba tra le tempie affaticate.

Le membra ormai si sciolgono ogni giorno.

Ci ho provato a resistermi e

ho fatto quel che ho potuto…

sapevo bene che lentamente me ne andavo

e nessuno mi avrebbe trattenuta.

Eppure io sapevo bene della bellezza

della lucertola che correva distratta tra

i piedi, e del chiacchierare spensierato

delle foglie del susino… Me la ricordo io

la tenerezza gratuita dei miei

compagni di giochi nella terra e nel vento.


Cosima Di Tommaso, L’aurea vena Poesie e racconti, Edizioni IL SEXTANTE, 2025

Curatela e critica: Mariapia Ciaghi

Cosima Di Tommaso (Puglia, 21 marzo 1965) è scrittrice, attrice e cantante. Per molti anni ha insegnato lettere nelle scuole superiori, promuovendo laboratori di scrittura e rappresentazioni teatrali con i suoi studenti. Parallelamente ha coltivato una profonda esperienza musicale e teatrale, formandosi con maestri quali Pietro Cimatti, Bruno Brancher, Adriano Iurissevich, Lee Brown e Guido Sodo.
Ha pubblicato Poesie e racconti (Lampi di Stampa, 2007) e Cantico per chi si ama (Il Sextante, 2010), tradotto in dodici lingue e spesso interpretato in scena. Ha scritto inoltre racconti, fiabe e collaborato con riviste e periodici, tra cui L’Eco delle Dolomiti. Come interprete ha preso parte a diversi progetti musicali, sia come solista che come corista.
Dal 2001 si dedica anche all’acquerello steineriano, studiando con Fiorenza De Angelis, Gabriela Sutter e Stefano Signorin. Oggi conduce una vita più riservata, dedicata allo studio e alla ricerca interiore.

domenica 19 ottobre 2025

"La cura di te e altre insistenze", di Mariella De Santis

Le Gemme, collezione di quaderni di poesia curata dalla bravissima Cinzia Marulli da diversi anni, si può affermare che sia una collana di altissimo pregio, nota nell’ambiente letterario non solo della Capitale, ma anche in ambito nazionale, per le selezioni accurate di testi di poeti importanti e di grande levatura nell’odierno panorama poetico. Panorama poetico che, si sa, è talmente ampio, che di conseguenza non appare certamente semplice né facile effettuare le opportune operazioni di valutazione e di invito. Ma in questo panorama si colloca certamente molto bene in vista, e senz’altro meritevole di particolare attenzione, la poetessa romana Mariella De Santis, impegnata sia nella sua prolifica attività di scrittura poetica, sia nel suo intenso lavoro di diffusione e promozione culturale in vari eventi romani e in altre sedi.
Qui ci piace segnalare questa sua plaquette pubblicata da Progetto Cultura che, come sempre, ci offre una preziosità sia dal punto di vista tipografico che del contenuto. Mariella De Santis si presenta con tre poemetti molto intensi, eleganti nello stile e di una profondità emotiva, affettiva, psichica e persino direi filosofica, davvero eccezionali: “La cura di te”, “Ipnos” e “La disobbedienza”. Di questi tre poemetti proponiamo per i nostri lettori soltanto alcuni brani, non potendo per ovvie ragioni di spazio ed anche di rispetto nei confronti dell’editore, riportarli interamente.
Ma già questi brani sono sufficienti a captare la grande arte poetica della nostra autrice. Risalta intanto evidente la forma poematica del suo dettato poetico, elegante e lirico, che sottintende l’amplissima carica emotiva e sentimentale con le quali si rapporta alle figure femminili descritte nel primo poemetto, dove queste appaiono in tutta la loro naturalità, anche nelle figurazioni e situazioni più minute e abituali della vita di tutti i giorni: vi è un grande afflato affettivo, un trasporto sentimentale intenso che racchiude la sfera sia fisica sia psichica e persino spirituale (“Sono i gesti di ogni giorno a darmi struggimento / Il segno della croce, la vasca da lavare, / I quaderni dei bambini che tu porti nell’ombra. / Ma quanto io ho perduto con te diventa tomba.”…).
Analogamente, il poemetto “Ipnos”, il poema del sonno, è un canto che celebra la nostra parte incognita, laddove il sonno, e nel sonno, si manifesta a volte la nostra essenza segreta: “Noi siamo fatti della stessa materia dei sogni”…
Nel poemetto conclusivo, “La disobbedienza”, Mariella De Santis esprime tutto il suo impeto vitale, volto alla conferma della dignità assoluta della donna e della sua libertà, in una realtà ancora opprimente e pregiudizievole in tantissimi ambiti sociali e familiari.
La poesia, e qui la poesia della nostra brava autrice, è ancora testimonianza, denuncia, specchio della realtà, linguaggio che scolpisce un nuovo mondo, un monumento incrollabile della verità, dell’amore e della giustizia.



La cura di te

Per Viviana e Manuela, creature

 

Prendo su di me la tua cura

Animula piccola silente nella gioia

Scuro cielo d’osso in carne infisso

Prendi la mia cura.

Tu che sei o sei stata in nascita celata carne

Di donna e dovizioso popolo in cammino

Nutriti dell’abbondante umor mio.

 

Timida parca su destriero lanciata

Di te dico, predìco, l’amata sorte il molesto istinto.

La fiamma che mi agita ti fa una e tante.

 

Ora ti tocco piccola creatura

Unica tra tutte figlia di madre incerta

Ascolta il mio perdono. Io non ti fui carne

Tu mi fosti figlia. Tocchiamo la deriva

Lontane, più lontane.

 

Tu bionda naturale nei capelli

Nelle segrete cave, mi attiri senza méta

Mozia tra i mulini salata sospensione

Mi sciogli quale lievito dentro il tuo tepore.

Alga marina protegge la tua salina io fuggo

Dall’incanto, mai ho sperato tanto.

 

I tuoi vestiti su di me, gruccia o stenditoio

Ti scoprono il costato. Ti sano con la bocca

La mano dilaniata, la ferita augusta.

Cresce nuova specie da questa iniziazione

Corpi di vele e vento, teorema e congiunzione,

esatta geometria, mirabile afasia.


………………………..

 

Dammi la mano, il braccio, il piede

Lasciati trascinare fuori da queste mura,

Sdraiati in giardino. Ho curato per te la rosa

Che non punge, il lilium che non tinge,

L’erba che non bagna. Ma lesta rifuggi

La luce e l’infinzione, torni al luogo scabro

Dove eco rompe ricordo del rumore.

 

…………………………….

 

Mia splendida Gradiva, tu non sarai museo

Incedi pronta al tuffo sorprendente. Vado via.

In luminosa evidenza ora tu sei, clinicamente viva.

 

 

***

 

IPNOS

Il poema del sonno

 

Nella mia camera buia ascolto

ogni secondo d’argento tintinnare,

un suono lontano di pompa pulsare.

 

Immagino in alto e in basso i letti

dei vicini, i loro volti

dalle tenebre avvolti.

Li seguo col passare delle ore

sino al primo trillo di sveglia.

 

Il bagno, la cucina, la nebbia sul balcone

la città bocca vorace attende di succhiare

i residui gesti lenti del mattino.

 

Incontro nelle ante dell’armadio

la mia immagine allo specchio

dal grigio intorno agli occhi

dalla ruga alla radice del naso

e dalle labbra esangui mi accorgo

che anche stanotte ho vegliato

 

………………………………….

 

In tanto tumulto si fa largo il sogno.

Noi siamo fatti della stessa materia dei sogni

e il sonno conclude la nostra breve esistenza.

Alti picchi di noradrenalina e dopamina

nessun segno, nessun rumore

è la morte che nel corpo si muove

abbranca la vita alla gola

dando inizio alla lotta

o forse a un amplesso,

alterna vicenda

tra dolcezza e violenza

conclusa dal sogno.

 

............................................

 

 

Come il sogno dei gatti

– mi dicono –

è quello dei neonati.

Cosa darei per conoscere

quello del dinosauro

o del sapiens mio antenato.

Ci accompagna dalle origini

una spasmodica fame di sapere

appagata da estroverso immaginare.

Si produsse il segno, poi la parola

col racconto tutto si affolla

sogno, mito, archetipo, ragione.

Sopra il sonno, sotto la veglia

la scrittura spartisce

origini, confini, dimore.

 

 

***

 

La disobbedienza

 

“Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo

che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia

tuttavia: è anche un uomo che dice di sì,

fin dal suo primo muoversi.”

(Albert Camus)

 

Quello che mia madre non dovrà mai sapere

non tace e prosegue il suo corso

e quella parola sale

– limo, tracce, sorgente, fondo –.

L’incubo è cupo e non si dà speranza

e quel rumore non tace

– buio, freddo, odore, postilla –.

 

Quello che mia madre non dovrà mai sapere

è la coscienza straniata che porto al mondo

e il mondo che mi penetra, m’invade

io con le cosce chiuse, strette, perché niente esca

– umido, umore, urlo, utero –.

È l’acciaio che non si piega l’anima che mi regge

– labbra, gelo, afasia, morte –.

 

……………………………………

Mariella De Santis, La cura di te e altre insistenze, Edizioni Progetto Cultura, Roma, 2025

Le Gemme - Collezione di quaderni di poesia curata da Cinzia Marulli

prefazione di Viviana Nicodemo

Mariella De Santis è nata a Bari nel 1962. Laureata in Servizio Sociale, è specializzata in progettazione strategica. Ha conseguito un’alta formazione nell’intervento sulle dipendenze e ha un master in neuroscienze. Nel tempo ha perfezionato la propria attività nella definizione di processi metodologici in supporto ai policy makers. È interessata ai percorsi di innovazione della cultura professionale, argomento su cui ha scritto molti contributi. In campo letterario ha fondato e condiretto riviste nazionali e internazionali, lavorato per case editrici e con musicisti, artisti visivi, attori e pubblicato libri.


martedì 14 ottobre 2025

Le "Ialine trasparenze" poetiche di Floria Bufano

Mi piace ancora una volta ribadire il concetto che l’artista, e qui nella fattispecie il poeta, è persona che si pone tra la realtà e il mondo immaginario, nel senso che riesce ad individuare riferimenti e punti in comune, integrandoli successivamente nell’espressione prodotta dal suo fine talento creativo. Il poeta assume e riassume, in un certo qual modo, i messaggi che gli pervengono da entrambe le due dimensioni, quella reale che lo circonda e in cui è immerso, e quella immaginaria: tutto un mondo che egli traduce in simboli, significati, allusioni, speranze e anche utopie, al fine di “ricostruire” una realtà in cui possa egli stesso specchiarsi, e che possa condividere.
Poeta è dunque sentinella di confine che capta segnali provenienti da dimensioni fumose, che la società, presa dalle sue incombenze quotidiane, non riesce a percepire. Una sensibilità più raffinata, che permette al poeta di “sentire” e di “provare” quel “rumore di fondo” proveniente sia dall’esterno che dal suo stesso intimo subbuglio.
Floria Bufano è anche lei poeta che attinge dal vissuto quotidiano quanto dal sogno, dalla speranza, velatamente da quello “che, meravigliosamente, potrebbe essere”. È un canto, il suo, che si manifesta delicato, leggero, eppure forte nel suo intento di manifestare il lato nascosto della bellezza e del senso dell’esistenza.
Già il titolo della raccolta, Ialine trasparenze, è la conferma di come l’autrice voglia svelare quei lacerti di verità e di segreta meraviglia che urgono dalla propria anima, nell’osservare sia la realtà esterna – come dicevo – e sia i palpiti profondi di pensieri, dubbi, speranze e tante altre emozioni che alimentano il suo progredire nella vita. È dunque una sorta di filtro, l’anima indagatrice della nostra poetessa, una lente d’ingrandimento con la quale osservare e riportare quelle “trasparenze” sincere che, sicuramente, abitano il cuore e l’anima di ognuno: trasparenze depurate da ogni scoria e da ogni tendenza alle negatività e scabrosità che la vita di tutti i giorni purtroppo ci commina.
Non si tratta però di una ricerca estenuante di una estetica del bello e del buono, nelle cose e nell’uomo, bensì una consapevolezza rassicurante che nel tutto è possibile trovare luce e calore, nonostante le difficoltà, le ristrettezze, le incertezze della vita: “Ma alla sera, / metto in pausa la mia mente, / spengo con gli occhi le luci intorno, / ascolto il dolce mio silenzio, / mi tuffo nel mio cuore, / apro la cassaforte dei ricordi…”. Consapevolezza e delicatezza di sentimenti, una nobiltà di espressioni e di riflessioni che, con un dettato sicuramente lirico, abbraccia tematiche universali, dall’amore ai ricordi, dall’ammirazione per il creato ai dubbi esistenziali, alle tristi considerazioni sulla violenza sulle donne: questo è il canto ben modulato e sincero che ritroviamo nei versi di Ialine trasparenze di Floria Bufano: una raccolta poetica che è anche un viatico luminoso nel procedere di ognuno di noi lungo le difficoltà ma anche le bellezze del mondo.


La sera

 

Viene la sera…

I pensieri si affollano:

domande, risposte, corse,

grida, pianti, risate…

Ma alla sera,

metto in pausa la mia mente,

spengo con gli occhi le luci intorno,

ascolto il dolce mio silenzio,

mi tuffo nel mio cuore,

apro la cassaforte dei ricordi,

… e si fa subito notte.

 

 ***

 

Come una capinera

 

Tenera e fragile, piccola mia

piegata all’altrui volontà.

Il tuo canto melodioso si interrompe

e le piccole delicate braccia alate

non guideranno il tuo cuore

al sospirato brado destino.

Sideree sbarre, rivestite d’amore,

ben salde rinchiudono

l’ ardente e vivace tuo anelito.

Oggi ancora,

col pianto agli occhi,

dobbiamo dire:

“Si sta ancora così…,

come una capinera”.

 

 ***


Scarpette rosse

 

Ho visto donne buttarsi per niente:

donare un abbraccio all’uomo adorato,

o un bacio per un desiderio inappagato,

una carezza con la mano del cuore

e dopo accorgersi dell’intimo dolore.

Grida strozzate, occhi sbarrati,

un bavaglio al cuore

di amori ammalati,

di uomini armati.

Vite spezzate, donne piegate,

che gridan a gran voce:

“Non uccideteci due volte

sulla stessa croce”.

 

 ***

 

 

Manifestini

 

Quando leggo i vostri nomi

resto sempre un po stupita!

Maria, Antonio, Giovanna

Ma poi, come verrà scritto il mio nome?

Vorrei proprio poterlo vedere!

In corsivo, in stampato maiuscolo, minuscolo…

Preferirei il corsivo…!

Più elegante,

non troppo marcato,

proverei la delicata sensazione

di andarmene così,

leggera, in punta di piedi,

svolazzando sulle vocali.

Che frase verrà scritta?

Non parole penose, spero, per carità!

Ma magari, vorrei proprio osare,

un’espressione vagamente lieta!

L’esistenza nei ricordi non si spegne,

l’affetto si prolunga,

e il ricordo farà sorridere il tuo cuore.

 

 ***

 

Da sola

 

Ecco. Sono qui.

Mi crogiolo nel silenzio

di questa mesta sera.

Danzo con la mente

in spazi già vissuti,

movimenti fluttuanti

avvolgono il mio corpo

dolci, lenti, armoniosi.

Mi spingo nel tempo,

vago col pensiero.

Linee che si estendono oltre lo spazio

forme indistinte affollano i ricordi:

volti tristi, felici,

volti imbronciati

od addirittura raggianti…

Ed in questo ondeggiare,

annegano brucianti i ricordi di te.

 

 ***

 

Fuochi

 

Stelle multicolori nel cielo nero

ingannano giovani romantici

e come le stelle cadenti

invogliano a teneri desideri,

esplodono con la gaiezza di nuove speranze

suggellano incompiute promesse

che domani nessuno ricorderà.

Ed anche in questo mite inverno

riscaldano il cuore

che domani indifferente ritornerà.

 

Brani tratti da:

Floria Bufano, Ialine trasparenze, Edizioni La Valle del Tempo, Napoli, 2024.

Prefazione di Antonio Spagnuolo; postfazione di Maurizio Vitiello.


Floria Bufano è nata a Napoli, città nella quale attualmente vive portando avanti la sua attività poetica, ottenendo lusinghieri successi sia da parte del pubblico che della critica.

giovedì 9 ottobre 2025

I "Tratteggi nascosti" di Carmelina Di Iorio

È prerogativa di ogni buon poeta l’approfondimento delle sensazioni e dei messaggi, anche quelli apparentemente più flebili, per poi poterne scrivere seguendo la modulazione poetica più consona al proprio sentire, alla propria esperienza e alla propria cultura. In un mondo, come quello attuale, dove tutto è dominato dall’impellenza, dalla fretta di raggiungere al più presto gli obiettivi, dove gli impegni in ambito lavorativo e sociale si sono moltiplicati a causa dell’ampliarsi delle relazioni e delle comunicazioni a livello globale, rimane sempre poco tempo per soffermarsi un attimo e per esplorare all’interno di sé stessi cosa veramente ci suggerisce il mondo esterno, quale ruolo veramente noi abbiamo in questo creato, e perché siamo qui. Domande enormi, che spesso sottovalutiamo o ignoriamo del tutto, presi appunto dalle solite incombenze quotidiane. Ma per fortuna c’è un angolo di umana curiosità in ciascuno di noi, in molti di noi, che preme, che sollecita, che urge. I creativi sono questi, gli artisti, i musicisti, i pittori. E i poeti. E proprio i poeti sembra che vivano in una situazione ossimorica: da una parte la razionalità, la precisione, l’incastro logico di ogni incombenza quotidiana, dove è primaria la mente catalogante e consequenziale, per dedicarsi al lavoro, alle relazioni con gli altri, persino al relax e al divertimento, ove possibile. Dall’altra c’è questa evanescenza, questa incertezza, questa insicurezza, il vago sentire e a malapena accorgersi che fuori c’è, ancora, tutto un mondo da scoprire, che potrebbe meravigliarci ancora, destarci dal sopore dell’abitudine e della consuetudine. Il poeta vive continuamente questo stato d’animo bifronte: e non è che abbia la testa fra le nuvole, come spesso si usa dire. È piuttosto uno stato di grazia che gli permette di fermarsi e di ascoltare la realtà circostante, leggerne i profondi messaggi, intuire ciò che sta dietro le cose, dentro le cose, dentro l’anima. Carmelina Di Iorio è senz’altro una di questi: una poetessa attenta e viscerale, perché, sedendosi sulla pancia del mondo, ne ascolta i profondi vagiti, come una madre può ascoltare il suo nascituro che scalpita nel suo grembo. Una poetessa viscerale, certo, perché accoglie l’interiorità in fermento, ma poi riesce con il suo ottimo dettato a mettere ordine nel marasma e produrre così versi consistenti e significativi. Tratteggi nascosti è dunque da considerarsi sicuramente un progetto poetico significativo, in quanto esprime appieno tutto il quadro del mondo, celato nelle visuali più recondite e che solo i poeti, i creativi, sono in grado di raccogliere. Si tratta infatti, qui, di riportare in versi quei “tratteggi nascosti”, come lo stesso titolo suggerisce, che la realtà evidenzia solo se si rimane attenti ad osservarla e a tradurla: questo il pregio dei poeti, che con la loro sensibilità riescono a captare sia il vissuto quotidiano, sia la natura, leggendo in essi quella luce, quei colori e quei suoni, quelle emozioni, che la quotidianità relega in dimensioni secondarie, meno appariscenti. È un tratteggio nascosto, il suo dire poetico, in quanto riesce appunto a ricostruire, a far riemergere dal tessuto profondo della realtà, tratti e lacerti di verità e luce, come a voler ricostruire, con quei tratti e quei tasselli, il mondo di valori che sovente viene trascurato se non addirittura ignorato nel daffare e nelle incombenze usuali.
La poetica di Carmelina Di Iorio, in questa silloge, si svolge aprendosi ai temi fondamentali dell’amore, inteso nel suo significato più ampio e quindi anche nei riguardi della natura, del mondo, laddove le immagini e i panorami sono fortemente soffusi da una entusiastica e partecipata ecologia, colorata e intensa, con afflati emotivi che ne riportano profumi, suoni, colori e luci, tale è la potenzialità espressiva delle sue liriche: “Profumo di vento! / Mirto inebriante di canterini uccelli, / sparsi nei riflessi…”, e ancora: “La notte / ha la voce di un sogno…”.
Un altro punto interessante della raccolta è quello di aver raggruppato diverse liriche sotto lo stesso titolo, quasi a voler comporre un quadro più esaustivo del suo pensiero poetico, considerando l’argomento sotto diverse angolature e situazioni. Un modo davvero originale per completare il mosaico poetico che la nostra autrice aveva progettato, esprimendo proprio in quei “tratteggi nascosti” il suo dettato, alternando i vari temi e riuscendo in tal modo a comporre un tessuto poetico vario ma nello stesso tempo senza smarrire il filo conduttore importante, che è appunto l’amore e l’ammirazione nei confronti dell’umanità e della natura.
Un libro senz’altro interessante, dove la poesia assume toni lirici di evidente spessore, e quindi armonioso e denso di contenuti e di delicati quadri di natura e di sentimento.


Poesie girovaghe

 

Profumo di vento!

Mirto inebriante di canterini uccelli,

sparsi nei riflessi

sono ombre fluttuanti.

Profumo di vento!

Ti adagi lento

su corpi tramortiti

in un clamoroso silenzio.

Sono attimi di brividi e carezze,

ineguagliabile il momento.

Son dee bianche

le nuvole a passeggio

nel giardino tinto dell'azzurro

decantare di umane storie

vicine e lontane.

Dee bianche

le nuvole si stringono

in ciarle scherzose

nel freddo di un giorno

sereno d'autore.

D'improvviso l'eco

di un suono irrompe

è la voce vestita di grigio

il pianto di una Dea

non più sognante.

Dee bianche

danzano al suo fianco

nel giardino tinto dell'azzurro

decantare lo schiamazzare

gioioso di uccelli

di un pianto ladri...

 

 ***

 

 

La notte

ha la voce di un sogno.

Ascolto

come l'eco di un urlo dal monte ad occhi chiusi

quel suono di brevi parole. Intrecciano nell'aria

lunghi istanti vissuti, inventati, dimenticati.

Malinconico

il tuo volto da Pierrot nel battere

di cuori impavidi nutre il suo respiro.

La notte

geme nascosta nella mente di un sogno

attore di ogni dove...

 

 ***

 

Tratteggi nascosti

 

Sorprendimi amore.

Basta uno sguardo

muto e vivo nel solo tuo respiro

a fermare l’irresistibile fremito del dire.

Prendimi i fianchi

stringili forte e toglimi di dosso

la voglia di sfuggire

a quell’insaziabile voglia di amarti.

Poggiati al mio corpo,

ti sostengo mi sento forte

anche se tremo come una foglia al vento.

Indaga nella mia mente

tu puoi,

conosci gli spazi dove entrare

e sai bene come far ridere il pulsare del mio cuore.

Non dire mai più

nel freddo razionale agire

di un ossequiato lavoro:

“Non si vive di solo amore”

Non ascoltare

queste tue leggere parole,

sono solo fugaci pensieri

vogliono succhiare il tuo sangue

che corre veloce lungo le arterie impazzite

perché vogliono il tuo cuore.

Non conosco ancora

la maniera di fermare i nostri intensi attimi,

ho così paura che un giorno

il tempo possa rubarceli…

 

 ***

 

Carillion di parole

 

Il mondo dei ricordi

è un mondo di treni

che ansimano all’arrivo

di giorno e di notte…

Orme giganti

di lenti passi

costeggiano i binari

e illustrano strade permesse

ma mai percorse…

I fischii brevi

annunciano la partenza

su binari di sola andata…

Non è dato un tempo

la percorrenza è breve o lunga

solo un sogno

ne segnerà la meta…

 

 ***


Tratteggi nascosti

 

Chiudo gli occhi

seduta sulla pancia del mondo

e con esso mi giro intorno.

Ci sostengono corde di suoni

è quasi impercettibile la stretta,

sono quasi impercettibili i suoni

se non si ascoltano.

Chiudo gli occhi

le mie gambe non ci sono

cammino nei passi dei miei bambini

così veloci raggiungeremo galassie sconosciute

e con esse ci gireremo intorno

al giorno e alla notte.

Chiudo gli occhi

il buio non mi acceca.

Miliardi di piccole lanterne

rimangono sempre accese…

 

Carmelina Di Iorio - Tratteggi nascosti – Seduta sulla pancia del mondo, Delta3 Edizioni, 2025.

Carmelina Di Iorio è nata a Lapio, in provincia di Avellino; è residente a Montemiletto (Av).
Tratteggi nascosti è stato pubblicato da Delta3 Edizioni nel 2025, in quanto opera terza classificata al Premio Nazionale "L'Inedito - sulle tracce del De Sanctis", XVII edizione, sezione poesia.

Dall'intervento di Giuseppe Vetromile nell'ambito della presentazione del libro a Lapio il 27/9/25



 


 


Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà